Con sempre maggiore insistenza e trasversalità tra forze politiche e sindacati (e perfino oppositori interni nella mia abitazione privata, come mia moglie) sembra si stia affermando in Italia la convinzione che sarebbe opportuno detassare i compensi per straordinari, i premi di produzione, qualcuno dice anche gli aumenti contrattuali, la componente dei salari contrattata per azienda o per individuo: in generale le componenti variabili e/o "meritocratiche" dei salari.
Per diverse ragioni io ritengo che si tratti di una pessima scelta. Prima però cercherò di riassumere cosa viene proposto, e per quali ragioni. Mi scuso se per mancanza di tempo non includo almeno in questo articolo d'apertura collegamenti, grafici, citazioni. Qualunque correzione o precisazione è bene accetta.
Da quanto ho sentito in TV e ho letto il centrodestra propone detassazione di straordinari e premi di produzione (es. Sacconi recentemente in TV, anche il d.d.l. di MS Gelmini include qualcosa del genere). La CISL sembra sia d'accordo: se ricordo bene, in passato aveva proposto la detassazione degli aumenti contrattuali. La CGIL sembra sia l'unica forza che si oppone (visto in TV recentemente di fronte a Sacconi). Ho letto (ma accetto correzioni se avessi letto male) che anche nel PD c'è sostanziale convergenza sulla detassazione di componenti variabili dei salari (per esempio qui Morando per il PD afferma che sono favorevoli alla detassazione della parte di salario corrispondente alla contrattazione di secondo livello). Per la prima volta nella mia vita probabilmente sarei schierato con la CGIL contro tutti. Ovviamente non certo con le stesse motivazioni che ho sentito in TV (mi ricordo solo che, sul momento, le ho giudicate indifendibili come al solito, poi le ho dimenticate. Anzi ora una la ricordo: danneggerebbe le donne che possono fare meno straordinari).
Ma quali sono le motivazioni a favore esposte dai propositori? Si possono riassumere molto semplicemente: la pressione fisco-contributiva su ogni compenso extra è così elevata che a fronte di un costo elevato per le imprese arriva ben poco in tasca ai dipendenti "meritevoli" per cui non ci sono incentivi a lavorare di più e meglio. Ora a quanto ammonta questa pressione fisco-contributiva sui compensi extra?
Secondo i miei calcoli, che magari in seguito documenterò meglio (nota del 14/5/2008: grazie anche ad alcune critiche in un commento di Corrado ho rifatto i calcoli in maniera piu' accurata e corretta e li riporto in fondo all'intervento: le conclusioni rimangono invariate), ma che intanto illustro con un grafico in fondo all'articolo, a partire da redditi imponibili IRPEF di 28 mila euro all'anno, l'aliquota marginale reale è intorno al 40%, per un lavoratore dipendente senza carichi. In presenza di carichi familiari, la soglia a cui inizia l'aliquota intorno al 40% si alza ma modestamente. La mia stima è che la maggior parte dei lavoratori dipendenti arriva a questi redditi, quindi ogni aumento patisce il 40% di aliquota marginale effettiva IRPEF. Chi non supera la soglia in ogni caso patisce un'aliquota marginale del 30%. Se partiamo dal costo del lavoro per l'impresa, il reddito imponibile IRPEF è il 67% del costo del lavoro, perché il 33% va direttamente all'INPS come contributi previdenziali. L'imposizione fisco-contributiva marginale oltre 28 mila circa all'anno di reddito imponibile IRPEF è, rispetto al costo del lavoro, 33% + 40%*67% = 60%. Ci sarebbe anche l'IRAP che qui trascuro. Questa aliquota marginale è compatibile con la tipica affermazione, che a volte si legge, secondo cui il costo del lavoro è oltre il doppio del netto in busta paga, ma riguarda specificamente l'aliquota marginale che colpisce gli aumenti di salario. Quindi se l'impresa sborsa 100 euro di premio aziendale l'operaio incassa 40 euro. Dà fastidio, ma così è la vita in Italia. Altrove in Europa va molto meglio, stimerei a spanne che per redditi medi l'aliquota marginale fisco-contributiva è circa 30-40%, e poi per redditi alti 40-50%.
In realtà è ancora peggio di così, perché i legislatori italiani sono profondamente stupidi e producono mostri. Infatti, oltre all'aliquota marginale IRPEF+INPS, ci sono altri effetti, complicati e difficili da stimare. Un effetto (amplificato dalla recente "riforma" di Visco) è dovuto agli assegni familiari: sono variabili in funzione del reddito familiare (inclusivo di rendite a tassazione separata) secondo uno schema che favorisce molto i redditi bassi e si annulla molto velocemente proprio per redditi individuali tra 28 mila e i 40 mila euro. E non è finita, ci sono molte altre voci (tasse universitarie, esenzione dai ticket sanitari) che salgono o scendono drasticamente col reddito. Insomma nel Belpaese è ben possibile che l'aliquota marginale omnicomprensiva di assegni familiari e ogni altra intrusione statale sia superiore al 100%, vale a dire: l'impresa spende 100 euro in più, il dipendente riceve 40 Euro, ma poi a causa del reddito aggiuntivo supera una o più soglie e si vede tagliare per esempio 100 euro al mese di assegni familiari per un anno, perde l'esenzione al ticket, deve pagare di più la mensa scolastica ai figli e le tasse universitarie; in altre parole è addirittura possibile che alla fine il dipendente ci perda. Se è proprio sfortunato può arrivare a perdere anche 1500 Euro. Spero mi scuserete se non faccio un esempio con tutti i numeri ... il mio tempo è limitato e diverse ore se ne sono andate solo per compilare il 730 in questi giorni. In ogni caso anche Sacconi in TV parlava di questi effetti che a mio parere sono reali e riguardano una larga frazione dei dipendenti. Insomma in Italia l'orribile apparato di oppressione fiscale ed erogazione di sussidi statali crea per molti una "poverty trap", da cui non conviene uscire, cioè non conviene nemmeno rischiare di guadagnare di più per poi soffrire aliquote marginali omnicomprensive superiori al 100%.
Data questa situazione, la "soluzione" su cui sta convergendo larga parte del nostro apparato politico-sindacale sembra essere la detassazione degli aumenti salariali. Il sogno del sindacalista e dell'imprenditore: accordo su 100 euro di aumento, aumento del costo del lavoro di 100 euro, aumento netto in busta 100 euro. Sacconi parla esplicitamente di detassazione totale: straordinari e premi aziendali non verrebbero soggetti ad alcuna contribuzione INPS, né IRPEF. Non andrebbero in pratica nemmeno dichiarati. Non farebbero scattare la perdita degli assegni familiari, né dell'esenzione dal ticket, né gli aumenti delle tasse universitarie: nulla. Insomma, più soldi per le imprese e per i cittadini, e meno per lo Stato. La quadratura del cerchio?
È invece a me sembra una solenne boiata, e cerco di spiegare perché. Con la detassazione proposta ci sarebbe un vantaggio mostruoso per tutti, imprese e dipendenti, a spostare la frazione maggiore possibile della contribuzione dalla parte "fissa" a quella "variabile" e "meritocratica". Ma sono capaci i propositori a immaginare 20 milioni di italiani, tra dipendenti ed imprenditori, al lavoro per realizzare, con la nota e insuperabile creatività italiana, l'obiettivo di spostare i salari dalla parte fissa tassata marginalmente al 60% e oltre alla parte variabile tassata 0%? Si rendono conto che contro 20 milioni ci sarebbero solo 8-10mila magistrati a valutare se la normativa sulla detassazione che si accingono a formulare sarà stata violata o no? Non solo: poiché in Italia la decisione di cosa sia "straordinario", "premio di produzione" o "incremento contrattuale" viene di fatto presa attraverso la contrattazione sindacale, una tale legislazione delegherebbe ai sindacati le funzioni dell'autorità fiscale. Nello stabilire orari minimi e massimi, tariffe orarie, premi di produzione e costi extra per le ore straordinarie, i sindacati di fatto avrebbero il potere di definire la base imponibile per la parte che attiene al reddito da lavoro dipendente!
Anche dal punto di vista meramente economico, assumendo illusoriamente che i sindacati si astengono dal trarre vantaggio da questa nuova legislazione, ci sarebbe un incentivo mostruoso per le imprese a non assumere nuovi dipendenti ma piuttosto far lavorare di più quelli già assunti. Ci sarebbe un incentivo mostruoso per le imprese a non assumere persone a part-time o a non assumere chi non accetta o non può fare ore straordinarie (magari per impegni famigliari). Questi incentivi non avrebbero motivazione economica alcuna, distorcerebbero senza ragione l'allocazione delle risorse, e sarebbero con ogni probabilità nocivi. Sbaglio?
Che cosa proporrei io? La revisione della tassazione (e di tutte le forme di esenzioni e detrazioni) per fare in modo che l'aliquota marginale sia per ogni reddito costante o monotona crescente. È possibile ed anche semplice, e semplificherebbe la vita dei cittadini e anche dello Stato. Sull'IRPEF, basta adottare detrazioni o deduzioni che sono costanti col reddito, e poi aliquote progressive per scaglioni. Gli assegni familiari dovrebbero essere aboliti, e le risorse recuperate dovrebbero andare ad aumentare detrazioni e diminuire aliquote per tutti in maniera universale. Per ogni spesa amministrata dallo Stato, tutti dovrebbero pagare lo stesso ammontare. I redditi bassi vanno favoriti aumentando detrazioni e diminuendo le aliquote sui primi scaglioni, non col micro-management di tutte le gabelle statali. Si risparmierebbero tra l'altro un bel po' di dipendenti pubblici improduttivi che lavorano solo ad acquisire e controllare le dichiarazioni sul reddito e poi a modulare ticket e tasse varie in funzione di questo.
Cosa mi aspetto verrà fatto? Ovviamente il peggio: c'è un sistema di oppressione statale assurdo quanto kafkiano, invece di riformarlo si metterà una toppa detassando qualche componente variabile dei salari con una bella legislazione astrusa, si aumenterà l'illegalità e l'arretrato dei tribunali, si aumenterà la distorsione operata dallo Stato nell'allocazione delle risorse economiche e l'Italia affonderà ancora un po' di più.
Aliquota marginale IRPEF sui redditi di lavoratore dipendente senza carichi familiari secondo la recente riforma di Tremonti e di Visco, e per lavoratore con moglie e due figli a carico secondo Tremonti. Sono inclusi gli effetti degli scaglioni IRPEF e delle deduzioni o detrazioni che si riducono col reddito. Non sono inclusi gli effetti degli assegni familiari a volte inclusi nel confronto, che hanno in prima approssimazione l'effetto di aumentare la parte di reddito non tassato e di aumentare significativamente l'aliquota marginale.
[il seguito contiene calcoli piu' accurati aggiunti il 14/5/2007]
Calcoli aggiornati sull'aliquota marginale IRPEF
Grazie allo stimolo di alcune critiche in un commento di Corrado, ho corretto alcune imprecisioni e fornisco ora una stima piu' corretta e accurata delle aliquote fiscali e fisco-contributive marginali sui redditi di lavoro dipendente, tenendo conto in maniera piu' puntuale dell'effetto degli assegni familiari.
Repubblica mette a disposizione un calcolatore IRPEF per calcolare l'effetto combinato di IRPEF, assegni familiari, addizionale regionale e addizionale comunale sui redditi. Calcolando il "reddito disponibile" a partire da redditi lordi che differiscono di 100 Euro si ottiene quanto dei 100 Euro arrivano al lavoratore, il resto e' proporzionale all'aliquota marginale su 100 Euro dovuta alle tasse sul reddito e alle assegni familiari. Per effettuare il calcolo occorre fare una serie di assunzioni, che elenco perche' i miei risultati siano meglio riproducibili: regione=Toscana, provincia=Arezzo, comune=Anghiari. Ho considerato 4 casi: dipendente con coniuge e 2 figli a carico, dipendente con coniuge e 1 figlio a carico, dipendente coniugato ma con solo 1 figlio a carico, dipendente senza carichi familiari.
Il calcolatore calcola il reddito disponibile secondo l'ultima riforma di Visco, e secondo la normativa precedente, che includeva la riforma di Tremonti. Con Tremonti, un lavoratore con coniuge e figli a carico che guadagna al lordo 20800 ottiene al netto un reddito disponibile di 20393 Euro. Se al lordo guadagna +100 Euro, al netto guadagna +67 Euro: questo significa che l'aliquota marginale e' (100-67)/100 = 33%. Se il guadagno lordo aumenta ancora di 100 Euro e va quindi a 21000 Euro, l'aumento corrispondente al netto e' ... -212 Euro. Questo corrisponde ad un'aliquota marginale del [100-(-212)]/100 = 312%. Il lavoratore ci perde perche' gli assegni familiari sono stati definiti da cani, con gradini che li riducono in funzione del reddito producendo per alcuni redditi aliquote marginali superiori al 100%. (tra parentesi: non so chi abbia normato gli assegni familiari in maniera cosi' demenziale, credo che Tremonti li abbia ereditati). In ogni caso calcolando quello che succede dopo la riforma di Visco ho fatto una scoperta piacevole: Visco non solo ha aumentato gli assegni familiari, ma ha anche fatto delle modifiche per eliminare le aliquote superiori al 100% per alcuni redditi.
Concludendo, muovendoci nella situazione descritta a partire da 20800 Euro di reddito lordo, abbiamo che per incrementi di 100 Euro le aliquote marginali sono:
Tremonti: 33%, 312% , 33%
Visco: 46%, 46%, 46%
In sostanza, l'aliquota media e' probabilmente uguale tra i due sistemi, e Visco l'ha uniformata. Queste aliquote marginali includono molti effetti: IRPEF, addizionali, detrazioni che si riducono col reddito, assegni familiari che si riducono col reddito. Sarebbe molto piu' serio e trasparente che le detrazioni e gli assegni familiari fossero costanti, in modo che l'aliquota marginale sia uguale a quella nominale IRPEF sui redditi (27%, 38%, 43%, 45%). Ma come di consueto nello Stato italiano si preferisce il sotterfugio e l'imbroglio, destra e sinistra unite, Tremonti e Visco all'unisono: per redditi bassi l'aliquota IRPEF e' nominalmente bassa (27%), ma l'aliquota marginale omnicompresiva e' piu' alta della massima aliquota per i redditi piu' elevati (45%).
Considerando altre situazioni, otteniamo risultati paragonabili. Cito solo i dati con Visco/2006, per un reddito lordo di 20000 Euro all'anno:
dipendente, coniuge e 1 figlio a carico, netto 18420, aliquota marginale: 42%
dipendente coniugato con solo 1 figlio a carico, netto 17730, aliquota marginale: 42%
dipendente non coniugato senza carichi familiari, netto 16145, aliquota marginale: 31%
Come si vede, anche per redditi medi e medio-bassi gli assegni familiari equivalgono di fatto a detrazioni, che in cambio aumentano l'aliquota marginale perche' il loro importo si riduce col reddito. Il lavoratore senza carichi ha un'aliquota marginale inferiore perche' non ha assegni familiari: il sistema e' cosi' astruso che le sue conseguenze sono evidentemente fuori dal controllo dei legislatori.
Ho rifatto lo stesso esperimento intorno a 35000 Euro e ho trovato una situazione simile, aliquota marginale pre-Visco al 38% (con probabili salti oltre al 100% che pero' non ho avuto tempo di scoprire dove), aliquota marginale dopo Visco al 44-45%.
In conclusione, anche per redditi medi o medi-bassi, l'aliquota marginale sui redditi imponibili IRPEF in Italia e' tipicamente 42-46%, salvo che per i single senza figli.
Calcoli aggiornati sull'aliquota marginale sul costo del lavoro
Aggiorno nel seguito i calcoli svolti sopra in maniera (solo leggermente) scorretta, come evidenziato da un commento di Corrado.
Usando i dati riportati qui e qui, arrotondando secondo l'ultima riforma Visco i contributi del datore di lavoro (CD) al 33% del lordo in busta paga (LBP) e i contributi del lavoratore (CL) al 9.5% del lordo in busta paga, e ricordando che l'imponibile IRPEF (II) e' uguale al lordo in busta paga meno il 9.5% di contributi, posso scrivere, usando CDL per il costo del lavoro:
CDL = LBP + 33%*LBP = 133%*LBP
II = LBP - 9.5%*LBP = 90.5%*LBP = 90.5%(1/133%)*CDL= 68%*CDL
Quindi l'aliquota (sia marginale che inclusiva) contributiva sul costo del lavoro e' 32% = 100%-68%.
Come abbiamo visto sopra, sull'imponibile IRPEF o reddito lordo si applica poi un'aliquota marginale fiscale nell'intervallo 42-46% per la grande maggioranza dei dipendenti. Nel seguito usero' il 42%. Questo 42% si applica all'imponibile IRPEF che e' il 68% del costo del lavoro, per cui l'aliquota marginale fisco-contributiva sul costo del lavoro e' 60.6% = 32%+68%*42%.
Se vogliamo completare l'opera possiamo cercare di includere l'IRAP, che valeva 4.25% e dopo la riforma Visco vale 3.9%. Credo si applichi sull' imponibile IRPEF, se e' cosi' l'aliquota marginale INPS+IRPEF+IRAP sul costo del lavoro e' 63.2% = 60.6%+3.9%*68%. Se l'IRAP si applica anche sugli oneri sociali l'aliquota complessiva sale di poco.
Questo significa che a fronte di 100 Euro extra pagati dall'impresa, solo 36.8 Euro arrivano in tasca al lavoratore dipendente, anche per redditi medi e medio-bassi.
Quindi per i redditi dei lavoratori dipendenti, nello Stato italiano c'e' una sorta di flat tax! Infatti oltre una soglia effettiva di reddito esente, c'e' poi una aliquota effettiva praticamente costante e uguale quasi per tutti, pari al 63% circa. Gli unici che sfuggono sono i dipendenti senza carichi familiari, che hanno una quota minore di reddito esente, ma vengono parzialmente compensati con un'aliquota marginale 10% circa inferiore, finche' il loro reddito non raggiunge le aliquote IRPEF piu' alte del 38%, 43%, 45%.
Molto italianamente la flat tax uguale per tutti e' il risultato finale di una politica fiscale che - a parole - vuole favorire i redditi bassi con aliquote IRPEF inferiori. Si noti che i redditi bassi vengono comunque favoriti con detrazioni effettive, equivalenti a quote di reddito esenti, come e' accettabile e condiviso, almeno dai fautori della flat tax. La mia critica alla situazione esistente non e' su questo ma su due punti:
- la flat tax effettiva e' imposta con sotterfugi e imbrogli, a partire da redditi bassi e proclamando a parole aliquote piu' basse per i redditi minori
- il livello finale dell'aliquota marginale fisco-contributiva e' troppo elevato (~63%)
Oltre alla normativa appena esaminata, nello Stato italiano esistono una serie di provvedimenti e sussidi che sono funzione del reddito in maniera rigida e stupida: esenzione dai ticket sanitari, borse di studio, riduzione di tasse universitarie, del costo della mensa scolastica e mille altre elemosine e sconti di Stato. Partendo dal 63% di aliquota marginale, e' facilissimo che un lavoratore dipendente a fronte di un esborso extra di 100 Euro del datore di lavoro non solo non guadagni nulla ma anche ci perda, da 200 Euro con gli assegni familiari prima di Visco a 1000-2000 Euro perche' il suo reddito supera qualche soglia rigida utile ad avere sconti e sussidi. Un risultato kafkiano evidente conseguenza del miscuglio della poca competenza e della poca onesta' dei legislatori italiani.
Concordo con l'analisi, sulla detassazione del variabile avevo già scritto ai tempi della analoga idea di Sarkozy. Tra questa levata d'ingegno, che non fa nulla per stimolare l'offerta di lavoro e il quoziente familiare (che rischia di deprimere ulteriormente l'offerta di lavoro femminile) ho l'impressione che nel PdL sia all'opera un disegno tradizionalista che mira a tenere le donne a casa. Ma forse sbaglio, è solo insipienza.
Perché non dovrebbe stimolare l'offerta di lavoro? E perché dovrebbe addirittura deprimere l'offerta di lavoro femminile?
Io credo sia insipienza combinata con demagogia, perche' questa misura piace alle masse (povera Italia), e temo anche alle elites confindustriali.