In un recente Working Paper, Mafia in the Ballot Box, (in inglese, il titolo significa: Mafia nell'urna elettorale) due economisti italiani, G.De Feo (Pavia) e G. De Luca (York) si propongono di misurare l’effetto della mafia sul voto in Sicilia ed in particolare sulla percentuale di voti per la Democrazia Cristiana. Partono da una constatazione: fino al 1953 la differenza di voti fra DC e PCI era molto simile in Sicilia e in tutta Italia, ma in seguito è rimasta stabile in Sicilia mentre diminuiva nel resto d’Italia (fino quasi ad annullarsi). La Sicilia dopo il 1968 è stata una delle roccaforti democristiane (e poi berlusconiane). SI pone quindi il problema quanto abbia contribuito a tale successo l’appoggio della mafia. Gli autori spiegano la percentuale di voti alla DC nei vari comuni siciliani dal 1948 al 1992 con serie di regressioni*. Le variabili esplicative comprendono, per ciascun comune, una serie di indicatori per le caratteristiche socio-economiche (p.es. percentuale di impiegati pubblici) e culturali (p.es. la percentuale di abitanti con laurea) ed una variabile (dummy) che distingue i comuni a più alta densità mafiosa, secondo un rapporto dei carabinieri del 1987. Distinguono inoltre le elezioni dopo il 1970 da quelle precedenti, sulla base di informazioni (soprattutto ottenute da sentenze di tribunali) sulla riorganizzazione/centralizzazione della mafia alla fine degli anni Sessanta e sul suo sistematico appoggio alla DC (in particolare alla corrente andreottiana, capeggiata dal 1968 da Salvo Lima, poi ucciso dalla mafia nel 1992).
Secondo la loro stima preferita (per i nerds una IV che usa come strumento la diffusione della mafia nel 1900), nei comuni ad alta densità mafiosa la percentuale dei voti per la DC dopo il 1970 era superiore del 6% a quella giustificata dalle altre caratteristiche dei comuni. La percentuale corrisponde a circa un sesto dei voti DC. Gli autori stimano anche l’effetto della mafia sulla percentuale di lavoratori nell’edilizia nel comune, che misura, anche se imperfettamente, la quantità di appalti pubblici, la principale moneta di scambio fra politici e mafiosi. Nei comuni ad alta infiltrazione mafiosa, la percentuale era superiore di due punti a quella ‘normale’ (date le caratteristiche dei comuni) – cioè di circa un sesto. Seguendo la prassi accademica, gli autori provano una serie di specificazioni alternative, che confermano i risultati.
Formalmente, l’analisi si riferisce solo ai voti per il partito, non alle preferenze. Sembra però molto probabile che la mafia non si sia limitata solo a suggerire di votare DC, ma abbia anche indicato anche i nomi dei candidati. Non so quanto sia in grado di influenzare il voto attualmente, ma siamo sicuri di voler rischiare?
*La regressione è una tecnica statistica che misura l’effetto di una serie di cause (variabili esplicative o indipendenti) su un fenomeno (variabile dipendente). La variabile è definita rilevante (in gergo significativa) se le probabilità che il suo coefficiente sia zero sono inferiori ad una certa soglia (in genere 5% o 1%).
Dai per scontato che i capi partito scelgano i candidati in lista più indipendentemente degli elettori?