Se provate a digitare in un motore di ricerca le parole "turismo, petrolio, italia" troverete pagine e pagine di indirizzi che vi rimandano ad articoli praticamente tutti concordi (fatte salve poche ed inascoltate voci contrarie) su di un'affermazione: se solo sfruttassimo adeguatamente le nostre risorse "naturali e culturali" potremmo risollevare le sorti del nostro sistema economico e generare lavoro e ricchezza, se non per tutti, per tantissimi che oggi fanno fatica a trovare lavori soddisfacenti e redditizi. Svariate inchieste confermano che questa è l'opinione comune ad un buon 80% della popolazione italiana e le varie sparate di Briatore (eccone una, nel caso ve le foste perse) sul fatto che ammodernando il settore turistico ed investendo sul turismo di lusso si farebbero miracoli, sono generalmente accolte con lo stesso atteggiamento con cui il credente medio accoglie le parole del suo profeta preferito.
Invece sono tutte cazzate. Ma non sono solo cazzate: queste affermazioni e la visione del mondo che le sottende sono anche uno dei tanti indici dell'arretratezza culturale che affligge il paese, da chi legge i giornali a chi li scrive, da chi lavora nelle aziende a chi le dirige, dai votanti agli eletti, dal volgo alle elite. È a questa arretratezza profonda che è dedicato l'articolo ma, per arrivarci, lasciatemi esaminare con un minimo di dettaglio il mito diffuso secondo cui "il turismo sarebbe il nostro oro nero se solo sapessimo sfruttarlo".
Sgomberiamo subito il campo da un uomo di paglia: il settore turistico italiano (dai trasporti di ogni tipo agli hotel, dai servizi di intrattenimento alla gestione del patrimonio culturale, sino alla professionalità ed all'atteggiamento degli operatori) è arretrato. Fa, in media, abbastanza pena ed offre grandi spazi di miglioramento: non c'è alcun dubbio su questi due fatti. Evito la litania e prendo questo dato per acquisito, non sta qui il punto che voglio discutere: se il settore turistico, nel suo complesso, migliorasse le cose, per chi opera in quel settore, andrebbero meglio. Ma questa banalità dovrebbe suggerire due domande, che sono quelle rilevanti. (i) Perché mai non migliora, cosa lo mantiene arretrato? (ii) Anche se migliorasse e raggiungesse i livelli di, per dire, Francia o Spagna, che effetto si avrebbe sull'aggregato, sul complesso dell'economia?
Per provare a rispondere alla prima domanda osserviamo che il settore turistico italiano non è una eccezione in mezzo agli altri settori della nostra economia. Esso è, in media, tanto arretrato (rispetto ai paesi OECD di riferimento) tanto quanto sono arretrati, in Italia, il settore automobilistico e quello chimico, il tessile ed il bancario, quello educativo e quello statale, eccetera. Il turismo in Italia è arretrato tanto quanto buona parte del sistema economico nazionale perché, oggi come oggi e da circa tre decenni, sono diventati progressivamente sempre più arretrati molti nostri settori economici fatta eccezione, forse, per il design (moda, mobilio e affini), la meccanica (di precisione in particolare), l'alimentare, il farmaceutico e poco altro.
Le cause dell'arretratezza non sono solo interne ai settori (scarsa innovazione, imprese troppo piccole, capitale umano inadatto alle tecnologie di frontiera, pochezza imprenditoriale) ma anche, forse soprattutto, esterne e sistemiche. La lista qui è la solita e ve la risparmio visto che su questo blog l'abbiamo fatta ed elucidata decine di volte in questi dodici anni ed ha una fonte ben nota: lo stato italiano nel suo complesso, il fisco, la composizione della spesa, la burocrazia, le pensioni, il sistema della giustizia civile (e anche penale), i servizi pubblici inefficienti (scuola e università anzitutto) ... Mi fermo qui perché quanto voglio suggerire l'ho già suggerito: non c'è alcuna particolare malattia che affligga il settore turistico che non sia condivisa da molti altri settori dell'economia italiana, ossia un lento allontanarsi dalla frontiera mondiale della tecnologia, dell'efficienza e dell'innovazione. Ma non è questo il tema del post.
Vengo quindi alla questione turismo petrolio italiano. Cosa vuol dire che un settore, se appropriatamente sviluppato, potrebbe essere fonte di crescita economica e benessere diffuso? Vuol dire che, se quel settore si sviluppa, sia il rendimento dai capitali investiti in quel settore sia i salari dei vari lavoratori che in quel settore vengono occupati potrebbero essere altri, superiori alla media attuale e, comunque, destinati a crescere. Il mito che stiamo esaminando afferma che se si riesce a rendere quel settore "efficiente" oltre che "grande" si otterranno redditi uguali o maggiori a quelli della media degli altri settori economici e paragonabili a quelli dei settori più dinamici e profittevoli del sistema economico. Questo afferma il mito del "turismo petrolio italiano". Basterebbe pensarci anche solo un attimo per capire che si tratta di una gigantesca bufala che, ripetuta migliaia di volte, ha creato un mito deleterio in cui quasi tutti credono.
Notiamo, anzitutto, che i redditi di chi lavora nel settore turistico oggi sono, in media, uniformemente inferiori a quelli di molti settori e della media nazionale. Chi non ci crede può andare su Google e fare una breve ricerca usando le parole "settore turistico italia salari", troverà dozzine di documenti al riguardo. Qui solo un esempio, tanto il fatto è scontato. Chi non mi credesse può andare a verificare, per esempio sull'ostico sito dell'Istat, che così è da tempo. Lo imparai all'università, a fine anni '70 e primissimi anni '80, da Paolo Costa che insegnava Economia del Turismo. Infatti: basta vivere in un posto (tipo Venezia, per dire) che del suo enorme successo turistico sta infatti morendo per rendersene conto senza tante statistiche. Quando stesi queste note tornavo da alcuni giorni passati sulla mitica Costiera Amalfitana che sopravvive, male, solo di turismo nonostante la presenza di decine di (mediocri nel servizio) hotel di "lusso" o, almeno, molto costosi. Perché mai quell'intera area, che vive di turismo, continua ad essere, dopo un secolo, così relativamente sottosviluppata lungo ogni dimensione? Basterebbe riflettere su questi e dozzine di altri esempi per rendersi conto della bufala.
Ma, alcuni insisteranno, questo si deve al fatto che in Italia il settore turistico è arretrato. Se fosse avanzato come - ... come dove? In Francia? Negli USA? In Spagna? - i redditi medi del settore turistico sarebbero ben maggiori di quel che sono ora e maggiori della media nazionale. Cazzate, ovviamente, come i link precedenti (presi del tutto a caso, tanto ne trovate quanti volete per ogni paese avanzato, basta cercare per dieci minuti) provano. Vi sono delle parzialissime eccezioni, poche e significative: per esempio nelle Mauritius i salari medi del settore turistico (pur molto bassi rispetto a quelli italiani) sono ... inferiori alla media nazionale! Ma comunque "relativamente" (molto relativamente) migliori che in altri settori. La ragione è banale e lascio al lettore intendere il perché; vale il fatto che se avessimo un settore turistico paragonabile a quello delle Mauritius saremmo, comunque, un paese di morti di fame!
Ed infine, i miracoli che Briatore e similia promettono con le loro panzane per polli. Cosa propone il nostro? Semplice: fate hotel e ristoranti di lusso, come me. Bravissimo, non fosse che per due dettagli, o tre, tutti banali. I quali non implicano che non sia bene, se ci si riesce, investire nel turismo di lusso e farlo bene laddove e possibile ma che, facendolo, non si risollevano le sorti economiche del paese né si estrae l'oro nero. Si permette semplicemente ad una frazione minuscola della forza lavoro di trovare un lavoro che paga salari sotto la media dei paesi avanzati.
(1) Per attirare il turismo di lusso ci vogliono infrastrutture adeguate che servano il turismo di lusso. E quelle non ci sono. Certo, si possono fare ma, per farle, occorre prima risolvere due problemi: (a) Trovare i soldi pubblici e, in un paese dove la spesa pubblica va a spreco, questo richiede tagliarne altre di spese. Sono assolutamente a favore, ma il Briatore dovrebbe cominciare da lì. (b) Fare un bel calcolo costo-opportunità, ossia: i proventi fiscali dell'addizionale turismo di lusso copriranno le spese addizionali per le strutture in questione? Lo dubito.
(2) Il turismo di lusso, per definizione, è di elite o di nicchia. Ossia è limitato a segmenti relativamente piccoli del mercato e quindi può occupare solo una percentuale molto piccola della forza lavoro. Ammesso, e non concesso vedi punto seguente, che arricchisca tutti coloro che vi lavorano non ha certo la capacità propulsiva di risollevare e far crescere permanentemente i redditi di percentuali sostanziali degli occupati. Che era, invece, il supposto goal del buon, si fa per dire, Briatore.
(3) Nelle strutture turistiche di lusso guadagna molto (se lo fa bene) l'imprenditore o chi ci mette i capitali mentre guadagnano il loro costo opportunità tutti gli altri. Il cameriere o cuoco o addetto alle pulizie guadagna più o meno quello che guadagna altrove. In altre parole: piuttosto di niente meglio piuttosto ma l'idea che il turismo di lusso possa essere il volano della crescità di un paese di 60 milioni di persone fa solo ridere i polli. Come, vedi sopra, provano gli esempi tipo Mauritius, Kenia, Hawaii e via elencando.
Riassumendo: ho scritto una lunga sequenza di banalità. Ma, d'altra parte, dovevo solo smontare una valanga di stronzate e, a questo fine, le banalità bastano ed avanzano.
Non posso che dirmi d'accordo.
Forse pero' potevate parlarne con Luigi Zingales prima di farci un partito insieme:
www.youtube.com/watch