Stimato direttore,
Le scrivo anche a nome degli altri redattori del blog www.noisefromamerika.org, facendo seguito a una simpatica nota del dottor Francesco Magris, apparsa il 12 febbraio a pagina 14 del Suo quotidiano. Ci scusiamo per il ritardo nella reazione; viviamo tutti dall’altra parte dell’oceano con ovvii problemi di fuso orario; inoltre del blog ci occupiamo solo nei ritagli di tempo che il lavoro ci lascia.
L’articolo ci ha da un lato sorpreso e dall’altro compiaciuto. La sorpresa viene dal fatto che il principale quotidiano economico italiano decida di prestare attenzione a un blog tanto irrilevante. Il dottor Magris apre l’articolo spiegandoci come il sito goda di “deprimenti indici d’ascolto” tanto che “allo stato attuale questi economisti farebbero bene a telefonarsi piuttosto che citarsi addosso”. Data tanta irrilevanza, perché prendersi la briga di attaccarlo pubblicamente? E soprattutto, per il quotidiano, perché prendersi la briga di pubblicare l'attacco? Inoltre, e questo lo chiediamo sommessamente ma fermamente: cosa c'entra tutto questo con il SUM, e perché avete preso la decisione editoriale di fare l'occhiello sul SUM (del cui comitato scientifico, tra l'altro, uno di noi fa attivamente parte) affermando cose non vere? Il compiacimento ha ragioni ovvie, su cui non elaboriamo.
Non sapevamo di stare così antipatici al dottor Magris, ma questo è secondario. Ciò che non è secondario è che l'articolo riporta svariate falsità e distorce intenzionalmente la natura sia del blog sia delle discussioni che ivi si svolgono. Siamo certi, anche perché alcuni di noi hanno intrattenuto relazioni professionali con lei in precedenti occasioni, che ci farà la cortesia di permetterci la replica a tale attacco, pubblicando sulle pagine del suo giornale, con evidenza uguale a quella data all’articolo del dottor Magris, la replica che alleghiamo.
La ringraziamo anticipatamente per l’attenzione e cogliamo l’occasione per porgerLe
Cordiali saluti.
I redattori di www.noisefromamerika.org
Alberto Bisin
Andrea Moro
Gianluca Clementi
Giorgio Topa
Michele Boldrin
Sandro Brusco
A seguire il testo della replica.
Poco liberale a chi?
In un intervento pubblicato su questo quotidiano il 12 febbraio il dottor Francesco Magris ha espresso opinioni poco lusinghiere su un sito web, chiamato www.noisefromamerika.org, che ci divertiamo a redigere nel nostro tempo libero. Il sito serve per discutere tra noi, e con chiunque voglia leggerci, di economia, politica e anche d'altre cose (come l'Inter e la Juve). Il sito nacque per diletto due anni fa. L'abbiamo mantenuto anche spronati dalla qualità del dibattito con i lettori. Ora ha più lettori il sito che capelli in testa noi, ma alla nostra età questo non implica audiences da Novella 2000. In ogni caso, abbiamo faticato un po' a comprendere il nocciolo dell'argomentazione del dottor Magris, e anche perché abbia perso tempo a occuparsi di noi con cotanto fastidio. L'inizio dell'articolo è francamente bizzarro. Si afferma che il sito gode di "deprimenti indici d'ascolto", tanto che "allo stato attuale questi economisti farebbero bene a telefonarsi piuttosto che citarsi addosso". Se contiamo così poco, di grazia, perché prendersi la briga di attaccarci sul principale quotidiano economico nazionale? E perché mischiare gli insulti ad personam con un progetto universitario pubblico come il SUM? A cosa serve un articolo del genere e perché un giornale come il Sole si è prestato a pubblicarlo? Non sono domande retoriche.
Se abbiamo capito bene, il problema principale è che il sito è "un florilegio di insulti, improperi e volgarità", traboccante di "violenza e [...] volgarità verbali". Mancanza di stile, insomma, un'accusa che dopo gli insulti gratuiti iniziali ci è apparsa un po' curiosa. Però è un'accusa da cui non abbiamo alcuna intenzione di difenderci: ci dichiariamo colpevoli non pentiti. Ognuno di stile usa il suo. Il nostro è rude, da gente abituata a mangiare con le mani e poco adusa ad affabulazioni letterarie. Lo facciamo in parte perché non siamo capaci di fare altro, si cresceva così nei sobborghi operai del Nord Italia, e in parte perché ci pare giusto. Molto semplicemente, noi crediamo che i problemi che affliggono il Bel Paese rendano imperativo chiamare le cose col proprio nome, con assoluta chiarezza e senza compromessi. Evidentemente se uno dice a voce alta che l'Italia ha raggiunto un livello di degrado civile, economico e sociale disperante, che la classe politica e le elites più in generale non sembrano cogliere l'urgenza del momento, che nessuno esige senso di responsabilità individuale e onestà intellettuale dai propri leaders, ebbene se uno pubblicamente dichiara tutto questo pecca di mancanza di stile. Non è questione di "autocompiaciuti dileggi", quanto piuttosto di dire le cose come stanno senza doversi chiedere a chi si pestano i piedi. Gli insulti, quelli veri, sono all'intelligenza degli italiani e vengono dalle politiche che pervicacemente si continuano a fare e da un dibattito di politica economica che (fatte salve rarissime eccezioni) è davvero imbarazzante.
Non siamo affatto una testata di parte, tra le altre ragioni perché noi non prendiamo e non vogliamo un solo euro del danaro dei contribuenti. Chiunque si prenda la briga di visitare il sito troverà critiche precise a tutto quello che riteniamo sciocco e sbagliato nella gestione del paese, su entrambi i lati dello spettro politico. Abbiamo perfino criticato l'Inter, pur essendo in maggioranza interisti, quando abbiamo ritenuto fosse giusto; e ci è costato, oh se ci è costato farlo. Non lo facciamo perché vogliamo apparire "bipartisan", per usare una parola alla moda. Non lo facciamo nemmeno perché ci piace distribuire critiche gratuite. Daremmo un braccio per poter essere "partisan", per poter aderire ad uno schieramento politico che non dicesse asinate e che non facesse gli interessi di un ristretto gruppo di persone e dei gruppi sociali privilegiati che li sostengono. Ma questa fortuna, nell'Italia del 2008 non ci è data. Forse ci sarà nel futuro se qualcuno inizia a dire le cose come stanno. Siamo poco liberali? Forse si, se per liberale si intende un qualche signorotto impomatato che discetta di Croce. In questo senso, liberali non lo siamo affatto. Chiamateci in altro modo, liberisti, libertari, liberioti, quello che vi pare. Non ci interessa particolarmente. Le etichette, a cui così tanti in Italia assegnano importanza ultraterrena, non ci appassionano per nulla.
Ci interessano invece i fatti e quelli riportati da Magris sono falsi, come ogni lettore del blog può constatare di persona. È falso che nel blog si soffochi il dibattito e non venga dato spazio a opinioni contrarie alle nostre, come il titolo della nota farebbe supporre. Al contrario, non censuriamo nulla (eccetto due o tre commenti, su migliaia, che contenevano attacchi personali e apologie di regimi totalitari) ed il dibattito stimolato dai nostri articoli risulta spesso estremamente vivace. È falso anche che nel NISA-SUM non vi siano economisti: vi sono e uno di noi contribuisce al comitato scientifico di questa interessante iniziativa. Quale possa essere poi la relazione fra il SUM ed il nostro blog, e perché l'articolo, e addirittura l'occhiello della redazione, diano tanta rilevanza a questo non-fatto, ci sfugge.
Suggeriamo infine di andare oltre lo stile, che a noi comunque piace assai, e di guardare alla sostanza di quello che diciamo. Abbiamo parlato, e tanto, di mercato del lavoro, di legge finanziaria, di politica fiscale, di liberalizzazioni, di pensioni, di questioni spinose come lo sviluppo del Mezzogiorno o la vendita di Alitalia, delle rendite di posizione di cui godono innumerevoli gruppi corporativi in Italia, il tutto suffragato da dati precisi e da argomentazioni tratte dalla teoria economica. Il tono non è quello della "civil conversazione" così caro ai "saggisti barocchi" che evidentemente accompagnano il dottor Magris nelle sue colte letture. Di gente che parla con questo tono ce n'è fin troppa, e un sito in più con quello stile non serve a nessuno. Il nostro è il tono che si usa nelle aule dei seminari universitari americani, dove non ci sono baroni, agli studenti si da' del tu, si tengono i piedi sul tavolo, ci si veste in pantaloncini e maglietta, si mangiano hamburgers e le castronerie vengono chiamate col proprio nome, castronerie.
Una piccola rettifica alla parte finale della lettera di Alesina. Molti vecchi lettori gia' lo sanno, ma i nuovi no: i fondatori di nFA non sono Alberto e Michele, ma 5 redattori, su sollecitazione di Andrea ed Alberto, cui si e' aggiunto, dopo pochi mesi, Gianluca. Una piccola storia della "fondazione" si trova qui