L'obiettivo della proposta di legge a cui stanno lavorando i
ministri Bindi e Pollastrini e' duplice. Da un lato, riconoscere le
coppie di fatto, ossia le coppie formate da persone conviventi e non
sposate. Dall'altro, garantire gli stessi diritti sia alle coppie di
fatto etero- che a quelle omosessuali. E' soprattutto il secondo
intento che ha sollevato le reazioni allarmate e piu' o meno irate da
parte della Chiesa, di esponenti politici, ecc. Si guardi, ad esempio, qui, qui e qui.
Procediamo per ordine. Innanzitutto, quali sono i contenuti della proposta di legge? Qui
trovate un breve elenco. L'idea sembra molto chiara e pulita, devo
dire. Le coppie di fatto, siano esse etero- oppure
omo-sessuali,
vengono definite in base ad una
autocertificazione congiunta della coppia. Ad esse vengono garantiti
dei diritti (ma anche attribuiti dei doveri). E quindi assistenza
sanitaria e previdenziale,
successione del contratto di locazione, reversibilita' della pensione,
successione ereditaria e assegni familiari. La ratio e' quella di
eliminare certe
difficolta' incontrate dalle coppie di fatto: ad esempio, la
successione del contratto di locazione
fra conviventi, ad oggi, è consentita soltanto in seguito alle
sentenze di casi sottoposti ad un giudice; oppure il diritto di visite
e di partecipare alle decisioni mediche nel caso in cui il partner sia
ricoverato in ospedale non sempre e' riconosciuto.Eccezione importante in questo elenco di garanzie e' la possibilita' di adottare,
anche se a ben guardare non significa molto visto che i diritti dei
figli naturali sono comunque garantiti, e vi sono in teoria altri modi
contrattuali di aggiungere un partner nel ruolo di genitore, come
figura di tutore ad esempio. L'unica cosa che non e' chiara nella proposta di legge, almeno
nel resoconto del Corriere, riguarda le modalita' di
dissoluzione della coppia di fatto: basta un'autocertificazione, immagino non congiunta?
Premetto che personalmente non trovo nulla di sconvolgente nel
garantire questi diritti a queste coppie, anzi. Ritengo che ognuno
possa mettersi in coppia con chi vuole, e che garantire questi diritti
sia importante per non discriminare contro alcuni individui sulla base
del loro orientamento sessuale. Ma la questione e' delicata proprio
perche' non tutti la pensano cosi', anzi fette importanti della
societa' civile trovano l'idea disdicevole e pericolosa. E allora, come
si compone il conflitto?
Concentro l'analisi sull'equiparazione di coppie etero e coppie gay. Al
nocciolo, la questione e' la seguente: c'e' un gruppo X di persone che
ha una certa posizione morale (o vive un rapporto di coppia gay e
vorrebbe che il rapporto avesse certe garanzie giuridiche, oppure
ritiene che sia giusto dare garanzie giuridiche a tali coppie). Un
altro gruppo Y considera che compiere certi atti e fornire certe
garanzie sia (a) sbagliato e moralmente disdicevole, (b) pericoloso,
nel senso che fa concorrenza o minaccia la sopravvivenza del tipo di
coppie ritenuto moralmente sano, ovvero coppie eterosessuali unite in
matrimonio. Come comporre allora questo divario di posizioni morali? La
seconda questione, importante ai fini di capire gli spazi di manovra
possibili per comporre il divario, e' capire se le persone che vivono
un rapporto di coppia omosessuale lo fanno per "scelta" (che puo'
essere influenzata dall'educazione ricevuta, dai comportamenti di amici
e conoscenti, dai modelli proposti dalla tv, whatever) oppure lo fanno
perche' per come sono fatti
sono attratti da persone dello stesso sesso e non ci possono far nulla.
[NB: non voglio qui entrare nel merito di cosa voglia dire "per come
sono fatti". Puo' essere genetico, puo' essere il modo in cui sono
strutturati i circuiti del cervello, puo' essere ormonale, puo' essere
dovuto a come sono stati allattati da piccoli... non importa. Son fatti
cosi'].
La prima questione, quella morale, e' una questione distributiva,
nel senso che per accontentare gli uni si scontentano gli altri. O si
riconoscono le coppie gay, e allora si fanno felici i componenti del
gruppo X, ma si impone un dolore (morale, psicologico) al gruppo Y,
oppure non si riconoscono, e si fa felice il gruppo Y a scapito del
gruppo X. Se si vuole riconoscere, come vuole fare il governo (a parte
il guardiasigilli), allora bisogna compensare il gruppo Y in qualche
modo, e convincerli che il riconoscimento giuridico della posizione
morale del gruppo X e' il male minore. In democrazia, questo e' l'unico
modo di arrivare a decisioni condivise. Altrimenti si arriva a
decisioni imposte da una qualche dittatura (fra cui anche la dittatura
della maggioranza).
Quindi compensare e ragionare che si tratta
del male minore (visto dalla prospettiva del gruppo Y, ovviamente). Le
due cose sono complementari: da un lato compensi (cioe' non arrivi
all'estremo di permettere il matrimonio gay ma riconosci solo le coppie
di fatto gay - una specie di matrimonio "light"; inoltre, escludi le
adozioni). Dall'altro argomenti che le coppie gay di fatto ci sono e ci
saranno, e che col riconoscimento legale almeno si evitano altri "mali"
morali: ad esempio, i soprusi all'interno della coppia (difatti il
disegno di legge prospetta anche dei doveri, fra cui quello di
reciproca assistenza e solidarietà), l'impossibilita' di ricevere assistenza sanitaria, eccetera.
Ma
la chiesa (e altri componenti importanti del gruppo Y) argomentano
anche che la figura giuridica della coppia gay e' pericolosa perche' fa
concorrenza al matrimonio eterosessuale, che e' la tipologia di
famiglia da essi preferita. La logica e' essenzialmente economica
(intesa in senso lato): se si riducono i costi (monetari, psicologici,
giuridici) di essere in una coppia gay, al margine se sono indeciso fra
essere gay e sposare una donna scegliero' piu' facilmente la coppia
gay. Per di piu', se mi si permette anche di allevare dei figli, il
matrimonio viene minacciato ancora di piu' perche' questi figli saranno
piu' facilmente anch'essi gay. Qui viene fuori l'importanza della
seconda questione: si e' gay "per nascita", o per via di educazione,
influenze esterne, eccetera? Piu' si ritiene che essere gay sia il
risultato di scelte o influenze esterne, piu' si crede che ci sia
sostituibilita' fra coppie gay e coppie etero, e piu' si considera la
coppia gay una minaccia al matrimonio.
Io personalmente non credo che ci sia molta sostituibilita'. Cioe', non
credo che se diventa piu' facile vivere in una coppia gay allora quelli
che erano attratti dall'altro sesso e intendevano sposarsi
all'improvviso decidono di trovarsi un partner gay. E viceversa, non
credo che NON riconoscere le coppie gay induca i gay a sposarsi con una
persona dell'altro sesso. Cioe' credo davvero che essere gay o etero
sia una questione di gusti "innati", o comunque difficilmente
influenzabili e modificabili. Se questo e' vero, allora la "minaccia al
matrimonio" si riduce notevolmente.
Bisogna notare che se anche
si accetta che i gay sono gay perche' "son fatti cosi' ", la questione
morale rimane comunque, perche' comunque coloro che si oppongono al
riconoscimento delle coppie di fatto gay considerano la cosa moralmente
disdicevole. Diventa pero' molto piu' facile compensarli e argomentare
che il riconoscimento giuridico sia il male minore.
Riassumendo,
quali sono allora i termini della questione? Primo, riconoscere che la
questione e' distributiva e che quindi, se si vuole far passare la
proposta di legge, bisogna compensare il famoso gruppo Y e usare
un'argomentazione di tipo "male minore". Secondo, che la questione
"gusti innati vs. scelte e influenze" e' cruciale ai fini di
individuare gli spazi di manovra per una composizione del divario fra
posizioni morali.
Io credo che la posizione della chiesa in queste cosa sia piu' coerente di quanto sembri pensare tu (pur evitando di argomentare che la chiesa non ha bisogno di supportare le proprie posizioni con argomentazioni razionali, perche' infallibile per diritto divino). Mi pare che anche se gli omosessuali sono cosi' perche' sono cosi', essi possano reprimere i propri impulsi in pubblico e vivere all'interno di coppie etero-sessuali, cioe' sposarsi etero-sessualmente e poi magari ritrovarsi la notte ai bagni pubblici quando il coniuge dorme. Naturalmente non voglio dire che questo sia desiderabile, ma questo era l'equilibrio fino a non molto tempo fa, specie in paesi cattolici. A me pare che questo sia l'obiettivo della chiesa cattolica, cioe' mantenere abbastanza stigma sociale sulla omosessualita' in modo da rendere rarissimi i casi di omossessualita' dichiarata (out of the closet, dicono qui). Se fosse vero che i figli crescono meglio in queste famiglie (etero-sessuali con un genitore omosessuale nascosto) che non in famiglie omosessuali, e assumendo che della felicita' degli omosessuali stessi non ci importa molto (o che la protezione dei figli e' l'obiettivo delle scelte morali in questo contesto), allora la posizione della chiesa che dice "non approvate unioni omosessuali legalmente perche' questo riduce lo stigma sociale, mi pare perfettamente logica e razionale.
Una simile posizione mi pare la chiesa aveva riguardo al divorzio: "mantenete lo stigma." E anche questa posizione aveva a mio modo di vedere lo stesso argomentazione razionale a supporto: meglio per i figli crescere in famiglie tenute assieme per il loro bene ma in cui i genitori non si sopportano che non famiglie rotte e diritti di visita settimanali.
Se accettiamo le argomentazioni razionali siffatte, comunque ancora dobbiamo essere convinti che la famiglia tradizionale e' meglio per i figli anche quando composta di due che non si sopportano o quando uno va ai bagni pubblici la notte. Non so cosa si sappia dei bambini di coppie omosessuali. E' forse troppo presto per avere dati. Da letture sommarie ho l'impressione che sia vero che il divorzio danneggia i bimbi, ma non so se li danneggi di piu' di un matrimonio tenuto assieme "per il bene dei figli"
Indipendentemente da quello che penso di questa argomentazione, mi pare che questa sia la posizione della chiesa: "non toccate lo stigma".
Non volevo dire che la posizione della chiesa e' irrazionale - al contrario, mi sembra perfettamente razionale visto il loro punto di partenza. Se capisco, tu argomenti: se anche essere gay e' hard-wired, comunque c'e' una
margine di scelta su cui la chiesa vuole intervenire, e cioe' nasconderlo
vs. esserlo apertamente. Assumendo che sia meglio avere bimbi in una
famiglia etero col gay represso piuttosto che in una famiglia omo, e che
ce ne frega di piu' dei bimbi che della persona gay, allora e' razionale spingere
per mantenere lo stigma.
questo sposta un po' i margini di manovra - vuol dire che
anche se si assume "hard-wired" e' piu' difficile convincere o compensare la
chiesa e i suoi membri. Difatti credo che l'adozione rimarra' uno scoglio difficile da
superare. Ma i termini della questione rimangono, direi. Cioe' rimane il fatto
che la chiesa cattolica considera moralmente sbagliato essere gay, e che
preferisce la famiglia etero indissolubile (son d'accordo con la
similitudine col divorzio) volta a generare figli ad altri tipi di
coppia. [nota: anche all'interno della chiesa cattolica ci sono differenze. Letteralmente affianco a casa mia c'e' una chiesa cattolica di gesuiti che e' apertamente pro-gay. Ma si sa, ai gesuiti piace sempre fare i bastian contrari, e poi la chiesa e' nel bel mezzo di Chelsea...!]