Quest’anno il Nobel per l’Economia è stato conferito a Peter Diamond (MIT), Dale Mortensen (Northwestern) e Chris Pissarides (London School of Economics) per le loro ricerche sui mercati caratterizzati da search frictions, o costi di ricerca. Ringraziamo coloro che hanno congratulato nFA nei commenti per averci azzeccato, ma in effetti era noto da tempo che la terna DMP (li chiameremo così) fosse papabile.
Per capire cosa sia search theory vale la pena provare una prospettiva storica. L'economia classica considera mercati in equilibrio. In equilibrio non significa statici, immobili, o nulla di simile; significa invece semplicemente che la domanda eguaglia l'offerta. L'equilibrio, in questi modelli, si ottiene attraverso il meccanismo dei prezzi, che si aggiustano per garantire l'uguaglianza tra domanda e offerta (imprecisamente detto, i prezzi salgono quando la domanda è superiore all'offerta e viceversa scendono quando l’offerta è superiore alla domanda). Se differenze sistematiche tra domanda e offerta sono irrilevanti da un punto di vista macroeconomico nei mercati dei beni (per questo la condizione di equilibrio è utile nei modelli), così non è nel mercato del lavoro. Se la domanda di lavoro fosse uguale all'offerta di lavoro, non avremmo infatti disoccupazione - o meglio, i disoccupati sarebbero disoccupati volontariamente.
Dopo aver gettato alle ortiche i modelli keynesiani, in cui la domanda poteva non eguagliare l'offerta a causa della mancanza di un meccanismo di prezzi che garantisse l'equilibrio, la teoria economica ha dovuto affrontare l'eccezionalità del mercato del lavoro, in cui l'esistenza della disoccupazione sembrava segnalare un fallimento del sistema di equilibrio. La soluzione del problema adottata da search theory è quella di considerare economie in cui la ricerca di un lavoro adatto da parte del lavoratore disoccupato e la ricerca di un lavoratore con le adatte caratteristiche da assumere da parte di una impresa, richieda tempo e fatica e non sempre risulta in un accordo, un match. In questo contesto, in ogni istante la domanda non eguaglierà l'offerta, vi saranno lavoratori disposti a lavorare al salario offerto dalle imprese che non trovano lavoro e imprese disposte ad assumere al salario richiesto dai lavoratori che rimangano con il posto vacante (vacancy).
La teoria ha importanti implicazioni teoriche che sono verificabili empiricamente e lo sono state, con successo, da ormai un paio di decenni e più. Innanzitutto, le teorie che incorporano search, come dicevamo, implicano l’esistenza di lavoratori che cercano lavoro contestualmente alla presenza di imprese che offrono lavoro. In questo modo è possibile determinare e associare il tasso di disoccupazione ad alcuni parametri fondamentali come il costo di cercare lavoro ed i benefici ai disoccupati. La curva che associa tasso di disoccupazione e tasso di vacancy, chiamata curva di Beveridge, è diventata uno strumento fondamentale per l’analisi del mercato del lavoro. Molta della discussione oggi, su cosa stia succedendo alla disoccupazione negli Stati Uniti dopo la crisi, è legata al fatto che si osserva una importante deviazione del rapporto vacancy/disoccupazione, rispetto alla regolarità statistica della curva di Beveridge, che suggerisce un grave discrasia (mismatch) tra i lavoratori che le imprese cercano e le caratteristiche (istruzione, esperienze di lavoro precedente,...) che i lavoratori possono offrire. E’ oramai quasi impossibile trovare un sito che parla della Great Recession senza trovare anche un grafico della Beveridge curve. Non crediamo sia mai apparsa su nFA quindi colmiamo la lacuna (questa viene da Rob Shimer, uno studente di Peter Diamond, oggi a Chicago):
I punti in rosso in basso a destra della curva di Beveridge statistica in verde sono quelli che ci fanno pensare al mismatch.
Un’altra implicazione di search theory è che il prezzo che si forma in un mercato affetto da search friction non è quello concorrenziale. In particolare, se l’oggetto dello scambio è il lavoro, il salario non corrisponde alla produttività marginale del lavoro, come previsto nel caso di un mercato concorrenziale del lavoro. Il motivo è semplice da spiegare. Quando un lavoratore cerca lavoro, le opportunità lavorative arrivano in modo (almeno dal suo punto di vista) casuale. L’incentivo è dunque di accettare quando il salario offerto è superiore al valore di continuare a cercare, con i costi che questo comporta. Esiste, dunque un’offerta-soglia al disopra della quale il lavoratore accetta, e al disotto della quale il lavoratore continua a cercare. E questa soglia non è necessariamente data dalla produttività del lavoro. In un mercato con search frictions, anche se l’oggetto scambiato (un bene o il lavoro) fosse omogeneo, è possibile che si formi un’intera distribuzione di diversi prezzi di scambio, come si verifica nella realtà.
L’idea che esistano frizioni derivanti da costi di ricerca esisteva prima dei lavori pubblicati da Diamond, Mortensen e Pissarides nel corso degli anni 70 (ne aveva parlato Beveridge e probabilmente anche qualcun altro), ma non era mai stata formalizzata. Da allora, i modelli di search sono diventati il cavallo di battaglia degli economisti del lavoro. In questo senso l'impatto della teoria è stato enorme. L'associazione di DMP a search theory è consolidata - un premio a search non poteva andare che a loro. Vale la pena comunque di citare i precursori e altri economisti che hanno contribuito in modo determinante ma sono stati lasciati fuori (soprattutto perché alcuni di loro non sono nemmeno citati dallo "scientific background" offerto dal Nobel Committee). Innanzitutto George Stigler, che elaborò il primo modello di search all’inizio degli anni 60 (per studiare il mercato della pubblicità, non quello del lavoro, stranamente). E poi John McCall (UCLA), il cui contributo è più o meno contemporaneo a quelli di Peter Diamond, all’inizio degli anni 70. Più tardi, nel 1979, Boyan Jovanovic (NYU) , la cui tesi di Ph.D. a Chicago ha introdotto una nuova classe di modelli di search in cui l’intensità della ricerca da parte di lavoratori e imprese è variabile decisionale (di conseguenza, pochi cercano lavoro in una recessione, ma ritornano nelle file dei disoccupati in cerca di lavoro non appena l’economia accenna a riprendere). [Detto tra noi, Boyan ha fatto di tutto, di più, sempre in anticipo; ma ha sempre continuato imperterrito, senza guardare indietro, con una curiosità intellettuale rara - per questo è associato a tutto e quindi a niente e non avrà probabilmente mai il premio. Come direbbe un rapper: respect!!]
Una nota finale su DMP come individui invece che come terna. Peter Diamond è un teorico sofisticato. I suoi contributi spaziano ben al di là di search theory, dalla teoria della tassazione ottimale (che oggi è tornata in voga), allo studio teorico dei sistemi pensionistici, alla teoria dei mercati finanziari,... Alberto gli deve molto - per il suo ruolo di mentore - all’inizio della carriera. In un ambiente (MIT) allora/ancora violentemente anti-teorico, Peter era una “protettore” fondamentale e una presenza rinfrescante. Il suo snobismo intellettuale molto Bostonian (“io non potrei vivere che a Boston, perché Boston è l’unica città al mondo in cui un professore ha un elevato status sociale”), per quanto datato e anche odioso, è almeno onesto, non ipocrita. Mortensen e Pissarides, invece, sono economisti più applicati, con un occhio chiaro all’analisi empirica. Il loro contributo alla search theory è stato quello di aver prodotto una serie di modelli di search al giusto livello di astrazione per essere adattati all’analisi empirica: non troppo complessi da essere intrattabili, ma sufficientemente complessi da poterci dare una chiave di lettura dei dati. Il grande impatto di search theory sull’economia del lavoro si deve in gran parte a loro (per le applicazioni empiriche di search vanno ricordati i contributi di James Heckman, Chris Flinn, Kenneth Wolpin e Zvi Eckstein).
Un bel Nobel per un contributo che ha aiutato a comprendere diverse caratteristiche del mercato del lavoro in modo particolare, ma anche in diversi altri contesti, come l’economia monetaria (Nobu Kyiotaki e Randy Wright), o la possibilità di incorporare la razionalità limitata entro il paradigma neoclassico. Resta il dubbio che, ancora una volta, la scelta abbia un carattere politico - la disoccupazione, problema del momento - che non dovrebbe avere. All'anno prossimo le speranze per la nostra terna favorita - e intanto quest'anno lasciamo crescere i capelli del loro colore naturale: meglio bianchi e calvi che biondi.
Ma è possibile, come sostiene Boeri, che solo ora si può disegnare la Beveridge curve anche per l'italia?
www.viasarfatti25.unibocconi.it/notizia.php
Non so se avete poi notato che il corriere traduce "for their analysis of markets with search frictions" come "per le loro analisi sui mercati della ricerca degli attriti". Cioè lo studio dei mercati delle pavimentazioni anti-scivolo?
www.corriere.it/economia/10_ottobre_11/nobel-economia_8275e3a0-d527-11df-a471-00144f02aabc.shtml
Meraviglioso! Avranno usato il traduttore automatico, credo.