( ovvero i terroni restano al nord)
Non sono il solo. Ho a lungo discusso con chi prima di me ha vissuto questa sensazione ed ho trovato l'identica, sorprendente incapacità di interpretare il perchè ci sentiamo respinti. Il lavoro, le prospettive, il futuro dei figli, sono abusate giustificazioni che non spiegano una rinuncia così grande.
In questa luce anche una delle aporìe leghiste merita una considerazione: se è vero che il meridionale incarna il mito di Ulisse, l'ultimo desiderio da appagare non dovrebbe essere il ritorno alla terra natìa? Invece, ed è questo che preoccupa il "Lumbard", esiste una oscura forza che lo allontana dalla sua terra.
Quotidianamente siamo investiti da rivendicazioni alloglotte che stentiamo a comprendere, e che dovrebbero sollecitare una reazione. Chi protesta? Il terremotato ancora accampato? Il pastore aspromontano che sopravvive con poche lire al mese? Il pescatore di Bagnoli o Gioia Tauro? No, nessuno di loro. A protestare sono l'idraulico ed il dermatologo lombardo-veneti, che si dichiarano truffati da Roma ladrona e denunciano un reddito mai superiore ai 30 milioni.
Sono un privilegiato, vissuto nell'inquietante consapevolezza di esserlo. Appena laureato, vigeva la reazionaria tendenza ad emarginare chi non fosse "qualcuno". Gli anni del "who's who", dell'apparire per essere, dell'emarginazione e dei ghetti senza diritto di replica.Tutto bene finchè sei dalla parte giusta. L'anabasi del successo aveva determinato un'anacronistica incapacità di calarsi nei panni degli altri ed aveva paralizzato l'istintivo solidarismo meridionale.
Pure questo non è stato abbastanza per scatenare la mia, o meglio, la nostra insurrezione, per pretendere una sterzata decisa, per dimostrare che siamo migliori, per ritornare a principi e valori che neppure i nostri emigrati riescono più a ritrovare nella loro terra. Preferiamo nasconderci, minimizzare, a volte addirittura ci atteggiamo a severi assertori dell'inevitabilità della scelta secessionista.
Confesso di aver paura ad interpretare questo atteggiamento. Credo celi una drammatica consapevolezza: Se avessimo solo giocato male avremmo potuto pretendere una rivincita, ma noi abbiamo anche barato e così abbiamo irrimediabilmente perso. No, non mi riferisco alle tangenti, ai cattivi investimenti, alle clientele, patrimonio ed eredità di ogni sistema di potere (anzi mi sorprende suscitino tanti cori moralistici). Io mi riferisco all'ignavia, al vittimismo egocentrico, alla paralizzante cultura del sospetto, alla rincorsa del privilegio e del potere.
Il gusto peripatetico del parlare e mai fare. Ricordo ancora le interminabili serate trascorse a parlare e sparlare, progettare e demolire, sprofondati in un quieto ed appagante malcontento. Una, dieci, cento discussioni uguali. Sapevamo che non poteva bastare.
Dice una poesia popolare giapponese sui pupazzi Daruma, misirizzi senza gambe che sopportano ogni tipo di strapazzo:
Così è la vita:
cadere sette volte
rialzarsi otto!
Parafrasticamente potrebbe leggersi:
Così siamo noi (meridionali)
cadere spesso
rialzarsi mai!
Vi sembro inclemente? Credete sia per odio o per amore? Una volta non avrei avuto dubbi a considerarlo un appassionato gesto d'amore, oggi forse inseguo un karma espiativo.
Denunciare l'insopportabile: questo lamento ha il suo aspetto positivo, gratificante, ma non aiuta a venirne fuori. La sola constatazione che bisogna trovare una soluzione, installa dentro di noi il "teatro" marziale della decisione, dell'azione, della risoluzione, che, ahimè, rimane confinato al nostro immaginario.
Da quanti anni ascoltiamo le denunce di Lerner e Santoro. Narcisismo e sadico compiacimento si intrecciano perversamente in questo giornalismo. Non è difficile fare "audience", ma a chi giova? Concedetemi un macabro parallelo. Quando viene ritrovato un cadavere, che cosa cercano le telecamere, e voi con il vostro sguardo che cosa cercate? Un segno di corruzione delle carni? Un brandello lacerato? E' una fisiologica esigenza di orrore, serve ad esorcizzare le paure, ma certo non guarisce la devianza.
Io non credo che il popolo meridionale abbia una propensione naturale "all'ignavia, al vittimismo egocentrico, alla paralizzante cultura del sospetto, alla rincorsa del privilegio e del potere" e non credo sia questo il punto nevralgico dei problemi del meridione. Parto dalla causa principale dello sfascio meridionale per arrivare al tema del post perchè non vogliamo tornare o in maniera equivalente perchè ce ne siamo andati.
La causa principale dello sfascio attuale del meridione è nelle sue classi dirigenti ma soprattutto dell'uso criminale che si è fatto della PA nel meridione. La PA ha funzionato come grande strumento di welfare state e non parlo solo del probabile disoccupato che diventa fuzionario al comune, ma soprattutto di coloro che con scarse competenze sono arrivati e occupano tutt'ora le massime posizioni nelle ASL, nei ministeri, nelle università, forze armate...e chi più ne ha più ne metta. Ora il cittadino che vede queste persone che solo grazie alle clientele e al malaffare lavorano fanno carriera non si ribella perchè in questo sistema ci vive e non solo vuole farci strada, vuole emergere con questi canoni perchè il messaggio è chiaro studia poco, lavora poco e magari ti ritrovi direttore di ASL(per dirne una) senza saper far nulla (o quasi). Tutti vogliono entrare a far parte della categoria sono arrivatoinaltoenonsonemmenoilperchè. In questo sistema tutti credono che tutto gli è dovuto perchè se non studio e ho scarsa voglia di lavorare e il politico di turno mi trova il posto, manca la percezione che a x di impegno corrisponde y guadagno. Allora mi lamento solo e non decido mai perchè aspetto che la soluzione dei miei problemi arrivi dall'alto come per magia. Il messaggio sulle giovani generazioni ovviamente è degenerativo. Magari oggi non è più ai livelli di trenta anni fa, forse, ma il sistema è in piedi e gode di buona salute.
Perchè ce ne siamo andati? bhe credo fondamentalmente per egoismo, cioè sappiamo che la situazione è questa e non crediamo in possibilità di cambiamento, allora ognuno segue la propria strada nella speranza interiore che forse un giorno qualcosa cambierà.
PS. Io credo che l'unica via di cambiamento al sud sia una politica ultra-liberista. Bisogna spezzare questo sistema, togliere dal controllo statale quanto più è possibile, dalle scuole alle università, alla sanità e elimanere ogni forma di sovvenzionamento pubblico per le imprese. Ciò non dico sarebbe equo, ma il mercato una cosa la assicura che chi non ha voglia di far nulla col cavolo che va avanti.
"non si ribella perchè in questo sistema ci vive e non solo vuole farci strada, vuole emergere con questi canoni" ...Lorenzot, come vedi non mi dai torto, avvalori la mia tesi del parlare e mai fare...del cercare scorciatoie.. del vittimismo (appunto) e dell'incapacità di intraprendere rischiando su sè stessi.
Si, l'assistenzialismo è un elemento devastante, ma non è sufficiente a spiegare tutto. L'assistenzialismo in Irlanda ha dato risultati straordinari, gli aiuti post-terremoto in Friuli sono stati meglio impiegati di quelli campani, e tra le autonomie regionali, Trentino e Val d'Aosta utilizzano in modo più virtuoso le risorse federali rispetto a Sicilia e Sardegna (dove un inqualificabile e punito atto unilaterale della regione voleva tassare i villeggianti ed uccidere il turismo). Noi (sudici, se mi passi la battuta greve) cerchiamo sempre scorciatoie e l'attitudine peripatetica e pettegola descritta bene da Brancati e Levi è davvero difficile da sradicare. Vedrai, anche tu mostrerai insofferenza verso questo costume, ma invece della rabbia e disagio che provi adesso, sentirai impotenza e dolore...come me