Le pene degli avvocati

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E' in discussione al Senato il progetto di riforma per la professione forense.

 

E' in discussione al Senato il progetto di riforma della avvocatura. Si tratta di una riforma fortemente voluta ed allo stesso tempo temuta dalla categoria, che, come tutte le libere professioni, sta  vivendo un momento  di profonda trasformazione.

Gli avvocati, infatti, così come molti altri professionisti, sentono le conseguenze della crisi economica, che causa contrazione dell'attività, riduzione dei margini di profitto e aumento degli insoluti. Il momento economico è però  transitorio e destinato prima o poi a finire (del resto, non ci sono forse Berlusconi, Tremonti e tutti i TG d'Italia a ricordarci che stiamo riuscendo meglio degli altri paesi?), quindi, se fosse solo questo, si tratterebbe solo di stringere i denti per un po' ed aspettare tempi migliori. Il punto, però, non riguarda tanto gli aspetti economici immediati dell'attività, quanto l'organizzazione ed il modo di lavorare dei professionisti, che stanno subendo trasformazioni radicali.

 

 

E' infatti forte la tendenza ad assimilare la prestazione professionale all'attività d'impresa.

L'antitrust, in particolare, spinge da tempo su questa strada e, conseguentemente, fa sentire il peso dei suoi interventi sulle varie categorie, sollecitando la modifica dei codici deontologici, l'abrogazione di esclusive, il ridimensionamento degli ordini, l'eliminazione dei minimi tariffari e del divieto di società interprofessionali, un più facile accesso dei giovani alla professione. L'assimilazione all'impresa, come ovvio, trova forti resistenze tra i professionisti, i quali, in particolare, contrastano il fatto che si possa equiparare il servizio professionale - basato sulla personalità della prestazione e sul rispetto di regole specifiche e peculiari - ad una qualsiasi merce da  vendere.

Il dibattito è acceso  e complicato, coinvolge anche  l'Unione Europea e varie corti di giustizia, per cui non mi arrischio neppure a farne qui un riassunto, ma quello sopra delineato è però il quadro d'insieme. Le idee dell'antitrust avevano trovato una sponda nel precedente governo e in particolare nell'attività del ministro Bersani, il quale, in una delle sue lenzuolate, aveva eliminato l'obbligo di rispettare tariffe minime vincolanti, abrogato il divieto di pubblicità, consentito le società tra professionisti, sottratto alcune esclusive ai notai e così via.

Le riforme Bersani, a distanza di alcuni anni, risultano ancora notevolmente indigeste per le varie categorie e tutte, con più o meno successo a seconda dei mezzi a disposizione, fanno lobbying per cercare di tornare - se possibile - allo status quo ante. In particolare, la misura che raccoglie le maggiori lamentele è l'abrogazione dell'obbligo di rispettare dei minimi tariffari per il pagamento delle prestazioni. Come intuitivo, il fatto che non si debbano  per forza rispettare delle tariffe minime fissate per legge rende flessibile il costo del servizio professionale con indubbi vantaggi per il cliente, che può fare shopping al ribasso.

 

 

Intendiamoci, la sotto-tariffazione è sempre esistita: quindi, sotto questo aspetto, Bersani ha solo sollevato il velo dell'ipocrisia, ma è tuttavia vero che, abrogando il divieto, si è creato un mercato maggiormente e "legalmente" concorrenziale.

 

 

La principale critica mossa alla eliminazione dei minimi tariffari è che così si metterebbe a rischio la qualità della prestazione.

 

Al sottoscritto,  la tesi che ad una tariffa bassa corrisponda necessariamente una qualità scadente della prestazione, lascia dubbioso. Non necessariamente, infatti, una tariffa conforme ai minimi garantisce che chi ha redatto quel progetto architettonico o predisposto quell'atto di citazione, abbia - per ciò solo - eseguito una prestazione di qualità, così come il fatto che, magari grazie ad una efficiente organizzazione dello studio o alla capacità di generare di economie di scala, un professionista sia capace di proporre una prestazione a prezzi più bassi, non vuol dire affatto che quella prestazione sia, per ciò solo, scadente.

 

E' però vero che che alla fine spesso si ha ciò che si paga. Quindi, mentre alcune prestazioni più standardizzate possono anche essere anche fornite a costi ridotti, altre prestazioni, che magari coinvolgono diritti costituzionali (come la salute o il diritto alla difesa), se fornite a prezzi stracciati, possono generare il dubbio che lascino scoperti alcuni aspetti di tutela.

 

Va anche detto che, spesso, a mancare è proprio la selezione preventiva di qualità, dato che, mentre in passato il professionista era sostanzialmente selezionato nell'ambito di una ristretta èlite, oggi le cose sono cambiate e così come si è avuta una università di massa, si assiste anche al fenomeno del "professionista di massa", con numeri di tutto rispetto, dato che si va dai circa 200.000 avvocati ai circa 100.000 commercialisti-ragionieri, il che lascia pensare che non è così difficile conseguire il titolo e che vi sia tutto sommato scarsa selezione in entrata.

 

 

E' poi evidente che, sui grandi numeri, la possibilità che gli ordini professionali possano tutelare la qualità della prestazione rimane una chimera, nè può affermarsi che la selezione la possa fare il mercato, dato che - come detto - in presenza di asimmetrie informative il cliente/consumatore medio non è in grado di percepire se un professionista fa bene o male il proprio lavoro, sicchè ad essere prevalenti, alla fine, risultano anche elementi che con la qualità della singola prestazione nulla hanno a che fare, come per esempio la reputazione o la capacità di fare "marketing", creando una rete di relazioni e di agganci con chi può procacciare lavoro.

 

 

Fatta questa lunga e forse prolissa introduzione, senza la quale però non si capirebbero le ragioni che stanno dietro alla riforma, veniamo ora agli avvocati, per i quali valgono anche delle considerazioni specifiche legate alla loro attività. La professione legale, come chiunque intuitivamente capisce, ha una posizione di particolare delicatezza, dato che concorre a tutelare interessi di rilevanza costituzionale e gli avvocati si trovano oggi stretti tra le inefficienze della giustizia, il numero eccessivo degli iscritti all'ordine e la spinta ad eliminare il loro ruolo nel campo che non sia strettamente processuale.

Sul primo aspetto, l'inefficienza del sistema giustizia, c'è poco da dire se non rimandare agli articoli del nostro Axel. Sul secondo aspetto, ossia il numero, riporto le parole di Draghi pronunciate durante le considerazioni finali dell'anno scorso:

«Nel confronto internazionale il nostro Paese si segnala per l' elevato numero di avvocati in rapporto alla popolazione».

In effetti, i dati parlano di circa 213.000 avvocati italiani rispetto ai 48.000 francesi, 146.000 tedeschi e 150.000 inglesi (includendo nella categoria sia i solicitors che i barristers).

Insomma, la professione appare inflazionata, segno, da un lato, che i filtri di accesso sono molto blandi (del resto tutti ricordano i casi di esami di abilitazione con il 90% e più di promossi, dei quali ha approfitato anche l'avvocato ministro Gelmini) e, dall'altro, che rischia di non esserci "pane per tutti", sicchè alcuni finiscono per incitare i clienti a fare cause per le quali non ci sarebbero neanche i presupposti, con ciò incrementando l'inefficienza della giustizia, in un circolo vizioso che si autoalimenta.

Il terzo elemento, ossia, la riduzione delle competenze è un fenomeno comune a tutte le professioni, dato che si cerca nei diversi settori di semplificare e di limitare l'intervento obbligato del professionista ai soli casi strettamente necessari. Per gli avvocati una perdita secca di lavoro, per esempio, è stata la possibilità, data da un decreto Bersani, del risarcimento diretto dei danni da incidente stradale, con una procedura direttamente gestita tra le assicurazioni che, in molti casi, ha reso di fatto antieconomico l'intervento di un legale.

Gli avvocati, poi, si lamentano anche per la possibilità del così detto "patto di quota lite" ossia l'accordo (reso anche questo possibile dalla riforma Bersani) raggiunto tra il legale ed il cliente in base al quale l'avvocato viene pagato in base ad una percentuale dell'eventuale rirascimento ottenuto a fine causa, secondo un meccanismo tipicamente amerikano

Il patto di quota lite, secondo molti, sarebbe lesivo del decoro della professione e spingerebbe ad una sorta di società tra cliente e avvocato, il quale  potrebbe essere incentivato a comportamenti deontologicamente non corretti pur di ottenere il risultato, mentre secondo altri sarebbe invece un incentivo a far ottenere al cliente il miglior risultato possibile nel più breve tempo possibile.

Insomma, è su questa situazione si innesta il progetto di riforma all'esame del Senato. Come tutti sanno il Parlamento è composto prevalentemente di avvocati, quindi il sospetto che la categoria possa confezionarsi una riforma su misura è molto forte ed in effetti il progetto conferma i sospetti.

Senza entrare troppo nel dettaglio, tre sono gli interventi maggiormente significativi:

a - una conferma ed anzi un ampliamento delle attività riservate in esclusiva agli iscritti all'ordine;

b - un filtro più stringente per l'accesso alla professione, rendendo più complicato il periodo di praticantato, per il quale si prevedono test di accesso al tirocinio e test per poter sostenere l'esame di abilitazione;

c - un ritorno alle tariffe minime vincolanti e inderogabili.

Con tutta evidenza, si tratta di una vera e propria controriforma rispetto alle inziative di Bersani, che l'antitrust ha prontamente condannato lo scorso 21 settembre ricevendo a stretto giro di posta la replica del Consiglio Nazionale Forense; non tedio i lettori con il copia/incolla e rimando ai documenti linkati: ciascuno di noi può così farsi un'opinione al riguardo. I prossimi mesi ci diranno se le spinte protezionistiche avranno avuto successo: per il momento non si accettano scommesse.

Nel frattempo, se qualcuno ha voglia di approfondire la questione "liberalizzazione nei servizi legali", invito a leggersi questo articolo che racconta l'esperienza dell'Inghilterra, che per prima ha visto la radicale apertura al mercato della professione legale. Sotto molti aspetti, si tratta di risultati sorprendenti, dato che, alla prova dei fatti, la liberalizzazione non ha visto una clamorosa riduzione dei compensi, nè un massiccio ingresso di nuovi soggetti sul mercato, mentre la principale misura di successo si è rivelata la possibilità per i legali di fare pubblicità ai propri servizi; segno che, probabilmente, il mercato dei servizi legali ha una propria dinamica ed una propria vischiosità che lo rende poco permeabile alle leggi che regolano altri tipi di mercati, ma qui si tratta di fare valutazioni da economista, quindi mi zittisco da solo.

 

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Commenti

Ci sono 65 commenti

Sono troppo demagogico e semplificativo se voto per una abolizione assoluta dell'albo degli avvocati? (lo so che non si realizzerà mai ma la speranza è l'ultima a morire)

c - un ritorno alle tariffe minime vincolanti e inderogabili.


Per prestazioni puntuali mi può anche stare bene.

In caso di processi però non mi pare sia la cosa più saggia da fare, considerato che la strategia media è quella di tirare alla lunga aspettando la prescrizione che arriva per tutti. Tutti quelli che hanno i soldi per tirarle alle lunga.

Interrompendo il termine della prescrizione (si dice così?) al momento del rinvio a giudizio e permettendo accordi tra cliente e avvocato con pagamento al termine del processo (e magari solo se vinto) si potrebbero risolvere moltissimi i problemi. Gli avvocati avrebbero tutto l'interesse a non perdere tempo e a lavorare bene. Così su due piedi mi sembra possa avere senso, spero non di aver scritto bestialità. Saluti

Una sola nota sulle funzioni dell'ordine in tema di deontologia professionale. Cesare Previti, condannato in via definitiva è ancora iscritto all'albo degli avvocati. 

 

L'assimilazione all'impresa, come ovvio, trova forti resistenze tra i professionisti, i quali, in particolare, contrastano il fatto che si possa equiparare il servizio professionale - basato sulla personalità della prestazione e sul rispetto di regole specifiche e peculiari - ad una qualsiasi merce da  vendere.

 

La ragione, diciamocela tutta, é semplicemente che se di impresa si tratta, le regole antitrust si applicano, altrimenti no. Quindi richiedere la non assimilazione all'impresa significa semplicemente impedire che a loro si applichino quelle regole. Fino ad ora i pochi casi che li riguardano hanno assunto questa impostazione ed i giudici amministrativi l'hanno confermata. Quindi, per evitare rogne, basta scriversi una legge ad hoc e continuare a fare gli impuniti.

 

non solo impuniti, anche abusivi

In Francia ci sono 48.000 avvocati perche' la legge francese dice che " i canarini devono essere gialli " punto.

In Italia ci sono 213.000 avvocati perchè la legge italica dice che " I canarini devono essere gialli;tuttavia deroghe sono ammesse,fermo restando sia preferibile ch'essi siano gialli " 

.....E giu avvocati !

 

E' però vero che che alla fine spesso si ha ciò che si paga. Quindi, mentre alcune prestazioni più standardizzate possono anche essere anche fornite a costi ridotti, altre prestazioni, che magari coinvolgono diritti costituzionali (come la salute o il diritto alla difesa), se fornite a prezzi stracciati, possono generare il dubbio che lascino scoperti alcuni aspetti di tutela.

 

Be', ma sara' pure diritto del cliente decidere se essere piu' tutelato vale la maggiore spesa, no?

Come su altre questioni, anche qui il vecchio Adam Smith ci aveva visto ben chiaro:

"Raramente gente dello stesso mestiere si ritrova insieme, anche se per motivi di svago e di divertimento, senza che la conversazione finisca in una cospirazione contro il pubblico, o in un qualche espediente per far alzare i prezzi."

A nessuno viene in mente che ci sarà pure un motivo per cui l'Italia non è la sede adatta per gli investimenti stranieri: uno dei tanti è la farraginosità burocratica e la lentezza di un qualsiasi procedimento. Ma nache che le aziende multinazionali ragionano in maniera semplice: ho bisogno di servizi (legali, commerciali, tecnici, amministrativi, fiscali, del lavoro, legali, etc..), e cercano un'azienda che risponda alla loro domanda di servizi, e trovano 10 figure professionali diverse e, soprattutto, dieci uffici diversi.

Noi italiani ci siamo abituati, gli altri no, e scappano.

L'evoluzione dei professionisti in "aziende" al servizio delle altre aziende lo domanda il mercato (gli imprenditori), non è uno sfizio di Bersani. Oppure provateci voi a: mandare tutti i mesi le fatture al commercialista che vi prepara gli F24 con i versamenti tributari, attendere le buste paga dal consulente del lavoro, con gli F24 delle ritenute e gli oneri previdenziali, stare dietro all'avvocato per quei decreti ingiuntivi verso chi non ha pagato o i problemi di condominio dell'ASI, il "consulente della sicurezza" (obbligatorio, o quasi, per legge), il consulente di marketing, etc. etc.

Fai in tempo a finire il primo giro che devi ricominciare.

Ma l'Italia è l'unico paese al mondo (o quasi), che anzichè evolvere verso società evolute con elevata mobilità sociale (che garantisce forze fresche) involve verso l'India medievale: caste rigidamente divise, il figlio che continua la "nobile arte" del padre, e soprattutto nessuna concorrenza, non sia mai che qualcuno giovane e in gamba mi rubi i clienti proponendo prezzi più bassi, o che riunendosi in gruppo proponga un servizio globale a costi competetivi: io ho studiato per fare il professionista, mica l'imprenditore..

Io sono avvocato. 

Vado a ruota libera, senza preoccuparmi della forma, perchè ho poco tempo.

Mi spiace dirlo, ma dalla lettura dei commenti e di alcuni passi dell'articolo, ho avuto l'impressione che non sappiate di cosa state veramente parlando.

Premessa: per quello che mi riguarda, l'ordine - come istituzione - potrebbero anche abolirlo del tutto, considerato il fatto che l'unica influenza che ha sulla mia vita professionale consiste nel fastidio di dover versare 200€ all'anno, per avere in cambio un sito ricco di informazioni che potrei facilmente reperire altrove ed una casella email con nome e cognome che, anch'essa, potrei facilmente ottenere in altra maniera.

La palese inutilità dell'ordine, tuttavia, non deve trarre in inganno. La professione di avvocato, quanto meno in Italia, non ha NULLA, NULLA a che vedere con l'attività imprenditoriale e pertanto credo sia assolutamente idiota incaponirsi a tutti i costi a volerla trattare come tale. E non è un discorso sulla nobiltà della professione, sulla sua dignità e boiate similari... è un problema PRATICO.

Sembra che secondo chi ha scritto i commenti che precedono, uno si svegli una mattina e decida di fare l'avvocato... legga i giornali, noti che secondo la legge italiana il canarino giallo può essere anche arancione e allora apra uno studio legale, come un qualsiasi imprenditore che maturi un'idea commercialmente sfruttabile e investa su di essa... siete ASSOLUTAMENTE FUORI STRADA!

Ogni singolo avvocato d'Italia (e ripeto: ogni SINGOLO) si ritrova a fare questo mestiere perchè quando aveva diciannove (19!) anni (o giù di lì) ha avuto la disgraziata idea di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza! Posso assicurare l'utente m.paratore che il colore del canarino interessa POCHISSIMO ai diciannovenni che scelgono la propria facoltà...

Sia chiaro che, almeno secondo la mia personale esperienza, solo una parte delle matricole delle facoltà di giurisprudenza ha intenzione di fare l'avvocato. Molti vogliono fare i magistrati (credo siano la maggioranza), molti altri i notai e altri ancora vogliono semplicemente un titolo di studio che gli permetta di fare carriera nelle amministrazioni. Purtroppo, però, appena conseguita la laurea, l'ex matricola ormai venticinquenne (quando gli è andata bene) si accorge che i concorsi in magistratura sono tutt'altro che frequenti e quando ci sono, si presentano 40.000 candidati per 300 posti ed è molto difficile prepararsi se non hai una famiglia benestante alle spalle... e credo non sia necessario parlare dell'accesso alla professione di notaio e degli altri concorsi per la P.A.

In altre parole, la professione di avvocato è semplicemente l'unica cosa che puoi fare con la laurea in giurisprudenza e hai scelto di conseguire quella laurea quando avevi 18/19 anni... cioè, a 19 anni ti sei "condannato" da solo a svolgere questa professione... altro che canarino giallo o arancione! E come ci diventi avvocato?

Quando a 25 anni (o più) ti sei appena laureato, devi iniziare un periodo di tirocinio di 2 anni, che significa che devi lavorare gratis per un altro avvocato. Terminato questo periodo, devi sostenere un esame di abilitazione che dura più di un anno già di suo... mi spiego: a dicembre di ogni anno sostieni lo scritto, verso giugno dell'anno successivo conosci i risultati e sai se sei stato ammesso all'orale... sostieni l'orale da settembre in poi e se lo superi finalmente hai il diritto di fregiarti del titolo... il tutto sempre che non sei stato bocciato allo scritto, cosa che avviene di frequente (il 90% di promossi era una caratteristica di una particolare sede d'esami... nel resto d'Italia le cose stavano e stanno diversamente)... e ciò è paradossale se si pensa che l'esame NON assicura assolutamente la preparazione minima richiesta ad un avvocato!

Morale della favola: verso i 28/30 anni, dopo un percorso di circa 10 anni, finalmente sei avvocato... bene puoi cominciare a cercarti i clienti!

Qualcuno di buon cuore qui dentro potrebbe spiegarmi cosa DIAVOLO ha in comune un percorso come quello che ho appena descritto con l'accesso all'attività imprenditoriale!?

Ma andiamo avanti:

Dopo che, a 30 anni o quasi, hai ottenuto l'accesso alla professione devi affrontare il problema più grande: crearti la clientela. Ammesso che non sei figlio di un avvocato già avviato, infatti, ti ritroverai solo con i tuoi splendidi biglietti da visita appena stampati, senza nessuno a cui consegnarli!

Mi sembra superfluo dovere ribadire che la pubblicità (di qualsiasi forma e tipo) ha un'incidenza irrilevante nella creazione della clientela per un avvocato in Italia. Nell'articolo questo è trattato quasi come un problema marginale, ma in realtà è un problema FONDAMENTALE. Io non so cosa avvenga negli USA o in GB, ma so per certo che, in Italia, la gente l'avvocato NON se lo sceglie leggendo le pagine gialle nè guardando uno spot su una rete locale o un manifesto appeso sotto casa... la scelta ricade sempre e comunque sull'amico di famiglia o sull'amico dell'amico ecc. ecc.

Non solo... io ho un aspetto piuttosto giovanile (cioè non dimostro più di 27/28 anni, pur avendone 33...) e spesso ho avuto l'impressione che alcuni clienti fossero infastiditi dalla cosa... preoccupati per la giovane età. In Italia sembra che se non hai i capelli bianchi non puoi essere un bravo avvocato! Mia sorella, anche lei avvocato, è più piccola di me e pure donna e ha problemi enormi, perchè per quanto possa sembrare assurdo ci sono ancora moltissimi italiani che non si fidano di un avvocato donna!

Pertanto a me della possibilità di farmi pubblcità NON ME NE FREGA NULLA! Intendiamoci, ho approfittato della Bersani per fare mettere dei cartelloni presso degli studi di altri professionisti miei amici... fino ad ora quei cartelloni non mi hanno procurato alcun cliente... sarò felice di avvertirvi quando succederà! Ma non venitemi a raccontare che la soluzione era permettere la pubblicità o eliminare i minimi tariffari (come se non fossero già stati eliminati de facto!) perchè mi viene da ridere!

I clienti ho imparato a trovarmeli coltivando le amicizie, sfruttando il passaparola degli amici ecc. ecc. E per la cronaca, uno dei motivi per i quali molti avvocati fanno politica è che questa è un ottimo modo per crearsi il giusto giro di clientela...

Questo essendo lo stato di fatto, le c.d. liberalizzazioni di Bersani hanno avuto l'utilità che avrebbe un cerotto sul naso, quando ti sei ferito alla gamba!

Altra cosa che nell'articolo è appena accenata ed invece è di fondamentale importanza per capire le pecurialità del mercato degli avvocati è l'impossibilità per il cliente di capire se il suo avvocato è bravo oppure no. Se io compro un paio di scarpe che mi si rompono dopo un mese, posso senza dubbio dedurne che il produttore di quelle scarpe è più scarso di quell'altro produttore, le cui scarpe  si sono rotte dopo 2 anni e posso dedurlo anche se non sono un calzolaio. Se il medico Tizio riesce sempre a farmi passare il raffreddore in due giorni, mentre le cure del medico Caio non sortiscono alcun effetto, posso dedurre che Tizio è un medico più bravo di Caio, anche se non ho mai studiato medicina. Per l'avvocato, purtroppo, le cose stanno diversamente, perchè il risultato del suo lavoro, cioè la vittoria o la sconfitta in una causa, dipende solo parzialmente dalla sua preparazione... ci sono avvocati bravissimi che fanno tutto benissimo eppure perdono la causa, mentre avvocati scarsissimi che lavorano malissimo, i quali la vincono! A voi sembra cosa di poca importanza il fatto che la mia personale bravura (o imperizia) non abbia alcuna rilevanza sulla mia capacità di attrarre e mantenere la clientela?!

Ricapitolando:

1) Alla professione di avvocato si accede dopo un percorso di studi che si sceglie di intraprendere quando si è appena maggiorenni (e quindi non si fanno scelte guardando al "mercato") e che dura circa 10 anni;

2) La pubblicità (di qualsiasi tipo) non ha alcun effetto, in Italia, sull'acquisizione della clientela per un avvocato;

3) La qualità del servizio fornito dall'avvocato, non essendo percepibile in alcun modo dal cliente, non ha alcun effetto sull'acquisizione di clientela.

Devo nuovamente fare quella domanda: cosa ha in comune tutto questo con l'attività imprenditoriale?! NULLA, assolutamente NULLA!

E quindi io mi chiedo: se la professione di avvocato è totalmente diversa da quella di imprenditore nella fase dell'accesso; se è totalmente diversa nella fase di creazione e mantenimento della clientela, per quale diabolico motivo vi ostinate a cercare soluzioni ragionando in termini di impresa, di concorrenza... di qualità e costo del servizio!? Non so, forse va di moda così di questi tempi? Siccome cosi fanno in ameriKa allora così dobbiamo fare anche noi?! Io ci sto a fare l'avvocato all'americana, però prima, cortesemente, qualcuno faccia in modo che anche i miei potenziali CLIENTI adottino una mentalità all'americana! Qualcuno spieghi agli italiani che anche l'avvocato può essere scelto tenedo d'occhio la pubblicità e non solo dietro indicazione dell'amico dell'amico... qualcuno spieghi agli italiani che se non ho i capelli bianchi magari vuol dire che ho assimilato la recentissima modifica del codice di procedura civile un poco meglio del mio collega settantenne che ancora detta gli atti alla segretaria che li scrive con la olivetti... fate tutto questo e poi possiamo anche parlare di libero mercato, di avvocati/imprenditori, di pubblicità e di politica dei prezzi...

Nel frattempo, siccome viviamo in Italia e sono tutti italiani i miei clienti e potenziali tali, vi dico quale è il problema e quali potrebbero essere le soluzioni vere.

Il problema è semplice e almeno su questo siamo tutti d'accordo: il numero! Ci sono troppi avvocati. La soluzione, spero sia chiaro dopo quanto ho scritto sinora, non è certamente la c.d. liberalizzazione, la pubblicità o l'abolizione dell'ordine... badate bene, tutte queste cose si possono anche fare... semplicemente NON risolvono il problema.

La prima cosa da fare è restituire il proprio ruolo alla laurea in giurisprudenza. Questo significa non solo risolvere i problemi di qualità che la facoltà condivide con tutti gli altri corsi, ma anche aprire i "mercati" delle professioni di notaio e di magistrato (il numero insufficiente di questi ultimi è, del resto, uno dei motivi principali dello sfascio del nostro sistema-giustizia). Oggi come oggi, su 10 avvocati (stima personale derivata da rapporti di amicizia con i colleghi) almeno 7 farebbero volentieri tutt'altro (il notaio, il giudice, il PM o anche solo il burocrate di alto livello) se ne avessero la possibilità.

La seconda cosa da fare è rivedere il sistema di accesso alla professione in senso restrittivo. Diventare avvocato deve essere tremendamente difficile! Questa selezione, mi spiace deludervi, non può essere operata dal mercato (per i motivi che ho già esposti) e quindi ci devono pensare le università! E la pratica deve essere svolta sul serio (oggi come oggi è una ridicola farsa!). Se le facoltà di giurisprudenza ed il sistema della pratica fossero strutturate in maniera seria, si potrebbe anche fare a meno dell'esame di abilitazione.

Queste sono le cose da fare, non riempirsi ancora la bocca con il mercato, con la pubblicità, con le liberalizzazioni e tutta quella serie di amenità che non hanno nulla a che vedere con la professione di avvocato...

 

Da ultimo vorrei precisare che il dato di 213.000 avvocati deve essere letto correttamente... nel senso che moltissimi iscritti hanno il titolo ma non svolgono la professione...

 

La seconda cosa da fare è rivedere il sistema di accesso alla professione in senso restrittivo. Diventare avvocato deve essere tremendamente difficile! Questa selezione, mi spiace deludervi, non può essere operata dal mercato (per i motivi che ho già esposti) e quindi ci devono pensare le università!

 

E perche', esattamente? Io, se ho bisogno di un avvocato, voglio poter scegliere il compromesso che mi aggrada tra costo e qualita' del servizio. Restringere l'accesso farebbe solo lievitare i costi senza garantire l'mpegno del fornitore di servizio. Io voglio milioni di avvocati che si facciano concorrenza sui prezzi, altro che restrizioni. E lo stesso ovviamente vale per qualunque altro fornitore di servizi o di merci.

 

Da ultimo vorrei precisare che il dato di 213.000 avvocati deve essere letto correttamente... nel senso che moltissimi iscritti hanno il titolo ma non svolgono la professione...

 

Quindi dov'e' il problema? In America dicono: se non sopporti il caldo, esci dalla cucina.

 

 

 

1) Alla professione di avvocato si accede dopo un percorso di studi che si sceglie di intraprendere quando si è appena maggiorenni (e quindi non si fanno scelte guardando al "mercato") e che dura circa 10 anni;

2) La pubblicità (di qualsiasi tipo) non ha alcun effetto, in Italia, sull'acquisizione della clientela per un avvocato;

3) La qualità del servizio fornito dall'avvocato, non essendo percepibile in alcun modo dal cliente, non ha alcun effetto sull'acquisizione di clientela.

 

 

Lo stesso, piu' o meno, vale anche per altre categorie (es. i medici *): e allora?

 

La seconda cosa da fare è rivedere il sistema di accesso alla professione in senso restrittivo. Diventare avvocato deve essere tremendamente difficile! Questa selezione, mi spiace deludervi, non può essere operata dal mercato (per i motivi che ho già esposti) e quindi ci devono pensare le università! E la pratica deve essere svolta sul serio (oggi come oggi è una ridicola farsa!). Se le facoltà di giurisprudenza ed il sistema della pratica fossero strutturate in maniera seria, si potrebbe anche fare a meno dell'esame di abilitazione.

 

Scusa, ma non ti seguo: se gli avvocati sono "troppi", in un mercato libero il costo delle loro prestazioni dovrebbe scendere, e gli avvocati trovare altre attivita' piu' lucrose...

Perche' questo deve valere per tutti meno che per la "nostra" categoria?  (dove "noi" e', aseconda dei casi, imprenditori, dipendenti, avvocati, architetti)

 

In Italia sembra che se non hai i capelli bianchi non puoi essere un bravo avvocato! Mia sorella, anche lei avvocato, è più piccola di me e pure donna e ha problemi enormi, perchè per quanto possa sembrare assurdo ci sono ancora moltissimi italiani che non si fidano di un avvocato donna!

 

Mi spiace (sinceramente) per voi, ma in genere sono i clienti che decidono a chi rivolgersi per un servizio, non il contrario...

 

Questo significa non solo risolvere i problemi di qualità che la facoltà condivide con tutti gli altri corsi, ma anche aprire i "mercati" delle professioni di notaio e di magistrato (il numero insufficiente di questi ultimi è, del resto, uno dei motivi principali dello sfascio del nostro sistema-giustizia).

 

Domande:

1) Perche' gli avvocati dovrebbero essere "tutelati" dalla libera concorrenza e i notai no?

2) La selezione dei magistrati non e', per definizione, un mercato: mica si mettono all'asta le loro prestazioni: lo Stato decide (in base al rapporto costo/benefici)  che gli servono X magistrati a Napoli ed Y a Milano, e li seleziona. Che poi la selezione sia fatta male o che ne servano tot in piu', questo non c'entra col discorso avvocati (che anche chi oggi lavora in bacna potrebbe decidere di fare il magistrato altrimenti)

 

Questo essendo lo stato di fatto, le c.d. liberalizzazioni di Bersani hanno avuto l'utilità che avrebbe un cerotto sul naso, quando ti sei ferito alla gamba!

 

Sono inutili? Bene, perche' abolirle?

 

In altre parole, la professione di avvocato è semplicemente l'unica cosa che puoi fare con la laurea in giurisprudenza e hai scelto di conseguire quella laurea quando avevi 18/19 anni... cioè, a 19 anni ti sei "condannato" da solo a svolgere questa professione... altro che canarino giallo o arancione! E come ci diventi avvocato?

 

Cioe', se tutti gli Italiani si iscrivessero a Medicina, solo per questo, dovremmo avere 58 milioni di medici?

Anche io ho studiato anni all'Universita', ma non pensavo mica che ottenere la laurea obbligasse lo stato a pormi in una situazione che la rendesse proficua...

 

Altra cosa che nell'articolo è appena accenata ed invece è di fondamentale importanza per capire le pecurialità del mercato degli avvocati è l'impossibilità per il cliente di capire se il suo avvocato è bravo oppure no.

 

E quindi? Cosa c'entra questo con la Pubblicita' o le tariffe minime? Forse che sapere che dovro' pagare Tizio almeno X euro mi da qualche garanzia in piu'?

 

Ma non venitemi a raccontare che la soluzione era permettere la pubblicità o eliminare i minimi tariffari (come se non fossero già stati eliminati de facto!) perchè mi viene da ridere!

 

Anche qui: se i minimi tariffari non vengono rispettati, perche' ripristinarli?

DISCLAIMER: non sono un medico :)

 

 

1) Alla professione di avvocato si accede dopo un percorso di studi che si sceglie di intraprendere quando si è appena maggiorenni (e quindi non si fanno scelte guardando al "mercato") e che dura circa 10 anni;

2) La pubblicità (di qualsiasi tipo) non ha alcun effetto, in Italia, sull'acquisizione della clientela per un avvocato;

3) La qualità del servizio fornito dall'avvocato, non essendo percepibile in alcun modo dal cliente, non ha alcun effetto sull'acquisizione di clientela.

Devo nuovamente fare quella domanda: cosa ha in comune tutto questo con l'attività imprenditoriale?! NULLA, assolutamente NULLA!

 

Facciamo un esempio diverso e vediamo se i tuoi ragionamenti reggono. Prendiamo un geologo. Ora, io non sono un geologo ma direi che si tratta di una professione di una certa importanza; alla fin fine sono (dovrebbero essere) loro a dire se il terreno su cui stanno costruendo casa tua è sicuro o no. Anche i geologi scelgono di iscriversi a geologia a 19 anni e, quando finalmente riescono a laurearsi, non hanno altra scelta che fare i geologi. In più una laurea in geologia raramente offre grandi possibilità nella pubblica amministrazione e di politici geologi ne ho visti pochissimi. Anche per i geologi c'è un albo inutile attraverso il quale devi forzosamente passare se vuoi sperare di avere un lavoro e la poco allettante prospettiva di poter lavorare come un mezzo schiavo nello studio di qualcun altro perché tanto i lavori per controllare questo o quel terreno vengono sempre affidati all'amico del politicante di turno. Per concludere direi che nessun non-geologo ha la benché minima possibilità di giudicare la qualità del singolo geologo (inutile calcolare il numero di case cadute dato che la colpa potrebbe essere dell'architetto, dell'ingegnere o della ditta di costruzioni).

Cosa ha in comune l'attività di geologo con l'imprenditoria? Dal punto di vista del povero neo-laureato che lavora come uno schiavo pochissimo. Dal punto di vista di come "dovrebbe funzionare" il sistema parecchio. Se io devo verificare un terreno per costruirci, cercare una falda d'acqua, cercare il petrolio in mezzo al deserto ecc mi devo affidare ad un geologo e, in un mondo ideale, mi rivolgerei al mercato cercando il geologo meno costoso fra quelli che rispondono alle mie esigenze. È pur vero che io povero mortale di geologia non ci capisco nulla ma anche di meccanica son messo malino eppure un disgraziato in grado di ripararmi la frizione senza farmi spendere un capitale l'ho trovato. Se dovessi cercare un geologo fari nello stesso modo: chiederei a giro. Magari non troverei veramente il più economico ma, facendo una ricerca ragionata, qualcuno con le competenze che mi servono e che non mi spenni sono sicuro che lo troverei. Non è un caso che fra i geologi diventare "imprenditori di se stessi" sia una cosa forse non automatica ma almeno possibile.

Insomma, visto e considerato che laurearsi in geologia non mi pare particolarmente più facile che laurearsi in legge mi suona abbastanza difficile da digerire l'idea che un avvocato debba avere una sorta di "protezione" solo perché a 19 anni ha fatto una data scelta ed un geologo no.

Tra le altre cose la morale di tutte queste considerazioni secondo me resta il fatto che l'albo degli avvocati, così come l'albo dei geologi, sia una sovrastruttura assolutamente inutile e che quindi andrebbe eliminata spargendoci sopra del napalm.

Se io vivo in Francia e ho un canarino arancione so benissimo di essere controlegge ! se mi fanno la multa la pago perchè nessun avvocato mi potrà salvare. In Italia invece chissà? magari un buon avvocato...

 

Trovo gli esseri umani pieni di certezze assolute, sostenute dal nulla e mai documentate con dati obiettivi, quasi affascinanti: per ragioni che ora mi sfuggono essi ricordano tremendamente i palloni gonfiati ...

Che molti di essi, poi, facciano gli avvocati è, come dire, non sorprendente.

Hai per caso fatto anche il liceo classico?

(...) è l'impossibilità per il cliente di capire se il suo avvocato è bravo oppure no(...) Se il medico Tizio riesce sempre a farmi passare il raffreddore in due giorni, mentre le cure del medico Caio non sortiscono alcun effetto, posso dedurre che Tizio è un medico più bravo di Caio, anche se non ho mai studiato medicina.

Questo è falso sicuramente, capisco che hai scritto di getto, ma rifletti attentamente su questa parafrasi:

Per il medico, purtroppo, le cose stanno diversamente, perchè il risultato del suo lavoro, cioè la guarigione o meno dalla malattia, dipende solo parzialmente dalla sua preparazione... ci sono medici bravissimi che fanno tutto benissimo eppure i loro assistiti peggiorano, mentre medici scarsissimi che lavorano malissimo, i cui assistiti migliorano

(ne potrei scrivere una sui calzolai, pure, ma sono medico e questa mi viene meglio.)

Allora? Allora il punto è che gli avvocati bravi sono quelli che fanno ottenere i migliori risultati in termini di tempo e soldi e qualsivoglia altro parametro rilevante, magari specifico al settore. Ma l'idea che la qualità non sia misurabile a me pare falsa, per i medici come per gli avvocati.

Dibattiamo su quali siano i parametri da misurare, se ce ne è bisogno, ma discutere se questo sia possibile o opportuno nel XXIesimo secolo mi pare una perdita di tempo e una battaglia retrograda.

 

E perche', esattamente? Io, se ho bisogno di un avvocato, voglio poter scegliere il compromesso che mi aggrada tra costo e qualita' del servizio. Restringere l'accesso farebbe solo lievitare i costi senza garantire l'mpegno del fornitore di servizio. Io voglio milioni di avvocati che si facciano concorrenza sui prezzi, altro che restrizioni. E lo stesso ovviamente vale per qualunque altro fornitore di servizi o di merci.

 

Eppure mi sembra di essere stato chiaro: ammesso che anche tu non sia un giurista, che tu ci creda o no, non sarai mai in grado di capire se il servizio offerto dal tuo difensore è di qualità oppure no... e quindi non potrai mai e poi mai scegliere il compromesso che preferisci tra costo e qualità del servizio...

Restringere l'accesso permetterebbe il controllo sulla qualità del servizio. Che tu ci creda o no, infatti, oggi come oggi una parte enorme di avvocati ha una preparazione assolutamente inferiore alla minima richiesta, perchè siamo così tanti che nessuno ci può controllare... questi avvocati poco preparati, proprio perchè il nostro NON è un normale mercato, riescono ad avere anche tanti clienti e fanno danni enormi... i clienti, ovviamente, non hanno alcun mezzo per capire che il loro avvocato è scarso e li ha danneggiati... potrei farti esempi a decine.

 

Quindi dov'e' il problema? In America dicono: se non sopporti il caldo, esci dalla cucina.

 

Nessun problema... solo per chiarire che il fatto che ci siano 213.000 iscritti negli albi non vuol dire che ci siano 213.000 soggetti operanti nel mercato... molti di loro sono manager, impiegati, professori, casalinghe, magistrati onorari ecc. ecc.

 

 

Dal mio punto di vista contano i risultati ottenuti, un avvocato è bravo se vince le cause affidategli, all'opposto è un cattivo avvocato se le perde. Per vedere la sua qualità è quindi semplice comparare il n°di cause vinte col numero di cause perse. Imho quella è la qualità di un avvocato ovviamente i processi possono avere peso diverso a seconda del tipo(un processo in cassazione dovrebbe è diverso da un processo dal giudice di pace), ma è cmq l'unica proxy variable per la qualità di un avvocato.

 

Capaneo scrive: <<...ammesso che anche tu non sia un giurista, che tu ci creda o no, non sarai mai in grado di capire se il servizio offerto dal tuo difensore è di qualità oppure no... e quindi non potrai mai e poi mai scegliere il compromesso che preferisci tra costo e qualità del servizio...>>

Quindi: per te il servizio dell'avvocato è un credence good (p.e., anche in caso di causa vinta, rispetto all'entità del risarcimento ottenuto), ma per altri - incluso l'AGCM - è un experience e forse anche un search good.

Il bello è che, IMHO, può essere tranquillamente entrambe (o entrantre?) le cose. Dipende da chi è l'acquirente del servizio (impresa con acquisti ripetuti di servizi legali vs famiglia che va dall'avvocato una volta o due nella vita) oltre che dal tipo di prestazione richiesta. La difficoltà del regolare o liberalizzare le professioni sta proprio in questa ineliminabile ambiguità.

 

 

 

Lo stesso, piu' o meno, vale anche per altre categorie (es. i medici *): e allora?

 

Non è un caso, infatti, che anche la categoria dei medici abbia problemi similari a quella degli avvocati... Alberto Sordi ci ha fatto un paio di film... che io sappia alemno noi avvocati ancora non siamo stati protagonisti di alcun film come categoria... ma c'è tempo!

 

Scusa, ma non ti seguo: se gli avvocati sono "troppi", in un mercato libero il costo delle loro prestazioni dovrebbe scendere, e gli avvocati trovare altre attivita' piu' lucrose...

Perche' questo deve valere per tutti meno che per la "nostra" categoria?  (dove "noi" e', aseconda dei casi, imprenditori, dipendenti, avvocati, architetti)

 

Infatti il costo delle prestazioni degli avvocati è molto, molto basso... ben più basso dei minimi tariffari (quando esistevano). Purtroppo però, non viviamo all'interno di un piano cartesiano attraversato da due rette che simboleggiano, rispettivamente, l'offerta e la domanda... viviamo in una realtà nella quale se hai trenta anni ed una laurea in giurisprudenza, difficilmente hai una qualche forma di alternativa alla professione di avvocato... ed è piuttosto complicato spiegare ad un trentenne che i suoi 10 anni di studio se li può mettere in quel posto e deve dedicarsi a qualcosa di più lucroso... sarebbe più giusto, e con questo rispondo anche alla seconda domanda, che quel trentenne fosse "eliminato" dalla concorrenza quando aveva venti anni... alla facoltà di giurisprudenza, in un epoca in cui avrebbe avuto ancora la possibilità di scegliersi un'altra strada... qualunque essa fosse. In alte parole la concorrenza DEVE valere anche per noi, ma siccome il mercato non è in grado di fare la selezione (e spero che su questo nessuno abbia più alcun dubbio) essa deve essere fatta PRIMA... nelle università e durante la pratica... in questo modo assicuri anche maggiore qualità.

 

Domande:

1) Perche' gli avvocati dovrebbero essere "tutelati" dalla libera concorrenza e i notai no?

2) La selezione dei magistrati non e', per definizione, un mercato: mica si mettono all'asta le loro prestazioni: lo Stato decide (in base al rapporto costo/benefici)  che gli servono X magistrati a Napoli ed Y a Milano, e li seleziona. Che poi la selezione sia fatta male o che ne servano tot in piu', questo non c'entra col discorso avvocati (che anche chi oggi lavora in bacna potrebbe decidere di fare il magistrato altrimenti)

 

A me risulta che, allo stato, di fatto gli avvocati NON siano tutelati dalla concorrenza, mentre i notai lo sono ECCOME! Comunque rileggi appena sopra...

Non ti sarà sfuggito che ho messo il termine "mercato" tra virgolette... la questione, comunque, c'entra eccome, perchè, come ho già detto (forse non abbastanza chiaramente) uno dei motivi per i quali la professione di avvocato è inflazionata è che raccoglie anche quei laureati in giurisprudenza che, in uno Stato civile, dovrebbero fare i magistrati...

 

Sono inutili? Bene, perche' abolirle?

 

Se mi indichi dove avrei scritto che vanno abolite ti do 100 euro!

 

Cioe', se tutti gli Italiani si iscrivessero a Medicina, solo per questo, dovremmo avere 58 milioni di medici?

Anche io ho studiato anni all'Universita', ma non pensavo mica che ottenere la laurea obbligasse lo stato a pormi in una situazione che la rendesse proficua...

 

Eh!? Ma mi prendi in giro o cosa?!

Dovrei diavolo avrei scritto che lo Stato deve pormi in una condizione ecc. ecc.

Ho solo scritto che se una laurea mi da accesso, teoricamente, a 4 professioni e di queste 4 tu, in pratica, ne CHIUDI LETTERALMENTE 3, non ti devi stupire se tutti i laureati di quel corso si riversano sulla quarta professione rendendola un colabrodo!

 

Anche qui: se i minimi tariffari non vengono rispettati, perche' ripristinarli?

 

E chi li vuole ripristinare? Non li ho mai rispettati figurati se ho interesse a ripristinarli... ma questo cosa c'entra con il fatto che qualunque cosa tu faccia alle tariffe, i problemi degli avvocati sono ben altri?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono inutili? Bene, perche' abolirle?

 

Se mi indichi dove avrei scritto che vanno abolite ti do 100 euro!

...

 

Anche qui: se i minimi tariffari non vengono rispettati, perche' ripristinarli?

 

E chi li vuole ripristinare? Non li ho mai rispettati figurati se ho interesse a ripristinarli... ma questo cosa c'entra con il fatto che qualunque cosa tu faccia alle tariffe, i problemi degli avvocati sono ben altri?

 

Non ho dubbi che i problemi degli avvocati siano ben altri, ma l'articolo parlava di tutt'altro: ovvero, delle tentativo di ripristinare dei "privilegi" per la categoria (che, se capisco bene, non ti interessano...meglio cosi!)

 

Cioe', se tutti gli Italiani si iscrivessero a Medicina, solo per questo, dovremmo avere 58 milioni di medici?

Anche io ho studiato anni all'Universita', ma non pensavo mica che ottenere la laurea obbligasse lo stato a pormi in una situazione che la rendesse proficua...

 

Eh!? Ma mi prendi in giro o cosa?!

Dovrei diavolo avrei scritto che lo Stato deve pormi in una condizione ecc. ecc.

...

viviamo in una realtà nella quale se hai trenta anni ed una laurea in giurisprudenza, difficilmente hai una qualche forma di alternativa alla professione di avvocato... ed è piuttosto complicato spiegare ad un trentenne che i suoi 10 anni di studio se li può mettere in quel posto e deve dedicarsi a qualcosa di più lucroso... sarebbe più giusto, e con questo rispondo anche alla seconda domanda, che quel trentenne fosse "eliminato" dalla concorrenza quando aveva venti anni... alla facoltà di giurisprudenza, in un epoca in cui avrebbe avuto ancora la possibilità di scegliersi un'altra strada... qualunque essa fosse.

 

Forse, nel tentativo di essere sintetico, mi son spiegato male.

Il mio pensiero era che qualsiasi corso di studi tu segua puo' succederti di non riuscire ad accedere ad una professione direttamente correlata ai tuoi studi: pensa ai laureati in Lettere Antiche, tanto per dire: non meriterebbero anche loro degli sbocchi professionali in più? 

Vuoi dire che bisognava "filtrare" i laureati per il loro bene? Può essere. Anzi, e' probabile.

Ma non vedo perché questo dovrebbe spingere il resto della societa' a "pagarne il fio", a meno che non sia disposto a farlo anche per noi Ingegneri, ovviamente!! :)

Poi, scusa, i 19enni di oggi saranno pure dei sognatori che non pensano al mercato, ma già quando studiavo io (e si parla di circa venti anni fa :( ) si sapeva che,  almeno a Napoli, Giurisprudenza era molto affollata e tanti laureati avrebbero dovuto fare altro nella vita, anche se poi correvano ad iscriversi comunque!!

E se a 19 anni sei ancora un sognatore, è ora che un poco cresci...

 

Ho solo scritto che se una laurea mi da accesso, teoricamente, a 4 professioni e di queste 4 tu, in pratica, ne CHIUDI LETTERALMENTE 3, non ti devi stupire se tutti i laureati di quel corso si riversano sulla quarta professione rendendola un colabrodo!

 

E chi si stupisce? Solo che, mi ripeto, possono sempre scegliere di fare "altro" nella vita; mi spiace per loro, ma cosa ci vuoi fare? 

"I sogni non coincideranno mai con la realtà", cantava Meg qualche anno fa...

Ah certo se ti fa piacere puoi fare tutto quello che vuoi... l'importante che non dici in giro che hai risolto il problema...

Ecco il punto: quale E' il problema(e quindi la soluzione)?

Secondo te (semplifico brutalmente): "gli avvocati sono troppi per essere tutti bravi e quindi bisogna impedire a qualcuno di fare la professione"

Secondo me (semplifico altrettanto): "liberalizzare dovrebbe rendere NON conveniente all'azzeccagarbugli di turno di fare l'avvocato e convincerlo a fare, per esempio, 'addetto allo sportello in banca, invece di fare quello che a Napoli è il cosiddetto "avvocato tozzi tozzi" che (soprav)vive di incidenti stradali in serie..."

P.S.: vuoi proporre di liberalizzare l'accesso al notariato, eliminando numero chiuso e tariffe? E, magari, ridurre le attività loro riservate? Ok, dove si firma?

Non so se sono io, per cui provo a riassumere quello che capisco del discorso di Capaneo:

1) Gli avvocati, la stragrande maggioranza perlomeno, sono rimasti intrappolati nella professione di avvocato perche' hanno sbagliato a iscriversi a giurisprudenza, speravano di fare altro (non e' chiaro se siano deficienti di loro, oppure se sono stati buggerati da qualcuno... in entrambi i casi non ne escono bene). Come diceva il mio professore di diritto privato, la legge tutela il contraente debole, non il contraente imbecille.

2) una volta che si sono laureati devono fare tirocinio gratuito per due anni, l'esame di stato che promuove tutti pure i somari, e poi gli schiavi in studi gia' affermati. Pero purtroppo il cliente non capisce se un avvocato e' bravo o no, e' impossibile per lui (anche i clienti, una manica di coglioni come i 19enni appena iscritti a Giurisprudenza...). La reputazione dello studio in cui lavori non serve a nulla? La tua reputazione come avvocato non conta? Le cause vinte non sono un indicatore seppur imperfetto della tua bravura? Non si capisce come mai alcuni studi abbiano fatto i miliardi e altri no... sara' anche una questione di amicizie politiche, ma se perdi tutte le cause che ti capitano sottomano, difficilmente trovi clienti... Ma ammettiamo che tu abbia ragione: se davvero queste cose non contano niente, e per il cliente gli avvocati sono tutti uguali (non puo' riconoscere chi e' bravo e chi no), allora tanto vale che vada da quello che costa meno, no? per cui eliminare i tariffari va bene, no? Permettere agli avvocati di fare pubblicita' ai propri prezzi stracciati va bene? Fare societa' tra avvocati per clienti pezzenti e rincoglioniti, va bene pure no?

 

 

Non so se sono io, per cui provo a riassumere quello che capisco del discorso di Capaneo:

 

Si, mi sa che sei tu Antonio Mele (rabbi).

 

1) Gli avvocati, la stragrande maggioranza perlomeno, sono rimasti intrappolati nella professione di avvocato perche' hanno sbagliato a iscriversi a giurisprudenza, speravano di fare altro (non e' chiaro se siano deficienti di loro, oppure se sono stati buggerati da qualcuno... in entrambi i casi non ne escono bene). Come diceva il mio professore di diritto privato, la legge tutela il contraente debole, non il contraente imbecille.

 

Se tu volessi fare il magistrato in quale facoltà ti iscriveresti? E se volessi fare il notaio?

No, Antonio Mele (rabbi) gli studenti che vogliono fare i magistrati o i notai o gli ispettori di polizia, non hanno affatto sbagliato facoltà... purtroppo, però, una volta laureati scopriranno che l'accesso alla professione di magistrato, notaio o ispettore di polizia è sbarrato. Pertanto, pur avendo la laurea giusta, non potranno intraprendere quelle professioni. Quella stessa laurea, tuttavia, è giusta anche per un'altra professione e quest'ultima, a differenza delle altre, NON è affatto sbarrata, anzi è così facile da intraprendere che anche persone non del tutto brillanti, anche persone con evidenti problemi di comprensione della lingua scritta possono svolgerla. Questa circostanza ha contribuito in maniera rilevante a fare aumentare il numero dei soggetti che svolgono quella professione e ad abbassare, contemporaneamente, la qualità del servizio offerto. Questo non sarebbe un problema se il mercato fosse in grado di trovare un equilibrio tra l'offerta del servizio e la sua domanda. Sfortunatamente, le modalità di accesso alla professione, l'irrilevanza degli strumenti di informazione e/o pubblicità dei servizi e l'impossibilità per il consumatore di distinguere il servizio di qualità da quello scarso, impediscono l'operare di quei classici meccanismi di autoregolamentazione tipici degli altri mercati. Il risultato è che ci sono troppi avvocati e sono anche mediamente scarsi. Questa situazione, purtroppo, non è risolta dalle c.d. liberalizzazioni. Ed infatti, già prima della novella Bersani, la professione di avvocato non godeva di nessuna "protezione". L'unica attività riservata agli iscritti all'albo, infatti, era quella giudiziale (e sempre se superiore ad un certo valore). Da sempre i ragionieri e i geometri curano i casi di risarcimento presso le assicurazioni e nessuna legge ha mai obbligato il cittadino a rivolgersi all'avvocato per attività stragiudiziale (lettere di messa in mora, comunicazioni, reclami di vario genere ecc. ecc.)... l'unica cosa che devi fare attraverso l'avvocato è il processo vero e proprio (se superiore ad un certo valore). Per quanto riguarda le tariffe minime ed il patto di quota lite, le relative norme NON erano rispettate quando esistevano... pertanto la Bersani non ha cambiato nulla e, soprattutto, il non rispetto di quei minimi non ha mai in alcun modo migliorato la situazione del mercato degli avvocati. L'unica innovazione vera della Bersani è stata la possibilità di fare pubblicità... peccato, però, che nel mercato degli avvocati la pubblicità non ha mai fatto differenza. E se le c.d. liberalizzazioni non hanno funzionato, quale altra soluzione potrebbe tentarsi? Vuoi vedere che se impediamo agli idioti di diventare avvocati, forse, ma dico, forse, il servizio migliora, il mercato anche e siamo tutti più contenti... avvocati e clienti?

 

 

(anche i clienti, una manica di coglioni come i 19enni appena iscritti a Giurisprudenza...).

 

O magari semplicemente non sono giuristi e non possono capire se hanno perso per colpa dell'avvocato, del giudice o del testimone disonesto...

 

La reputazione dello studio in cui lavori non serve a nulla? La tua reputazione come avvocato non conta?

 

E secondo te su quale base si forma la reputazione dello studio o del singolo avvocato nel Bel Paese? Non so che conoscenza tu abbia dell'ambiente, ma per quello che posso constatare io giornalmente, gli studi più in vista sono semplicemente quelli più "antichi", spesso gestiti oggi da un avvocato che è il figlio di un altro avvocato che era già avviato e che a sua volta era figlio di uno dei 15 avvocati iscritti all'albo nel 1881, quando la professione era ancora una cosa "nobile" e si potevano mangiare anche le fragole... oppure gli studi gestiti dai politici o, ovviamente, dai professori universitari (sulla cui selezione in Italia credo possiamo stendere un velo pietoso...). Credimi NON siamo in America! Qui, se non sei figlio o amico di qualcuno, NON SEI NESSUNO! Tu puoi essere anche il più bravo giovane avvocato del mondo, ma se non hai gli agganci giusti, NON SEI NESSUNO, mettitelo in testa!

 

 

Le cause vinte non sono un indicatore seppur imperfetto della tua bravura?

 

Sono un indicatore così imperfetto, che è come se non fosse affatto un indicatore! E in ogni caso, devi spiegarmi come fa il cliente a sapere che "media" di vittoria abbia un certo avvocato... comunque è ovvio che una legge che imponesse di tenere delle pubbliche statistiche sulle cause degli avvocati sarebbe molto più utile di una legge sulle tariffe o sulla pubblicità... ecco perchè non proponete questo invece di parlare di attività di impresa e altre idiozie che non hanno nulla a che vedere con la professione...

 

Non si capisce come mai alcuni studi abbiano fatto i miliardi e altri no... sara' anche una questione di amicizie politiche, ma se perdi tutte le cause che ti capitano sottomano, difficilmente trovi clienti...

 

Nessuno perde tutte le cause che gli capitano sottomano, come nessuno le vince tutte.... le cause dicono poco e nulla tanto in un senso quanto nell'altro... mettitelo in testa.

 

Ma ammettiamo che tu abbia ragione: se davvero queste cose non contano niente, e per il cliente gli avvocati sono tutti uguali (non puo' riconoscere chi e' bravo e chi no), allora tanto vale che vada da quello che costa meno, no? per cui eliminare i tariffari va bene, no? Permettere agli avvocati di fare pubblicita' ai propri prezzi stracciati va bene? Fare societa' tra avvocati per clienti pezzenti e rincoglioniti, va bene pure no?

 

Ah certo se ti fa piacere puoi fare tutto quello che vuoi... l'importante che non dici in giro che hai risolto il problema...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il lodo e' stato bocciato per violazione dell'art.138 della Costituzione, vale a dire l'obbligo di far ricorso a una legge costituzionale - e non ordinaria - per sospendere i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. Violato anche l'art.3. Per effetto della decisione saranno riaperti i 2 processi a carico di Berlusconi per corruzione in atti giudiziari dell'avvocato David Mills e per reati societari nella compravendita di diritti tv Mediaset

Domanda; what's next? Ovvero, quale sarà la prossima mossa del grande criminale che tiene in ostaggio la destra italiana e, attraverso di essa, il paese?

Il suo farinacci personale (leggi bossi umberto) ha già dichiarato che guiderà l'ira dei popoli (interessante l'uso del plurale) in marcia verso non si sa bene che cosa (il palazzo della consulta, covo di comunisti).  A parte quello, what else? Trattasi di domanda seria.

Fino a quando (ciò che rimane del) la destra italiana continuerà a far del male al paese accettando d'essere ostaggio di costui, delle sue TV, delle sue puttane e dei suoi soldi corruttori?

se son intelligenti, il che e' controverso,e' sufficiente andare alle urne (in tutti i sensi del termine "urne")

Deorum Manium jura sancta sunto
Duodecim tabulae
      All'ombra de' cipressi e dentro l'urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?
 Ugo Foscolo