La recessione e la miseria della macroeconomia

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La recessione che verrà, o che forsee'gia'arrivata, è dovuta soprattutto ad errori di politica economica. Mi riferisco all'economia USA, ovviamente, 'ché l'economia italiana è in coma da più di un decennio e segue il ciclo mondiale solo flebilmente. Le misure da troppe parti invocate ed ora in via d'adozione faranno o niente o solo danno. L'esperienza giapponese non ha insegnato nulla e tutti si son scordati di quanto successe tra il 1970 ed il 1982. Spenti i pochi e fastidiosi lampioni teorici che, nel buio più pesto, suggerivano cosa NON fare, il modello che analisti e policy-makers usano è quello di quarant'anni fa, e come quello non spiega quanto accade. Nella sua miseria intellettuale il paradigma dominante non ammetterà mai che l'imperatore è nudo.

È oramai quasi un anno che - al

ritmo di mercati finanziari che oscillano freneticamente ad ogni mossa delle banche centrali -

parliamo e sparliamo della crisi dei mutui edilizi americani (ed europei). Mi

correggo, i mercati oscillano anche in assenza d'alcuna novità:

qualcuno mi spiega quale notizia abbia scatenato il crollo del 21 gennaio 2008?

Nei giornali l'ho cercata, ma ho trovato solo la teoria secondo cui il puro

fatto che la settimana scorsa la Fed e la Casa Bianca abbiano annunciato grandi

piani antirecessivi ha confermato che essi (Fed e Casa Bianca) sanno

qualcosa (di negativo) che noi non sappiamo, quindi è bene vendere. Su questo punto ci ritorno alla fine.

Guardiamo i fatti. Nell'ultimo

anno ben poche istituzioni finanziarie d'un qualche rilievo son fallite mentre

parecchie han perso quantità sostanziali di soldi e son andate a cercarsi

capitali freschi altrove; segno che i mercati finanziari internazionali

funzionano ancora decentemente. Parecchie decine di migliaia di bancari son

stati licenziati, mentre solo qualche banchiere ha perso il posto e nessuno ha

dovuto restituire gli immeritati super stipendi e bonuses degli anni

precedenti; segno che i sistemi di remunerazione creano incentivi che lasciano a

desiderare. Alcune centinaia di migliaia di famiglie americane hanno perso la

casa recentemente acquisita e vivono o in affitto o in una casa più modesta

(non vi è evidenza d'un incremento drammatico dei senza tetto). I tassi

d'interesse hanno oscillato e sono anche calati leggermente, i tassi sui mutui

sono leggermente saliti, gli indici di borsa sono caduti sostanzialmente,

ritornando ai valori di un anno fa o anche meno. Sembrano avere tutta

l'intenzione di scendere ulteriormente. I profitti attesi o annunciati dalla

gran parte delle istituzioni finanziarie (con le solite eccezioni) puntano a sud,

e lo stesso comincia ad esser vero per svariate altre imprese non finanziarie. Insomma,

dalla crisi dei mutui siamo arrivati alla "crisi tout court".

La ragione fondamentale per la bolla immobiliare americana l'ho illustrata in questo sito l'Agosto scorso. Non mi sembra che i dati e le analisi prodotte nel frattempo m'abbiano dato torto, anzi. Rimango dell'opinione che la bolla immobiliare sia da attribuirsi alla politica di "credito troppo facile" praticata, tra il 2001 ed il 2004, dalla Fed USA (in parte anche dalla ECB) sulla base di un timore, ingiustificato, per una "deflazione generalizzata", quest'Araba Fenice del paradigma monetario dominante. La natura "selvaggia" del mercato delle ipoteche USA (per ARMs, 2/28 e cose simili in particolare) e l'utilizzo spregiudicato di strumenti per la cartolarizzazione delle ipoteche hanno poi fatto il resto, aggravando sostanzialmente gli effetti deleteri della politica monetaria del signor Greenspan.

Alla luce di tale diagnosi, e degli eventi intercorsi, la cura del problema "ipoteche marce" mi sembra essere quasi ovvia. Permettere al sistema finanziario di ripulirsi attraverso fallimenti, fusioni/acquisizioni, o riduzioni di capitale e conseguenti ricapitalizzazioni. Nel frattempo le banche centrali devono rimanere in allerta per evitare che nel sistema dei pagamenti e nel mercato interbancario (o della liquidità in generale) non si generino situazioni di panico, strozzature sistemiche e "bank-runs". Di quest'ultime non mi pare ne siano occorse e - credo, ma non sono un esperto del settore, quindi correggetemi - la fase peggiore di mancanza di liquidità dovuta a totale incertezza è oramai passata. Al contempo, ripeto, occorre che le istituzioni finanziarie che più severamente hanno sbagliato investimenti paghino il prezzo ricapitalizzandosi, se ne son capaci, o fallendo. Alla luce della brutta esperienza giapponese degli anni '90 la cosa peggiore sarebbe dare ascolto all'insidiosa sirena dei banchieri che vorrebbero fiscalizzassimo le loro perdite, nel nome di una pseudo-crisi sistemica da evitare, concedendogli credito illimitato a costo zero tramite le banche centrali. La crisi sistemica è la favola ideologica che copre l'assistenzialismo di stato verso City, Wall Street e qualche altra strada nobile di Milano, Francoforte o Parigi. Che l'assitenzialismo di stato verso le banche vada evitato mi pare il primo, e forse unico, punto fermo.

Gli altri interventi del tipo "cerotto" sono stati già presi o sono in via di esecuzione. Alcuni, ragionevoli, tendono a creare incentivi per la produzione d'informazione veritiera da parte delle banche, altri, perfettamente irragionevoli, impongono divieti e controlli di legittimità sull'attività creditizia. Ora, però, il problema si è spostato altrove. Come i dati del sommario suggeriscono - rieccoli: uno, due, tre e quattro - vi è qualche possibilità che la restrizione creditizia seguita alla crisi delle ipoteche, in combinazione con la forte contrazione che la medesima ha generato direttamente nel settore delle costruzioni, ci porti ad una fase di recessione ciclica generalizzata. Nonostante le previsioni ottimistiche dell'OCSE, direi che in questo momento i segnali di recessione per l'economia USA ci sono. Poiché è anno di elezioni sia i repubblicani che i democratici sono alla ricerca della pozione magica che possa "stimulate the economy" - un'immagine che ho sempre trovato particolarmente raccapricciante immaginandomi l'economy di un paese così grande e ricco come una cosa molto grassa ed alquanto flaccida. Da qui, comunque, l'orgia di spese e donazioni per $150 miliardi di cui parlano i giornali, oltre alle continue richieste alla Fed, condite di non indifferenti pressioni politiche e mediatiche, perché riduca i tassi d'interesse in maniera ancor più drammatica di quanto non abbia già fatto. Questo in uno scenario in cui, sia negli USA che in Europa, le pressioni inflazionistiche non appaiono diminuire. L'effetto delle preannunciate misure sembra sia stato, per il momento, solo quello di generare panico nelle borse di tutto il mondo.

L'ortodossia, in tutte le sue varianti, adora tutto questo interventismo: anzi ne chiede ancora e di più - eccone uno fra i mille. Ora, mi chiedo, che senso ha tutto questo? Qual è la logica economica che sottende questi appelli agli incrementi di spesa pubblica con riduzione d'imposte (leggi: aumento del debito pubblico) accompagnati da continue iniezioni di moneta? Non riesco a vedere altro che questa: si è deciso che la soluzione al "problema recessione" consiste nella creazione di una fiammata inflazionistica. Insomma, si è deciso che giocare con il fuoco (dell'inflazione) è un ragionevole prezzo da pagare per cercare di vincere le elezioni del 2008. Per un irresponsabile che ha giocato con il fuoco dell'Iraq ed ha scottato tutti noi, non v'è da sorprendersi. Mi sorprendo di più nel vedere persone apparentemente ragionevoli, come Ben Bernanke ed altri, partecipare a questo pericoloso giochetto.

Come argomentavo nel mio articolo di agosto, la bolla del mercato immobiliare era (tutte le bolle lo sono) "inflazione localizzata" e, in un senso perfettamente tautologico, se avessimo avuto inflazione generalizzata non ci sarebbe stata la bolla. Verissimo, ma questo non vuol dire che faccia bene al consumatore medio avere una bella botta di inflazione generalizzata ora o l'anno prossimo. Il perché dovrebbe essere ovvio, ma evidentemente non lo è del tutto visto che a questo obiettivo mirano le politiche adottate.

Perché non farebbe bene l'inflazione al consumatore medio? Per tante ragioni: perché è una tassa sulle scorte di moneta che deteniamo, perché erode il valore reale del salario nominale che non s'aggiusta mensilmente, perché erode il valore reale del debito pubblico detenuto dai privati (che sia questo uno dei motivi? Ridurre il valore reale di un po' del debito pubblico USA detenuto in Cina?), perché (come sempre l'inflazione fa) genera confusione sui veri prezzi relativi rallentando l'attività di scambio e contrattazione. Infine perché, come l'esperienza degli anni '70 provò (remember stagflation? Anche allora il prezzo del petrolio era d'improvviso salito alle stelle ...) non fa magicamente aumentare il livello di attività economica, ma l'opposto.

Aspetta un momento, penseranno alcuni, un po' d'inflazione potrebbe bloccare la caduta dei prezzi delle case, evitando a molti di fronteggiare una forte riduzione della propria ricchezza. Uuuh? Per scema che sia, questa storiella me la sono sentita raccontare ultimamente da due macroeconomisti professionisti, la cui identità ometterò per non farmi più nemici di quanti io già non abbia. Chi l'ipoteca non ha potuto pagarla la casa già l'ha persa, quindi nessuna differenza (in positivo) gli fa l'inflazione. Chi la casa ancora ce l'ha ed il mutuo riesce a pagarlo, e siamo la maggioranza, non troverà per niente gradevole scoprire che il valore nominale della sua casa è caduto solo del 5% ma che, in compenso, il costo della vita è salito del 5%: fa comunque una caduta nel valore reale della casa del 10% ed una riduzione del 5% nel potere d'acquisto del proprio reddito! Non solo, quando l'inflazione sale salgono anche i tassi d'interesse nominali il che implica, per tutti quelli con ARM aggiustabili, che salgono le rate. A quel punto occorre solo augurarsi che anche i salari crescano altrettanto rapidamente, altrimenti diventa più difficile pagare la rata del mutuo! Ma, aspetta: non è questa la tragica spirale inflattiva che bisognerebbe evitare?

Esiste una sola categoria di agenti economici (oltre ai governi indebitati) che dall'inflazione potrebbe guadagnarci: sono quelle banche i cui clienti hanno smesso di pagare le ipoteche cedendo, al contempo, la proprietà della casa alla banca stessa. A costoro conviene una botta d'inflazione se, da un lato, possono aggiustare immediatamente i tassi praticati sui mutui in essere e, dall'altro, l'inflazione permette loro di rimettere le case sul mercato senza una grande perdita nominale. Non vi sembra che questa sia esattamente la descrizione di quei banchieri che avevano sbagliato i loro investimenti prestando i soldi a gente che non era in grado di ripagarli? Non sarebbe il caso lasciare che si grattino le loro croste, invece di passargli un sussidio a spese nostre - ossia, di quelli che il mutuo se lo stanno pagando?

Su quali basi, dunque, l'espansione monetaria e fiscale si giustifica come "socialmente utile"? Su nessuna, a mio avviso. Non esiste un centimetro di teoria economica e di evidenza empirica che giustifichi queste azioni di politica economica. Vediamo perché.

Gettiamo via, anzitutto, il modello di ciclo economico che, forse perché per anni ho insegnato a Minnesota, qualcuno potrebbe pensare essermi particolarmente caro. Il cosidetto "real business cycle" associato ai nomi di Ed Prescott e Finn Kydland. Il RBC, chiaramente, non ha nessuna capacità di spiegare quanto ci sta succedendo. Per quanto mi sforzi d'usare la fantasia minesottiana (e fa -15 C a St Louis questa notte, quindi l'atmosfera è quella giusta) all'origine di questa crisi io vedo solo soldi buttati al vento in investimenti molto rischiosi. Shocks tecnologici negativi non ne vedo. Ovviamente adesso ci saranno tanti beni capitali inutilizzati, tante imprese che volevano costruire case e che non le costruiscono, tante aziende di arredamento che chiudono, e via elencando. Possiamo chiamare tutto questo uno shock tecnologico negativo, se volete: basta ammettere che RBC non è altro che uno strumento per fare contabilità nazionale in modo intelligente, cosa che sostengo da circa vent'anni. Nel qual caso, spiega sempre tutto. Fine della diatriba.

Tolti di mezzo Ed e Finn, debbo anche togliere di mezzo il modello che forse è più utile in questo momento, ovvero il meta-modello di Kiyotaki e Moore. Qui il discorso si fa complesso, per cui lo semplifico a colpi d'accetta: se K&M ci riuscissero a spiegare come e perché tutti questi investimenti immobiliari sono andati male, allora il loro modello potrebbe cominciare ad essere utile. Ma questa non è la loro intenzione, infatti che gli investimenti vadano a male è, per loro, il punto di partenza esogeno: "assumiamo che un bel numero di investimenti si riveli fallimentare ... ", sì, assumiamo. Questa è una descrizione disonesta, penseranno alcuni: il modello di K&M dice anche che, a causa dell'esistenza di catene creditizie chiuse, questo shock iniziale si trasformerà in un crollo sistemico a meno che le bance centrali non intervengano per interrompere l'effetto domino. Purtroppo questo controfattuale non ho modo di contraddirlo: forse sarebbe crollato il mondo se Ben Bernanke non avesse ridotto i tassi e non continuasse a ridurli. Forse. La mia impressione è che per interrompere l'effetto domino è sufficiente che le banche centrali stiano pronte a fornire liquidità al sistema nei momenti di crisi acuta, liquidità che possono poi "asciugare rapidamente" quando la crisi è trascorsa da una settimana o giù di lì. A cosa servano le espansioni persistenti e sistematiche di massa monetaria accompagnate da parallele espansioni di debito pubblico, il modello di K&M non ce lo dice. Mi fermo qui per non eccedere in tecnicismi. Dovessero essere necessari, ci ritorniamo nella discussione.

Questi due sono, comunque, modelli di "minoranza". Essendo consistenti con (almeno) alcuni fatti statistici ed essendo basati sui pochi lampioni di teoria economica che si edificarono negli anni '70 ed '80, tali modelli tendono ad essere snobbati laddove la politica monetaria si dibatte e si decide. In quegli ambienti va di moda il modello cosidetto "new"-keynesiano (c'è anche il "neo", sembra siano differenti) che fondamentalmente è come quello keynesiano-semplice di quanto eravate piccoli solo che ha delle equazioni con più simboli, le aspettative sono razionali (ma confuse, e passibili di equilibri multipli) ed in una sua versione il livello dei prezzi non dipende dalla quantità di moneta. Cosa dice questo modello sulle cause della crisi attuale? A mio avviso l'assoluto nulla.

Ovviamente non è in grado di spiegarci per quale ragione tante banche abbiano prestato soldi, nella forma di mutui, a persone che non erano in grado di restituirli. Ma questo problema il modello NK c'è l'ha in comune con RBC e K&M, quindi passiamoglielo. Il male è che tutto quanto assume (nemmeno predice!) è in contraddizione con quanto è accaduto. Cosa può capire di quanto è successo tra il 2000 ed oggi un modello in cui i prezzi sono predeterminati (salvo quando s'aggiustano per soddisfare il vincolo di bilancio pubblico) ed in cui l'attività economica non dipende dalla qualità degli investimenti e dalla loro redditività, ma dalle aspettative d'inflazione? Nondimeno, per ragioni che continuano a sfuggirmi, nei centri studi di quasi tutte le banche centrali del mondo, e del FRS in particolare, si gioca con varianti di questo modello per cercare di suggerire ai vari Ben Bernanke cosa fare. Ritenendo la cosa quanto meno sorprendente, provo a porre alcune domande cui non so trovare risposta.

1. I prezzi rigidi sono la causa delle recessioni e la ragione per cui le banche centrali devono essere così drammaticamente attive: perché allora i prezzi delle case si son mossi così tanto in questi 6 anni? Non erano rigidi, i prezzi? Per quale ragione son rigidi, dunque, i prezzi dei calzini e non quelli delle villette a schiera sulla costa della Florida?

2. Le recessioni vengono causate, nel modello in questione, da una rigidezza verso il basso della maggioranza dei prezzi. Nondimeno, i teorici di questo particolare approccio all'economia sembrano ossessionati, almeno dalla metà degli anni '90 ma anche da prima, con lo sprettro della deflazione generalizzata. Ora, la deflazione consiste in una caduta del livello dei prezzi: ma non erano rigidi soprattutto verso il basso, i maledetti prezzi?

3. I banchieri centrali iniettano (si dice?) moneta per lunghi periodi di tempo (semestri, anni) perché manca la liquidità. A cosa serve? Se le case a Palm Spring (CA) o a Madison (WI) valgono il 30% (15%) in meno di quanto "sembrava" valessero 18 mesi fa, che ci siano tutti questi fondi a disposizione degli amici banchieri, che differenza farà? Se nessuno ci crede che quelle case valgano X, chi prenderà quei soldi a prestito per comprarsele? Non finiranno, quegli abbondanti soldi, in qualche altro remoto ed improbabile asset (che non so indovinare, altrimenti sarei ricchissimo) che a qualcuno sembri un buon affare anche senza esserlo?

4. Nel caso mi si rispondesse alla domanda precedente sostenendo che, proprio per questo, ci vuole anche lo stimolo fiscale (ossia, la crescita del debito), mi permetto di ricordare da un lato la vecchia ma sempre saggia aritmetica monetarista. Dall'altro chiedo: mi sbaglio o una delle colonne di questa famiglia di modelli è che il livello dei prezzi si aggiusta per soddisfare il vincolo di bilancio pubblico, in equilibrio? Vi sono ovviamente molte maniere in cui questo può succedere, ma la più semplice sembra essere quella di una crescita molto rapida dei valori dei beni patrimoniali detenuti dal governo ed una riduzione delle sue passività nominali, ossia inflazione. Se questo è il caso, e se vale quanto sappiamo sulle origini della crisi, a cosa serve questa inflazione e chi beneficierebbe?

5. Detto altrimenti: l'inflazione che stiamo desiderando, in che senso faciliterà la fuoriuscita di lavoratori e capitale dal settore edilizio e dell'intermediazione edilizia, verso altre attività più redditizie? Perché, alla fin fine, se avremo una recessione negli USA, di questo si tratterà e di nient'altro! Qualcuno mi spiega cosa spiega il modellino ufficiale di questo processo correttivo?

6. Sempre nel caso che l'ipotetica risposta alla domanda 3. fosse "siccome possiamo finire nella trappola della liquidità ci vuole anche lo stimolo fiscale", chiedo umilmente: qualcuno mi spiega il Giappone? Meglio, questo modello spiega il Giappone 1996-2003? Il debito pubblico passò dal 60% del PIL al 150%, eppure rimasero nella "trappola" in questione. Quante migliaia di miliardi è lunga, questa trappola?

7. Se, come ci spiega persino il WSJ, tanta gente ha investito soldi in beni capitali che sembravano valere X ed invece sembrano oggi valere solo X/2, cosa farà miracolosamente ricrescere il valore reale dei questi beni capitali? Quale miracolosa combinazione di stupidità massificata, prezzi selettivamente rigidi (quali?) ed illusione monetaria potrà mai compiere il miracolo?

8. Episodi come quelli del 21 Gennaio 2008 (e del 22 Gennaio 2008, temo) suggeriscono che i mercati tendono a "interpretare" le mosse delle banche centrali come se queste contenessero informazione aggiuntiva su dati "segreti" o "privilegiati" che tali banche centrali possiedono ed i comuni mortali no. insomma, come tutti sappiamo, esistono armate di "aruspici" che controllano i battiti di ciglia dei banchieri centrali per indovinare se questi segnalano qualcosa sui profitti di Citi o di DB. Chiunque abbia lavorato o avuto a che fare con banchieri e banche centrali sa che essi sanno tanto quanto il capo di DB, o il buon macroeconomista applicato che segue i mercati. Nessuna informazione privilegiata, nessun potere divinatorio. Sull'argomento esiste una letteratura sterminata. Nondimeno, la credenza religiosa secondo cui le azioni di politica monetaria avranno grande influenza sull'economia reale sostiene l'inferenza (non necessariamente corretta) secondo cui SE la Fed taglia 50 punti base ALLORA dev'essere che la Fed SA che ci sono grandi guai in arrivo. Quindi, vendere come matti. Vendere come matti, come tutti sanno, fa danno perche', fra le altre cose, diffonde panico e manda in tilt il conto patrimoniale. Quando il conto patrimoniale va in tilt, prendere a prestito per investire diventa piu' complicato, quindi anche gli investimenti buoni vengono posticipati, eccetera. Questo si' che ha effetti reali, e realmente dannosi. Che sia QUESTO che ho appena descritto il vero modello che i "new-keynesiani" hanno in mente? Se cosi' e', non sarebbe il caso di stare calmi e zitti, evitando di convincere la gente che la Fed ha poteri taumaturgici, che non ha?

Qualche altra domandina ce l'avrei, ma è tecnica, quindi mi fermo qui.

Attendo risposte illuminate.

 

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Come al solito parto per la tangente.

Mentre si ufficializza l'ennesimo giro di perdite e writedowns, io mi trovo a pensare: ma com'è che 10 anni fa le banche FALLIVANO per 2 billions???

http://en.wikipedia.org/wiki/Barings

Voglio dire, basta prendere in mano una copia dell'Hull: nessuno degli esempi citati di danni legati al mondo della finanza si avvicina nemmeno lontanamente alle cifre che oggi si leggono sui giornali. Qualcuno mi spiega in 2 parole che cosa è successo? Oppure non è successo niente, e sono le prime volte che i colossi della finanza prendono vere legnate nei denti?

Sono perplesso...

 

Nel modello new-keynesiano standard (tipo Walsh) una semplice Taylor rule determina il comportamento della banca centrale. Tale regola stabilisce l'inflazione target che si vuole perseguire e l'output gap. Tralasciando quest'ultimo che nessuno sa bene come misurare, la Taylor rule dice che se l'inflazione sale oltre il 2% (che di solito rappresenta il target) il tasso d'interesse nominale deve salire automaticamente per ripristinare la stabilitá dei prezzi. Ora, se alcuni beni non vengono considerati nel calcolo dell'inflazione, e il prezzo di questi beni sale notevolmente, l'indice di inflazione non ne tiene conto e la Taylor rule, di fronte ad un inflazione che non cambia, ci dice di non fare niente. Ora, il tasso di inflazione del CPI é stato del 29% sul periodo 1997-2007 negli Stati Uniti. Allo stesso tempo l'inflazione sull'housing é stata del 125% sullo stesso periodo (qui c'é il primo grafico che ho trovato su internet). Ora, come fanno i due indici a essere cosi diversi? Conta cosi poco l'housing nel calcolo del basket CPI? Probabilmente é cosi ed é per questo che la bolla speculativa in quel mercato si é venuta a creare. Dato che il tasso d'inflazione del CPI, su cui la supposta Taylor rule si dovrebbe basare, non cresce (e sta sotto il target del 2/2.5%), i tassi di interesse vengono addirittura ridotti tra il 2000 e il 2004. La nuova moneta che entra nel sistema, come ha spiegato Michele , finisce nel mercato immobiliare, creando la bolla. Ripeto, ma possibile che nel CPI non venga considerato in maniera ragionevole l'housing market?

 

 

 

Ora, come fanno i due indici a essere cosi diversi? Conta cosi poco

l'housing nel calcolo del basket CPI? Probabilmente é cosi ed é per

questo che la bolla speculativa in quel mercato si é venuta a creare.

 

In parte e' vero che housing non viene misurato bene nel CPI, ma in parte ci sono anche degli errori in quello che dici. Cerco di spiegare.

La componente di housing nel CPI e' circa il 30% - forse anche di piu', adesso non ho i dati sotto mano. Ma attenzione, stiamo parlando di housing services. Per misurare il prezzo di housing services, si usano gli affitti per chi e' in affitto, e una imputazione (imputed rents) per chi e' proprietario di casa.  

Quest'ultima imputazione lascia un po' a desiderare, perche' sostanzialmente si chiede ai proprietari di case quanto pagherebbero casa loro, se dovessero affittarla. Capisci bene che il measurement error e' alto. 

 

 

perché erode il valore reale del debito pubblico detenuto dai privati

(che non sia questo uno dei motivi? ridurre il valore reale di un po'

del debito pubblico USA detenuto in Cina?)

 

Michele, uno dei worst-case scenario che leggo piu' spesso a questo proposito e' che con questo aumento - apparentemente controllato dalla FED - dell'inflazione, si potrebbe raggiungere uno stadio in cui la cina possa decidere di iniziare a disfarsi delle risorse USD. In questo modo verrebbe immessa sul mercato una quantita' di denaro enorme che renderebbe l'inflazione incontrollabile. Di solito questi scenari prevedono anche la possibilita' che, a fronte di un USD cosi' debole, medio oriente e russia decidano di completare lo switch da petrodollar a petroeuro (o gas per a russia). Sono scenari realistici? Sono, come sembra a me, piu' scelte politiche che economiche?

 

 

 

A queste banche, forse, conviene una botta d'inflazione se, da un lato

possono aggiustare immediatamente i tassi praticati sui mutui in essere

e, dall'altro, l'inflazione permette loro di rimettere le case sul

mercato senza una grande perdita nominale. Ecco, questi sono i soli

potenziali beneficiari dell'inflazione: quelli che avevano sbagliato i

loro investimenti prestando i soldi a gente che non era in grado di

ripagarli!

 

E l'effetto delle misure e' immediato, anche prima che l'aumento dei prezzi si verifichi: mentre una massiccia iniezione di liquidita' fa scendere i tassi a breve, aumenta quelli (nominali) a lungo termine, a causa delle accresciute aspettative di alta inflazione futura. La misura sembra fatta su misura per aggiustare rapidamente i P&L delle banche, che prevalentemente prestano a lungo termine denaro accettato in deposito a breve termine.

 

Salve, complimenti per l'articolo. NFA per me è innanzitutto fonte di conoscenza: non diventerò mai un esperto di macroeconomia, ma mi accontenterei di conoscere il modello di Kydland-Prescott, che filosoficamente mi piace tanto, e che mi permetterebbe di dar(mi) qualche risposta rigorosa in più. L'autore o qualcun altro mi segnala qualche link per capirlo (o anche un libretto) perpiacere (anche via mail per non inquinare la discussione)? Poi magari, un bel giorno, ci pasticcio con il matlab e ci faccio il fico in giro, il che per me è già un traguardone.

 

L'intervista al Corriere dice cose meta' condivisibili e meta' no. Prima di commentarla vorrei poter ascoltare il suo dibattito odierno con Francesco. A domani, credo.

 

 

1. Secondo la mia limitata esperienza, no. Economisti con background puramente liberale non mi sembrano merce così rara. Ancora meno se si considera che spesso il "bias liberale" aumenta dopo qualche anno di professione accademica.

2. Roubini mi sembra, di per sé, un economista "particolare": accademico ma con enorme attenzione ai fenomeni del mondo reale. RGE Monitor è, dopo tutto, un servizio rivolto ad operatori finanziari e simili, non tanto al mondo dell'accademia. Tipicamente invece, mi sembra che i grossi nomi si limitino a fornire consulenze su casi specifici, senza intraprendere progetti di ampio respiro che siano rivolti ad un pubblico specialistico estraneo all'accademia stessa. L'unico altro nome che ho in mente a questo proposito è Brad de Long... sbaglio?

3. Forse, da qui, una prima e parziale spiegazione al problema posto da Gianni: in Italia, ancora più che altrove, un economista fatto e finito, con un signor PhD, fatica a trovare nel settore privato un'occupazione soddisfacente senza "stravolgere" la propria "natura". Ovvero, quelli che fanno questo genere di "salto" preferiscono occupare posizioni operative, e non solo di analisi. Penso a Draghi, a Giovannini, a Siniscalco (che ora lavora per Morgan Stanley).

4. Ieri ero in Solferino. Bel dibattito. Roubini, parlando apparentemente a braccio, ha fatto un discorso di completezza e coerenza rare. Ha citato una enorme quantità di dati. Notevole, davvero. E la durezza del messaggio preoccupa. Giavazzi, visto il carattere "divulgativo" dell'incontro, ha preferito sfruttare la sua capacità di tratteggiare un quadro con poche pennellate, piuttosto che fare un discorso "di sistema". Così facendo, però, ha forse prestato il fianco ad alcune critiche. Se Michele o qualcun altro avrà voglia di fare una sintesi e far partire il dibattito sul tema, penso ne verranno fuori cose interessanti (non ho preso appunti, altrimenti lo farei io... il video è sul sito del Corriere?).

 

 

 

Nondimeno, la credenza religiosa secondo cui le azioni di politica monetaria avranno grande influenza sull'economia reale sostiene l'inferenza (non necessariamente corretta) secondo cui SE la Fed taglia 50 punti base ALLORA dev'essere che la Fed SA che ci sono grandi guai in arrivo. Quindi, vendere come matti.

 

Con 75 che si fa??? :o)

 

Qualcuno mi spiega quale notizia abbia scatenato il crollo del 21 gennaio 2008?

 

Commento sul FT di oggi:

http://www.ft.com/cms/s/1/77f96344-c863-11dc-94a6-0000779fd2ac.html

 

Guardate questo grafico (se volete vedere la stessa serie temporale in una prospettiva di più lungo periodo, usate il menù sotto la figura).

Ora guardate questo (aggiustando l'orizzonte temporale per farlo coincidere con quello del grafico anteriore, sempre con il medesimo menù).

In teoria il secondo dovrebbe spiegare il primo, nel senso che la Fed dovrebbe aver mosso il tasso di sconto per tenere l'inflazione sotto controllo e vicina al 2%. Ah, c'è anche la crescita che loro pensano di influenzare (recitare tutti assieme "tassi bassi crescita alta, tassi alti crescita bassa, sotto la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa ...").

Va bene, ecco la crescita , ed anche le ore lavorate ed il tasso di disoccupazione.

Okkei, ora i dati per gli ultimi 5 anni sono tutti lì. Qualcuno me la spiega la logica di questi della Fed? Cosa "controllano"? Cosa guardano? Ora stanno abassando i tassi precipitosamente. Due anni e mezzo fa li hanno alzati precipitosamente ... nel frattempo le variabili che dovevano "controllare" si sono fatte gli &%$#E$_zi loro ...

Non so quanti sono nei 12+1 centri studi del FRSystem, ma saranno almeno 600 ... Chiedo umilmente, qualcuno mi spiega che &$%#$ fanno tutto il giorno? I loro bei modellini econometrici, VAR, VOR, VIR, VER e VUR, che dicono?

No, chiedo così tanto per curiosità. Io di professione faccio il teorico, la macro-monetaria mica la capisco bene ... se qualcuno che ci legge e che lavora in qualche Fed, o ECB o anche la banca centrale del Turgistan mi spiega come funziona questa cosa, e qual e' il segreto che io non capisco, ne sarei infinitamente grato. Cosa volete, anche che li paghino poco, $(600 x 300)K sono una bella botta di soldi ogni anno!

 

 

 

Mi son perso qualcosa? Cosa dice Favero?

 

 

un indice della politica monetaria non

anticipata basato sulla differenza tra il Federal Fund rate atteso dai

mercati (cioè quello basato sul Federal Fund Future) ed il Federal Fund

rate effettivamente realizzato nei giorni un cui il FOMC si è riunito

per prendere decisioni. Il risultato è che in media un taglio a

sorpresa dei tassi di interesse da parte della Fed di 25 punti base

genera un rialzo dei mercati azionari tra 0.75 e 1.5 punti percentuali.

 

E la consistenza temporale della politica monetaria? Va bene, assumiamo che ieri la mossa a sorpresa della FED abbia evitato che le borse continuassero a cadere in picchiata. Per quanto tempo? Una settimana? Due? E poi? I mercati azionari probabilmente rinizieranno a cadere e allora cosa si fa?  Soprattutto, a quel punto cosa si devono aspettare gli investitori razionali? Un altro taglio di 75 punti del tasso di riferimento? Non credo, altrimenti andiamo a tassi reali negativi. In ogni caso l'inflazione continuerá a salire dato che abbiamo abbassato i tassi. A quel punto avremo probabilmente alta inflazione e bassa crescita. E le borse in queste condizioni dovrebbero riprendersi? Mi sembra che la mossa abbia il solo effetto di confondere le aspettative razionali degli investitori, il che, per il sistema economico non é mai un bene.

 

Uao, anche a me è venuto in mente il giochino dell'incoerenza temporale e il comportamento degli operatori di mercato che alla prossima mossa, teoricamente, sconterà la disonestà dell'altro giocatore BB, rendendo inefficaci le sue bugie (romanzando un po'). Sembra un caso quasi da "manuale" di economia monetaria. Io l'unica spiegazione che mi sono dato è che BB stia cedendo alle pressioni di chi vorrebbe a tutti i costi "rinviare" una recessione che condizionerebbe l'esito delle elezioni; mi stupisce comunque che un governatore, non il primo peppino, all'inizio (più o meno) del mandato scelga di costruirsi una reputazione da "bugiardo". Passata la bagarre elettorale, potrebbe ritrovarsi con le mani ancora più legate. Nello scenario peggiore, ci sarebbero recessione e inflazione: a quel punto, che fa?

 

 

Michele, quando hai un attimo di tempo, riesci a spiegare brevemente quali sono secondo te i "pochi e fastidiosi lampioni teorici" che i macroeconomisti hanno acceso negli scorsi decenni? Nessuna nota critica, pura curiosità da ignorantone

 

 Parziale risposta ovviamente, pero' mi pare che in FED queste tre se le sono dimenticate. Ieri abbiamo visto all'opera la numero 1 e la numero 2. Se c'e' qualche esperto di DSGE (la numero 3), ci rinfreschi la memoria su cosa succede quando mischi discretionary monetary policy con discretionary fiscal policy (guess what...).

Ma Bernanke non era uno dei principali sostenitori della credit view?  

 

Alle 14.20 (ora italiana) di ieri il Federal Open Market Committee(FOMC) ha approvato una riduzione del 75 per cento del tasso di riferimento per la politica monetaria (il Federal Fund Target) dal 4.25 per cento al 3.5 per cento, allo stesso tempo anche il tasso di sconto è stato ridotto dello stesso ammontare e fissato al 4 per cento. La manovra è inusuale sia per la tempistica sia per le dimensioni dell’intervento.

Infatti il Federal Fund Target viene normalmente fissanto nei meetings del FOMC che sono programmati con un calendario noto con un orizzonte di un anno ed il tasso viene normalmente cambiato con movimenti piccoli (di 25 punti base). Nessun meeting era programmato per ieri e sulla base delle indicazioni di ieri del Federal Fund Future a 30 giorni i mercati si aspettavano un taglio di 25 punti base in occasione del prossimo meeting programmato del FOMC il 29 e 30 gennaio 2008.

Dunque una mossa a sorpresa di 50 punti base con un anticipo nella tempistica. Credo che le ragioni di questa mossa non vadano ricercate nei modelli di equilibrio generale di stile neo-keynesiano, che non hanno ancora raggiunto il grado di complicazione necessario per integrare le fluttuazioni dei mercati finanziari con le fluttuazioni macroeconomiche, soprattutto per quanto riguarda la rilevanza del premio per il rischio, ossia del rendimento in eccesso rispetto al tasso di politica monetaria (risk-free) richiesto dai mercati per detenere attività rischiose. Credo invece che le ragioni di questa mossa vadano ricercate in un modello di equilibrio parziale mirato a valutare empiricamente le relazioni tra politica monetaria e mercato azionario. Tale modello è descritto in maniera molto lucida e chiara in un intervento del professor Ben Bernanke alla London School of Economics il 9 ottobre 2003.

Nel discorso il professor Bernanke riporta i risultati di ricerche condotte dal professor Kenneth Kuttner assieme ad un coautore in cui si affrontano due questioni. La prima è qual è l’effetto di mosse di politica monetaria sui mercati azionari, la seconda è quali sono le ragioni di questo effetto. La risposta empirica alla prima domanda è basata sulla costruzione di un indice della politica monetaria non anticipata basato sulla differenza tra il Federal Fund rate atteso dai mercati (cioè quello basato sul Federal Fund Future) ed il Federal Fund rate effettivamente realizzato nei giorni un cui il FOMC si è riunito per prendere decisioni. Il risultato è che in media un taglio a sorpresa dei tassi di interesse da parte della Fed di 25 punti base genera un rialzo dei mercati azionari tra 0.75 e 1.5 punti percentuali.

Sulla base di queste stime possiamo avanzare la congettura che, se non avessimo visto il taglio di ieri, inatteso per mezzo punto percentuale, la borsa americana sarebbe scesa tra un 1.5 ed un 3 per cento in piu’ del meno uno per cento effettivamente registrato. La risposta alla seconda domanda è basata su un modello di equilibrio parziale che identifica tre determinanti del valore delle azioni: il flusso di dividendi futuro, i tassi di interesse risk-free futuri e la rischiosità percepita dell’investimento azionario(il risk-premium). Il valore di equilibrio del mercato azionario riflette il flusso di dividendi futuri scontato a tassi che riflettono le aspettative per il risk-free ed il premio al rischio. Kuttner ed il suo coautore trovano che la politica monetaria influenza il mercato azionario non tanto attraverso un impatto sui dividendi attesi o sul risk-free rate ma piuttosto influenzando la rischiosità percepita dell’investimento azionario.

Alla luce di questa evidenza, la mossa di ieri può essere interpretata attraverso gli effetti di breve periodo e degli effetti di lungo periodo. Nel breve periodo una limitazione delle fluttuazioni del mercato azionario americano riduce la probabilità dei mercati di entrare in una fase di alta volatilità, dove fenomeni di panico irrazionale prendono il sopravvento (cosa sarebbe successo ieri se gli indici americani avessero perso il quattro per cento anziché un ordinario uno per cento?). Nel lungo periodo la riduzione del premio al rischio può compensare una riduzione attesa della crescita dei dividendi futuri che il potenziale rallentamento dell’economia genererebbe e stabilizzare così le fluttuazioni del mercato. Ritengo l’intervento di ieri un caso emblematico di politica monetaria BEN giustificata dai risultati della ricerca empirica.

 

 

 

 

Nel lungo periodo la riduzione del premio al rischio può compensare una

riduzione attesa della crescita dei dividendi futuri che il potenziale

rallentamento dell’economia genererebbe e stabilizzare così le

fluttuazioni del mercato.

 

Mah, mica mi convince: se inietti liquidita' aumenti le aspettative di inflazione, e quindi riduci quelle sui dividendi futuri in termini reali (che sono quelli che contano, come si vide dalle deludenti performances dei titoli azionari negli anni '70). O, se il mercato pensa che la liquidita' sara' drenata prima che si traduca in inflazione (cosa secondo me improbabile, visto che BB sembra ancor piu' morbido del suo predecessore), si aspettera' un prossimo aumento del risk-free rate e quindi dello sconto sui dividendi futuri.

Dalle notizie di oggi, pare che i mercati americani, piu' che al taglio dei tassi, abbiano reagito positivamente alle prospettive di salvataggio delle monoline. Ma anche li', temo che questa ennesimo intervento della mano visibile non fara' altro che aumentare l'irresponsabilita' futura nel sistema finanziario. (E poi non ho capito bene come gli investitori pensino che costringere le banche a dare 15 miliardi a MBIA e Ambac sia un fatto positivo per le banche stesse, ne' come questa cifra sia sufficiente a salvaguardare il rating Triplo-A delle monoline a fronte di quasi 390 miliardi di CDO piu' quarantacinque trilioni e rotti di altre obbligazioni che esse assicurano: ma questo e' un altro discorso.)

 

Guarda un po' chi è d'accordo con me: dalla Stampa.

Questo commento è solo una battutina ad uso interno per il bancario censurato (e che continuerà ad esserlo, la porta è chiusa per sempre le ragioni sono spiegate qui).

Agli altri commenti che invece sono seri ed anche complicati, in particolare quelli del "pellicano in bicicletta", spero di rispondere con attenzione tra stasera e domani. 

 

 

Desperate measures

Passi scelti:

 

The deepening gloom about the economy may well warrant such an

aggressive response. But the timing is puzzling. There is more than a

whiff of panic about slashing rates little more than week before a

scheduled meeting. The Fed statement issued with the decision

rationalises the cut as a response to “downside risks to growth”—the

phrase is repeated twice in six short paragraphs—and cites recent

gloomy data on housing and jobs. Yet the economic news has not grown

any worse in the past few days and, given the time needed before

monetary policy affects spending, the added urgency seems odd.

 

carino questo:

 

[...] if concerns of further stockmarket damage was its main motivation the

cut did little to prevent a big sell-off on Wall Street. The Dow Jones

Industrial Average fell over 400 points when it opened shortly after

the Fed's announcement: not much less than the fall that was priced in

before the Fed acted.

 

e pure questo:

 

In his short tenure the Fed’s chairman, Ben Bernanke, has only used

scheduled meetings to make changes to the Fed’s main policy rate. That

he was moved to act just a week before one will raise the suspicion

that the Fed knows something that markets don’t.

 

Notare che:

 

Only one voice dissented on the Fed’s rate-setting committee. William

Poole [St. Louis FED, nota di Rabbi] voted against the cut, arguing that things were not sufficiently

bad to warrant action so close to a regular meeting. That no one else

was swayed by that argument suggests that the bulk of the committee is

now either very worried about the economic outlook or that there was a

serious risk of financial-market meltdown. Concerns about inflation,

which the Fed expects to moderate, have been relegated almost to an

afterthought.

 

 

 

Edito (avevo scritto che, secondo me, per la FED la recessione era già iniziata e la cosa l'aveva sorpresa, ma era una mia previsione cabalistica):

Ma dunque, alla luce dell'apertura negativa del DJ più o meno in linea con quella prevista - molto negativa -, si può dire che il taglio sia stato inefficace (o comunque già parzialmente scontato nelle aspettative)..no?

 

 

Chiedo venia ai nostri lettori ed amici, ma non riesco a trovare il tempo per discutere i commenti inseriti tra ieri ed oggi.

Ad ogni buon conto, siccome i fatti a volte valgono da soli, mi accontento di evidenziare i seguenti:

- Il taglio dei tassi da parte della Fed è avvenuto PRIMA dell'apertura dei mercati USA martedì, ed era noto agli operatori al momento dell'apertura. Nonostante questo gli indici hanno aperto quasi tutti al minimo e sono poi risaliti durante la giornata.  

- Secondo il FT, i mercati USA hanno recuperato durante la giornata di oggi, mercoledì, fondamentalmente perché le autorità statali e federali USA stanno organizzando un bel bailout delle imprese assicuratrici di obbligazioni (monoline, nel jargon). Bailout, c'è scritto BAILOUT.

- I mercati Asiatici invece si sono calmati (forse perché la Cina ha annunciato d'essere cresciuta d'un impressionante 12% l'anno scorso, o forse perché han preso fiato, o perché son più furbi, o non so perché) mentre gli Europei son calati di nuovo perché (dicono i giornali) Trichet ha detto che lui i tassi non li taglia ... Scomettiamo che domani (oggi per chi legge, giovedi 24 gennaio) risalgono le borse europee? 

 

- Nouriel ha detto che bisogna tagliare di più i tassi, sempre di più. Lui pensa che tagliando i tassi la crescita riprende automaticamente. Riprende anche in Spagna dove dura dal 14 anni e sarebbe il caso si calmasse un pochino, o in Italia dove invece manca (la crescita) da 14 anni ... Ha detto anche altre cose, ma per oggi basta così.

- Infine, sembra che io non sia l'unico pazzo. Anzi, sembra io sia in compagnia d'una banda di altri vecchi pazzi. È una compagnia a cui non sono abituato, anche se uno di loro è un vecchio amico, ma in materia di mercati finanziari non mi sembra una compagnia disprezzabile da tenere.

 

Una domanda per il pellicano sul suo suo intervento.

Ammettiamo pure che BB abbia effettuato il tagli a sorpresa dei tassi dello 0.75% sulla base del tentativo di evitare il crollo dei mercati. Non riesco a capire come ne consegua che la mossa sia buona

Delle due una.

O le vendite sui mercati erano ingiustificate (nel senso che le banche, assicurazioni, operatori finanziari etc. godono di perfetta saluta) e quindi bastava mettersi li' ed aspettare che i mercati si rialzassero da soli appena le buone notizie venivano fuori (per la cronaca, questa ipotesi sembra poco credibile alla luce dei dati di bilancio di BoA e Wachovia).

Oppure la situazione per il sistema finanziario e' grave. In questo caso le notizie prima o poi arriveranno e a quel punto i mercati non crolleranno lo stesso? Contribuire al rialzo di mercati che sono destinati a scendere in ogni caso, non e' un po' pericoloso?Se BB fosse un allegro speculatore, bene farebbe a comportarsi cosi', ma essendo un governatore di una banca centrale, non corre il rischio di perdere credibilita' di fronte agli operatori finanziari? E se questo accade non rischia ancora di piu' di arrivare ad un punto in cui tali operatori non reagiscono piu' ai suoi "stimoli"?

Edoardo 

 

 

Si leggono tante cose in questi giorni su cio' che sta succedendo. tutti, anche in queso blog che in genere stimo, sembrano avere un'opionione. piu' che di opinioni abbiamo bisogno di modelli teorici che ci speghino le cause e, se ci sono, i rimedi. al lavoro signori, che se la macroeconomia e' in miseria e' anche colpa vostra/nostra.

 

 

Si leggono tante cose in questi giorni su cio' che sta succedendo.

tutti, anche in queso blog che in genere stimo, sembrano avere

un'opionione. piu' che di opinioni abbiamo bisogno di modelli teorici

che ci speghino le cause e, se ci sono, i rimedi. al lavoro signori,

che se la macroeconomia e' in miseria e' anche colpa vostra/nostra.

 

Costruire modelli teorici che spieghino il passato e' facile: il difficile e' averne che forniscano guida per il futuro... Che e' poi il requisito fondamentale per qualunque disciplina che rivendichi il nome di "scienza".

 

La mia ipotesi e' che la caduta dei mercati azionari europei il 21 (circa il 7% per il Dax e Eurostoxx) era dovuta alla liquidazione (vendita) di un'enorme posizione in equity futures detenuta da un "rogue trader" della Societe Generale. Ancora non sappiamo la grandezza di tale posizione, ma se aveva causato alla SocGen una perdita di 7 miliardi di dollari (!) doveva essere enorme (decine di miliardi? cento miliardi?); la vendita urgente di tale posizione potrebbe aver avuto un notevole effetto sui mercati.

Gli osservatori (inclusa la Fed) interpretavano il crollo come "concerns about the U.S. economy", ma forse non era cosi. Possiamo imaginare le conversazioni alla Fed durante la riunione straordinaria delle 6pm martedi: "gli investitori europei stanno perdendo fiducia nella Fed, ritengono che non abbiamo fatto abbastanza, questo movimento dei mercati ci dice che l'economia USA e' piu debole di quanto pensavamo, dobbiamo darci una mossa" etc. etc. Percio la decisione di tagliare i tassi di 0.75 punti.

Se invece (come penso io) il crollo era dovuto in gran parte ad un fattore esogeno e puramente tecnico, cioe le vendite della SocGen, la Fed ha reagito ad un segnale sbagliato.

 

 

 

La mia ipotesi e' che la caduta dei mercati azionari europei il 21

(circa il 7% per il Dax e Eurostoxx) era dovuta alla liquidazione

(vendita) di un'enorme posizione in equity futures detenuta da un

"rogue trader" della Societe Generale.

Ancora non sappiamo la grandezza di tale posizione, ma se aveva causato

alla SocGen una perdita di 7 miliardi di dollari (!) doveva essere

enorme (decine di miliardi? cento miliardi?); la vendita urgente di

tale posizione potrebbe aver avuto un notevole effetto sui mercati.

 

Secondo FT di oggi, si trattava di posizioni stimate tra 50 e 70 miliardi di euro, e SocGen dice che non e' possibile che la caduta del mercato fosse dovuta solo alla loro liquidazione, dato che questa costituiva solo circa un decimo del volume trattato.

 

You know what? Mi sembra un'ipotesi da prendere in seria considerazione.

 

Secondo il settimanale DerSpiegel che cita fonti tedesche non identificate, monsieur kerviel aveva una posizione di 140,000 (centoquarantamila) contratti Dax futures. (Ho anche sentito dire che aveva inoltre una posizione in Eurostoxx futures, ma di questo l'articolo non parla).

Per darsi un'idea,  ieri venerdi 25 Gennaio 2008 sono stati trattati 226,905 contratti Dax futures (dati Bloomberg).  Non venite a dirmi che 140,000 sono una quantita irrisoria che non ha nessun effetto sui mercati.  Sono il 62% del volume giornaliero di ieri! (Che gia e' piu alto del solito, il trambusto di lunedi/martedi ancora non si e' completamente attenuato).

Un'altra cifra: ogni volta che il Dax va su o giu di un punto (cioe diciamo ogni 5 secondi? tanto per farsi un'idea) la posizione guadagna o perde 25*140000 =  3.5 millioni di euro!!!  That's a big position.

 

Sono un lettore del sito, appassionato di problemi economici e politici, non un esperto o un economista, come quasi tutti quelli che scrivono e commentano.

All'autore vorrei chiedere un chiarimento.

"I banchieri centrali iniettano (si dice?) moneta per lunghi periodi di tempo (semestri, anni) perché manca la liquidità."

Il link riporta all'articolo di ElPais che parla di 60.000 milioni di dollari immessi nel sistema da parte di BCE, Fed e altre autorità monetarie nazionali.

Ma su IlGiornale ho letto (questo il link) che la sola Bce ha immesso 500 miliardi di dollari.

Ora, a meno che non mi confonda con gli zeri, i dati non coincidono e non di poco. Certo l'entità dell'importo non inficia i ragionamenti che qui si fanno, ma per quanti come me sono contrari a questi "maneggi" fatti alle nostre spalle e con i nostri denari (chè alla fine sono solo e sempre i produttori che pagano) la differenza aggrava enormemente la pesantezza dell'intrusione.

 

Grazie, in ogni caso, per dare risposte e motivazioni alla mia indignazione.

taccuino

 

 

Provo a dare una risposta, anche se non esauriente.

Anzitutto, i due articoli non sono in contraddizione. Quello de El Pais si riferisce agli ammontari messi a disposizione attraverso una finestra straordinaria che funziona con un meccanismo di asta ($40 Mil) e lo swap FRS-BCE ($20 Mil), che dà alla BCE la possibilità di fare direttamente prestiti in dollari a banche europee. I numeri de Il Giornale si riferiscono al totale del credito concesso dalla BCE, attraverso le "tre finestre" a sua disposizione (open market operation, discount window e la temporanea asta), in un arco di tempo che l'articolo non specifica ma che va, presumo, dall'estate 2007 al dicembre 2007. Ovviamente la seconda quantità è molto maggiore della prima. Nel periodo in questione di operazioni ne sono state fatte tante, per esempio quelle riportate qui. Va anche aggiunto, però, che quasi certamente le banche centrali non hanno solo iniettato credito nel sistema durante l'ultimo anno, ne hanno anche sottratto. In particolare, grandi iniezioni straordinarie di liquidità a breve (24 ore, una settimana o al più un mese in situazioni come questa) implicano che quella liquidità abbandona il mercato e viene eliminata 24 ore, una settimana o un mese dopo. O anche prima, se operazioni di mercato aperto di segno opposto eliminano moneta nel frattempo. Questo è il terreno su cui, effettivamente, le capacità tecniche della banca centrale contano, quando ci sono. Queste varie operazioni di segno contrario ed a maturità distinte hanno, almeno nel breve termine, effetti sostanziali sui mercati ed in particolare sulla struttura dei tassi a termine. Effetti che possono essere deleteri o salvifici, o neutri. Ma qui il discorso si fa complicato, per cui mi fermo ...

Veniamo poi alla fonte di questi denari, ed al modo in cui vengono usati. La frase

 

... questi "maneggi" fatti alle nostre spalle e con i nostri denari ...

 

non è proprio corretta. Vediamo perché:

1) Le banche centrali "creano" moneta: questa è la loro funzione, di questo hanno il monopolio. Se questo monopolio è un bene o un male non discutiamolo qui (il mio collega Steve Williamson e molti altri pensano che sia un male) ma questo ci porterebbe fuori tema. Trattasi di "fiat money", quindi non è né mia né sua, semplicemente prima che la banca centrale la presti (non regali) ad una banca o la usi per comprare un buono del tesoro dall'attuale proprietario del buono, quella carta moneta non esisteva.

Ovviamente questa non è una magia in cui tutto succede "gratis".

2) Da un lato quando la banca centrale presta soldi, via discount window, ad una banca, lo fa ad un tasso d'interesse (il tasso di sconto, appunto) che la banca centrale determina. Ora, la questione è se quel tasso di sconto è "troppo alto" o "troppo basso" (il che dipende dalle circostanze, ovviamente) ma non sta "regalando moneta". La sta prestando, esattamente come poi la banca privata fa con i propri clienti. Ovviamente il tasso a cui la banca prende a prestito dalla banca centrale è inferiore di quello a cui presta al cliente proprio: la differenza fra i due dipende dal livello di concorrenza nel sistema bancario e dal grado di efficienza che lo stesso ha raggiunto.

3) Vi è anche un costo per "noi", ossia i consumatori/produttori che non fanno i banchieri. La conseguenza è la seguente: se, a seguito dell'iniezione di credito/moneta da parte della banca centrale, il livello dell'attività economica reale non cresce in proporzione (ossia, se non si finisce per produrre, in un arco di tempo breve, una quantità proporzionalmente maggiore di beni e servizi utili) l'iniezione di moneta addizionale crea solo inflazione. E quest'ultima è una tassa su di noi, ossia sui detentori di moneta prima dell'iniezione. La ragione è banale, è nota come teoria quantitativa della moneta [Sia questa voce di Wikipedia, che la seguente sul "signoraggio" sono tecnicamente un po' imprecise, ma non troppo.], ed è in giro da almeno tre secoli. Se prima c'erano 100 dollari che venivano usati per comprare 10 panini, ogni dollaro che avevo in tasca valeva 1/10 di panino. Se ora ci sono 150 dollari per comprare sempre gli stessi 10 panini, ogni dollaro che avevo in tasca vale ora 1/15 di panino. In altre parole, il livello dei prezzi cresce del 50% = inflazione al 50%. Ovviamente, se per ragioni miracolose (molto miracolose, ma quei geni dei macroeconomisti assumono che il miracolo si realizzi sempre e lo chiamano "elicottero") il numero di dollari in tasca d'ogni persona cresce esattamente del 50%, allora nessuno viene tassato ma vi è ovviamente inflazione lo stesso. Ovviamente questo succede solo se la banca centrale trasferisce la moneta (con un magico elicottero) nelle tasche d'ogni consumatore. Se invece la introduce nel sistema via operazioni di mercato aperto o attraverso l'acquisto di altri titoli finanziari o di alcunché di preesistente e che abbia valore, il miracolo non si realizza ed abbiamo generazione di signoraggio.

Come vede, alla fine della fiera il problema chiave è se iniezioni di credito addizionale ed a tassi più bassi da parte della banca centrale creano o non creano reddito reale aggiuntivo. La mia risposta e' che, fatte salve circostanze particolari, questo non avviene. L'opinione dominante dice invece che avviene. Ma questo è il tema del post, in parte, e di un altro che medito di scrivere a giorni.

Infine, il problema del "fatti alle nostre spalle" è vero e sostanziale, ma non va esagerato. In teoria le banche centrali danno informazione pubblica e completa, ex-post, sulle loro operazioni, di qualsiasi tipo esse siano. I fatti dimostrano che l'informazione che danno è abbastanza esauriente e non ricordo casi in cui si sia dimostrato essere palesemente falsa, quindi nulla è fatto completamente alle nostre spalle. D'altro lato, molti interventi delle banche centrali sono (dai tempi di Greenspan almeno, ma anche da prima) diretti essenzialmente ad aiutare o tenere in vita certe istituzioni con particolari bisogni di liquidità. O ad organizzare gruppi di banche "sane" che, prendendo a prestito a buon mercato agli sportelli della banca centrale e con il supporto morale della stessa, acquistano e ricapitalizzano altre istituzioni in difficoltà, impedendo loro di fallire. Qui il discorso si fa complicato, e maledettamente serio.

In periodi come il presente o come l'estate del 2007, questo tipo di azioni si mischiano e confondono. Risulta quindi estremamente difficile giudicare cosa esattamente la banca centrale stia facendo, chi stia favorendo o sfavorendo, quanta parte del suo intervento sia neutrale, diretto al mercato anonimo, e quanta sia orientata a salvare qualcuno che è troppo grande e potente per essere lasciato fallire. L'iniziezione di grandi quantità di moneta sul mercato interbancario quando, per ragioni di incertezza e panico nessuno è disposto a prestare un dollaro, è cosa buona e giusta, ci mancherebbe altro. Infatti, è forse una delle poche ragioni per cui le idee del mio collega Steve Williamson, ed altri, appaiono di difficile implementazione: qualche straccio di banca centrale risulta essere sempre utile, anche in un mondo molto teorico. D'altro lato, gli interventi mirati creano ovvio moral hazard o, letteralmente, favoritismi e clientele in supporti di poteri monopolistici. Per questo le banche centrali dovrebbero imparare ad essere molto più trasparenti e molto più lontane dal sistema finanziario privato di quanto non siano.

 

 

Washington Post.

New York Times.

Financial Times

Messa altrimenti: un'industria che premia riassumendoli quelli che perdono decine di miliardi di dollari o che, mal che vada, si fa organizzare un bel salvataggio dal governo di turno (benedetto ovviamente dalla banca centrale) e che poi paga dei bonus di fine anno superiori alle perdite totali che ha appena annunciato nel mezzo di angosiate grida d'allarme (che la banca centrale si è affrettata a lenire), può essere questa un'industria sull'orlo della "crisi sistemica"? Qualcuno mi spiega cosa sia, dunque, la "crisi sistemica"? Non mi tornano più i conti ...

Qualcuno poi mi spiega anche la logica del sistema di incentivi? Non dal punto di vista dell'agent, ma da quello del principal. Sempre sicuri che tutto va bene madama la marchesa? Questa è una domanda interna, come dire, al gruppo ... 

 

 

 

Qualcuno poi mi spiega anche la logica del sistema di incentivi? Non dal punto di vista dell'agent, ma da quello del principal.

 

Chi intendi per "principal": le banche d'investimento che assumono i traders? Gli investitori i cui soldi sono gestiti dalle prime? O i contribuenti che scelgono i governi che dovrebbero regolarle per tempo, anziche' trovarsi a doverle salvare molto piu' spesso del previsto ?

E' comunque opinionesempre piu' condivisa che il sistema di remunerazione usato nell'industria finanziaria incentiva indebitamente l'assunzione di "tail risk", cioe' il rischio sulle code di distribuzione (l'accettare con nonchalance la possibilita' di perdite catastrofiche se la loro probabilita' stimata e' bassa, in cambio di guadagni la maggior parte delle volte). E a peggiorare le cose, il tail risk e' sistematicamente sottovalutato dai modelli correnti.

 

Nonostante le regressioni di BB, le noiose fantasie dei suoi ex-colleghi teorici ed il coro di osanna della gioventù-in-carriera che lavora nelle banche centrali, la realtà continua a fare i capricci. Ma i macroeconomisti-guru continuano a raccomandare di tagliare i tassi perché altrimenti andiamo in "stagdeflation".

Io invece, anche se non mi pagano per ascoltare le mie allegre ed infondate fantasie, temo che ci sarà una bella stagflation normal y corriente ... poi fra un anno verifichiamo chi ha le fantasie più infondate.

 

Caro Michele

ho letto con attenzione l'articolo. Sono molto molto d'accordo con quello che scrivi. Credo che purtroppo la miseria della macroeconomia sia causata dalla spasmodica ricerca di modelli 'da pubblicare' per le varie carriere, senza una vera capacità di trovare qualcosa di nuovo. L'ortodossia che domina le piu' importanti riviste non sempre da' spazio a modelli nuovi - anche magari non perfetti- ma che propongano nuove linee interpretative della realtà. COn la conseguenza che tutti - pur di pubbilcare - temono di proporre idee 'non standard'. Pensa solo al modello neo-keynesiano di base: le ipotesi di funzione di utilità strongly separable fanno semplicemnete ridere. Ma ogni referee ti rompre le scatole se provi a proporre qualcosa di innovativo.

Comunque. Io credo che il vero passo in avanti sarebbe rappresentato da un modello che cercasse di rappresentare meglio le financial frictions dal lato degli households, con i conseguenti incentivi da parte delle banche ad assumersi rischio. Purtroppo non è facilissimo, anche per difficoltà tecniche di vario genere, come ben sai.

Ultima cosa di politica economica: come tu giustamente dici, tutti invocano una riduzione dei tassi di interesse. CHe effettivamente c'è stata. L'origine del caos, purtroppo è proprio qui: i bassi tassi di interesse che hanno generato il mispricing del credito. Di fronte a cio' un vero friedmaniano non avrebbe esitato: i tassi non si toccano. Non puo' passare il principio secondo cui le banche fanno tutto cio' che vogliono, tanto poi c'è la banca centrale che ci da il credito facile se abbiamo bisogno.

E' la funzione di 'banca delle banche' a cui ogni banca centrale sta abdicando.

Un caro saluto e complimenti per il sito.

Massimiliano

 

 

Non sai quanto ho apprezzato questo articolo...

soprattutto perche condivido al cento per cento la tua analisi sui modelli con prezzi rigidi, tanto venerati e, a mio avviso sopravvalutati nel nostro campo.

Non vado ad analizzare i dettagli della mio opinione, perche' generalmente coincidono con quelle spiegate nell'articolo.

Nel mio dipartimento vado decisamente controcorrente, ma dopo 4 anni di studio il mio giudizio su tale classe di modelli e' piu o meno questo... 

Per me il modello Sticky-Prices....

(ovviamente con tutto il rispetto e si fa per farsi una risata)

:)

 

 

Allora c'è qualche speranza, visto dove studi! Work hard, la bolla ad un certo punto si sgonfierà. Si sgonfiano tutte quando finisce l'iniezione di moneta! :-)