Va chiarito innanzitutto che i giudici del tribunale di sorveglianza dovevano solo decidere sull'affidamento. Erano perciò vincolati dalla sentenza del tribunale di Milano, che ha condannato Berlusconi a quattro anni di reclusione, ridotta ad un anno grazie ai benefici dell'indulto del 2006. Sorvoliamo anche sulle circostanze riguardanti l'indulto, votato con ampia maggioranza da un parlamento sul quale Berlusconi esercitava non poca influenza, in un ennesimo, specialissimo caso di conflitto di interessi: Berlusconi sapeva di aver commesso un reato e votava (e faceva votare) a se stesso un'eventuale riduzione di pena nel caso fosse stato condannato; lo scopo dell'indulto era quello di svuotare carceri sovraffollate, scopo che si presume sarebbe stato superato dopo otto anni dall'emergenza. Lo sconto di pena rimane invece utilizzabile, ma questo è altro tema, che rimando ai giuristi.
I giudici si trovano a decidere sull'affidamento ai servizi sociali entro questi limiti. Nella motivazione, notano che le misure alternative hanno natura di vere e proprie sanzioni penali e ricordano con una certa dose di ripetitività che l'affidato in prova "rimane persona socialmente pericolosa [altrimenti] non si potrebbe eseguire una pena ad una persona totalmente rieducata", pena la violazione del principio costituzionale per cui la pena ha scopo rieducativo.
Le misure alternative servono perciò a rieducare il condannato con un opportuno e guidato inserimento nella società, per recuperare lentamente quei valori di accettazione delle regole del diritto e dell'ordinato vivere civile che aveva perso nell'esecuzione ripetuta e prolungata di un reato (in questo caso, dal 2001 al 2003). Questa progressiva accettazione dei valori civili può anzi avvenire più facilmente in un contesto di inserimento sociale piuttosto che attraverso il carcere o gli arresti domiciliari, che avrebbero "una valenza meramente afflittiva, impedendo che il condannato si possa attivare per la sua rieducazione".
La normativa tuttavia richiede che il soggetto possieda, scrivono i giudici:
almeno in nuce le condizioni [...] perché possa essere promosso un processo di modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali ... che sono di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale (v. art. 1 DPR 230/2000). Appare dunque fondamentale la condotta tenuta in libertà dal Berlusconi dopo la condanna oggi in esecuzione
La decisione di affido dunque richiede sostanzialmente la valutazione dell'esistenza di tali condizioni. Visti i continui e reiterati attacchi di Berlusconi alla magistratura (non ultimo quello pronunciato successivamente alla sentenza), la condanna in primo grado al processo cd. "Ruby", e gli altri procedimenti pendenti, il comune cittadino comincia a chiedersi quale ragionamento logico possano i giudici avere effettuato per arrivare alla conclusione che conosciamo.
La motivazione della decisione è un esercizio di retorica intrisa di diniego, omissioni e difetti di coerenza, che appaiono stupefacenti a chi non sia ancora assuefatto alla permanente condizione di eccezionalità che circonda la storia del soggetto.
Mi spiego. I giudici precisano inizialmente che occorre concentrarsi sugli atti del condannato piuttosto che sulle sue parole, anche perché (i) se bastassero le parole, uno può sempre dirsi pentito, ma poi comportarsi altrimenti; (ii) rimane il diritto del condannato di ritenersi innocente o vittima di errori giudiziari, perché al giudice interessa solo la sussitenza dei presupposti per la concessione delle misure alternative menzionate sopra. Sembra un discorso ragionevole: fatti, non parole.
Ma su quali fatti può basarsi la decisione di affidamento? Pochi, e su quei pochi si può esercitare una discrezionalità di giudizio tanto ampia quanto sconcertante. Passo ad elencarli.
1) Ilversamento all'agenzia delle entrate di 10 milioni a fronte di 7.3 milioni di imposte inevase per gli anni 2002 e 2003, come richiesto dalla sentenza.
La logica è: siccome hai accettato di restituire il maltolto, allora esiste la volontà di accettare le regole della convivenza sociale. Domanda: aveva, Berlusconi, la possibilità di rifiutare il versamento? Da professore di economia, potrei impartire ai giudici la lezioncina di Economia 1 sul concetto di costo opportunità, ma non lo farò. Basta il ragionamento del comune cittadino: se Berlusconi non avesse versato, sarebbe stato soggetto ad altri capi di imputazione, ed il carcere sarebbe stato inevitabile. A questo punto tanto varrebbe osservare che Berlusconi in auto si ferma davanti al rosso, o non supera i 50Km/h in centro (abitudini che comunque farei controllare) per argomentare che qualche regola sociale lui effettivamente la segue, quindi c'è speranza che cominci anche a seguire le altre, con quattro ore di volontariato la settimana.
Osservo che un'alternativa Berlusconi in realtà ce l'aveva: versare anche i 6.6 milioni evasi nel 2001, anno per il quale è valsa la prescrizione. I giudici omettono che il NON averlo fatto dimostra proprio il contrario di quanto l'ordinanza cerca di argomentare: mancanza di rispetto per la sentenza, la collettività e le istituzioni. Considerando la penale, il contribuente è a credito ancora di 3.9 milioni.
2) La disponibilità ad accettare l'affidamento ai servizi sociali. Avete letto bene: i giudici ritengono che l'aver semplicemente richiesto l'affidamento sia dimostrazione di un principio di ravvedimento. Ancora una volta: costi opportunità, questi sconosciuti. I giudici fingono di non ricordare che l'alternativa era non diciamo il carcere, ma gli arresti domiciliari. O, semplicemente, che senza la richiesta di affidamento, non ci sarebbe stato alcunché da motivare!
Fingono inoltre di ignorare (ma lo menzionano in un paragrafo rivelatore) che il condannato in una memoria difensiva aveva richiesto di effettuare volontariato presso un centro di ippoterapia sua proprietà. Ripeto: ippoterapia di sua proprietà. Qui i giudici mostrano un barlume di indignazione, affermando che tale richiesta "svilisce di fatto il significato trattamentale della prescrizione che il Tribunale intende applicare". Il comune cittadino avrebbe interpretato questo suggerimento della difesa come una colossale presa in giro, l'ennesima dimostrazione di spregio alle famose norme di convivenza sociale per negare la richiesta. Quattro ore di equitazione la settimana presso una tua tenuta, are you serious?
3) Le dichiarazioni pubbliche del condannato. Qui I giudici si trovano di fronte ad un bel conundrum (come si dice a Bassano del Grappa e, mi dicono, anche a Castellamare di Stabia). Il condannato non ha dimostrato in questi mesi alcun pentimento, attacca in continuazione la magistratura nel suo complesso, ed i magistrati che lo hanno condannato in modo specifico, si lamenta di ogni iniziativa e pronuncia nei propri confronti. Come uscirne?
Semplice, basta fare finta di credere, come troviamo scritto nella sentenza, che queste affermazioni facciano parte della normale retorica politica, cioé sono bugie che I politici sono soliti affermare nel normale esercizio della loro attività: "Ritiene questo tribunale di inquadrare siffatte dichiarazioni nell'ambito della strategia politica di un uomo che ha fatto di tali dichiarazioni uno dei propri cavalli di battaglia".
Il comune cittadino deve sforzarsi ad esercitare una disperata sospensione dell'incredulità. I giudici avevano prima scritto che non bastava fidarsi delle parole, ma lo intendevano in senso negativo: non ci fidiamo che tu ci dica che ti sei pentito, serve qualcosa di piu'. Ma se invece dice il contrario, sta sicuramente dicendo delle bugie. Viene da chiedersi cosa si debba dire/fare per vedersi negato l'affidamento.
Ci consola solo che questa brillante interpretazione non sia frutto della materia grigia dei giudici ma materiale tratto sostanzialmente dalla memoria presentata dalla difesa: "la valutazione della personalità dell'istante non dovrà essere influenzata dalle dichiarazioni riportate dai media [...] spesso frutto di 'botta e risposta piuttosto che di riflessioni personali. [...] Non va dimenticato infatti che ciò che egli dichiara è soprattutto indirizzato ai sostenitori di partito [...]". Insomma, Berlusconi quando si lamenta pubblicamente della sentenza sta mentendo ai suoi elettori, ce lo sta dicendo lui stesso. O sta facendo l'occhiolino, mentendo quando dice di mentire, in un documento ufficiale presentato ad un tribunale, altro esempio di possesso delle condizioni "almeno in nuce", di ravvedimento e di rispetto per le istituzioni che consentano una "costruttiva partecipazione sociale" che i giudici avevano il compito di rilevare.
4) Le dimissioni da senatore e da cavaliere del lavoro, "nel pieno rispetto delle regole democratiche, istitutuzionali e giuridiche". In alternativa, avrebbe potuto incatenarsi al cancello di palazzo Madama inviando via twitter pernacchie ai cavalieri del lavoro, nel qual caso il rispetto delle regole sarebbe stato solo parziale e avrebbe meritato almeno gli arresti domiciliari in un castello con tenuta di propria scelta.
5) Ci sono poi le cause in corso, Ruby in particolare, che non dimostrano nulla a favore di quanto si sta argomentando. Ed infatti i giudici le menzionano in un paragrafo, omettendo ogni commento, né a favore né contro il loro ragionamento. Lo interpreto come dimostrazione che nessuna logica è in grado di negare quello che il comune cittadino conclude senza dover superare esami e concorsi: Berlusconi ha continuato, dopo il reato in oggetto, ad esercitare il suo potere in spregio alle regole di convivenza civile che qui si vorrebbe il condannato avesse dimostrato di poter accettare.
6) Infine, nessuna parola sull'ammontare della misura alternativa, 4 ore settimanali, nessun confronto o accenno a come si comportino, in media, i tribunali di sorveglianza nella generalità dei casi di affidamento, che hanno certo ognuno la propria specificità, ma che servirebbero al comune cittadino a capire quanto sia stato preso per i fondelli.
L'impressione è che la discrezionalità sia enorme, che il potere giudiziario nel suo complesso, esausto, sia disposto ad un triplo salto mortale con doppio avvitamento attorno a fatti, parole e logica pur di lasciarsi dietro questa vicenda. Esistono, ovviamente, interpretazioni più maliziose, ma non meno plausibili. Il comune cittadino continuerà a pensare che Berlusconi abbia ricevuto un trattamento di favore; la magistratura continuerà a far finta di aver operato nei limiti di regole valide per tutti; Berlusconi continuerà a dichiarare di aver subito un'ingiustizia.
Io parlerei tranquillamente di "sentenza politica", laddove si è cercato di evitare una polemica frontale per l'applicazione di criteri più stringenti.
Sarà interessante vedere cosa succederà dopo il processo Ruby, anche perchè l'indulto non si applica retroattivamente dopo una seconda condanna, ovvero tornano i tre anni indultati.
Beh, avrebbero sempre potuto trattarlo come Carlo de Benedetti: truffa ai danni dello Stato, arrestato e rilasciato nella stessa giornata. Si trattava di 10 miliardi del 1993 di mazzette, non siamo lontani dalle cifre in questione qui, e non conosciamo con esattezza il danno erariale. L'oggetto della fornitura, le macchine elettrocontabili Olivetti A5 erano proprio una schifezza, ci ho sgobbato su per due anni.
Oppure potevano condurre il processo come quello della "Missione Arcobaleno": tre udienze in dodici anni, nessun imputato o testimone interrogato, e prescrizione per tutti. Almeno SB non si è vantato dei reati commessi, è un po' poco come manifestazione di contrizione, ma è meglio che niente.