Sul Corriere del 1 Settembre (scusate il ritardo con cui compilo l'avvelenata, ma iniziano i corsi e c'è troppo da fare) Ernesto Galli della Loggia ha pubblicato un Calendario (trafiletto breve che credo scriva settimanalmente o forse anche giornalmente). Se la prende con l'IMT di Lucca per i corsi in inglese.
Riporto la domanda posta a conclusione dell'articolo
Che cosa potrà mai restare della tradizione culturale italiana
se settori addirittura d'eccellenza del suo sistema d'istruzione
cominciano a rinunciare alla lingua nazionale? Invitare docenti
stranieri, certo! Imporre agli studenti la conoscenza dell'inglese,
certo! Ma davvero avremmo voluto vedere Marchesi, Mortati o Chabod
insegnare in inglese?
E rispondo:
Non rimane nulla della tradizione culturale italiana, Professor Galli della Loggia. I Marchesi, Mortati o Chabod del presente parlano già inglese, mangiano hamburgers, ascoltano seminari coi piedi sul tavolo, si fanno dare del tu dai propri studenti, e non li costringono a portare borse ma a scrivere papers pubblicabili. La tradizione culturale italiana è stata distrutta dagli accademici italiani che hanno difeso le proprie misere rendite con ogni mezzo, incluso facendo scappare all'estero quasi tutti quelli migliori di loro. Un esempio di come si difendono le rendite: si esorta a bloccare l'uso dell'inglese attraverso il Corriere.
Ma forse sono troppo cattivo; forse Lei ha solo davvero a cuore l'eredità di Dante, Petrarca, e Boccaccio. Dopo tutto nell'articolo, bontà sua, Lei ammette:
Non solo per il dottorato in Economia o in Nanotecnologie—ciò che
potrebbe avere ancora un senso — ma ad esempio anche per quello in
Scienze Politiche.
Allora è diverso. Solo a Scienze Politiche l'uso dell'inglese è senza senso. Cosa insegna Lei, Professor Galli della Loggia? Non sarà che insegna Scienze Politiche per caso?
Mi permetta un commento finale a spiegazione del titolo: un divertentissimo sketch (la usano anche all'Accademia della Crusca la parola sketch ormai, professor Galli della Loggia, me la passi) di Zelig per Emergency (mi spiace, si chiama così, Professor Galli della Loggia, Gino Strada evidentemente non ama Boccaccio come Lei - o forse ha il problema di evitare di farsi sparare addosso da chi non capisce l'italiano) immagina l'India (che lingua parlano lì a scuola? Hindi? Sanscrito?) tra una decina d'anni. Della gente allegra al ristorante viene importunata da un venditore di rose cui tutti dicono, lentamente, cercando di pronunciare parole per loro impronunciabili "no interessa fiori". Così descritto non sembra, ma le assicuro a vederlo e pensarci ... è davvero esilarante!
Nella rubrica delle lettere del Corriere di ieri c'è stata un'altra puntata di questa vicenda. Il direttore dell'IMT ha spiegato che in economia (come in quasi tutte le discipline) la lingua di comunicazione universale è l'inglese, usato in articoli, conferenze, seminari, ecc. La risposta di EGDL è stata: ma allora perché non insegnare tutto in inglese sin dalle elementari?
...che poi... parliamone! Sono sempre più convinto che, per un Paese come l'Italia, il danno causato dall'avere una popolazione così ignorante per quanto riguarda le lingue straniere sia immenso (vedi alla voce "Svezia"). Non potendo ricorrere a misure "eccessivamente drastiche", imponendo un bando su cinema e TV doppiati, concepire un'educazione bilingue fin dalla più tenera età potrebbe essere una buona soluzione...
just kidding (?)
Indipendentente dal fatto che l'inglese vada o meno insegnato da subito (io penso di si e sono d'accordo con michele), la replica di EGdL e' davvero priva di senso. Ricapitolando, EGdL scrive il suo pezzo sfortunato dimostrando, nonostante sia un professore universitario, di non avere alcuna idea di cosa sia un dottorato o di cosa significhi fare ricerca. Il direttore dell'IMT gli risponde sostenendo che condizione necessaria per organizzare dottorati di buon livello e' farlo in inglese. EGdL contro replica che, date queste premesse, "l'intero sistema scolastico italiano [...] dovrebbe adottare l'inglese". Una domanda sorge spontanea, ma il Corriere come sceglie i suoi editorialisti nell'eccellente e italianissimo panorama universitario?