Mi è arrivata ieri per email la notizia che la Corte dei Conti ha bocciato per la seconda volta il regolamento della riforma Mussi per l'assunzione di nuovi ricercatori nell'Università, riportando in vigore i vecchi (quali? mah? Adesso non lo so proprio più) criteri.
Sulle prime non ci ho creduto, sarebbe la seconda volta che si ricomincia da capo nel giro di due mesi e anche le pezze messe col decreto "mille-pagliacciate" (quello che ha rimesso in auge le chiamate multiple nei concorsi da professori di prima e seconda fascia) non sono servite a sbloccare la situazione! Neanche dei dilettanti allo sbaraglio avrebbero potuto fare più danni.
Poi sono andato sul sito del MIUR ed ho trovato questo articolo che conferma la cosa.
Quello che mi chiedo è: possibile che al Ministero dell'Università, con tutte le facoltà di giurisprudenza che hanno a disposizione, non riescano a trovare un legale in grado di verificare leggi e regolamenti che vengono prodotti e di controllare che non siano porcherie inapplicabili, ma qualcosa che si potrà far valere? La domanda è retorica. Sì e possibile, sotto il regno di Mussi non ne hanno combinata una decente e hanno solo bloccato tutto per la loro incapacità prima di produrre un regolamento per fare svolgere i concorsi in tempi decenti, poi nel produrne uno che non si potrà applicare e che è stato bocciato due volte.
D'altra parte la competenza del sottosegretario Modica su come si svolgono i concorsi nel resto del mondo spiega bene perché non sia riuscito a combinare nulla di buono: l'"anonymous peer review" non è il sistema usato per valutare i candidati alle assunzioni, ma per valutare la correttezza degli articoli da pubblicare sulle riviste scientifiche.
Oppure questa tattica di "fare ammuina" è voluta e serve a rendere assolutamente incomprensibile agli stranieri cosa vogliamo fare in questo paese ormai da operetta, così da metterci al riparo da "invasioni" estere (vedrai che ne vengono dei docenti validi in Italia ad insegnare, in queste condizioni).
Soluzioni non ne ho, ma qui è sempre più dura, ha voglia FLG ad incoraggiarci...
Alcune precisazioni di contorno. La registrazione di un atto del governo puo' essere imposta alla Corte dei Conti da una delibera del consiglio dei ministri. L'articolo su IlSole24ore afferma che era stata superata l'obiezione piu' grave che era procedurale. Non capisco come questo possa essere avvenuto senza ricominciare la procedura da capo. Potrebbe esserci stato un intervento legislativo nel decreto mille proroghe, ma non riesco ad immaginare come. L'obiezione sull'anonimato dei consulenti esterni, invece, non regge, perche' un'attenta lettura della bozza del regolamento rivela che essi rimangono anonimi solo fino alla conclusione del procedimento. Successivamente gli interessati hanno diritto di conoscerne l'identita'. Anche nelle assunzioni e promozioni degli SU si utilizzano consulenti "anonimi", che scrivono le cosiddette "recommendation letters". Modica quindi non ha tutti i torti. Ma anche negli SU da molti anni gli interessati possono avere accesso a tutta la documentazione compresa l'identita' dei consulenti (sulla base del principio costituzionale del "due process"). Chi ha sottoscritto "recommendation letters" in tempi recenti e' stato informato che l'anonimato non e' piu' assoluto. Il decreto mille proroghe ha stabilito che si applicano le vecchie regole sui concorsi a ricercatore banditi fino all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto (secondo Ilsole24ore e' il 14 marzo, ma non ci credo, credo invece che sia il 29 febbraio). L'emendamento che proponeva di fissare il termine in modo da non creare un vuoto normativo (cioe' lasciare in vigore le vecchie norme fino all'entrata in vigore del nuovo regolamento) e' stato rifiutato. Questo dovrebbe comportare l'impegno della maggioranza ad eliminare il vuoto normativo attraverso una registraione "con riserva" imposta dal Consiglio dei Ministri alla Corte dei Conti. Il regolamento e' complicato e farraginoso e scimmiotta una america immaginaria. Tuttavia e' meglio del vuoto normativo. Pe migliorare l'assurdo sistema di reclutamento, basato sulle "file d'attesa" sarebbe bastato molto poco. Ad esempio la soppressione del "membro interno" della commissione. Ma c'era qualcuno che voleva a tutti costi "fa' l'amerikano".
Forse voleva fare l'ammericcano de roma, ma l'amerikano dubito lo volesse/sapesse fare. Per la semplice ragione che qui non si fa proprio così per assumere i colleghi. Il diavolo, come sempre, sta nei dettagli, ma i dettagli contano.
Anzitutto, qualsiasi decisione di assunzione/promozione è FONDAMENTALMENTE responsabilità del consiglio del dipartimento, in cui le persone hanno nomi e cognomi noti. In secondo luogo, la decisione finale formalmente ricade sul Dean e/o un "Tenure and Promotion Committee", anche questo composto di persone con nome e cognome. Le lettere di valutazione si usano, ed alcune sono anonime nel senso che illustro fra un po', ma valgono solo nei casi marginali e solo in dipartimenti che non sanno che pesce pigliare. Nei posti dove ho lavorato, PRIMA decidevamo chi assumere e se ci piaceva, POI cercavamo lettere di valutazione to make a case for the Dean/Provost.
Più dettagliatamente. Per assumere assistant professors le lettere di valutazione sono il contrario di anonime: sono scelte dal candidato che le fa inviare e le richiede. Sono tipicamente suoi professori. Perché mai un professore dovrebbe scrivere che un suo studente è mediocre e non merità niente di più che andare a Wall Street e non in un posto accademico serio? Concorrenza/reputazione: è un gioco ripetuto in cui alla gente interessa vincere. Se mi vendi tonti per un paio di volte poi non ti credo più, anche se davvero hai un genio. Promozioni interne - in particolare, dare il posto fisso (tenure) ai precari (assistant professors): queste sono fondamentalmente decisioni dei membri del consiglio di dipartimento di grado appropriato. Nel caso di forti dubbi ed indecisioni l'opinione dei valutatori esterni può contare, ma in media è un elemento marginale. Questo è ancor più vero per le assunzioni da fuori di persone con posto fisso: il dipartimento si cerca la gente che gradisce, cerca di convincerla a venire, vota l'offerta e POI prepara il caso per Dean/Provost, spesso facendosi aiutare dal candidato stesso sulla scelta delle persone che devono scrivere le lettere. Certamente gli si chiede sempre: X, facci sapere se c'è qualcuno a cui NON vuoi che chiediamo lettere. Questi i fatti.
Insomma, visto così sembra un sistema ultra corrotto e gestito a base di raccomandazioni personali e gruppi chiusi (i dipartimenti) che fanno quello che vogliono: esatto. E più è "di qualità" il posto, più questo aspetto da "club chiuso" è vero. Perché, dunque, un sistema apparentemente corrotto e manipolabile, privo di regolamenti trasparenti, commissioni, classifiche, ed i mille altri bizantinismi italioti, produce ricerca ed insegnamento di una qualità tale che in Italia se la sognano? Semplicissimo: concorrenza, concorrenza, concorrenza. Ogni dipartimento è un team che vuole vincere, ossia acquisire una reputazione superiore a quella degli altri dipartimenti nello stesso campo in altre università ed in campi diversi nella propria università. Perché? Per la fama, individualmente, e per ottenere risorse, ossia il vil denaro! Per quale altra ragione? Gli accademici son esseri umani normali, ed amano le stesse cose che i bancari amano, solo con un tasso di sostituzione marginale differente: una volta raggiunta la composizione "accademica" del paniere denaro-libertà-stimoli mentali, le curve di engel sono più o meno lineari anche per noi. È la selvaggia concorrenza di mercato che muove il sistema universitario e di ricerca USA; la concorrenza per denaro e fama, niente altro. Il sistema funziona perché ci permette di competere ogni giorno senza accoltellarci, ed è organizzato in modo da dare ai dipartimenti ed ai professori gli incentivi giusti.
Dato questo fatto la gente si concentra sul vincere, e per vincere non è buona regola assumere degli incompetenti tonti solo per far favore ad un compariello: che se li assuma lui! Funziona sempre bene? No, non sempre. A volte vi sono dipartimenti che riescono ad ottenere rendite di posizione e si adagiano, oppure che "spariscono" dalla vista ed accettano il degrado, o che convincono i propri amministratori centrali d'essere "buoni" mentre son gli altri che son "cattivi". Il posto dove sono da quasi due anni è un esempio: mai stato un grande posto per fare economia, al contrario di Minnesota dov'ero prima, aveva galleggiato per qualche decennio per poi, nel tempo, decadere ulteriormente, diventando molto "italiano" (aneddoti disponibili, a iosa) ed arrivando probabilmente ad essere numero 60 o giù di lì nelle classifiche nazionali. È durato per un vent'anni, poi l'università s'è accorta del trucco e s'è accorta d'avere a bordo un dipartimento molto sotto gli standards desiderati. Siccome WUStL ha ambizioni alte (che come college ed in alcuni fields, quelli delle scienze della vita ed in medicina in particolare, ha abbondantemente raggiunto) il Dean ed il Chancellor han deciso di ricominciare da capo. Commissione esterna di valutazione (con nomi e cognomi, niente di anonimo) che fa un report esplicito ed ovviamente durissimo; assunzione di un direttore di dipartimento da fuori con poteri quasi dittatoriali - incluso: rendere la vita così difficile a quelli che non fanno niente ed hanno il posto fisso che scelgano di andarsene - e campagna acquisti in cui i baroni del passato non avevano praticamente diritto di parola. Due anni dopo, anche se non siamo ancora fra i primi 20, ci stiamo avvicinando al gruppo di testa ed abbiamo recuperato il diritto di decidere per noi: il Dean ed il Chancellor ora si fidano dei nuovi arrivati. Di sicuro non siamo più numero 63 ...
Ancora una volta: la meritocrazia (di cui tutti in Italia si riempiono la bocca) si implementa solo con la concorrenza ed il mercato, non a colpi di assurdi regolamenti, commissioni, classifiche e punteggi. It's as simple as that.
Anonimato: che i nomi dei valutatori esterni vengano o non vengano rivelati ai candidati (assieme al testo delle loro lettere) dipende dal posto. È vero per quasi tutte le università pubbliche, ma non è vero per la maggioranza delle private, come la mia. In ogni caso, è un diritto ristretto ai casi di promozione interna, in particolare nel passaggio da precario a posto fisso. Negli altri casi, ciccia.
Questi i fatti. Il resto son fantasie nazional-popolari d'origine ministerial-romana.
Infine, il punto del Gibbo mi sembrava essere che, ancora una volta, al ministero dell'Università non sanno quel che fanno: son degli incompetenti, a partire dal signor ministro e scendendo giù, giù, giù sino all'ultimo dei loro esperti o direttori di questo e di quello. Mi sembra Gibbo abbia provato il proprio punto convincentemente: questi incompetenti fanno leggi di riforma che sono illegali secondo la legislazione ed i regolamenti che la loro Casta è venuta elaborando da decenni a questa parte. L'ironia della storia che Gibbo ci racconta va apprezzata: si sono incartati da soli nel loro labirinto dirigista.
Questo persino al di là del giudizio di merito che si può dare delle svariate riforme e riformine che ogni ministro/sottosegretario estrae dal cilindro appena lo nominano, probabilmente per far contenti i 5 o 6 "baroni di riferimento" che lo consigliano. Siccome ogni tre baroni italiani ci sono 5 opinioni su quale labirinto di bizantini regolamenti dovrebbe regolare l'università, il ministro di turno (che di università e ricerca seria non capisce quasi mai nulla perché è solo un politicante molto ignorante) prende i suoi baroni di riferimento, li nomina consiglieri o sottosegretari e questi si sbizarriscono a scrivere i mille incoerenti codicilli della riforma perfetta che hanno sempre sognato. Perché, ovviamente, ogni barone italiano che si rispetti, è convinto che il problema sia quello di riuscire ad introdurre i regolamenti, le procedure, i divieti, i concorsi, le commissioni, le sovracommissioni, le sottocommissioni ed i grandi esperti giusti (i suoi) e tutto si risolve.
A lasciar fare a mercato e concorrenza, quello non viene in mente a nessuno. I baroni italiani sono molto più intelligenti e scaltri della media: si vede dalla qualità della loro ricerca, invidiata nel mondo.
Quando un italiano usa il termine "l'universita" egli si riferisce al sistema universitario italiano nel suo insieme, considerando implicitamente che le regole, procedure, sistemi debbano essere gli stessi per tutte le sedi universitarie. In Amerika il termine indica invece una precisa istituzione (Stanford, WUSTL, Podunk U.) di cui si sta discutendo, il che sottointende che quanto si applica ad una di esse potrebbe non applicarsi ad un'altra.
E' il concetto di base che e' diverso; secondo me questo rende quasi impossibile introdurre la concorrenza nell'universita italiana, che pure sarebbe la soluzione del problema. La concorrenza e un "brusio dall'Amerika" che non ha senso per chi considera che le universita sono come sportelli Bancomat, tutti equivalenti tra loro per cui conviene andare a quello geograficamente piu vicino.