Credo valga la pena di leggere assieme l'articolo di Massimo Brutti, senatore uscente ed esponente di spicco del PD,
poiché è una interessante mistura delle idee che si agitano nel Partito
Democratico, alcune giuste, altre sbagliate, quasi tutte confuse e
ambigue.
L'articolo apre in questo modo
Le
proposte avanzate in questi giorni dal Partito democratico sulla
detassazione dei salari pongono al centro della nostra campagna
elettorale una questione cruciale per la sinistra riformista: come può
l’azione politica di governo innalzare i livelli di reddito degli
strati popolari, promuovere l’accesso ai beni della vita, e come può
modificare - perseguendo obiettivi di uguaglianza - le condizioni
materiali nelle quali vivono i lavoratori italiani? La risposta non può
essere congiunturale. Essa ha invece un valore strategico. Mette alla
prova il Partito democratico e riguarda il suo rapporto (costitutivo
della identità che si sta formando) con l’Italia che lavora e che
chiede giustizia sociale.
OK, almeno la domanda ha senso e Brutti si
accorge che la risposta deve essere di struttura e non congiunturale.
Il "perseguendo obiettivi di uguaglianza" anziché di riduzione della
povertà sic et simpliciter è un non sequitur, ma concediamo un po' di retorica.
Se tracciamo un bilancio delle
esperienze di governo del centrosinistra, vediamo bene che il
risanamento, l’ingresso nell’euro, la messa in ordine dei conti non
sono bastati a cambiare il Paese. Le vite degli italiani sono
pesantemente condizionate dai privilegi, dalle clientele, dalla
insicurezza del lavoro, dal mancato riconoscimento del sapere e dei
meriti nei rapporti sociali, dalla disparità nell’esercizio dei diritti
e dalla debolezza del sistema politico. Quale competitività
dell’economia nazionale possiamo immaginare, quale modernizzazione,
quale mobilità sociale, se i vizi antichi di un’Italia premoderna,
tradizionalmente diretta da corporazioni e consorterie, continuano a
riproporsi oggi nella distribuzione iniqua delle ricchezze e nelle
strutture di potere chiuse che dominano la società civile e la politica?
Bene, bene, la cosa si fa interessante. L'elenco mischia le cause con gli effetti ed i sintomi con le malattie, ma le parole chiave ci sono tutte.
Privilegi e clientele? Corporazioni e consorterie? Mancato
riconoscimento dei meriti? Tell me more, tell me more.
Risulta
dai dati Ires-Cgil del 2006 che oltre 14 milioni di lavoratori
guadagnano meno di 1.300 euro al mese e 7,3 milioni meno di 1.000 euro.
Nell’industria il 66,2 per cento dei lavoratori e il 90 per cento delle
lavoratrici non superano i 1.300 euro. Ne deriva una drammatica
limitazione della libertà per un numero elevatissimo di cittadini. A
parte le iniziative del sindacato, troppo poche sono finora le voci
politiche che riconoscono l’urgenza di un intervento riformatore su
questo terreno.
Ma bene, ci siamo accorti che in Italia i salari
sono bassi. A dire il vero l'aveva già detto Draghi un po' di tempo fa,
e l'avevamo detto noi, economisti di destra, ancora prima, ma va bene lisciarsi un po' la CGIL. Un po' meno bene la lisciata
successiva sulle "iniziative del sindacato". Parla forse
dell'abolizione dello scalone e dell'aumento dei contributi per i
precari? Come intervento riformatore non è stato niente male.
Non c’è dubbio che durante l’ultimo decennio
le disuguaglianze nella società italiana, invece di diminuire, si sono
accresciute, con una rilevante compressione dei redditi da lavoro, che
investe anche i ceti medi, che indebolisce la domanda interna e che,
per la sua grande estensione, deprime l’insieme della vita sociale,
spingendo vasti settori di opinione pubblica all’insoddisfazione e al
rifiuto della politica.
La disguaglianza cresce? Verissimo, ed è da più di un decennio, anche se nell'ultimo decennio si è visto più chiaramente. Va beh, dai però, cosa c'entra la disuguaglianza crescente con il rifiuto della
politica? E anche tutto il resto, francamente. Forse che l'una è causata dagli altri, o viceversa? Comunque, anche questo
scusiamolo come artificio retorico e tirem innanz.
Si è insomma determinato un forte
squilibrio tra i sacrifici richiesti ai lavoratori, specialmente al
lavoro dipendente, e quello che la collettività, attraverso l’azione
dei pubblici poteri, è riuscita a dare in cambio, sul terreno dei
redditi e dei diritti sociali.
Intervenire sui salari e sugli
stipendi per aumentarli, per accrescerne il potere di acquisto diventa
quindi la prima fondamentale riforma di struttura che dobbiamo
perseguire. Andando decisamente al di là delle misure che il Partito
democratico ha finora proposto (ma anch’esse urtano la destra e vengono
complessivamente respinte) circa la riduzione del carico fiscale sugli
straordinari e su quella parte del salario che si determina con la
contrattazione di secondo grado.
Si', sì, va bene. Ammesso e non concesso che il concetto di "intervenire sui salari" abbia un qualche significato in un'economia non socialista, in concreto?
Tutto ciò significa definire
una serie coerente di progetti e di provvedimenti in direzione
dell’incremento delle retribuzioni reali, del sostegno alla domanda,
dell’abbassamento delle tariffe e di una politica sociale che
restituisca dignità al lavoro, in tutte le sue forme (un esempio: la
previsione di minimi salariali al di sotto dei quali non possono andare
i contratti di collaborazione continuativa). È chiaro che per questa
svolta non basterà l’extragettito guadagnato nell’ultimo anno e mezzo.
I suoi margini sono del resto ancora incerti. Si tratta piuttosto di
modificare sistematicamente il rapporto tra risorse e diritti. Sarà
necessaria una politica di più lungo periodo che sia, ad là dei primi
atti (già annunciati), sorretta da una ispirazione coerente: il
contrario delle oscillazioni e delle continue divaricazioni interne al
governo, proprie della fase che abbiamo alle spalle.
Il salario minimo stabilito per legge? Questa dunque è la proposta? E perché la metti tra parentesi?
Dovremo
ancora operare per la crescita, senza la quale non c’è equità né
progresso civile. Ricordo in proposito una frase del vecchio Edward
Bernstein, che appartiene all’abc del pensiero socialista moderno: «Le
prospettive della socialdemocrazia - scriveva nel 1900 - non dipendono
dal regresso, ma dall’accrescimento delle ricchezze sociali».
Eh, ce ne siamo accorti. Meglio tardi che mai! Comunque anche questo va bene come artificio retorico, andiamo avanti.
Non
basta tuttavia l’attesa dello sviluppo. Dovremo spostare risorse per
dare forza ai redditi da lavoro e sappiamo che ciò significherà ridurre
le rendite e risparmiare sulla spesa pubblica.
Ridurre le rendite? Ridurre la spesa pubblica? Yes! Yes! tell me more.
Una leva decisiva
per la crescita è la moralizzazione delle istituzioni. Il rispetto
delle regole, un costume nuovo nello Stato, la dedizione dei
funzionari, dei professionisti, delle classi dirigenti ai propri doveri
istituzionali: sono tutti fattori che contribuiscono ad accrescere le
ricchezze sociali. Ecco perché serve un’azione di governo anti-sprechi,
che punti a sanare l’inefficienza della pubblica amministrazione, che
colpisca il dispendio inutile e la neghittosità, che licenzi i
parassiti del pubblico impiego ed insieme metta al bando i politici che
organizzano le clientele e vivono di esse, che tagli drasticamente il
capitalismo pubblico «di ritorno» costituito per iniziativa delle
regioni e degli enti locali, fonte anch’esso di improduttività e
dispersione di risorse.
Tutto bene ma, accidenti, non puoi essere più
specifico? Di "lotta agli sprechi", di "licenziare i parassiti del
pubblico impiego" è una vita che sentiamo parlare. Ci spiegate un po'
meglio come intendete farlo? Bene, anzi molto bene, la battuta sul
"capitalismo pubblico di ritorno". L'Italia è un paese in cui
"privatizzare" significa che un ente pubblico vende a un altro ente
pubblico, magari locale. Non c'è bisogno di parlarne adesso ma la
prossima volta magari ne parliamo un po' di più di come limitare gli
appetiti dei politici locali, e magari di come si possa farlo in un modo
compatibile con il federalismo.
Adopero a proposito del salario
l’espressione «riforma di struttura», perché penso che attraverso le
retribuzioni delle attività lavorative passi una gerarchia degli
interessi, un modello di rapporti tra le figure sociali. Una busta paga
più pesante dà coraggio, capacità e fiducia ai lavoratori e alle loro
famiglie e quindi contribuisce in modo rilevante a cambiare i rapporti
di forza nella società, il senso comune, le forme di vita.
Suvvia Brutti, non ci devi spiegare perché è
bello avere più soldi in busta paga. E no, non è perché contribuisce al
"senso comune". Stay focused, please.
Questi
rapporti si cambiano anche agendo su altri diritti dei ceti popolari:
con più scuola e più formazione qualificata, con più diritto alla
salute, con più sicurezza nella vita quotidiana. Ma il salario è il
punto di partenza essenziale. E la politica dell’equità salariale è un
momento di quella scommessa strategica sull’uguaglianza, che
rappresenta l’anima e il destino delle culture politiche di sinistra.
Mmmm, qua non è più retorica. Stiamo parlano di aumento dei salari o di "equità salariale"? E cosa vuol dire? Mah..
Chiudo
queste considerazioni con un’ultima domanda. È possibile ed in quale
misura che su questa linea si stringa attorno al Partito democratico e
a sostegno del suo programma, del suo simbolo, fin dai prossimi giorni,
una vasta alleanza di sinistra, un insieme di raggruppamenti e di
culture che intendono ricollegarsi al socialismo europeo, alle idealità
del lavoro e della solidarietà?
Ma come chiudi? Non mi hai ancora spiegato come
ridurre la spesa. E le rendite come le eliminiamo? E le consorterie?
Lascia perdere il socialismo europeo, che c'è tempo per parlarne, dimmi
cosa vuol fare il PD se va al governo.
Io credo che una simile
alleanza sia nelle cose e che essa andrà avanti. Ampi settori di
sinistra scelgono oggi consapevolmente di stare nel Pd per una politica
riformista, per dare concretezza alla volontà di cambiamento, per non
può fermarsi alla testimonianza. Numerose associazioni e gruppi che si
rifanno alla tradizione socialista sono già nel Pd. Inoltre, molti
lavoratori con esperienze sindacali, molti quadri di sindacato hanno
partecipato alle elezioni primarie del 14 ottobre, con le quali il Pd
si è costituito, ed oggi operano con noi. Altri ne stanno arrivando.
Scartano altre esperienze, come quella della «cosa rossa». Scelgono la
nuova identità riformista del Pd. In una forza più radicata e grande
(un tempo si sarebbe detto in un partito di massa), l’impegno politico
conta di più e le idee-guida della sinistra acquistano una maggiore
capacità espansiva.
Chiusura retorica con appello pre-elettorale. Fair enough, in campagna elettorale siamo.
Ma,
caro Brutti e cari compagni del PD, non ci siamo proprio. Dopo il
disastroso Prodi II, in cui di riduzione della spesa pubblica non si è
parlato proprio e di aumentare le tasse si è invece parlato e fatto
tanto, siamo tutti, come dire, un pelino diffidenti. La prossima volta,
più concretezza e meno richiami ideali. Diteci come si fa a licenziare
i neghittosi, magari non solo nella publica amministrazione. Diteci
come si taglia la spesa (un suggerimento che ci sta a cuore: vendete la
rai, please). Diteci come si tagliano le rendite. E non illudetevi di
poter risolvere i problemi semplicemente obbligando per legge le
imprese a dare 1000 euro al mese.
Ad un appassionato della fantascienza vecchio stile come me, l'articolo di Brutti fa venire in mente un episodio della serie della Fondazione ("Foundation", in Italiano "Cronache dalla galassia" - che traduzione schifosa).
Un pomposo diplomatico della Capitale (il pianeta Trantor) viene a visitare il pianeta della Fondazione, una specia di Sylicon Valley nella periferia della galassia, dove un mucchio di Dorks e Nerds stanno scrivendo l'Enciclopedia Galattica, in un momento di difficolta` del potere centrale. Egli parla, gira, promette, rassicura e parte dopo un paio di giorni.
Alla sua partenza i Dorks studiano le sue affermazioni con la Logica Simbolica (Symbolic logic
boils out the "goo and dribble") e scoprono che il diplomatico non ha detto assolutamente... NIENTE!
Che ha scritto il Brutti? NIENTE.