Nimby, cioè: not-in-my-back-yard, ossia: non-nel-mio-giardino, ossia ancora: quest'opera-sarà-pure-necessaria-ma-fatela-da-un'altra-parte.
Il fenomeno è sempre più diffuso lungo la penisola e negli ultimi anni non c'è praticamente una sola opera pubblica o intervento industriale che non siano stati variamente osteggiati da comitati di cittadini, enti locali, sindaci o associazioni ambientalistiche (eccovi qui alcuni siti esemplari: NOTAV, NoDalMolin, ChiaiaNOdiscarica,NoExpo, notangenziale, noinceneritori ecc.).
Insomma, l'Italia oltre che una repubblica delle banane, rischia anche di diventare uno stato "BANANA": vale a dire Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anyone.
In attesa del fuoco di sbarramento che si scatenerà non appena il Governo (casualmente solo dopo le elezioni regionali, altrimenti Zaia come fa ad essere pro nucleare a Roma e contro nel Veneto?) comunicherà i siti dove costruire le centrali nucleari, per il momento ad essere nel mirino sono in particolare i rigassificatori.
Detto molto in breve e senza nessuna pretesa di precisione scientifica, un rigassificatore è un impianto industriale grazie al quale il gas naturale, trasportato in forma liquida da navi gasiere, viene riportato allo stato gassoso e quindi immesso nella rete di metanodotti per il consumo finale. In passato la politica energetica italiana non ha favorito la realizzazione di questo tipo di impianti, preferendo dotare il paese di una rete di metanodotti per importare direttamente il gas dai produttori.
Solo da pochi anni si è cominciato a programmare anche questo diverso tipo di importazione, anche perchè i principali fornitori (Algeria, Libia e Russia) non sono propriamente nazioni ad alta affidabilità e una rete di rigassificatori consente di diversificare le fonti di approvvigionamento accedendo anche a giacimenti dai quali è impossibile far partire i metanodotti. Insomma, lo scopo primario dovrebbe essere quello di essere meno dipendenti dagli sbalzi umorali di Gheddafi o di Putin e di favorire la concorrenza del mercato del gas, grazie all'ampliamento del numero degli importatori.
Attraverso la realizzazione dei rigassificatori, poi, l'Italia potrebbe sfruttare uno dei vantaggi che la geografia le dà e, integrando i nuovi impianti con la rete esistente di metanodotti, diventare un hub per lo smistamento del gas naturale in Europa. Sulla carta, è una politica energetica con una sua coerenza, nei fatti, si scontra con le resistenze locali.
In pratica, non c'è un singolo sito scelto per ospitare un rigassificatore che non abbia il suo comitato del no (alcuni esempi qui, quo, qua, cip e ciop); il fronte del no raccoglie un consenso trasversale che va dagli ambientalisti, alla chiesa, ai partiti politici, siano essi di governo che di opposizione, tutti indifferentemente uniti per dire NO! Per un caso del destino, mi ritrovo a vivere in diretta una di queste opposizioni.
La società Gaz de France, infatti, vorrebbe realizzare un rigassifcatore proprio di fronte a casa mia, cioè nel mare di Porto Recanati. Per la precisione, la vera e propria rigassificazione avverrebbe in mare aperto - a circa 35 kilometri dalla costa - utilizzando una nave rigassificatrice, mentre a terra ci sarebbe solo una piccola stazione di pompaggio alla quale il gas arriverebbe attraverso una condotta sottomarina e dalla quale verrebbe immesso in rete.
Il comune, nella persona del sindaco, è ufficiosamente d'accordo, anche perchè si vocifera che la comunità ne ricaverebbe delle compensazioni economiche, tali da far realizzare un porto turistico, da anni nel libro dei sogni delle varie amministrazioni che si sono succedute alla guida della città. Ad essere contrari sono in primo luogo tutti gli altri comuni vicini (appartenenti alla cosiddetta Riviera del Conero) i quali lamentano di essere stati tagliati fuori da ogni decisione e, aggiungo io, di non vedere all'orizzonte alcuna compensazione economica.
Per farla breve, è nato ed è molto attivo il comitato per il NO ed il dibattito in paese e in quelli vicini è molto acceso, con assemblee pubbliche infuocate ed una opposizione assolutamente trasversale: per esempio la scorsa domenica la Lega Nord (che pure è al governo in comune) raccoglieva per strada le firme contro il rigassificatore.
I motivi del rifiuto sono sostanzialmente quattro:
a - è pericoloso;
b - danneggerà il turismo;
c - il gas non serve a noi, ma lo manderanno in Francia;
d - lo fanno per i soldi e lo fanno con i soldi pubblici.
Sulla prima obiezione c'è poco da dire. Si tratta effettivamente di un impianto potenzialmente molto pericoloso, dato che se, a causa di un incidente ad una nave gasiera o al rigassificatore galleggiante, il gas liquefatto fuoriuscisse, inizierebbe a ribolirre e ad evaporare a causa del fatto che essendo trasportato a temperature bassissime, il contatto con l'acqua del mare, che è molto più calda, darebbe il via alla reazione chimica. Si formerebbe così una nube di metano che, spinta dai venti, potrebbe investire le città sulla costa con effetti disastrosi. Va però detto che le navi gasiere vengono costruite con criteri finalizzati proprio a prevenire questi incidenti ed in effetti non si ha notizia, tranne un singolo caso risalente al 1944, di incidenti per questo tipo di impianti. Tra l'altro, l'opera dovrebbe comunque rispettare la Direttiva Seveso e superare positivamente la valutazione di impatto ambientale; però un rischio potenzialmente c'è, si tratta di vedere se accettabile o meno Se prevale la logica nimby, la risposta è evidente: che lo facciano da un'altra parte.
La seconda obiezione, ossia il danno per il turismo, mi pare debole. Una nave ancorata a 35 chilometri dalla costa non produce impatto visivo e la stazione di pompaggio a terra non è sostanzialmente differente dai numerosi impianti similari che consentono di far arrivare il gas alla caldaia ed alla cucina di casa nostra. Ci potrebbe essere un effetto indotto dal fatto stesso di essere la "città del rigassificatore" e quindi i turisti, intimoriti dalla presenza dell'impianto, potrebbero decidere di dirottare altrove le proprie vacanze. Anche in questo caso il rischio c'è, ma quanto possa essere concreto è difficile a dirsi, anche perchè nessuno ha fornito dati certi o prodotto studi specifici. Rilevo tuttavia che il rigassificatore di Panigaglia (SP) da molti anni opera vicino alle località turistiche di Lerici, Porto Venere o le Cinque Terre e non pare che il turismo di questi luoghi ne abbia risentito. Tuttavia, sia pure remoto, il danno al turismo è un rischio che potrebbe potenzialmente avverarsi.
La terza obiezione (serve ai francesi) mi pare ininfluente: una volta imesso in rete, il gas va dove serve e dove c'è qualcuno che è disposto ad acquistarlo.
La quarta obiezione merita una valutazione un po' più complessa. La prima parte dell'obiezione (lo fanno per i soldi) è una evidente stupidaggine. E' ovvio che un'opera di quel genere viene realizzata per farci soldi, non certo per beneficenza. La seconda parte dell'obiezione - ossia paga Pantalone - è invece più fondata. Lo stato italiano ha infatti deciso di incentivare la realizzazione di questi impianti, garantendo la copertura di gran parte dei costi e dei rischi economici dell'impresa.
Tutto nasce da una delibera della Autorità per l'Energia del 2005 (la n. 178) che ha previsto un "fattore di garanzia", che assicura "anche in caso di mancato conferimento della capacità di rigassificazione disponibile" dell'impianto, la copertura di una quota pari all'80% dei ricavi di riferimento per i costi fissi del terminale, che a loro volta costituiscono circa il 95% dei costi dell’impianto.
La percentuale dell'80% è stata ridotta al 71,5% nel 2008 con la delibera n. 92, ma, insomma, il meccanismo è chiaro: anche se il rigassificatore non produce tutto il gas che la sua capacità gli permetterebbe, verrà comunque riconosciuto un profitto minimo, socializzando i costi direttamente in bolletta. Va detto che la pratica è tutt'altro che rara. In particolare, è da noi vigente il meccanismo del CIP6, grazie al quale i produttori di energia elettrica con l'utilizzo di fonti rinnovabili o "assimilate", possono rivenderla al Gestore dei Servizi Energetici ad un prezzo maggiore di quello di mercato ed il GSE, a sua volta, addebita ai consumatori finali questi maggiori oneri, che si sostanziano in un maggior prezzo, in bollettam del 6-7%.
Il grimaldello del CIP6, grazie alla equiparazione delle "assimilate" alle rinnovabili ha consentito in passato notevoli guadagni ai produttori, che hanno potuto vendere elettricità a prezzi maggiori, anche se nel ciclo produttivo nulla di effettivamente rinnovabile era stato utilizzato, ma magari si erano bruciati gli scarti della lavorazione del petrolio o i rifiuti nei termovalorizzatori. Oggi i contributi alle assimilate sono stati in gran parte ridotti o eliminati, ma nel frattempo un bel po' di soldini, soprattutto i petrolieri, se li sono portati a casa.
I fautori dei rigassificatori sostengono che l'agevolazione non rappresenti un doppione del CIP6, perchè non prevede un ricavo garantito per le imprese, ma piuttosto una riduzione del rischio legato all’investimento e che l’incentivo tariffario per nuova capacità sarà erogato solo dopo l’attivazione degli impianti e sarà previsto secondo un limite preciso, cioè fino al raggiungimento di una ben precisa capacità globale per gli approvvigionamenti. Quel che è certo, però, è che si è scelto di socializzare dei costi d'impresa.
Ciò che occorre chiedersi, dunque, è se questa socializzazione sia giustificata o meno dai vantaggi che la realizzazione dei rigassificatori apporterebbe alla economia italiana, perchè se questa giustificazione non fosse adeguata, verrebbe da dire a Gaz de France ed a tutti gli altri che se è legittimo che un rigassificatore venga costruito per far soldi, che se lo costruiscano con i loro, di soldi.
Io, sono sincero, una risposta non sono in grado di darla, attendo fiducioso le illuminate risposte dei lettori.
Per l'Italia l'approvvigionamento energetico è una spada di damocle. E probabilmente il problema pratico più grosso e che va risolto più alla svelta. In sintesi, dipendiamo pesantemente dagli idrocarburi di paesi instabili. Aggiungi che gli idrocarburi finiranno, ma pria che finiscano diventeranno molto molto costosi. Soprattutto quelli russi che ci arrivano via terra, visto che dall'altro lato della Russia c'è la Cina, con un potere d'acquisto maggiore del nostro e che quindi, credo, deciderà presto il prezzo del nostro gas.
I rigassificatori sono una delle cose che l'Italia deve assolutamente fare, nella mia opinione.