Il capitolo è un po' lungo per essere riportato interamente. In esso si spiega perché la "paura" voltremontiana nei confronti della Cina sia malriposta, e perché l'apertura al commercio porta vantaggi agli italiani, oltre che ai cinesi.
Il meccanismo teorico, che non ripeterò, è spiegato bene nel libro. L'articolo del Financial Times racconta un esempio molto suggestivo di questo meccanismo. Racconto per chi non volesse o sapesse leggere l'originale.
Vicenza era fino a pochi anni fa la capitale dell'oreficeria. Esistevano centinaia di piccoli laboratori orafi che servivano un mercato mondiale. Con l'avvento della concorrenza cinese, negli ultimi anni il numero di laboratori si è dimezzato (da 1300 a 600), e con esso l'occupazione femminile, particolarmente alta in questo settore. Al contempo, le manifatture di borse in pelle di lusso (anch'esse localizzate nell'area) non riescono a soddisfare la crescente domanda da parte dei ricchi cinesi (oltre che ai brasiliani, russi e messicani) per i quali "Made in Italy" è una necessità assoluta. Il direttore di Bottega Veneta racconta di aver colto l'opportunità di poter usare la manodopera disoccupata locale dopo una fase di riaddestramento degli artigiani orafi nella tessitura a mano delle pelli.
Certo, i 100 artigiani impiegati da Bottega Veneta non coprono tutti i posti di lavoro persi dal settore orafo, ma l'esempio serve ad indicare ancora una volta quanto semplicistica (da "modello superfisso", per capirci) sia l'idea dei posti di lavoro che se ne vanno in Cina per essere perduti per sempre. L'articolo del Financial Times racconta solo i vantaggi diretti conseguiti da alcuni ex-lavoratori orafi. Come raccontiamo nel libro, esistono però anche vantaggi da parte di tutti i consumatori di gioielli d'oro, che si traducono in nuova domanda di beni che può solo che essere soddisfatta, magari indirettamente, dalle persone lasciate senza occupazione.
bell'articolo e complimenti per il sito ,sono iscritto da poco e trovo che gli articoli siano ben curati ed esaurienti .
nello specifico, sono un sostenitore del libero commercio favorisce la concorrenza spinge alla competitività ,alla produttività, all'innovazione ,alla ricerca di nuovi segmenti e bisogni da soddisfare,in questo caso è andata anche bene dato che la manodopera, per essere reinserita nel nuovo processo produttivo non necessitava di particolari conoscenze non acquisibile nel breve termine.
tuttavia non mi è chiaro un punto ,i cinesi ricchi che domandano le borse made in italy sono coloro che lavorano nel settore orafo?se così fosse non penso abbiano la capacità di spesa per assicurare una domanda rilevante di borse,considerando anche il fatto che adesso i consumatori di oro vedono un aumento della propria capacità di spesa dovuto proprio alla diminuzione del costo dell'oro che acquistano ad un prezzo minore,distribuendo quindi una reddito minore nel sistema economico, e considerando anche i proprietari cinesi che organizzano la produzione,oltretutto coloro che adesso lavorano nel settore della pelletteria avranno visto il loro livello di salario abbassarsi per il fatto che l'oro ha un prezzo superiore rispetto alle borse di pelle?
in generale, se la manodopera cinese messicana ecc rivendicasse i propri diritti sarebbe un bene e per loro e per noi
Grazie, Costantino, e benvenuto (se non ti dispiace, metti anche il tuo cognome nel profilo cosi' sappiamo tutti chi siamo).
Non so quanto stanno rivendicando ma, almeno in Cina, i salari stanno cresendo parecchio, come puoi vedere qui (la figura 1, in particolare).
Non necessariamente com'è ovvio. Il punto è che la ricchezza creata dal commercio con la cina genera domanda di prodotti italiani (e tedeschi, francesi, americani). Agli italiani per ora sta andando bene: con la scusa del "made in Italy" (e magari del turismo) si riesce a vendere anche senza grossa innovazione (a meno che non si consideri la generazione di nuovi stili e mode come innovazione... in un certo senso lo è). Ma non so quanto possa durare. Le risorse "liberate" dallo spostamento dell'attivita' manifatturiera in cina dovrebbero riqualificarsi per poter generare beni che poi i cinesi comprano. Insomma il vantaggio comparato dei paesi occidentali sta nel capitale umano che genera idee e beni tecnologicamente avanzati. Fare affidamento sulla moda e sul turismo mi pare un po' rischioso.