Il mercato del greggio [correzione: l'avevo chiamato crudo - errato inglesismo che pero' mi permetteva una pessima battuta sul fatto che fosse petrolio, non prosciutto; grazie ad Andrea che mi ha corretto) è stato parecchio ballerino negli ultimi due anni. Ecco il grafico del prezzo del Brent Crude, preso da www.moneyweek.com:
Il prezzo ha avuto un picco a luglio 2008, superando (record assoluto) i 144 dollari a barile. C’era molta incertezza nei primi mesi del 2008: non era ancora chiaro allora che l’economia globale sarebbe entrata in recessione ne' che i mercati finanziari sarebbero da li a breve implosi, ma alcuni segni già si vedevano. C’era chi comprava petrolio scommettendo contro la recessione, chi comprava petrolio come sostituto di attività finanziarie varie, scommettendo sulla futura crisi finanziaria, e chissà che altro avevano in mente i commodity traders. Per una ragione o per l’altra (o per tutte e due, o per nessuna delle due) il prezzo del greggio ha preso a salire per tutto il 2008 fino a luglio.
Il prezzo del petrolio in continua ascesa naturalmente alimentò nei politici il desiderio di interventi di calmierazione e redistribuzione. Questo è naturale, il prezzo della benzina sale, la gente si lamenta e i politici devono intervenire, o almeno fingere di intervenire. Questo succede ovunque, sempre, quando il prezzo del petrolio sale. Anche stavolta, ad esempio negli Stati Uniti, sia il senatore McCain sia la senatrice Clinton si erano detti favorevoli a una riduzione delle tasse sulla benzina durante l'estate; riduzione finanziata, almeno nel progetto Clinton, da una tassa sui profitti delle società petrolifere (a loro parziale discolpa erano in campagna elettorale.)
Ma nessuno ha superato la verve polemica del nostro ministro dell’economia, il prode Giulio Tremonti, che si è lanciato in resta contro la speculazione e i petrolieri:
i) prima di tutto ha inserito nella manovra sui conti pubblici del Giugno 2008 una Robin Hood tax (non so se il nome sia suo, ma è certo il nome che ha usato lui per pubblicizzarla), che «toglie ai petrolieri per dare a chi ha bisogno di cibo» - cito dalle parole del ministro di persona pirsunalmente; poi
ii) si e' dichiarato immediatamente pronto ad «agire sui prezzi per combattere la speculazione».
L'aumento del prezzo del petrolio era sì in parte motivato da spinte speculative, come abbiamo detto (in realtà un rapporto della Commodity Futures Trade Commission del Settembre 2008 ha molto ridimensionato il fattore speculativo nel rialzo del prezzo; ne ha anche parlato Fausto Panunzi qui su nFA - ma questo è senno di poi). Ma già a giugno era chiaro, a ben vedere, che il rincaro del petrolio, a partire dal 2000, fosse dovuto soprattutto a cause strutturali, in particolare alla diminuzione dell'eccesso di capacità produttiva. Nel 2000 la capacità globale di produzione e di raffinazione di petrolio era del 5-10% superiore alla domanda. Nel 2005 era pari alla domanda. I costi di estrazione del 25% meno efficiente dei produttori sono passati dai 20 dollari circa a barile del 2000 ai 70-80 dell'anno scorso; segno che i produttori dovevano ricorrere agli impianti e ai giacimenti più costosi per sostenere l'offerta necessaria. Dal 2000 il tasso di rendimento del capitale investito in energia è cresciuto notevolmente, anche grazie all'aumento del prezzo del petrolio, e quindi sono cresciuti gli investimenti. Questo processo, per quanto proceda abbastanza lentamente genera, nel medio periodo, un aumento dell'offerta e quindi una diminuzione dei prezzi. Jeffrey Currie, esperto dei mercati delle materie prime per Goldman Sachs, prevedeva pubblicamente, a giugno 2008, sulla base di questa analisi, un incremento del prezzo del petrolio nel corso dell'estate e quindi una loro anche rapida diminuzione. Nel mio piccolo ne avevo parlato anch'io (a giugno 2008 sulla Stampa, in un editoriale che il direttore, allora Giulio Anselmi, aveva meravigliosamente titolato Barili e bidoni); io che non so nemmeno di che colore sia il petrolio, ma ho una connessione a internet e so un po' districarmi tra i ragionamenti economici.
Invece di condire i giornali di proclami contro i petrolieri ricchi e gli speculatori ricchi e anche cattivi, e di proludere davanti ai “grandi” simili sciempiaggini, il nostro prode ministro avrebbe potuto lasciare la foresta di Sherwood e fare due semplici proposte (di difficile attuazione, ci mancherebbe, ma almeno avrebbe fatto bella figura al G8):
1) limitare le pratiche protezionistiche che Amerika ed Europa impongono, per difendere i propri agricoltori, sulla produzione più efficiente di carburanti biologici, come ad esempio la produzione di etanolo da canna da zucchero, che avviene nell'emisfero Sud;
2) ridurre le tasse sulla benzina il cui prezzo alla pompa in Italia è composto per circa il 30% dal prezzo del greggio, per il 15-20% dall'attività di raffinazione e di distribuzione delle società petrolifere, e per oltre il 50% dalle imposte (tali imposte, pur essendo in linea ad esempio con quelle di Francia e Germania, sono comunque del 15% circa più elevate rispetto alla media europea, e di oltre il 50% rispetto ad esempio alla Spagna).
Ma proporre politiche simili avrebbe richiesto di parlare a un economista (o due). E non sia mai; sappiamo che gli economisti non godono dei favori del nostro ministro. Avrebbe però almeno potuto parlare con il suo collega, il ministro delle finanze del Messico, Agustín Carstens. Notizia fresca fresca è che il ministro Carstens, nell'estate del 2008, ha assicurato il prezzo delle esportazioni di petrolio del Messico a tutto il 2009 (grazie ad amadeusper averci allertato): più precisamente il ministro ha acquistato per 1,5 miliardi di dollari da Goldman Sachs e Barclays Capital un contratto che garantisce al petrolio esportato dal Messico un prezzo di 70 dollari al barile per tutto il 2009. (Il prezzo del contratto era estremamente vantaggioso perché acquistato quando il petrolio veleggiava a quasi 150 dollari.) Come si vede dalla figura il prezzo del petrolio è stato sotto i 70 dollari per quasi tutto il 2009, almeno sino ad oggi. E quindi,
si calcola che il contratto firmato dal ministro Carstens abbia fruttato al Messico 8 miliardi di dollari.
OTTO (8) Miliardi di dollari al Messico e una carrettata di fregnacce a noi.
È che il ministro Tremonti nemmeno con Carstens poteva parlare, che Carstens è un economista pure lui. Peggio, Carstens è un economista maledetto mercatista con Ph.D. da Chicago. Peggio al quadrato, Carstens è pure sposato a una economista (nulla ci è dato sapere di una eventuale prole).
Povero ministro Tremonti, la vita è lotta. E quando si è deboli, nella lotta, finisce pure che ti muore il pappagallo e che, nonostante sia morto e sepolto, il pappagallo continui a prenderle.
Purtroppo troppi si comportano come questo venditore di animali :(
Anzi, pretendono che sia vivo e vispo anzichè assopito.