New York e' una citta' molto progressista, e storicamente qui i sindacati sono sempre stati molto forti, specie quelli degli impiegati pubblici, specie quelli degli insegnanti delle scuole pubbliche.
L'altro giorno mi e' capitato di assistere ad un discorso del gran capo del sistema pubblico scolastico di New York City, il "Chancellor" Joel Klein. Questi e' stato nominato dal sindaco Bloomberg, uno che, al contrario del nostro Silvio, e' davvero un ricco che si e' messo al servizio del bene pubblico, e nel giro di pochi anni ha salvato la citta' di New York da crisi di solvibilita' finanziaria certa, e avviato svariate riforme di cui adesso anche gli oppositori riconoscono i meriti. (E infatti Bloomberg e' stato rieletto l'anno scorso con maggioranze quasi sovietiche). Da notare che Bloomberg e' un repubblicano, ma lo votano anche i democratici perche' ha posizioni molto liberal (che negli USA vuol dire progressiste): e' a favore di limiti severi al possesso di armi da fuoco, e' a favore dell'aborto, e' a favore del matrimonio fra gay (anche se non lo puo' dire troppo apertamente), eccetera.
Ma torniamo a Joel Klein, e al sistema di scuole pubbliche della citta' di New York. Il dipartimento di educazione della citta' di New York gestisce 1,456 scuole e programmi, con una popolazione studentesca dagli asili alle scuole superiori di poco piu' di un milione di studenti (nel 2005-06). Tanto per fare un confronto, nello stesso periodo gli iscritti ad elementari, medie e superiori nella regione Emilia-Romagna erano poco piu' di 400,000. Gli insegnanti che operano nelle scuole pubbliche di New York sono poco piu' di 90,000. Per di piu', la popolazione studentesca e' incredibilmente varia: secondo Wikipedia, il 40% degli studenti proviene da famiglie in cui si parla una lingua diversa dall'inglese; documenti, moduli vari, pagelle sono tradotti in spagnolo, cinese, russo, urdu, bengali, creolo di Haiti, coreano e arabo. Su queste stesse pagine poi abbiamo gia' parlato della commovente varieta' di ragazzi che fa l'esame di ammissione per Stuyvesant, vero e proprio rito di passaggio per ogni generazione di New Yorkers.
I vincoli preesistenti che si trova a dover fronteggiare Klein sono enormi. Fra questi, vi sono vincoli di bilancio (il sistema di scuole pubbliche di New York puo' spendere in media $12,000 per studente contro i $26,000 per studente delle migliori scuole private); vincoli contrattuali (tanto per fare un esempio, la paga degli insegnanti aumenta solo in base all'anzianita'); vincoli imposti dalla presenza di uno dei sindacati piu' potenti e piu' resistenti al cambiamento degli Stati Uniti. E, come gia' ha menzionato Gianluca in un commento all'articolo su Stuyvesant citato sopra, questi vincoli fanno si' che i risultati scolastici nelle scuole pubbliche di New York lascino parecchio a desiderare. Anche se esistono numerose scuole pubbliche eccellenti ad ogni fascia di eta' (e non solo Stuyvesant), i risultati medi sono mediocri: ad esempio, nel 2005, il 43% degli studenti di quarta elementare era al di sotto del livello di lettura considerato "di base" (vedi qui per ulteriori statistiche).
Di fronte a questi problemi, Chancellor Klein ha avviato numerose riforme. Ne elenco qui di seguito alcune:
1. Ha stabilito un sistema di autonomia e responsabilita' diretta per i presidi delle scuole. I presidi che lo desiderano possono firmare un contratto che concede loro notevole autonomia decisionale, minori obblighi burocratici, maggiori risorse; in cambio, se la scuola non raggiunge determinati risultati (misurabili), il preside viene licenziato. Pur essendo questo sistema in vigore da appena un anno, gia' 320 presidi (poco piu' di un quinto) hanno firmato tali contratti.
2. Ha aperto numerose charter schools, che pur utilizzando risorse pubbliche sono al di fuori del sistema di governance del dipartimento di educazione, essendo gestite da organizzazioni non-profit, associazioni di educatori, genitori, ecc. In cambio di completa autonomia per quanto riguarda programmi scolastici, assunzioni, compensazione, le scuole charter devono soddisfare standard oggettivi di risultati scolastici, altrimenti devono chiudere.
3. Ha sviluppato un sistema di monitoraggio dei risultati scolastici nelle varie scuole che tiene conto non solo dei livelli raggiunti dagli studenti in vari test standardizzati, ma anche e soprattutto del cambiamento nel tempo di tali risultati, scuola per scuola. L'idea e' di eliminare l'effetto della composizione del corpo studentesco dalla valutazione della singola scuola, per arrivare ad una misura del valore aggiunto della scuola stessa.
4. Ha avviato trattative con i sindacati insegnanti per introdurre piccoli elementi di "performance pay", ovvero paga legata a risultati: piccoli bonus, identificazione di "lead teachers" che possono agire da "mentors" per insegnanti piu' inesperti (e vengono compensati per tale opera di mentoring), eccetera.
5. Ha fatto modificare i menu dei pranzi offerti dalle mense scolastiche - oggettivamente immangiabili fino a poco tempo fa.
Ma la cosa che piu' mi ha colpito dell'opera di Klein e' il quadro di principi generali che ha delineato nel discorso a cui ho avuto occasione di assistere:
From a culture of excuse to a culture of accountability. Ovvero, invece di cercare scuse (la scuola X fa schifo perche' e' situata in un quartiere povero, degradato, ad alta disoccupazione...), ognuno e' chiamato ad essere responsabile dei risultati prodotti dalla scuola in questione. E, ricordiamo, i risultati sono misurati non in termini di livelli assoluti ma in termini di miglioramento, di valore aggiunto.
From a culture of compliance to a culture of performance. Ovvero, invece di limitarci ad ottemperare ai numerosi obblighi previsti dalla burocrazia del distretto scolastico, cerchiamo di concentrarci sulla performance scolastica dei nostri studenti. E cerchiamo di premiare gli insegnanti che ottengono buoni risultati.
From a culture of uniformity to a culture of differentiation. Ovvero, cerchiamo di rendere il sistema scolastico pubblico piu' flessibile, piu' differenziato, in modo da offrire ai genitori la possibilita' di scegliere la scuola piu' adatta a loro figlio/a. E se dobbiamo pagare di piu' gli insegnanti di matematica e scienze perche' la loro "outside option" e' migliore di quella degli insegnanti di letteratura inglese, ben venga.
Riassumendo, quindi: responsabilita' individuale; incentivi; risultati misurabili; valore aggiunto; possibilita' di scelta; non e' quanto spendi, ma come lo spendi. A questo punto, allora, mi viene da pensare agli amministratori pubblici in Italia, funzionari di ministeri, enti pubblici, scuole, universita', ferrovie... e mi chiedo: ma se lo capisce un Klein, perche' non lo puo' capire un Mussi?? E, per l'ennesima volta, divento paonazzo dalla rabbia.
Sottoscrivo tutto, tranne la rabbia verso Mussi. Non che non ne meriti, ma a me Mussi non fa piu' imbestialire: dopotutto questo governo sta facendo quello che aveva promesso, e cioe' un monte di male!
Mi allargo a considerazioni piu' generali di cui si discute spesso su NFa. Il problema e' sempre il solito: come mai non riusciamo ad eleggere governi piu' responsabili? Dalla parte della domanda, grande voglia di riforme non sembra esserci se l'unico partito che ne parla seriamente, i radicali, e' stato quasi spazzato via nelle ultime elezioni. Non so perche' sia cosi', forse mancanza di cultura economica (che poi non spiega molto), difesa delle proprie rendite anche se cio' implica non abbattere quelle altrui etc.
Ma e' il lato dell'offerta che mi fa, si', diventare paonazzo. Gli ultimi anni ci hanno fatto perdere dei treni importanti. Da una parte Berlusconi, eletto su una piattaforma un po' liberale, se ne e' fregato delle riforme e ha pensato a difendere i suoi amici. Peraltro a destra i leghisti sono fra i pochi ad avversare con forza la malagestione delle finanze pubbliche. Essendo gli stessi che fanno il battesimo nel Po e il giuramento a Pontida, questo non fa buona propaganda alle idee liberali in Italia.
Fra i due schieramenti, e' sulla sinistra che mi arrabbio di piu'. Fin da quasi subito (diciamo 2002) si e' capito che Berlusconi avrebbe avuto difficolta' alle elezioni: la sinistra aveva tempo per lanciare un programma decente, innovativo e progressista e convincerne l'elettorato (magari non Friedman, ma almeno Klein!). Invece no, abbiamo avuto il dialogo coi girotondi e l'alleanza col diavolo e cioe' la "sinistra alternativa". Con Bertinotti le riforme (anzi, le rivoluzioni!) di cui ha bisogno il paese non si fanno, punto e basta.
Non solo. Infatti il peso politico di Bertinotti, e della CGIL, rimane li' anche se il governo cade. Se lo si fosse additato a nemico del popolo, quale e', forse lo si sarebbe politicamente emarginato eliminando cosi' molti ostacoli alle riforme, qualunque fosse l'esecutivo. La Finanziaria e' peraltro quella che uno si sarebbe potuto aspettare da questo
governo, con l'enfasi demagogica sulla progressivita' ritrovata
dell'imposizione fiscale, la difesa dell'attuale sistema universitario,
etc.
Caro Tommaso,
concordo e annuisco. Come hai notato, questo della totale assenza di senno e di coraggio dei vari governi italiani e' un mistero che ci colpisce parecchio, qui su nFA (vedi qui e qui, per esempio). Chiaramente e' un problema di numeri, ovvero non c'e' domanda sufficiente per un programma serio di riforme. Ma questo non fa che rimandare la domanda indietro di un livello: perche' non c'e' questa domanda? E' forse che l'elettore mediano e' uno che gode di rendite di posizione tali dal sistema attuale che ogni cambiamento in direzione liberale e competitiva lo spaventa? E' il senso dello stato e delle istituzioni che manca? Come mai in Spagna, USA e Regno Unito si riesce ad avere non solo una destra seria e liberale, ma anche una sinistra seria e liberale? Forse che per avere un Blair e un Clinton sono necessari una Thatcher e un Reagan (vedi il pezzo sulla rivoluzione del mercato del lavoro)?
...O non sara' per caso colpa delle ormai leggendarie tagliatelle al ragu'??