Caro dottor Bricco:
vorremmo ringraziarla per la recensione del nostro libro ''Tremonti, istruzioni per il disuso'' apparsa in data 7 febbraio 2010 nell'inserto domenicale del Sole 24Ore. Lei avrà notato, leggendo il libro, che siamo un po' pignoli e puntigliosi. Speriamo non le spiacerà, pertanto, se ci permettiamo alcune osservazioni.
Lei afferma che nel nostro saggio manca la storia. Questo ci ha incuriosito. Lo studio della storia ci ha sempre appassionato e la nostra impressione, forse distorta, è che nel libro viene fatto un notevole sforzo per ripristinare la verità storica dei fatti. A spanne diremmo che quasi due terzi del libro sono appunto dedicati a presentare fatti storici che Tremonti ignora troppo frequentemente nei suoi scritti (anche se forse li conosce); l'altro terzo ha a che fare con la sua persistente sfida alla leggi della logica. Per noi tener conto della storia significa, anche, guardare le serie storiche dei dati e cercare di interpretarli. Di grandi teorie storiche, cosa vuole, ce ne sono a dozzine e litigano fra loro. Di accadimenti, in ogni dato luogo e momento nel tempo, ce ne sono molti meno. Nel libro abbiamo cercato di riportare la storia e i fatti al centro dell'attenzione, mettendo tabelle e grafici e discutendo, ad esempio, le interpretazioni più accreditate dell'andamento dei prezzi delle materie prime nel dopoguerra o dello sviluppo cinese degli ultimi trenta anni. Non ci risulta invece che Tremonti abbia mai fatto questo. Per esempio, esattamente perché ignora la storia Tremonti ha scambiato il picco del prezzo del petrolio di un paio d'anni fa per un cambiamento epocale anziché una manifestazione, magari un po' estrema, della ben nota volatilità del prezzo dello stesso. O, sempre per esempio, abbiamo ricordato come l'Italia che si sviluppò nel dopo guerra fosse in una posizione economica, in relazione agli USA, non così dissimile da quella in cui si trova la Cina oggi.
Potremmo continuare con gli esempi, ma sarebbe noioso in quanto il libro è, praticamente, un piccolo bignami, ad uso del Ministro Tremonti, su alcuni fatti di storia economica dell'ultimo secolo e del secondo dopoguerra in particolare. Il tema di fondo, che forse dovevamo sviluppare più a fondo (ma sarebbe servito un altro libro) è che i cambiamenti epocali non accadono dalla mattina alla sera: sono processi lenti che durano decenni e individuarli in anticipo è dote rara, ammesso e non concesso che qualcuno sia mai davvero stato capace di farlo, come invece Giulio Tremonti asserisce spesso d'aver fatto. Se l'arrivo della Cina (e dell'India, e di tutto il resto) nel mondo capitalista che commercia è un "fatto epocale" (certo che lo è!) allora occorre ricordarsi che non è iniziato alle date che Tremonti indica nei suoi testi ma circa trent'anni fa. Che la classe dirigente italiana se ne sia accorta solo durante l'ultimo decennio è, da un lato, singolare, dall'altro indice di scarsa attenzione alla storia e alla geografia. Che poi alcuni membri della medesima vogliano attribuirsi doti divinatorie perché, a seguito di tale loro ritardo intellettuale, il paese è ora costretto ad arrancare in grande difficoltà a fronte di cambiamenti che, essendo stati ignorati per decenni, risulta improbo gestire è, diciamocelo, per lo meno sgradevole, non le pare?
Ovviamente possiamo aver usato dati irrilevanti o magari li abbiamo interpretati male. Se è così saremmo ben felici di sapere dove abbiamo sbagliato, per correggerci la prossima volta. L'affermazione generica e non motivata di un nostro atteggiamento di trascuratezza verso la storia ci ha però sorpreso, e ci piacerebbe capire meglio da cosa è stata originata.
In chiusura dell'articolo, lei argomenta che ''i fatti pesano, ma illudersi di creare un movimento di opinione dileggiando l'avversario Tremonti come Voltremont ... potrà far sorridere ma perderà davanti al bisogno di riforma morale e ideale che segna il paese di oggi.'' Vorremmo anzitutto rassicurarla, assieme a tutti coloro che hanno letto o leggeranno il libro. Creare movimenti d'opinione non è il nostro obiettivo e non è il nostro mestiere. Il nostro obiettivo è diverso, ed è spiegato nel capitolo introduttivo, oltre che nel sito web che animiamo. E' quello di smascherare l'impostura intellettuale da qualunque parte essa provenga. In questo momento ci è parso particolarmente urgente almeno provare a punzecchiare la bolla intellettuale e mediatica che è stata gonfiata attorno a Tremonti ed alle sue teorie neo-corporative, o peroniste che dir si voglia. Sul fatto che il paese abbia bisogno di una profonda riforma morale e ideale concordiamo completamente con lei, s'immagini. L'argomentiamo, ci creda, da tempo e ci auguriamo che la riforma morale ed ideale che lei auspica non sia così dissimile da quella per la quale noi scriviamo. A noi pare, infatti, che smascherare l'impostura intellettuale faccia parte di questa riforma, e non sia in alcun modo in contrapposizione ad essa. Specialmente quando l'impostura intellettuale è esercitata dai potenti con un accesso privilegiato ai mezzi di comunicazione di massa.
Infatti, noi crediamo che i media italiani in generale, e Il Sole 24Ore in particolare, potrebbero svolgere un ruolo cruciale per una discussione approfondita dei problemi che nel libro possiamo solo accennare. Prendiamo l'esempio più importante. Cliccando qui si aprirà un grafico che presenta il tasso di crescita medio del PIL pro capite nei paesi OCSE nel periodo fra il 2001 e il 2007, e lo compara con la crescita media nel periodo 1970-2007. Sono dati OCSE, presi così come sono, senza modifiche o elaborazioni. Se aggiungessimo gli ultimi due anni il risultato non cambierebbe e se andassimo indietro un po' di più nemmeno. Noi vorremmo discutere un tema molto semplice: "Perché l'Italia è l'ultima in classifica? Perché il suo reddito cresce così meno degli altri e così meno di quanto cresceva nel passato?" Ci sembra una questione importante, epocale infatti. Noi crediamo che l'ignoranza delle nostre elites (ed all'interno di esse di quelle politiche in particolare) sia una delle cause principali di questo fallimento. Sarebbe davvero utile per il paese se Il Sole 24 Ore volesse discutere in modo aperto quel perché, e gli interventi che son possibili per passare dall'ultima posizione a un qualche posto un po' più in alto. Saremmo, ci creda, ben felici di contribuire il poco che pensiamo di sapere, ed il molto che siamo certi d'ignorare, a tale dibattito.
Infine, un paio di note, una fattuale e una leggera. Quella fattuale è che Giulio Zanella ha studiato a Wisconsin-Madison (oltre che a Siena) ma lavora all'Università di Bologna. Quella leggera è che il titolo di ''moschettieri'' ci ha divertito, anche se non lavoriamo per alcuna "regina" ... e poi siamo cinque, loro erano tre più uno. Ad uno di noi, gli altri non dicono, piace pensare a se stesso più come Cyrano de Bergerac che d'Artagnan, ma è probabilmente dovuto ad un eccesso d'ascolto di Guccini ... Comunque, l'idea di Tremonti come Richelieu ci stuzzica: magari la usiamo per il prossimo pamphlet.
Grazie di nuovo per la recensione e la cortese attenzione alla presente.
Cordialmente,
Alberto Bisin, Michele Boldrin, Sandro Brusco, Andrea Moro, Giulio Zanella.
Sottoscrivono anche Giorgio Topa ed Aldo Rustichini, che assieme a noi editano www.noisefromamerika.org
...Noi vorremmo discutere un tema molto semplice: "Perché l'Italia è l'ultima in classifica? Perché il suo reddito cresce così meno degli altri e così meno di quanto cresceva nel passato?"...
Se riceverete pubblica risposta alla vostra replica e se si aprirà una discussione, sempre pubblica, riguardo la vostra domanda in grassetto, i casi sono due: probabilmente starò sognando, oppure sarà accaduto un fatto epocale...In ogni caso meriterete una medaglia al valor civile, (e non sto affatto scherzando).
Riccardo
nel mio piccolo, concordo.
Temo che si tratterebbe di un sogno, almeno fino a quando alla direzione ci sarà Riotta.
Lo dico da (piccolo) imprenditore confindustriale, molto insoddisfatto - e non sono l'unico, anzi - di quello che dovrebbe essere anche il "mio" giornale, nel quale le pur eccellenti professionalità che vi lavorano sono mortificate da una conduzione che riesce solo a coprirsi di ridicolo, istituendo una "commissione grandi firme" monocomponente per leccar le terga di Julius Decimosettimo ....
E, per inciso, una discussione che parta dai dati per approdare alle proposte è ciò che anch'io vorrei, semplicemente perchè non vedo altre strade utili.
Già, perché cresciamo meno di tutti.
Smontiamo una per una tutte le ipotesi sinora sentite.
Dicono: colpa del debito pubblico.
E com'è che paesi come Giappone e anche il Belgio, che aveva un debito come il nostro, crescono come gli altri?
Dicono: colpa della pressione fiscale.
Guardiamo nella metà che cresce di più, ci sono paesi come la Svezia dove la pressione fiscale è una delle maggiori al mondo. Evidentemente non è questo il motivo.
Per cercare di capire, guardiamo a quelli che crescono meno. Lasciamo perdere il Portogallo con i suoi problemi. Vicino a noi ci sono Francia e Germania, che crescono più di noi ma sono tra le lumache. Cosa abbiamo in comune?
Risposta: la struttura regolatoria, derivata dall'ottocento.
In questi paesi, ma da noi è peggio, la burocrazia parassitaria e pervasiva fa sì che si spenda in tempo e denaro il doppio di quanto costa il servizio che poi finisce ai cittadini, i quali poi travano ostacoli a catena nella pubblica amministrazione per ogni loro iniziativa.
Di questi personaggi, di cui è strapieno il nostro settore pubblico, che godono ogni volta che si immettono nuove regole, Tremonti è il maggiore epigono. Con lui le cose sono sempre peggio, e lui non capisce il perché.
Perché è in quell'ambiente che è la sua vita; toglietelo e non rimane nulla.