In questo sito ci siamo tutti moderatamente esaltati di fronte al "Bersani 1." Ci rendiamo conto degli effetti tutto sommato molto limitati del decreto, ma ci entusiasma l'effetto segnale, l'indicazione che liberalizzazione e' quello che l'economia e anche la societa' italiane abbisognano. A questo proposito io sono molto sorpreso delle reazioni dei vari commentatori/editorialisti e della classe politica: tutti positivi quelli che ho visto io, magari a denti stretti, ma positivi (beh, eccetto alcuni pazzi della sinistra di un qualche partitino comunista che giocano al gioco che giocavano da giovani, "io sono piu' marxista di te").
Michele Boldrin ha giustamente indicato/suggerito contenuti del Bersani 2, 3,.. e cosi' ha fatto Francesco Giavazzi da ben altro pulpito. Io vorrei invece brevemente porre la questione del "processo" da utilizzare per raggiungere i contenuti. Senza discutere dell'uovo e la gallina, io credo che i giusti contenuti indicati da Michele e Francesco siano difficilmente raggiungibili senza disegnare il "processo". Piu' precisamente, le prossime liberalizzazioni debbono essere fatte tutto di colpo stile Thatcher o per gradi? Il governo ha probabilmente deciso, in modo consone allo stile democristiano del suo capo, di andare per gradi. In questo senso, il Bersani 1 e' un "trial balloon" come diceva Michele. Nel lanciare il "trial balloon" il governo , ha proceduto in modo intelligente (sperando che non faccia retromarcia davanti ai taxisti). Basti confrontare il Bersani 1 col corrispondente tentativo del governo Berlusconi, cioe' l'abolizione dell'Articolo 18. Una misura giusta ma essenzialmente ideologica che ha provocato una guerra di religione che il governo ha poi perso. La guerra dei taxisti che il Bersani 1 ha provocato, al confronto, non appare affatto una guerra di religione, ma un tentativo dei taxisti di garantirsi rendite a dispetto dei "consumatori", ed e' per questo che i taxisti probabilmente la perderanno la guerra.
Ma i taxisti sono poche migliaia, probabilmente non votano a sinistra, e alla fin fine non contano molto. E' possibile davvero continuare a procedere per gradi e fare liberalizzazioni importanti senza incappare in guerre impossibili da vincere? Io credo di no, purtroppo. Cerco di argomentare con una metafora/esempio. Ieri sono stato a una riunione di condominio. C'era da rifare un ascensore, cambiare il sistema di illuminazione esterno della casa, e trasformare i 10 garages in 30 posti macchina (10 di cui da vendere sul mercato per finanziare l'operazione) su un sistema di ascensori per auto. Il processo di contrattazione e' stato complesso, ma l'amministratore lo ha gestito bene: L'anziana signora che non esce mai la sera e quindi non vuole le nuove luci ha una figlia cui il nuovo posto macchina a costo zero farebbe proprio comodo; il vecchietto che non vuole un nuovo posto macchina (perche' lui nel garage ci tiene il vino non la macchina e il vino non puo' metterlo sugli ascensori per auto) fa fatica a salire le scale e vuole un ascensore (per persone) di cui fidarsi, e la strafiga avvocato di buona borghesia che vuole che la sua casa sia la piu' bella e illuminata del reame, lei vuole tutto, anche posti macchina e ascensore nuovo. Cosi' e' stato concesso qualcosa a ciascuno, ed e' passato tutto (a me non frega nulla che tanto la casa la affitto, mica ci vivo, le spese di condominio le paga l'affittuario, e io alla riunione ci sono andato solo per capire quanto (dis)onesto fosse l'amministratore).
Fuor di metafora, quando la liberalizzazione tocchera' interessi veri e importanti, ad esempio introducendo flessibilita' nel mercato del lavoro, cosa diamo in cambio a coloro che perdono il lavoro sicuro? Un lavoro per i loro figli, e poi un serio e costoso sistema di assicurazione del lavoro e ammortizzatori sociali. Ma sara' sufficiente? E come finanziarli l'assicurazione e gli ammortizzatori? Sara' necessario finanziarli con una seria riduzione dell'impiego pubblico; ma anche questo non sara' a costo zero, anche se libera risorse, a meno di fronteggiare una guerra difficile da vincere. Io credo che sia difficile individuare/disegnare una catena di manovre di liberalizzazione in cui coloro che perdono anche guadagnano, come ha fatto l'amministratore del condominio. Io credo che alla fine la chiave, il nodo cruciale, sara' la diminuzione delle tasse. La diminuzione delle tasse e' la chiave perche' ne sono favoriti tutti o quasi e perche' richiede una appropriata riduzione dei servizi pubblici che sono comunque mal gestiti e inefficienti, limitandoli a coloro che sono davvero ai margini del sistema economico e sociale (penso ad anziani indigenti e cosi' via). Purtroppo la riduzione delle tasse richiede anche di affrontare seriamente la questione meridionale. E qui sono problemi.
Se ho ragione, allora la doccia fretta, tutto e subito, e' l'unica possibilita'. Ma spero di sbagliarmi.
Hai colto nel punto Alberto. Liberalizzare serve a tutti solo "nel lungo periodo", ma il lungo periodo in politica e' quello di Keynes, di cui frega poco a chiunque. Nell'immediato, ed anche per, diciamo, un quinquennio-decennio, le liberalizzazioni producono lacrime e sangue fra le loro vittime, Tatcher e Reagan docent. Poiche' liberalizzare vuol dire togliere privilegi e posizioni di monopolio o addirittura parassitismo puro e duro, io credo che qualcuno dovra' pagare il conto, e salato. Il problema e' chi, quanto, e quando. Ed il problema ancora piu' difficile e' se esiste una coalizione politico-sociale capace di resistere alla pressione, che potrebbe rasentare l'insurrezione, dei perdenti. A me non sembra ovvio che questa coalizione, certo non collettivamente ma neanche nelle sue parti piu' dinamiche, abbia fatto i conti e sia consapevole di cosa va ad affrontare. Direi di piu': credo vogliano approfittare dello stato di "emergenza" dei conti pubblici (che forse stanno esagerando ad hoc) per creare una "atmosfera da ultima spiaggia", stile 1992, e far passare misure strutturali drastiche. Non so se questo sia possibile ora, perche' ora l'opposizione di destra cavalca in maniera indecorosa il populismo insurrezionale dei gruppi sociali parassitici. Al tempo, grazie a Mani Pulite, non v'era praticamente opposizione, c'erano solo i sindacati della triplice da ammansire. Insomma, ho l'impressione che questo processo di liberalizzazione si, paradossalmente, frettoloso ed un po' gigione: vogliono stupire, ma non hanno riflettuto a fondo sul da farsi. Il che mi lascia perplesso sulle prospettive: se falliscono pesantemente, il caso e' chiuso per altri dieci anni, piu' o meno. Ad ogni buon conto, fra un po' cominceranno a far girare le bozze della finanziaria, quindi vedremo se hanno un piano di lungo raggio, e come reagiranno i sindacati. La chiave, a mio avviso, e' giocare la destra peronista contro i sindacati "socialisti", sperando si neutralizzino. Il rischio, ovviamente, e' che si coalizzino. Allora Prodi si dimette ed e' veramente il casino pre-argentino.