Francesco Giavazzi è uno dei nostri editorialisti preferiti. Vabbé, innanzitutto è un amico. E poi è uno dei pochi che prende da tempo in Italia posizioni liberali ben argomentate (anche Ostellino prende posizioni liberali, a volte, ma le argomenta solo facendo notare esplicitamente - casomai il lettore fosse appena arrivato da Sirio - che sono liberali).
Francesco le posizioni liberali le argomenta e sa anche prenderle quando sono impopolari. Ricordiamo tutti la questione dei taxisti, che lo hanno minacciato per aver sostenuto la liberalizzazione delle licenze.
Ancora una volta, però, sulla questione della ricapitalizzazione delle banche proprio non ci siamo, a mio parere. Leggere per credere l'editoriale di oggi sul Corriere.
L'editoriale è ben costruito:
- Premessa: I prezzi delle attività finanziarie, e quindi la ricchezza delle famiglie, sono precipitati, quasi che le economie del mondo fossero state tutte rase al suolo da un bombardamento globale, come la Germania nel 1945.
- Analisi: Nelle città americane le abitazioni non sono scomparse, sono ancora tutte lì: varranno meno di due anni fa, ma dubito che non valgano più nulla. Quindi la caduta verticale dei prezzi dev'essere dovuta ad una caduta altrettanto verticale della fiducia degli agenti economici.
- Conclusione: Per far uscire i mercati dal vortice della sfiducia il governo americano dovrebbe garantire tutte le attività finanziarie collegate al mercato immobiliare, cioè impegnarsi ad acquistarle a un prezzo prefissato, superiore all’attuale prezzo di mercato.
La premessa è corretta. Niente da dire. L'analisi contiene un giudizio. Francesco è grammaticalmente onesto nel presentarlo come tale - con quel dubito che; ma ovviamente ritiene che il suo giudizio sia quantomeno difficile da sindacare. La conclusione segue logicamente dall'analisi - anche se non è l'unica possibile conclusione dell'analisi.
Me la prendo quindi con l'analisi. Con quel le abitazioni [...] dubito che non valgano più nulla.
Prendermela con questa analisi significa che non vedo nessuna differenza tra Newark, N.J.,2008 e Dresden, Germania, 1945? Avete visto Newark, recentemente? Ok, cheap shot, cattiveria inutile.
No, non credo che Newark equivalga a Dresden, né Miami a Berlino nel 1945. Ciononostante, non sta a me, né a Francesco, valutare il parco abitazioni di Newark. Non dovremmo farlo perché lo fa il mercato. E non credo che il mercato lo faccia necessariamente bene, assolutamente (lo faceva male due anni fa, sembra - su questo siamo d'accordo). Ma credo non ci siano alternative alla valutazione di mercato. Il resto è arbitrario. La posizione di Francesco è che (i) il "valore" delle case nei portafogli delle banche è più alto del loro "prezzo" di mercato e che, di conseguenza, (ii) i contribuenti debbano intervenire acquistandole a un prezzo prefissato, superiore all’attuale prezzo di mercato.
Se i contribuenti pensano che così sia, che le case nei portafogli delle banche abbiano prezzo di mercato basso, non hanno che da comprarle. Nessuno gli vieta di farlo. It's the market, baby. Se Francesco ha ragione ci faranno dei soldi. Le case sono lì e le banche pure. Ma perché dovremmo costringerli a farlo? Se c'è una operazione intellettuale errata in economia è distinguere il valore dal prezzo:
- questo è l'errore che ha portato gli economisti classici a chiedersi perché gli inutili diamanti costassero più dell'utilissima acqua. E chi se ne frega, direte voi. Si, ma:
- questo è anche l'errore che porta i taxisti a dire che il prezzo di mercato delle corse in taxi è troppo basso.
Supponiamo pure, for argument's sake come direbbero qui, che Francesco abbia ragione, che le case e le banche siano sottovalutate, che il prezzo sul mercato sia profondamente errato. Supponiamo che non ci sia mercato (ok, come fa a esserci un prezzo di mercato e non un mercato? Lo so, ma mica è colpa mia se bisogna contraddirsi per sostenere questa posizione). Supponiamo quindi che non ci sia alternativa, che bisogni per forza fare comprare case e banche ai contribuenti. Perché mai dovrebbero i contribuenti sussidiare gli azionisti delle banche (e i proprietari di case) pagandole a un prezzo superiore all’attuale prezzo di mercato?
Fissiamoci sulle banche, che tanto ai proprietari nessuno dà nulla; la questione sono le banche. A parità di intervento finanziario dei contribuenti, se il prezzo è più basso, vuol dire che i contribuenti possiederanno una frazione maggiore della banca (il capitale degli azionisti pre-intervento dei contribuenti sarà maggiormente diluito). A questo punto è una questione puramente redistributiva - i contribuenti ci mettono i loro soldi - quanto della banca va a loro e quanto agli azionisti? È qui che dicevo che la conclusione dell'editoriale segue logicamente dall'analisi ma non è l'unica implicazione logica dell'analisi. Per l'economia in pricipio fa lo stesso che le banche le abbiano i contribuenti o gli azionisti (coi soldi dei contribuenti). Perché lasciarne un bel pezzo agli azionisti?
Francesco cita la proposta di Ricardo Caballero,
che il governo si impegni ad acquistare fra due anni il doppio delle azioni delle quattro maggiori banche al doppio del prezzo di oggi.
Allora, anche Ricardo è un amico, che stimo molto come economista e come persona. Ma siamo seri, al doppio del prezzo di oggi? Perché il doppio? E perché non il triplo? Perché non pi (nel senso di 3.14.... non c'è nemmeno "pi" su questo coso - o meglio, mi dicono che c'e' e viene cosi': π; come non ci fosse) volte? Sono solo io a vedere assurda arbitrarietà qui? Stiamo parlando di migliaia di miliardi e uno tira il doppio fuori dal cappello, così, come niente fosse. Non possiamo continuare a essere economisti, anche quando scriviamo sui giornali?
Ci sono anche ragioni di Corporate Finance (Finanza d'Impresa, ma non come la fanno in Italia) per preferire che chi mette i soldi abbia il controllo dell'investimento, e quindi che i contribuenti prendano temporaneamente il controllo delle banche. Ma ... smetto qui.
P.S. Ammetto di non aver letto il pezzo di Ricardo sul Washington Post. Non l'ho fatto perché voglio sperare che Francesco lo abbia citato di fretta e che Ricardo non abbia preso a tirare numeri a c... dal cappello.
P.P.S. Michele e Sandro invece lo hanno letto e mi hanno fatto notare che avevo ragione, che in effetti Francesco lo ha scritto in fretta il pezzo; che Ricardo parla di 5 anni invece di 2...; beh, 5 è meglio di 2, ma son pur sempre numeri a c... dal cappello.
Questo è quello che dice Caballero:
Questo è quello che riporta Giavazzi:
Giavazzi sbaglia il numero di anni. Menziona anche ''quattro maggiori banche'', mentre Caballero parla in generale di ''bank shares''.
Un paio di altri dettagli, con cui Caballero si è parato un po' il culo, vanno persi. Caballero dice ''up to'' il doppio del numero di azioni, una sfumatura che Giavazzi ignora. Inoltre propone di considerare ''some recent average price'', mentre sbrigativamente Giavazzi parla del ''prezzo di oggi''. Magari Giavazzi aveva vincoli di spazio, ma un ''up to'' si traduce facilmente con un ''fino a'' e non occupa poi tante battute.
Questo non toglie che Caballero sembra sparare numeri completamente a caso e secondo una logica che a me sfugge completamente, ma se lo si cita almeno che lo si citi bene.