In Italia si parla molto spesso di riforme, e il sistema elettorale è una delle cose più discusse. Dal punto di vista di riforme effettive e di una reale comprensione dei pro e contro delle varie proposte, siamo tuttavia fermi a dieci anni fa.
C'è però una proposta di riforma molto più circoscritta, una proposta di cambiamento delle regole referendarie, che può essere facilmente compresa da tutti e che può essere fatta in maniera disgiunta e indipendente da qualsiasi altra riforma del sistema elettorale. Si tratta di modificare la regola di validità dei referendum, che in Italia è notoriamente basata sul soddisfacimento di un quorum partecipativo del 50 percento.
Si è scritto molto, in Italia e all'estero, sull'anomalia italiana di politici e partiti al governo, o altri gruppi di interesse, che chiedono ai loro sostenitori di non votare nel referendum, talvolta scegliendo date particolarmente scomode per i cittadini o scorporando di proposito la consultazione referendaria dale altre consultazioni elettorali. Da Craxi che consigliava ai cittadini di andare al mare, fino ai tentativi correnti di disincentivare il voto del prossimo 12 giugno, gli esempi di questo fenomeno sono ormai innumerevoli.
L'anomalia italiana dei referendum uccisi dal quorum è dovuta alla forma abbastanza assurda del particolare tipo di quorum scelto dal nostro legislatore. L'anomalia sarebbe automaticamente eliminata se l'Italia adottasse le regole di voto referendarie della Germania. In un recente articolo teorico, Francois Maniquet ed io abbiamo dimostrato l'esistenza di una chiara necessità di riforma.
Il sistema italiano richiede che almeno il cinquanta percento degli aventi diritto al voto vadano a votare affinché il referendum sia valido; una volta accertato il requisito di validità, le norme sottoposte a referendum vengono abrogate se la maggioranza dei votanti si esprime a favore dell’abrogazione.
In Germania la regola di validità di un referendum abrogativo è che almeno il 25 percento degli aventi diritto al voto si esprimano a favore dell’abrogazione, mentre rimane comunque vero che, una volta accertata questa condizione, il numero di “si'” deve comunque essere più alto del numero di "no" per ottenere l'abrogazione della norma.
La difesa classica della regola italiana basata sull'importanza della partecipazione di massa, si dimostra essere una difesa irrazionale: infatti la partecipazione è in realtà disincentivata solo nel nostro sistema, e quindi tipicamente più alta nei paesi che adottano la regola di approvazione alla tedesca.
Per esempio, se il 45 percento della popolazione è a favore dell’abrogazione di una norma e ci sono invece venti o trenta percento di contrari e il resto indifferenti, nel sistema tedesco la partecipazione attesa sarà sicuramente sopra il cinquanta percento, perché i contrari all’abrogazione non guadagnano nulla dall’astenersi. Al contrario, nel sistema italiano questo è esattamente il tipo di situazione in cui i partiti dalla parte dei contrari consigliano agli elettori di non votare per far sì che il risultato sia poi un inutile voto quasi unanime da parte dei soli favorevoli, che non bastano a soddisfare il quorum.
Nel nostro articolo dimostriamo che il sistema tedesco di "quorum approvativo" evita che coloro che sono contrari all'abrogazione di una norma possano preferire l'astensione rispetto alla possibilità di votare no. Questo implica che l'alternativa vincente sia sempre quella desiderata dalla maggioranza dei cittadini, mentre nel nostro sistema attuale può succedere che lo status quo prevalga nonostante la maggioranza dei cittadini interessati al voto sia a favore del cambiamento o abrogazione di una norma, e può persino succedere che passi l’abrogazione di una norma che invece godrebbe del supporto della maggioranza dei cittadini. Paradossalmente il quorum approvativo alla tedesca ottiene anche la massima partecipazione, che è l'obiettivo dichiarato ma strategicamente disatteso delle regole vigenti.
L’articolo dimostra che la superiorità del quorum approvativo al nostro quorum partecipativo non dipende neppure dalle caratteristiche della questione su cui si vota: sia che la questione oggetto di referendum inerisca prevalentemente a preferenze o valori individuali – come può essere un referendum sul divorzio o sull’aborto - sia che invece la questione coinvolga la comprensione tecnica di fenomeni non ovvi – come può essere nel caso del nucleare o delle conseguenze di una privatizzazione - rimane vero che il quorum approvativo induce gli individui e i leader ad una sincera partecipazione, facendo davvero funzionare il voto democratico nel modo più giusto, ottenendo l’aggregazione delle vere preferenze e dell’informazione dispersa.
La mia speranza è che su questo tema possa esserci una sensibilizzazione dell'opinione pubblica, poi seguita da una fase propositiva di riforma concreta. Al contrario di altre proposte di riforma di altri elementi del sistema elettorale, questa proposta è estremamente semplice e sostenuta da risultati scientifici chiarissimi.
Credo che l'unico ostacolo all'ottenimento del consenso su questa riforma sia la volontà dei parlamentari di minimizzare le possibilità per i cittadini di esprimere coscientemente le proprie opinioni tramite la democrazia diretta, possibilità che costituisce una potenziale minaccia al loro potere. In un paese dove la partitocrazia è già così forte e dove i parlamentari rappresentano i partiti anziché i cittadini, credo si debba almeno insistere su riforme semplici che evitino distorsioni e inefficienze anche nella democrazia diretta.
Dobbiamo trovare la forza e i canali per insistere che questa riforma sia fatta. La questione non riguarda l'opportunità di cambiare gli incentivi a votare nel referendum alle porte, ma riguarda invece tutte le nostre possibilità future di usare i referendum in modo giusto e non distorto, sia quando i referendum saranno richiesti per l'abrogazione di norme scelte da governi di destra sia quando le parti saranno invertite.
Io sono d'accordo e credo sia importante. Se posso fare qualcosa la farei volentieri per raggiungere lo scopo.
D'accordissimo, come facciamo?
p.s. Mi dicono che in alcuni paesi il voto oltre che un diritto è anche un *dovere* , ovvero chi non va a votare (senza giustificazione) viene punito.
Si potrebbe approfondire?
BC