Lo avevo conosciuto 24 anni fa, poco dopo la laurea e prima di partire per Rochester. Francesco Giavazzi, credo, con il quale aveva lavorato a Essex e doveva aver conosciuto in graduate school, lo aveva portato a Ca' Foscari in qualita' di ricercatore. Il suo primo lavoro in Italia dopo aver ottenuto il Ph.D. al MIT. Riccardo era piu' alto della media, con la barba, ed era molto socievole, uno di compagnia. Nei pochi mesi di sovrapposizione a Venezia ci uscii spesso, era molto aperto, pieno di consigli e di entusiasmo per il giovane in partenza per l'avventura americana.
Riccardo era uno sveglio forte ma anche molto semplice, forse un po' ingenuo, pieno d'entusiasmo, almeno al tempo, e sempre preso da problemi di policy. Per lui, senza dubbio alcuno, l'economia era una maniera per capire e fare economic policy bene, la cosa che gli stava veramente a cuore. L'ultima volta che l'ho incontrato e' stato nei corridoi del Tesoro, attorno al 2001 o 2002, quando lavorava alla Direzione Generale, ed io ero di passaggio per Roma. Era entrato un po' di piu' nella parte dell'alto burocrate di stato, che deve far finta d'essere uno molto posato e saggio, che sa tutto e non si lascia portare d'alcun facile entusiasmo. Pero' ricordo che dopo cinque minuti mi rivelo' che Tremonti l'avrebbe cacciato, come infatti fece, perche' lui ovviamente era in quota alla "sinistra". E si mise a scherzare parlando di come si lavorava in questi posti, Tesoro, Banca Mondiale, ecc, dove nell'ultima parte della sua carriera aveva passato il grosso del tempo. Insomma, usci' immediatamente dalla parte e divenne la persona molto aperta che mi ricordavo da circa vent'anni prima.
Era "keynesiano" dalla testa ai piedi, puro vintage MIT seconda meta' anni '70: niente equilibrio generale ma tanta econometria fatta a basi di variabili strumentali che spuntano ad ogni pie' sospinto. I prezzi son rigidi, le aspettative saranno anche razionali ma importa poco, il mondo e' pieno di restrizioni al credito e di esternalita'. Insomma, Riccardo era abbastanza convinto che il baraccone dei mercati, lasciato a se stesso, tenda a generare risultati non socialmente buoni e che occorra metterci mano a botte di interventi statali, e di finanza pubblica in particolare. Da questo, credo, il suo grande interesse per le politiche economiche e le istituzioni che le fanno. Su questo lavorava, ed ha scritto parecchie cose, quasi tutte applicate ed alcune anche molto ben fatte. Finanza pubblica, sviluppo e sviluppo regionale in particolare, movimenti migratori e loro effetto economico, questi, per quel che ricordo su due piedi delle letture di questi vent'anni, le cose di cui Riccardo si era occupato. Se non ricordo male, all'inizio della carriera lavorava molto con Fabio Schiantarelli, ed entrambi si occupavano di sottosviluppo nel mezzogiorno italiano; economia duale era l'approccio metodologico da loro prescelto. Non che condivida molto l'impostazione, ma poco importa in questo momento. Ricordo d'aver imparato varie cose dai loro lavori sul mezzogiorno italiano, fatti relativi ai differenziali dei tassi d'interesse nord-sud, al diverso comportamento degli investimenti e delle banche, e varie altre cose utili che non sapevo. Riccardo era molto chiaro nel suo scrivere, per lo meno cosi' ricordo. Niente di arzigogolato, come tendo a fare io; pensieri semplici e diretti, logica lineare.
Come tutti quelli della sua generazione - che alla fine e' anche la mia: aveva cinque anni piu' di me, ma io ho saltato l'adolescenza - che avevano, oltre ad un minimo di cervello, anche un po' di passione per quello che succedeva attorno a loro e per le "ingiustizie sociali" (ora faccio fatica a definirle bene, le ingiustizie, ma una volta mi veniva piu' facile e ne vedevo di piu') era stato di sinistra, e lo era rimasto. Bocconi e Movimento Studentesco milanese, Capanna, Cafiero, e tutto il resto. Pero' con allegria e moderazione allo stesso tempo, com'era nel suo stile di uomo sereno e disponibile, portato al ragionamento pacato e razionale, non all'isteria ideologica.
Ecco, passione per problemi di policy, allegria, moderazione e forse un po' d'ingenuita', cosi' mi ricordero' di Riccardo Faini.
Non lo sapevo. Mi spiace tantissimo. Io lo avevo conosciuto nel 94 o 95 a MIT. Era il mio primo lavoro, ed ero spaventato e intimorito. Riccardo era li' come visitor e conosceva tutti. Eravamo sempre assieme. Mi ha fatto un po' entrare nel giro. Mi aveva anche portato a un ricevimento dei trustees tra cui allora c'era Prodi. Ma noi siamo stati da parte a chiaccherare. Come dice Michele amava parlare di policy. Allora si parlava soprattutto di politica dell'immigrazione. Poi avevamo scoperto che andavamo entrambi a sciare a Crans Montana. Lui ci andava sin da piccolo, credo. Comunque da molto tempo. Mi raccontava di piste ed esperienze, di chalet tra la neve dove fermarsi a mangiare; conosceva tutti. Anni piu' tardi, quando ci eravamo persi di vista, l'ho incontrato sulle piste. Era piacevolissimo, allegro e intelligente. Credo di averlo visto per l'ultima volta quando era alla Banca Mondiale, e lo invitai per un seminario a NYU. Nonostante la posizione e gli impegni venne con piacere, e si comporto' in modo come sempre piacevole e modesto. Un vero signore!
Mi intristisce davvero molto la notizia e mi associo agli omaggi e ai ricordi di Michele.