Introduzione
In un paio di settimane gli italiani saranno chiamati alle urne in un buon numero di comuni e province, tra cui realtà importanti come Milano e Napoli. Non credo di essere l'unico che prova assai poco entusiasmo per la qualità dei principali candidati e credo che la diffidenza verso le forze politiche tradizionali, che negli ultimi anni ha condotto a un aumento dell'astensionismo sia nelle elezioni politiche sia in quelle regionali, si manifesterà nuovamente. E, come nel passato, l'aumentato astensionismo non servirà a nulla, in termini di miglioramento della offerta politica. In effetti esiste la concreta possibilità che l'astensionismo favorisca le forze più clientelari dato che, al diminure del numero complessivo di voti, i voti ''acquistati'' finiscono per contare di più in termini percentuali.
In questo post vorrei offrire un paio di proposte per rendere più concreto il controllo degli elettori sugli eletti negli enti locali. Si tratta di un paio di modifiche che possono essere introdotte senza alcun addizionale cambiamento delle regole elettorali.
L'opzione ''nessuno di questi''
Per dare maggiore potere ai cittadini è opportuno introdurre automaticamente sulle schede l'opzione ''nessuno di questi''. Il voto a tale opzione funziona come il voto a qualunque altra lista, eccetto che in caso di vittoria viene automaticamente nominato un commissario, con i poteri che già ora sono regolati dalla legge.
Consideriamo per esempio un comune con più di 15.000 abitanti, nel quale quindi il sindaco viene scelto con il metodo del doppio turno. Se due candidati ottengono più voti del simbolo ''nessuno di questi'' allora tale opzione diventa irrilevante. Se il simbolo ''nessuno di questi'' arriva secondo allora resta irrilevante se il candidato che arriva primo (chiamiamolo candidato A) ottiene la maggioranza assoluta dei voti, altrimenti si va al ballottaggio. Al ballottaggio gli elettori possono scegliere tra il ''candidato A'' e ''nessuno di questi''. Se vince il candidato A questi diventa sindaco, esattamente come avviene ora. Anche la selezione dei consiglieri resta identica a quella attuale, con possibilità di apparentamento tra le liste che sostengono al ballottaggio il candidato A etc. etc. Se invece vince ''nessuno di questi'' il comune viene commissariato per tre anni, dopodichè si torna a votare. Infine, se ''nessuno di questi'' arriva primo con la maggioranza assoluta dei voti allora il comune viene immediatamente commissariato, altrimenti si va al ballottaggio e vale quanto appena detto.
Il meccanismo si può adattare anche ad altri enti locali (per esempio regioni e comuni con meno di 15.000 abitanti) che usano sistemi elettorali differenti. Per esempio, se in una elezione regionale l'opzione ''nessuno di questi'' risulta la più votata allora la regione viene commissariata, altrimenti l'ozione diventa irrilevante.
Tale opzione darebbe quindi uno sfogo più concreto, e potenzialmente assai più efficace, alla protesta da parte dei cittadini in quegli enti locali nei quali nessuna delle liste che appaiono sulla scheda appare soddisfacente. A sua volta tale accresciuto potere ''di minaccia'' verso le forze politiche tradizionali potrebbe stimolare la selezione di un miglior personale politico.
Inoltre, la presenza di queste opzioni avrebbe il beneficio di rendere contendibili anche enti locali che al momento vedono una minoranza così debole (ad esempio le regioni Veneto e Toscana) da rendere la maggioranza regionale praticamente immune da sfide politiche.
La revoca dell'elezione
Se una giunta eletta si rivela inefficace e incompetente, con la legislazione attuale i cittadini si vedono costretti ad attendere fino alle elezioni successive per porre rimedio al proprio ''errore''. Un modo per ovviare a questo problema è quello di introdurre il meccanismo della revoca dell'elezione (ciò che negli USA viene chiamata recall election).
La nostra proposta è che quando una certa frazione degli elettori dell'ente locale (per esempio, l'otto per cento) lo richiede, venga convocato un referendum sulla giunta esistente. Al referendum si decide se continuare o meno con la stessa giunta o se avviare la procedura di commissariamento. Una vittoria dei SI porta allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario che resta in carica tre anni. La vittoria del NO porta al mantenimento della giunta in carica.
Le modalità del referendum verrebbero stabilite dalla legge. Sarebbe a nostro avviso opportuno mantenere una soglia alta per il numero di firme, ma evitare di condizionare la validità del risultato al raggiungimento di un quorum (per la verità queste modifiche sarebbero opportune anche per i referendum nazionali, ma ciò richiede una modifica costituzionale). Data l'intensa partigianeria che caratterizza la politica italiana è opportuno stabilire che occorre attendere almeno due anni dall'elezione del consiglio per permettere la celebrazione del referendum e che un singolo referendum può essere tenuto in ciascuna legislatura. Questo per evitare il costante tentativo da parte della parte sconfitta all'elezione di ''rifarsi'' immediatamente, sperando magari che la bassa partecipazione al referendum di revoca porti a risultati sorpresa.
Secondo me (che non sono esperto) questi strumenti rischiano di diventare un'arma del governo in carica pro tempore, essendo il commissario una carica di nomina governativa.
Nella situazione attuale - per guardare a un caso pratico - per la coalizione PdL-Lega sarebbe addirittura sconveniente presentare un proprio candidato, ad esempio, a Torino, o ancora meglio in altre città di sinistra-ma-non-troppo. Si potrebbe chiedere al proprio elettorato più fedele di dirottare i propri voti sul "nessuno di questi", che sommandosi agli scontenti, naturali elettori di "nessuno di questi", potrebbero andare al secondo turno e addirittura vincere, dando alla città, al posto di un sindaco che, col sistema attuale, probabilmente verrebbe dal Pd, un commissario nominato dal governo PdL-Lega.
Nel secondo caso, addirittura, dando un'occhiata ai sondaggi, i partiti di governo potrebbero spingere al recall (con firme dei propri sostenitori), potrebbero tentare il referendum, ed ecco che mal che vada tutto resterebbe come prima, e ben che vada una città, provincia, regione "nemica" diverrebbe "amica".
Un sistema nè democratico, nè efficiente, secondo me.
Corrado, dire che il commissario è ''di nomina governativa'' è una semplificazione eccessiva. La procedura parte dal prefetto e deve essere approvata non solo dal governo ma anche dal presidente della repubblica. Di fatto a me non pare che lo strumento finora sia stato particolarmente abusato; per esempio, quando Delbono ha dato le dimissioni da sindaco di Bologna la nomina della Cancellieri non è stata particolarmente partigiana. Però capisco la tua preoccupazione. Si può quindi integrare la proposta, specificando che il commissario venga nominato da un ente diverso dal governo (possibili candidati: Corte dei Conti, Banca d'Italia, Tribunale Amministrativo Regionale).
[vado a mangiare, poi continuo la risposta]