Milton Friedman era un economista ed un libertario vero, di rarissima qualita' in entrambe queste dimensioni. Ogni tanto ne ha detta o fatta qualcuna di storta, la peggiore probabilmente fu quella di far scappare la Cowles Commission da Chicago a Yale. Poiche' e' la peggiore che riesco ad addebitargli, mi sembra cosa da poco: ci ha perso un po' Chicago, ci ha guadagnato Yale, nell'aggregato non e' successo quasi nulla. Sull'accusa di essere stato un supporter di Pinochet, sono con lui. Tutta l'evidenza dimostra che lui fece il suo lavoro ed il suo dovere: spiego' a Pinochet e compagnia quello che dovevano fare sul piano economico, e poi disse chiaro e tondo che avrebbero dovuto anche restaurare la democrazia e le liberta' civili. E glielo mise per iscritto, tanto per non lasciare dubbi. Niente da eccepire.
La qualita' della sua ricerca economica e' difficile da superare, sia in termini di intuizioni che di lavoro analitico e statistico. La coerenza intellettuale e la passione che l'ha caratterizzato sino all'ultimo sono praticamente uniche, almeno fra la gente che ho avuto il piacere di conoscere. Era piccoletto, intelligentissimo e battagliero, ma la sua aggressivita' a me e' sempre sembrata il giusto prodotto di un cervello di prima qualita', curioso e critico, sempre alla ricerca del dibattito.
Non che l'abbia conosciuto molto bene, pero' ho avuto qualche buona occasione di discuterci. Ed un paio di anni fa mi fece commuovere una sua email personale in cui ci raccontava di aver letto una cosa che Larry Jones, Maria Cristina de Nardi ed io avevamo scritto sulle relazioni fra fertilita' e sistema di pensioni, dandomi vari commenti e ponendo varie domande, supersveglie per uno di 92 anni! Aggiungeva anche, come avrebbe potuto mancare, che la matematica se l'era saltata a pie' pari ma che, graziaddio, il testo ed i dati assieme all'intuizione sua gli avevano permesso di capire la cosa. Ah, lo trovava convincente, ma non originale: lui ci aveva gia' pensato e l'aveva detto decenni prima ... un po' egocentrico era, bisogna ammetterlo!
La caratteristica di Friedman che ammiro maggiormente, comunque, e' l'esser stato per tutta la vita un "intellettuale pubblico" che non si e' mai venduto a nessuno, ne' ha mai smesso di dire chiaro e tondo cio' che lui riteneva essere vero. Pronto a discutere i propri argomenti con chiunque ed in ogni occasione, ed a fare le correzioni se l'evidenza dimostrava che aveva torto. Ma non per cortesia o perche' era meglio lasciar stare e far finta d'aver trovato una "ragionevole via di mezzo". Ha difeso la legalizzazione delle droghe sino all'ultimo, ed ha espresso i suoi dubbi sul sistema di proprieta intellettuale vigente anche dopo che praticamente tutta Chicago ha deciso d'abbandonare la lezione sua, di Hayek e di Stigler. Compromessi intellettuali, almeno che io sappia, mai ne ha fatti. A patti con questa o quella tendenza politica o convenienza di potere non mi risulta sia mai sceso: lui faceva lo scienziato sociale, e diceva quello che la sua ricerca gli suggeriva essere giustificabile. Politici e decision makers, poi, facessero dei suoi consigli quel che a loro pareva opportuno o fattibile. Non stava a lui fare i compromessi ex-ante fra coerenza scientifica e convenienza pratica e politica. Mi piacerebbe saperlo imitare, in questo almeno se non nella qualita' del lavoro scientifico.
Un commento di una persona che non fa l'economista.
in uno dei suoi libri (non mi ricordo quale ma so di averlo letto) Friedman imbasti' una polemica contro varie pressioni a cui sono sottoposte le imprese. Per fare un esempio corrente, molti pensano che le imprese abbiano responsabilita' ecologiche, non verso azionisti, o non *solo* verso gli azionisti, ma anche per le montagne o gli oceani, o la temperatura del pianeta e cosi' vua.
Friedman costrui' un argomento interessante per dire che quello non era il caso.
Ergo ne sugue che le imprese, qui parlo io, non sono sottoposte agli stessi imperativi morali degli individui. L'impresa non mente solo perche' la legge dice di non mentire, non inquina *solo* perche' la legge dice di non inquinare, e cosi' via.
Questione, diretta sopratutto agli economisti. Non e' forse il caso che bisogna vedere i partiti politici come "imprese" in questo senso astratto? I politic hanno delle responsabilita' che svolgono piu' o meno bene per la genet che li sostiene, sono composti da paraoici affamti di potere, spesso di resiuati bellici intellettuali di guerre finite due generazioni fa, e cosi' vua.
La domanda e' una domanda che mi pongo spesso? Quando tutti si offendono perche, ad esempio, Nixon e' bugiardo e imbroglione o Wolfowitz dice di "sapere" che ci sono armi di distruzione di mazza in Iraq, etc. non stiamo sbagliando di bersaglio?
E' sensato dire, a, ad esempio, Mr. Elkann che "mente" quando dice che la Panda e' la macchina migliore del mondo? che Ferrari Scaglietti inquina poco e cosi' via?