Iniziamo dal merito della riforma (ebbene si, si vota su una riforma). In ordine di importanza
i) riduce i poteri delle regioni. Michele sostiene che un vero federalismo fiscale sia necessario per la, se non LA, soluzione dei problemi italiani. Io non sono d’accordo, e magari ne discuteremo prima o poi, ma questo non è rilevante in queste circostanza. Qui si propone di cambiare il federalismo all’italiana (Titolo V), creato dalla sciagurata riforma costituzionale del 2001. E' un mostro. Non c’è un vero federalismo fiscale, perchè lo stato continua a controllare il grosso delle risorse regionali (ogni anno lo stanziamento per la sanità è nella legge di stabilità) e concede loro la possibilità di imporre addizionali entro certi limiti che stabilisce ogni anno. In compenso le regioni hanno competenze su alcune materie e una sorta di diritto di veto su una lunga serie di norme, . La riforma riduce questo potere di veto e riordina le competenze. A quanto ne so, molte regioni hanno usato le loro competenze ed il loro diritto di veto male. Hanno usato i poteri concorrenti per raccogliere consenso a buon mercato, spesso solleticando gli istinti NIMBY della popolazione e sono divenute ulteriori centri di potere e clientelismo. La differenza di efficienza dei sistemi sanitari è sotto gli occhi di tutti. Ridurne le competenze (starve the clientelist beast) è un primo, utile, passo.
ii) riduce i poteri del Senato e lo trasforma in assemblea di secondo livello (formata da sindaci e consiglieri regionali). Ufficialmente lo trasforma in camera delle regioni, alla tedesca – ma questo è a mio avviso un window dressing. Una camera delle regioni ha senso se queste sono fiscalmente autonome e potenti – se le si depotenzia (cf i), non serve. Due camere con lo stesso sistema elettorale come nelle prima repubblica sono un inutile doppione – fanno solo perdere tempo. Due camere con diverso sistema elettorale, come ora, sono una ricetta per l’ingovernabilità. Sarebbe stato meglio abolire del tutto il Senato e magari imporre due letture per le leggi eticamente sensibili, ma si è rivelato politicamente impossibile. PS due argomenti dell’attuale campagna sono ridicoli. Pro: si risparmiano soldi. Il costo delle camere è una piccola frazione del bilancio pubblico (ca 1 miliardo su 600-700) e comunque il grosso sono stipendi dei dipendenti che non si possono licenziare. Contro: i senatori sono nominati e non eletti. Non è tecnicamente vero – visto che sono tutti eletti (come sindaci o consiglieri regionali) e la procedura di selezione è ancora da determinare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della costituzione. E poi so what? Dovranno fare poco, e comunque gl italiani votarono contro le preferenze nel 1991, dopo decenni di pessime esperienze (io me le ricordo bene)
iii) abolisce CNEL e province. Il primo è un provvedimento utile ma di impatto tendente a zero. Il secondo è di facciata: si aboliscono un po’ di poltrone, ma i dipendenti rimangono e devono essere ricollocati (cf. i)
iv) modifica le procedure di elezione del presidente della repubblica. Stabilisce che dopo il quarto scrutinio siano necessari 3/5 degli aventi diritto=438 votanti (630 deputati, 100 senatori). I parlamentari del partito di maggioranza alla camera con l’Italicum sono 347 e quindi appare improbabile che il partito vincente elegga il presidente. Anche perchè l’esperienza passata ha dimostrato che le maggioranze blindate sulla carta si squagliano allo scrutinio segreto (chiedere Sforza, Malagodi, Andreotti, Fanfani etc.)
v) disposizioni minori – sulle firme dei referendum, parere della Consulta sulle leggi elettorali, nomima dei giudici della Consulta etc. Sono in complesso ragionevoli, ma di impatto modesto
Nel complesso, non certo una riforma ideale, ma comunque positiva. Meglio un uovo oggi che nulla (o magari un pennuto mostruoso) domani.
Ma non prendiamoci in giro. Ormai il referendum è divenuto un referendum sul governo. In parte è inevitabile in parte è dovuto alla presuzione di Renzi (e forse anche al suo errore di rompere con SB su Mattarella per rincorrere la sinistra PD). Ed infatti il ragionamento di Michele è prevalentemente politico. Se ho capito bene, lui voterà NO per costringere il parlamento a fare una nuova legge elettorale e quindi impedire che la versione italiana del populismo, il Movimento Cinque Stelle, vinca al ballottaggio (Salvini è più populista in senso 'proprio' ma non ha chances, almeno finchè il mercato è occupato dal M5S). L’argomento in se non mi convince.
E’ altamente probabile che la vittoria del NO imponga una revisione dell’Italicum, che comunque ora è chiesta da tutti ed accettata da Renzi (che teme di perdere). Inoltre è possibile che la Corte Costituzionali dichiari incostituzionale parte dell'Italicum. L’esperienza però insegna che è praticamente impossibile approvare una legge elettorale condivisa: tutti i partiti, partitini e correnti vogliono la legge che massimizzi le loro possibilità di vittoria/sopravvivenza. Porcellum ed Italicum furono approvati a colpi di maggioranza più o meno coesa (per l’Italicum molto forzatamente coesa). Ma se vince il NO non ci sarà maggioranza (vedi sotto). L’esito meno improbabile sarà un ritorno al proporzionale con soglia di sbarramento bassissima. Cioè il ritorno alla prima repubblica. Forse è il destino del paese, ma è anche la fine di ogni speranza di riforma.
E qui veniamo al punto cruciale. La vittoria del NO segnerebbe la fine politica di Renzi – che al massimo potrebbe rimanere come re travicello di una coalizione ampia. Michele ha ragione: la dicotomia destra/sinistra sta scomparendo, ma non per questo è scomparsa la divisione in due campi. Ora nel mondo occidentale è fra modernizzatori (che accettano la globalizzazione e sono disposti a pagarne il prezzo in temini di riforme) e populisti (che sperano nell'impossibile - i benefici della globalizzazione senza i suoi prezzi). E' ovvio che la maggioranza degli italiani sta con i populisti. Personalmente, non amo molto Renzi. Ha fatto cose buone (la legge sulle unioni civili, il Jobs Act, la legge sulle popolari), cose mediocri (la riforma della PA e della scuola) ed una politica economica da mediocre a pessima. Sono però convinto che ha fatto quasi il massimo possibile data la situazione politica generale e l’ostilità degli elettori alle riforme. Credo sia evidente che è l'unico leader possibile di uno schieramento modernizzatore. Chi ci mettiamo? D'Alema? Bersani? Parisi? Berlusconi?
In caso di vittoria del NO, la soluzione quasi obbligata è un governo di larghe intese in attesa dell’approvazione della nuova legge elettorale. Lo abbiamo già avuto con Letta. Personalmente, preferisco Letta a Renzi – è più competente, colto, parla le lingue (e poi è pisano e non fiorentino). Solo che, paralizzato dai veti della sua ampia maggioranza, non ha fatto nulla per un anno e mezzo. Se vincesse il NO, si avrebbe una totale paralisi, colla prospettiva di ritorno al proporzionale. I grillini andrebbero a nozze sparando sulla casta e gli inciuci. Ed anche se il proporzionale impedisse loro di fare un governo, sarebbe necessaria un'altra bella ammucchiata dal 2018 al 2023.. Non ha funzionato negli anni Ottanta quando era possibile comprarsi gli elettori aumentando il deficit, come potrebbe funzionare ora con i vincoli EU? O dovremmo uscire dall’euro?
E se vincesse il SI? E’ possibile che l’Italicum venga riformato (e sarebbe obbligatorio in caso di sentenza di incostituzionalità), ottenendo lo stesso risultato (ipotizzato) della vittoria del NO. Se rimanesse, si andrebbe al ballottaggio PD-M5S. Magari potrebbe vincere il PD con un minimo di miglioramento della situazione economica (nel 2018....) e sopratutto grazie alla palese incapacità dei grillini di governare (cf. Roma). E se vincessero i grillini? Sarebbe una catastrofe, ma gli italiani se la sarebbero meritata (magari gli altri no..). E' la democrazia bellezza..
nell'articolo si è ampiamente dimostrato che il progetto è quanto di più fasullo ci possa essere.
Si continua ad insistere di concentrare sempre più su Roma , come se Roma avesse dimostrato di essere più onesta e più tecnicamente capace.
Grazie ! Voterò NO con maggiore convinzione.
ma mi adeguo. Si scrive per stimolare la riflessione ed il dibattito poi ciascuno fa le sue scelte