Sembra eccessivo dirlo, ed è senz'altro noioso ricordarlo, ma in ogni altro paese democratico la valanga di accuse rivolte a B (e provate da abbondante evidenza) sarebbero state sufficienti a farlo da tempo sparire dalla scena politica. Le occasioni di certo non sono mancate negli ultimi mesi. Il potere mediatico e la schiera di servi di cui B dispone e che lautamente paga non sono, tuttavia, sufficienti a spiegare un’anomalia democratica che darà occupazione a schiere di storici. B è ancora lì, come un gatto delle cui vite oramai s’è perso il conto. Qual è dunque l’ultimo anello con cui ancora il Sultano s’aggrappa al potere?
L’anello si chiama Lega Nord. È la Lega che, scusate il francesismo, tiene B per gli zebedei (figurativamente parlando, Fede qui non c’entra nulla). È la Lega che ora stringe, ora allenta la presa, senza però mai dare lo strattone finale. Cosa ci guadagna il gruppo dirigente della Lega e cosa ci guadagna il Nord, da questa tattica?
La risposta, si dirà, è facile facile. Ci sono da approvare i decreti attuativi sul federalismo fiscale, il grande passo per la liberazione del popolo e delle energie del Nord. Continuare a far andare avanti il regno del Sultano è solo un piccolo prezzo da pagare affinché il popolo del Nord si affranchi dal giogo di istituzioni tiranniche, come farà grazie all'approvazione avvenuta l'altro giorno di quello che si rivelerà essere, con grande probabilità, un nuovo, gigantesco ed occulto aumento di tasse e spesa pubblica. La nuova casta leghista, infatti, ha bisogno di foraggio fresco per quello disponibile se lo sono mangiato tutto a Roma ed al Sud. Per quest’opera meritoria, essa verrà ricompensata dal suo popolo: Bossi, Maroni, Calderoli e compagnia, passeranno ai posteri come i condottieri vincitori di una grande battaglia di libertà. Tutto chiaro quindi? No, proprio no. Trattasi, infatti, di balle spaziali.
La prima balla è che l'aver mantenuto, ed il continuare a mantenere, B al potere sia solo un piccolo prezzo per il Nord.
L’altra balla è che i cittadini del Nord riceveranno in cambio di questo compromesso la liberazione da una politica arraffona e corrotta.
La realtà, purtroppo, è che il Nord sta accettando un patto dannoso e scellerato in cui B viene politicamente tenuto in vita in cambio di un piatto di lenticchie, secondo l’ipotesi più ottimista, o dell’ennesima fornitura di vaselina, secondo l’ipotesi più realista. Perché il prezzo pagato dal Nord sia grande e perché la ricompensa sia la vaselina lo spiego mentre rispondo a un’altra domanda: perchè gli elettori del Nord, i leghisti in particolare, hanno finora accettato tutto ciò?
La mia risposta, sebbene probabilmente non esaustiva, si snoda su due punti: 1) Arretratezza culturale e democratica della classe dirigente del Nord, imprenditoriale in particolare. 2) Una buona dose di miopia nel farsi i conti in tasca. In questi due punti si riassume il “male del Nord”.
1) L’arretratezza democratica. In questi anni di governo nazionale, il Nord leghista ha colpevolmente e ripetutamente votato leggi che contribuiscono gravemente allo sfascio del sistema della legalità: allungamento dei tempi dei processi e accorciamento delle prescrizioni; tentativi di ridimensionare gli strumenti d’indagine di polizia e magistratura; approvazione di immunità a puro uso e consumo personale. Se il paese è stato, sino ad ora e solo in parte, risparmiato dallo sfascio che la legislazione approvata dal Parlamento avrebbe causato, lo dobbiamo solo ai ripetuti interventi della Corte Costituzionale. A questa, negli ultimi mesi, si è aggiunto il tardivo, fiacco ed incoerente strappo finiano. A parte saltuarie manifestazioni, non vi è traccia di alcun movimento di massa che dal Nord abbia denunciato la corruzione del potere. Ma lo sdegno per la corruzione, sdegno che al Nord accompagnò l’ascesa leghista di inizio anni ’90, in realtà cos’era? Una richiesta forte e consapevole di moralità nella politica, o solo l’inutile urlo di un’infertile frustrazione di massa che diceva "voemo anca niantri i schei robai"?
Alla distruzione del sistema delle regole si accompagna, poi, la progressiva messa in cattività dell’informazione, attuata in parte attraverso la nomina di lacché in punti chiave del sistema televisivo, ma anche tramite l’utilizzo della macchina del fango (o della censura) per qualsiasi voce dissidente. A ciò si aggiungono, più direttamente, attività legislative quali l’oscuramento dei programmi di approfondimento politico durante la campagna elettorale. Questi son fatti, e son proprio quei fatti per cui l’Italia, vista da fuori, appare con chiarezza come un Paese ancora sulla soglia dello sviluppo democratico.
Appare anche con chiarezza come il Nord abbia perso (per manifesta incapacità) l’occasione di traghettare se stesso (e il Paese) fuori dal pantano; un'occasione che sembrava aver afferrato attorno al 1994 e che sembra ora essersi dispersa in finti federalismi, ampolle d'acqua sporca e razzismo anti-immigranti che rasenta oramai i toni degli anni '30 (vi invito a girare per Feisbuc per avere un'idea delle opinioni e dei sentimenti che la Lega è riuscita a far "emergere" dalla pancia profonda del mio Veneto medesimo). È questa una macchia che con gli schei non si può lavare. Ma degli schei parliamo più sotto. La conclusione qui da trarre è che la borghesia del Nord (il ceto medio composto di piccoli imprenditori, commercianti e professionisti) non è stata capace di difendere con forza quei principi di libertà e democrazia che sono invece radicati nella classe dirigente delle altre democrazie occidentali. Si insinua il dubbio che a tali valori, predicati a parole, il Nord non creda poi molto. Certo, una fetta della base leghista e del PDL al Nord manifesta un po' di mal di pancia. Ma l'impressione è che il problema sia solo la figuraccia che l'harem di B fa fare al Paese. Non fosse stato per le mignotte, grandi mal di pancia non se ne sarebbero visti nei confronti dei problemi, a mio avviso ben più gravi, che ho citato sopra.
2) La miopia dei conti in tasca. Vorrei partire da un grafico, che mostra l’andamento del valore aggiunto per unità di lavoro nell'industria in alcune regioni del Centro-Nord e che, però, non riesco a mettere. Credetemi sulla parola: esso evidenzia che la produttività del lavoro, in ogni regione del Nord, è ferma da almeno dieci anni. Altre misure di produttività (produttività totale dei fattori), che colgono quanto intenso sia il progresso tecnologico, danno una visione ancora più preoccupante e mostrano come tale “efficienza” sia fin dal 2000 in discesa (!). Non c’è quindi differenza fra l’andamento della produttività media italiana e quella del Nord, che da questo punto di vista non ha proprio nulla di speciale, checché la retorica leghista sostenga. L'unica eccezione, visibile nei dati, è che la produttività del Veneto ha superato quella della Toscana attorno alla seconda metà degli anni '90 e poi ha smesso di crescere anch'essa, come le altre. Il Nord, dunque, ha bisogno di massicce iniezioni di efficienza, se vuole ricominciare a crescere e a far schei. Vediamo, perciò, con quale lungimiranza il Nord leghista si sia scelto, attraverso i suoi rappresentati politici, un programma economico per raggiungere tale obiettivo. Nel discutere di ciò mostrerò perchè il tanto osannato federalismo, per cui il Nord dà via le mutande con il loro contenuto, sarà molto probabilmente l’ennesima vaselina da spalmare sul didietro del popolo. Divido la questione in tre parti: a), b), c).
a) Il federalismo è la torta su cui la dirigenza leghista si appresta a far banchetto. La strategia leghista è semplice: a Roma il nostro potere di mangiare la torta è del 10%, mentre al Nord è del 40%. Non preoccupiamoci, quindi, di ridurre la dimensione della torta ma spostiamola dove ne possiamo mangiare di più. La torta è rappresentata solo in parte dalle risorse fiscali aggiuntive che i politici del Nord potranno trattenere nei loro forzieri. Difficile qui dare cifre, almeno finché i decreti attuativi non saranno dettagliatamente esaminati, ma una “educated guess” porta a pensare che molto probabilmente queste risorse si fermeranno al massimo ad uno o due punti percentuali di PIL (del Nord). Il grosso della torta sta invece nel piano di ingerenza e di tosatura dell’economia privata del Nord da parte della dirigenza leghista. Che questo piano sia in atto da tempo non è frutto di fantasia o preconcetto, è un fatto per chiunque lo voglia vedere. Qualche esempio basta per spiegare la questione.
Partiamo dalle banche, così parliamo di cose che san tutti. Ad aprile 2010 Bossi dichiara: “È chiaro che le banche più grosse del Nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice ‘prendete le banche’ e noi lo faremo”. Bossi mantiene le promesse e a settembre c’è l’affaire Profumo (l’Economist traduce la questione alla platea internazionale: “I politici italiani del passato hanno sfruttato le istituzioni finanziarie per il loro fini, e recentemente i leaders della Lega hanno mormorato di voler riguadagnare il controllo su quello che considerano le “loro” banche”). Poco importa che la prima e finora unica esperienza bancaria leghista abbia generato un fallimento conclusosi con un amichevole salvataggio dal signor Fiorani (strani personaggi eh?). Quando l’occasione c’è, come nel caso delle nomine nelle fondazioni bancarie, i dirigenti leghisti magnano di buon gusto, aggiungendoci un personalissimo tono etnico (trovano sempre il modo per spiegare che magnare tutto ciò che si muove o che ha sede in territorio padano sia l’apice del federalismo compiuto).
Ma, quando l’occasione non c’è, la dirigenza leghista la crea ope legis. Come nel caso degli impianti idroelettrici, esempio fulgido di federalismo Lega-style. La Lega, infatti, è riuscita ad inserire in Finanziaria un articolo secondo cui “le concessioni delle centrali idroelettriche saranno rinnovate soltanto se i gestori faranno entrare nelle società anche le aministrazioni provinciali (con quote tra il 30 e il 40 per cento)”. Si noti che, così facendo, la Lega imita il PD che ha dato il buon esempio nella provincia di Trento dove la "provincializzazione" delle imprese generatrici di energia elettrica è avvenuta da alcuni anni, con il plauso di tutti. Qualcuno potrebbe obiettare: ma se si vuole “indennizzare” il territorio che ospita le dighe, perchè non si alza semplicemente la tassa di concessione pagata dai gestori? Risposta scontata: le poltrone, le poltrone, le poltrone! Ed il potere che consegue dal piegare le imprese private agli interessi dei politici.
Altro esempio, i sussidi al cinema. Roba da non crederci, ma esiste un fondo per il cinema alimentato tassando gli esercenti cinematografici che non proiettano un numero “adeguato” di film italiani o europei (tocca metterci anche gli europei, sennò ci aprono un’infrazione a Bruxelles). Ecco pronta ad entrare in azione la lunga e scaltra mano leghista: vorrai mica che questi soldi se li magnino tutti i parenti dei corrotti politici romani sistemati a cinecittà, o i Barbareschi di turno? Non è accettabile, sono anche soldi padani e da noi (leggi: dirigenti, amici, parenti leghisti) saran mangiati! Ecco dunque che il fondo nazionale diventa regionale (vedete come si sposta la torta?). Aspettiamo dunque con ansia un nuovo film di Tinto Brass, rigorosamente in dialetto fintovenexian, con protagonista la gnocca padana e special guest il Trota.
Si può andare avanti a iosa con questi esempi (si veda anche il post di Giulio, e non scordiamoci questo che non passa mai di moda, per non parlare ovviamente delle eterne quote latte, la Malpensa "leghizzata", il milleproroghe che piace alla Lega, e via elencando peronismo leghista ...), ma il punto è chiaro, a meno che non si voglia far finta di non vedere. Cittadini del Nord, pronti dunque a rinnovare la scorta di vaselina? [NB: molto del materiale qui linkato è preso direttamente dalla sezione “documenti” del sito della Lega. Si tratta dunque di ciò che la Lega giudica essere il suo manifesto politico. Questo per evitare che qualcuno venga a dire che sono i giornalisti che interpretano male, che decontestuallizano, che non sanno il dialetto veneto o quello lumbard, che Calderoli, Bossi e compagnia bella non volevano in realtà dire quello che hanno detto. Tecnica negazionista, questa, tipica del duo ghedin-berlusconiano, volta a distruggere ogni neurone rimanente nella testa degli interlocutori.]
b) Al punto 1) ho parlato della bassezza morale con cui il Nord ha accettato di appoggiare la distruzione democratica messa in atto in questi anni da B. Ma lasciamo stare la morale, e parliamo di schei, sperando che almeno qui il Nord capisca. Ma davvero si può essere così miopi da credere che la distruzione del sistema delle regole ed il suo rimpiazzo con un sistema che premia corrotti e corruttori, non abbia nessuna ripercussione sul sistema economico? Davvero la classe dirigente del Nord crede che la mancanza di trasparenza, governance e accountability (come si dice da queste parti) non c’entri nulla con quella curva piatta della produttività che abbiamo menzionato sopra? Davvero si può credere che norme come la depenalizzazione del falso in bilancio, approvata dal Ministro Castelli per salvare il Sultano, non abbiano conseguenze sulla crescita? Sveglia signori miei! Guardate gli indici internazionali di corruzione, rule of law, voice and accountability: l’Italia è in costante peggioramento da almeno 15 anni a questa parte. Ormai il livello dei nostri indici è al di fuori di quello dei Paesi OCSE. La competitività si fa anche su questo!
c) Un cenno al mondo dell’istruzione, pilastro fondamentale per la crescita economica. In altre parti del mondo avanzato le battaglie per migliorare l’istruzione si fanno cercando di affinare i metodi di misura della performance di insegnanti e studenti, di dare autonomia e migliori incentivi ai presidi nella selezione del personale. La Lega invece ha altre idee innovative per i suoi figli del Nord. Albi e vincoli alla mobilità, et voilà! Aspettiamo fiduciosi il risultato dei prossimi test PISA. Non mi stupirei per niente se la Lega proponesse, per le università padane, un accesso privilegiato al posto di ricercatore universitario a favore degli oriundi padani: dobbiamo pur aiutare i nostri giovani, in modo che possano far ricerca su temi cari al nostro terriotorio, magari con fondi gestiti da un bella commissione di illuminati politici! A costoro non passerà mai per la testa l’idea che il Nord debba puntare ad attrarre nelle sue scuole gli insegnanti più abili e nelle università i ricercatori migliori al mondo. Siano essi altoatesini o calabresi, bianchi neri gialli rossi o blu di pelle. La strumentalizzazione dell’etnicità, spesso inventata di sana pianta, rischia di rafforzare una cultura che accetta di buon grado un sistema delle rendite,purché tali rendite vadano in tasca ai "locali", ai "nostri". Una cultura siffatta porterà niente di buono allo sviluppo del Nord, anzi rischierà di tagliarlo fuori da un mercato dei capitali (banche) e del lavoro (professionisti stranieri) oramai globale.D’altronde cosa ci si può aspettare da personaggi ignoranti, ma ignoranti forte?
Concludo la mia invettiva, è sabato anche per me dopotutto, con uno sguardo al futuro. Arretratezza democratica e miopia politica sono i mali che affliggono da decenni la classe dirigente del Nord. Quale ne sia la ragione storica non mi è chiaro. Non mi è neanche chiaro quanto tale male sia radicato, ma vari segnali portano a sospettare che non sarà facile liberarsene. In tal senso, la fine del berlusconismo o l’introduzione del "federalismo comunale" tanto caro a Tremonti (nessuno se ne è reso conto o lo ha ammesso, ma ha stravinto lui!) non coincideranno con un momento di rinascita del Nord. La cui classe dirigente continuerà, molto probabilmente, ad avere nella Lega e in ciò che rimarrà dei profughi berlusconiani la più alta (si fa per dire) rappresentazione della propria civiltà politica.
ed orgogliosi di esserlo.