Piccolo riassunto per i non iniziati. La legge Gelmini prevede un doppio passaggio per divenire professore ordinario o associato – il conseguimento di una abilitazione nazionale (art. 16) a numero aperto e una chiamata locale (art. 18). Prevede anche che il ministero indichi in apposito decreto i requisiti minimi per l’abilitazione (art. 16 comma 3). Infine, prevede che i membri della commissione siano sorteggiati in un elenco di professori ordinari che i) facciano richiesta e ii) siano valutati positivamente dall’ANVUR (art. 6 comma 7).
Nel post citato sostenevo che requisiti minimi molto selettivi avrebbero ridotto drasticamente il potere degli ordinari esclusi e quindi avrebbero migliorato la qualità dei vincitori. Il documento dell’ANVUR va in questa direzione, con un criterio molto semplice ed efficace. Per poter partecipare al sorteggio dei commissari per le nuove abilitazioni nazionali, un professore ordinario deve aver pubblicato, negli ultimi dieci anni, più della mediana dei suoi colleghi di settore concorsuale. Quindi, per usare la teminologia del mio post precedente, almeno il 50% degli ordinari diventerebbero “zombie accademici”. Analogamente, per essere ammesso al concorso, un candidato dovrebbe aver pubblicato più della mediana della fascia a cui concorre, con un aggiustamento per l’anzianità accademica. Un aspirante ordinario dovrebbe aver pubblicato più della mediana degli ordinari in servizio, un aspirante associato più della mediana degli associati.
Come si calcolano le pubblicazioni? L’ANVUR suggerisce, almeno in prima approssimazione, criteri diversi per i settori 1-9, che comprendono le discipline scientifiche e medicina e gli altri (10-14). Questi ultimi comprendono Lettere, Legge e le cosidette scienze sociali. Economia, statistica ed econometria sono però considerate scientifiche. Per le discipline scientifiche si adotta come criterio principale il numero di pubblicazioni su riviste ISI (o Scopus), e come criteri accessori il numero di citazioni e l’h-index. In pratica, il CINECA (il braccio informatico del ministero) dovrebbe prima contare tutti gli articoli che i professori ordinari avranno aggiunto alla loro lista personale e calcolare la mediana, elencare i professori che la superano e poi controllare che essi superino anche la mediana di uno degli altri due criteri di riferimento (h-index o numero di citazioni), presumibilmente usando un programma standard come Publish or Perish. Per i settori umanistici il solo criterio è il numero di pubblicazioni, ponderato per la tipologia (libri, articoli etc.). L’ANVUR afferma esplicitamente che questi criteri sono validi solo per le prossime abilitazioni, e auspica di potersi basare in futuro su liste di riviste e case editrici di qualità.
Il documento è, a mio avviso, un ottimo punto di partenza, per almeno quattro buoni motivi
i) per la prima volta, stabilisce una gerarchia fra gli ordinari e afferma esplicitamente che metà di loro è di serie B (“zombie”). Presumo, anche se non è detto esplicitamente, che si renederanno di dominio pubblico sia il ranking sia le informazioni usate per costruirlo. Altrimenti, non vedo come sarebbe possibile giustificare l’esclusione di un professore che abbia fatto domanda. Chi non vive nell’università italiana, non può capire la portata dirompente della novità.
ii) Il requisito minimo per i candidati implica che il numero di pubblicazioni mediano – e quindi, per implicazione, la qualità scientifica dei professori- debba aumentare ad ogni tornata di abilitazione.
iii) il criterio aggiuntivo, valido per le discipline scientifiche riduce ancora il numero di potenziali commissari. I professori o i candidati con un h-index e un numero di citazioni inferiore alla mediana sarebbero comunque esclusi anche se molto prolifici in termini di puro numero di pubblicazioni,
iv) il numero di potenziali commissari è ulteriormente ridotto dal carattere volontario della partecipazione alla commissione.
Ci sono almeno tre problemi tecnici, oltre all’annoso dibattito sull’attendibilità degli indici bibliometrici, su cui preferirei non entrare.
i) Non è chiaro come vengono trattati i lavori a più mani: sembrerebbe che una firma in un articolo con 15 co-autori valesse quanto un articolo pubblicato da solo.
ii) La ponderazione per i settori non scientifici è lacunosa e molto discutibile (per non dire a capocchia). Si distinguono p.es. libri pubblicati all’estero da quelli pubblicati in Italia. I primi valgono il triplo, senza distinzione di casa editrice e lingua (prevedo la fioritura di case editrici specializzate in Albania). Si citano anche i capitoli di libro collettaneo pubblicati in Italia ma non quelli pubblicati all’estero. Inoltre, un articolo su rivista ISI (pochissime e non rappresentative nei settori umanistici) vale più di un libro – un criterio francamente senza senso.
iii) Potrebbero esistere differenze di strategia di pubblicazione fra materie all’interno dello stesso settore concorsuale. E’ possibile che, a parità di impegno/qualità della ricerca, in alcune si pubblichino molti articoli brevi ed in altre pochi articoli lunghi. I praticanti della seconda sarebbero quindi svantaggiati, se le due materie fossero nello stesso settore. Il rischio è ovviamente tanto maggiore quanto più i settori sono ampi, ma non sono ancora stati definiti
Quali saranno gli effetti sui rapporti di potere? Come detto, (più di) metà degli attuali ordinari sarebbe esclusa dalle commissioni, e quindi perderebbe gran parte del proprio potere. Gli altri manterrebbero la propria influenza ma con un forte limite: infatti non potrebbero più promuovere chiunque, ma dovrebbero darsi da fare per procurare all’allievo prediletto un elenco di pubblicazioni tale da passare l’abilitazione. Chi volesse far passare un cretino incapace (o un’amante voluttuosa) dovrebbe o scrivergli gli articoli o trovare un altro allievo disposto a fare firmare il cretino. Inoltre, il potere si sposterebbe ancora di più in ambito locale. Mi sembra altamente probabile, anche se non sicuro, che quasi tutti gli ammessi all’abilitazione passino. Sarebbe infatti molto difficile negare l’abilitazione al passaggio di fascia ad un candidato che vanta più pubblicazioni di almeno la metà dei suoi futuri colleghi.
Veniamo infine alla domanda da un milione di euro: quante probabilità ci sono che il regolamento sia approvato senza modifiche? Se fossimo in tempi normali, sarei alquanto scettico, dato il suo impatto potenzialmente devastante sul potere accademico. Ma siamo alla vigilia dell’estate e le energie dei professori sono impegnate nella stesura degli statuti. Quindi, le chance aumentano. Speriamo: non è certo un decreto perfetto, ma molto meglio di quanto finora scritto.
Ogni concorso viene bandito specificando dei "requisiti" del candidato che sono talmente specifici che tutto il resto non importa. Guardati, tanto per curiosita', quelli del CNR. Vedi che c'e' roba talmente specifica che le possibilita' che ci siano due persone al mondo con quel CV sono minime. Se questo non bastasse, i concorsi sono per titoli e colloquio: al colloquio ti siedi e ti chiedono quello che vogliono, pure domande di cultura generale.
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Mi sembrava d'aver capito che, mercé la riforma Gelmini, i concorsi da RTD fossero solo per titoli, ed il colloquio servisse solo ad illustrare le proprie pubblicazioni.
Ho perso qualche 'dettaglio'?