King esamina le pubblicazioni dei ricercatori di scienze e ingegneria delle 30 nazioni più avanzate in due periodi, 1993-1997 e 1997-2001, e riporta (Tav.1), per ogni paese, il numero di articoli scientifici, il numero di citazioni totali sommato su detti articoli, e il numero di articoli che - disciplina per disciplina - appartiene al 1% più citato.
L'Italia ha ovviamente una pessima posizione, come ci si può aspettare anche (ma non necessariamente solo) dal fatto che lo Stato italiano investe in ricerca il 25% in meno della media UE15 e i privati italiani investono in ricerca 2.4 volte meno della media UE15 (dati OCSE relativi al 2001). Sul parametro più significativo, gli articoli più citati, il Canada con 33 milioni di abitanti supera l'Italia con 60 milioni di abitanti, e addirittura Svizzera (6 milioni di abitanti) e Olanda (15 milioni di abitanti) producono un numero di articoli molto citati solo leggermente inferiore a quello italiano.
Oltre al numero totale di articoli prodotti e citazioni ottenute, è interessante anche confrontare la qualità media degli articoli prodotti, per capire se le citazioni sono ottenute pubblicando un grande numero di articoli poco citati (magari pubblicando un elevato numero di articoli sostanzialmente identici sulla stessa ricerca) oppure con un piccolo numero di articoli molto citati. Siccome il numero di citazioni dipende dalla disciplina e dal tempo intercorso dalla pubblicazione, King rinormalizza il numero di citazioni per articolo alla media della disciplina e (in sostanza) per anno di pubblicazione. In questo modo si ottiene un numero pari a 1 per chi pubblica articoli di qualità media tra le 30 nazioni considerate, e superiore a 1 per chi pubblica gli articoli migliori. Nel confronto, l'Italia si posiziona ultima, assieme alla Francia, tra i paesi europei ed anglosassoni avanzati eccetto l'Australia. Arriva tuttavia sopra la media che corrisponde al valore 1 (ottiene 1.12 nel primo periodo e 1.07 nel secondo) e supera i seguenti paesi (nomi in inglese, per rapidità ...): Australia, Israel, Irlanda, Spain, Luxembourg, Japan, Portugal, Poland, Greece, South_Korea, Singapore, Brazil, Russia, China, Taiwan, India, Iran.
L'articolo di King è già stato utilizzato in passato in difesa della ricerca in Italia per mostrare che la produttività dei ricercatori italiana è molto elevata. Cito R. Perotti et al:
Come si vede, l'Italia ha un rapporto "pubblicazioni/ricercatore" molto vicino a quello dell'Olanda, e piu alto di quello degli altri paesi nella tavola. Anche il rapporto "citazioni/ricercatore" e nelle primissime posizioni, molto vicino a quello di Regno Unito, Olanda e Danimarca, ma molto maggiore di quello di tutti gli altri paesi. Dello stesso tenore sono i dati illustrati da DTI (UK Department of Trade and Industry, 2004), che include anche scienze sociali e business. Questi risultati, apparentemente incoraggianti per il nostro paese, sono stati ampiamente citati nella stampa italiana, da ultimo nella risposta del ministro Moratti ad un articolo di Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 22 Novembre 2004.
Tuttavia essi risultano fortemente ridimensionati quando si tenga conto del fatto che la composizione dei ricercatori varia molto da paese a paese. La definizione di ricercatore include una varietà di figure professionali, di cui i ricercatori accademici sono quasi ovunque una minoranza. Ma è noto che i ricercatori accademici pubblicano molto piu degli altri ricercatori. Usare il numero totale di ricercatori al denominatore delle prime due colonne, anziché il numero di ricercatori accademici, può quindi distorcere notevolmente i risultati. La colonna 3 mostra chiaramente che i paesi sud-europei tendono ad avere una percentuale di ricercatori accademici molto piu alta che i paesi anglosassoni dove la maggior parte dei ricercatori e costituita da scienziati e ingegneri che lavorano in aziende private. In particolare, negli Stati Uniti i ricercatori accademici sono meno di un sesto del totale. Questo e il motivo per cui nella gli Stati Uniti hanno - molto implausibilmente - il piu basso valore "pubblicazioni/ricercatore" dopo il Portogallo.
Quando al denominatore usiamo i ricercatori accademici invece dei ricercatori totali, la posizione dell'Italia si ridimensiona notevolmente. Ora l'Italia ha rapporti "pubblicazioni/ricercatore" e "citazione/ricercatore" ben inferiori agli USA, ma anche a Regno Unito, Olanda e Danimarca.
R. Perotti e altri continuano il loro studio rapportando quindi le pubblicazioni ai soli ricercatori accademici, e concludono (il riassunto è mio):
- per numero di citazioni diviso numero di ricercatori accademici l'Italia supera Portogallo, Spagna, Francia e Germania ma è inferiore tutti gli altri paesi considerati (nord-europei e anglosassoni).
- come impact factor medio (numero citazioni diviso numero articoli) degli articoli prodotti, l'Italia precede solo Spagna e Portogallo tra i 10 paesi presi in considerazione.
- i due risultati precedenti risentono della ripartizione dei lavori pubblicati nelle diverse discipline, che hanno un numero di citazioni diverso. Rapportando le citazioni disciplina per disciplina alla media di disciplina, si può ottenere un impact factor standardizzato degli articoli pubblicati dai ricercatori accademici italiani, e questo risulta ancora una volta terz'ultimo tra i paesi considerati e superiore solo a Spagna e Portogallo. Si noti che anche King arriva ad una conclusione simile, accomunando però l'Italia anche alla Francia.
Sostanzialmente, i ricercatori italiani producono un numero elevato di articoli, di qualità media però non elevata. Tuttavia moltiplicando i due numeri, il numero di citazioni totali per ricercatore supera Francia e Germania, e questo non è un risultato disprezzabile.
R. Perotti et al. considerano più significativo il confronto sulla qualità media degli articoli, e concludono che l'Italia arranca nelle ultime posizioni. Altri (citati prima) considerano più significativo il numero di articoli o il numero di citazioni per ricercatore e concludono che l'Italia primeggia del mondo (se non si distingue tra ricercatori accademici e del settore produttivo) oppure che ha una produttività più che dignitosa se ci si restringe a considerare i ricercatori accademici.
Ora passiamo a considerare quanto scrive G.A.Stella:
TERZI AL MONDO - La prova? In rapporto al loro numero, i nostri
ricercatori sono i terzi al mondo dopo i britannici, che svettano con
3,27 citazioni sulle maggiori riviste scientifiche internazionali, e
dopo i canadesi, che seguono a quota 2,44. Ma con il nostro 2,28 noi ci
piazziamo davanti agli Stati Uniti (2,06), alla Francia (1,67), alla
Germania (1,62) e al Giappone, che chiude il pacchetto di testa con
0,41.
G.A.Stella riporta dati incomprensibili e senza rinviare a qualche pubblicazione. Il suo corrispondente appare essere Ugo Amaldi, così introdotto nel paragrafo precedente:
Il professor Ugo Amaldi, che lavora al Cern di Ginevra [...] dice di essere
furibondo, con le classifiche internazionali. Sono bugiarde, spiega.
«Perché non viene fuori un dato fondamentale. E cioè che nella ricerca
di punta noi italiani restiamo forti. Fortissimi, in certi settori».
Per quanto ciò non sia chiarito da G.A.Stella, i dati provengono effettivamente da una breve nota di Ugo Amaldi: si tratta semplicemente dei rapporti tra il numero degli articoli più citati della tabella 1 di King e il numero di ricercatori (universitari e del settore produttivo) della tabella 3 di King. Questi rapporti sono poi moltiplicati per 100. Non si tratta quindi di "citazioni sulle maggiori riviste" ma di "numero di articoli molto citati prodotti da 100 ricercatori".
Top 1% cited papers 1997-2001 | Full-time researchers | ||
---|---|---|---|
Nazione | da Tabella 1 | da Tabella 3 | Rapporto x100 |
Gran_Bretagna | 4.800 | 147.000 | 3.27 |
Canada | 2.200 | 90.000 | 2.44 |
Italia | 1.600 | 70.000 | 2.28 |
USA | 23.700 | 1.150.000 | 2.06 |
Francia | 2.600 | 155.000 | 1.67 |
Germania | 3.900 | 240.000 | 1.62 |
Giappone | 2.600 | 640.000 | 0.41 |
Come ho fatto presente privatamente a Ugo Amaldi, questi dati non tengono conto del fatto che in Italia i ricercatori sono prevalentemente accademici, mentre in altri Paesi lavorano tipicamente prevalentemente per il settore privato, rinviandolo all'articolo citato di R. Perotti et.al. Ugo Amaldi ha replicato mostrando attenzione e gentilezza e osservando tra l'altro che almeno come numero di citazioni diviso ricercatori accademici anche R. Perotti assegna all'Italia una posizione più che dignitosa, come già visto sopra.
Aggiungo a tutti i dati precedenti alcuni dati che ho raccolto nel 2006 sulla spesa in ricerca e sulla produttività tecnologica dei paesi avanzati, si riferiscono probabilmente ad anni tra il 2001 e il 2004.
paese | laureati* | sp.statale** | sp.priv.** | brev.hi-tech*** | brev.*** |
---|---|---|---|---|---|
USA | 10.2 | 0.86 | 1.90 | 48.4 | 154.5 |
Giappone | 13.0 | 0.80 | 2.32 | 40.4 | 166.7 |
Germania | 8.1 | 0.77 | 1.73 | 45.5 | 301.0 |
Spagna | 12.2 | 0.47 | 0.56 | 3.5 | 25.5 |
Francia | 20.2 | 0.83 | 1.36 | 31.8 | 147.2 |
UK | 19.5 | 0.61 | 1.26 | 32.0 | 128.7 |
Italia | 6.1 | 0.55 | 0.55 | 7.1 | 74.7 |
UE15 | 12.5 | 0.69 | 1.30 | 30.9 | 158.5 |
* laureati in materie scientifiche in perc. della pop. da 20 a 29 anni
** spesa in ricerca in percentuale del PIL
*** domande all'EPO per milione di abitanti
Usando questi dati sulla spesa pubblica in ricerca e assumendo che gli articoli al top 1% delle citazioni siano esclusivamente finanziati dalla spesa statale (assunzione che credo corretta con buona approssimazione) ottengo dei dati paragonabili a quelli di Ugo Amaldi ma rapportati alla spesa pubblica:
top1% | popol. | ricerca | prod | |
---|---|---|---|---|
Italia | 1630 | 60 | 0.55 | 49.4 |
Germania | 3932 | 80 | 0.77 | 63.8 |
Francia | 2591 | 60 | 0.83 | 52.0 |
Spagna | 785 | 40 | 0.47 | 41.8 |
top1% = numero di articoli di scienze e ingegneria nel 1997-2001 per paese
popol. = popolazione in milioni (approssimata)
ricerca = spesa statale per ricerca in % del PIL
prod = numero di articoli molto citati rapportato alla spesa pubblica relativa al PIL nazionale
Questa tabella mostra che la produttività della spesa pubblica italiana in ricerca è inferiore alla Germania e (di poco) alla Francia, ma supera (1997-2001, non so ora) la Spagna. Personalmente ritengo questi dati più indicativi della realtà.
'<h' . (('3') + 1) . '>'Chi ha ragione?'</h' . (('3') + 1) . '>'
Questo lo lascerei decidere ai lettori. Personalmente non sono soddisfatto del fatto che la qualità media degli articoli italiani sia agli ultimi posti tra i paesi avanzati, e considero questa indicazione prevalente sulla produttività in termini di numero di articoli. Anche il numero di articoli molto citati mi sembra meno che commisurato alla spesa pubblica in ricerca. Per me il ritardo dell'Italia c'è non solo come spesa ma anche come produttività, ma il ritardo di produttività non è tragico (in scienze e ingegneria) come si potrebbe temere: fino al 2001 facciamo molto meglio del Messico e della Turchia e non siamo lontani dai Paesi avanzati, che per alcuni parametri superiamo.
In ogni caso, anche se non concordo nel magnificare la produttività scientifica italiana, sono assolutamente d'accordo sul fatto che sia essenziale per l'Italia aumentare il numero dei ricercatori, che ci vede arrancare nelle ultime posizioni. Il ritardo viene principalmente dal settore privato, che non fa ricerca, ma anche lo Stato italiano spende in ricerca il 25% meno della media UE15. Oltre ad aumentare la spesa, a mio parere è necessario migliorare significativamente anche la sua allocazione in funzione del merito e della produttività all'interno del comparto ricerca, per aumentare la qualità e il rendimento per la società delle spese in ricerca.
Avevo notato anch'io l'articolo di Stella, e mi era sembrato un po' pasticciato... felice che tu abbia fatto un po' di chiarezza.
Mi chiedevo come viene affrontata in questo genere di classifiche la questione della lingua. E' chiaro che scrivere in una lingua "sfigata" puo' avere influenza negativa sul numero delle citazioni (indipendentemente dalla qualita' intrinseca dell'articolo stesso).
D'altro canto, se parliamo di "scienze ed ingegneria", mi pare che la lingua dell'articolo possa essere considerata di per se' un grossolano indicatore di qualita'... almeno a livello aggregato. Parliamo di discipline molto "internazionali", no?
Insomma, potrebbe essere un elemento degno di ulteriori indagini.
Cio' detto, concordo con te sul fatto che un alto numero di articoli di bassa qualita' non sia per nulla qualcosa di cui ci si possa vantare.
Mi limito a riportare la mia esperienza. In fisica il numero di riviste di livello dignitoso in italiano è pari a zero. Persino "Il nuovo cimento" (nonostante il titolo) è in inglese. Esiste qualche rivista in russo (anche se la maggior parte hanno una versione tradotta) e qualcuna (poche) in francese. Per il resto tutte le riviste sono in inglese. Le riviste nelle altre lingue esistono ma sono cose così minoritarie che pubblicarci sopra praticamente non conta.
Colgo l'occasione di ringraziarti per aver riportato il collegamento e aver attirato la mia attenzione li'.
Il problema e' sentito dalle elites accademiche italiane, acutamente da quelle attive in campo internazionale (come anche Ugo Amaldi). Non e' solo vittimismo e credo non sia solo la lingua: ritengo che in una certa misura i paesi anglosassoni tendano magari inconsciamente magari no (vedi Echelon) a fare gioco di squadra. Inoltre paesi scandinavi e Olanda sono avvantaggiati da una migliore conoscenza dell'inglese, mentre i paesi asiatici come il Giappone sono svantaggiati rispetto a noi. Infatti anche per evitare queste distorsioni nel mio confronto ho incluso solo paesi comparabili in termini di lontananza dall'inglese: Italia, Francia, Germania e Spagna. L'inglese comunque non e' una barriera insuperabile: la Svizzera produce articoli in scienze e ingegneria di qualita' media superiore a tutti i paesi anglosassoni inclusi gli USA. Personalmente prenderei sempre a riferimento per l'Italia Francia, Germania e Spagna, sono i paesi piu' direttamente confrontabili con noi.