Cupio dissolvi
Se dopo questo allucinante racconto voi pensate di aver capito tutto, vi sbagliate di grosso, anche perché sarebbe alquanto strano che qualcuno capisca più di quanto abbia capito colui che spiega. Io, infatti, non ci ho capito niente…
Proverò, comunque, a far finta di aver capito qualcosa. Prima di tutto dobbiamo scindere le due vicende, quella calabrese e quella lucana.
Quella calabrese, così come da me narrata nella prima puntata, si presta ad una lettura completamente diversa rispetto a quella apparentemente glorificante di De Magistris. Vediamola nell’ottica del Procuratore della Repubblica. Questi, nella sua veste di dirigente di un ufficio giudiziario appartenente al terzo potere dello Stato, deve stare attento anche alla salvaguardia degli equilibri con le altre istituzioni. È un suo preciso obbligo, specie di questi tempi. La magistratura è sotto i riflettori, se attacca la politica e sbaglia, i politici ne possono approfittare per tagliargli le unghie.
Presso il suo ufficio arriva Luigi De Magistris, proveniente da Napoli. Il sostituto si mette subito al lavoro, avvia una serie di inchieste anche complesse, che, in sede giudiziaria, si sciolgono come neve al sole. Il Procuratore comincia a non fidarsi di lui e delle sue capacità. Si ritrova con un sostituto che ritiene essere un po’ pasticcione ed avventato e che compie una serie di iniziative clamorose. Di conseguenza, decide di coassegnare i procedimenti più delicati anche ad una collega che, però, dopo un po’, va in maternità. A questo punto pensa di coassegnare il procedimento ad un altro sostituto, ma non trova nessuno. Al fine di impedire che De Magistris combini ulteriori pasticci, opta per la coassegnazione dei procedimenti a sé stesso ed al Procuratore aggiunto, così può controllarne ogni singola mossa prima che produca danni. Il fatto che il suo amico senatore/difensore/datore di lavoro del figliastro difende alcuni degli indagati di De Magistris non significa, di per sé, nulla, se ognuno agisce con coscienza del proprio ruolo. Tutti i magistrati italiani hanno avvocati per amici, ciò non significa che, nelle loro decisioni, favoriscano i clienti di questi ultimi.
Un giorno De Magistris informa il Procuratore e l’aggiunto che intende perquisire l’ufficio del presidente della regione, ex magistrato, cliente del senatore/amico del Procuratore. Questi, conscio della gravità dell’atto, delle polemiche che ne sarebbero derivate, gli chiede se è proprio necessario e perché; lo invita a valutare bene il rapporto costi/benefici, e gli chiede, spalleggiato dall’aggiunto, perché non chiude gli innumerevoli fronti che ha già aperto, al posto di aprine di nuovi. Si tratta di un colloquio perfettamente legittimo e normale. Succede spesso, non ci vedo nulla di male se non ci sono scopi reconditi; non è una violenza. Del resto, la perquisizione non è stata impedita dai vertici dell’ufficio. Poco prima della perquisizione, il Procuratore si sente, come sempre, per telefono con il suo vecchio amico/senatore/ecc (ricordiamoci che sono amici di vecchia data e, quindi, è perfettamente naturale che si sentano con una certa frequenza). Sono entrambi estimatori del bel calcio e commentano l’ultimo goal di Ibrahimovic. Ritengono che sia una vergogna che la Juventus sia stata privata del suo gioiello con intrigo della solita magistratura che non ha altro da fare che intercettare il povero Moggi. Dopo cinque minuti il Procuratore richiama l’amico/senatore e gli dice che su Google ha digitato la parola Inter ed è venuto fuori un sito internet di alcuni professori di economia che si dichiarano dei fan di Milton Friedman. I due si fanno delle grasse risate, lo sanno tutti che Friedman, a differenza di JM, non capiva niente di economia. Siamo nel 2007, non possono sapere che, nel 2008 sarebbe arrivato un magistrato di imprinting keynesiano salvare il sito.
Verso la fine del colloquio, l’amico/senatore chiede al Procuratore come se la passa e questi si sfoga cominciando a lamentarsi. Dice che questo De Magistris gli combina un guaio dietro l’altro, che adesso, in Procura, ci sono gli ispettori ministeriali che gli stanno contestando il suoi metodi di gestione dell’ufficio e rischia di perdere la poltrona. Al senatore/avvocato gli si accende una lampadina, si ricorda che De Magistris sta indagando anche il presidente della regione, suo cliente. Non volendo compromettere l’amico, non gli chiede se sa qualcosa delle prossime mosse del sostituto. Dopo aver chiuso il colloquio, chiama il giornalista e gli chiede se ci sono delle iniziative clamorose in vista. Se avesse avuto le notizie di prima mano dal Procuratore, che necessità c’era di chiedere conferma al giornalista? Direi che questo è un elemento che và a favore della riservatezza del Procuratore. Intanto De Magistris comincia ad indagare anche il senatore/amico del Procuratore ad insaputa di quest’ultimo e del Procuratore aggiunto, entrambi assegnatari del procedimento. Arriva ad omettere di inserire, come di dovere, l’iscrizione nel registro informatico dell’ufficio, chiudendo il provvedimento in un armadio. Improvvisamente, il Procuratore riceve la notizia che De Magistris sta per inviare un avviso di garanzia al senatore/avvocato, senza che lui, contitolare dell’indagine e dirigente dell’ufficio, ne sappia alcunché. Il Procuratore, decide di revocare l’assegnazione a De Magistris e, subito dopo, in considerazione dei rapporti di amicizia con l’indagato, correttamente, si astiene. Si contesta il fatto che il Procuratore, prima di astenersi, abbia revocato la delega al sostituto. La giurisprudenza dice che, se anche l’atto fosse stato emesso in una situazione di conflitto di interessi, ma è perfettamente legale e legittimo, non vi è alcun reato. Se non l’avesse fatta il Procuratore, la revoca avrebbe potuto e dovuto farla il dirigente incaricato di decidere sul punto, stante la grave violazione nel rapporto fiduciario istituzionale commessa da De Magistris. Nel decreto di perquisizione della Procura di Salerno si ipotizza addirittura una forma di corruzione del Procuratore da parte dell’avvocato/amico/senatore sotto forma di assunzione del figliastro nel suo studio e di assistenza legale offerta al medesimo Procuratore in un procedimento legale. È un’ipotesi alquanto peregrina. È un po’ difficile immaginare ed ancor più dimostrare un accordo preventivo per cui, in cambio dell’assunzione del figliastro, il Procuratore avrebbe favorito i clienti del senatore/avvocato/amico. E se il figliastro fosse solo bravo? E se l’avvocato/amico avesse voluto fare un favore all’amico e basta? E se lo avesse assunto in virtù della comune militanza politica? Insomma, da quel provvedimento di perquisizione non emergono dei chiari elementi di reato a carico del Procuratore o del Procuratore aggiunto.
Proseguiamo nella sequenza dei fatti. Abbiamo un ufficio giudiziario in cui gli Ispettori ministeriali concludono che il Procuratore non è un soggetto particolarmente capace, mentre il suo sostituto è un pasticcione, il quale, per di più, ha denunciato il medesimo Procuratore alla Procura della Repubblica di Salerno. Essi propongono al Ministro Mastella il trasferimento di entrambi. Il Ministro si fida dei suoi ispettori e si conforma alle loro proposte, firma l’atto con il quale chiede che venga esercitata l’azione disciplinare nei confronti dei due magistrati. Subito dopo, De Magistris, guarda un po’ che coincidenza, ritiene che siano emersi degli elementi di reato sul conto del medesimo ministro e lo iscrive nel registro delle notizie di reato. Apriti cielo, i giornali si scatenano, polemiche, interrogazioni al Ministro indagato, il Governo che si regge sui voti dello stesso Ministro Mastella, ecc. ecc. Il Procuratore, denunciato da De Magistris, è ormai paralizzato, e non può intervenire. Il Procuratore generale FF, si trova con questa grana tra le mani, pensa che De Magistris, sia, ormai, una variabile impazzita e decide di avocare il procedimento Why not, ritenendo che vi sia stata una violazione dell’obbligo di astensione. Anche il CSM si ritrova a gestire questa brutta grana, questo sostituto procuratore pasticcione che, con le sue iniziative avventate, rischia di innescare una grave crisi politica e, di conseguenza, decide di trasferirlo prima che possa combinare ulteriori guai…
Provate, adesso, a rileggere la prima puntata, vi accorgerete che i fatti sono esattamente gli stessi solamente descritti da un altro punto di vista. La narrazione della prima puntata era, lo ammetto, tendenziosa. Ho fatto un po’ il furbo… Ma quella è l’ipotesi accusatoria emergente dal decreto della Procura di Salerno, la quale pare aver sposato in pieno la versione di De Magistris. Io ho fatto solo finta di averla letta in maniera acritica. Invece, manca nel provvedimento, la versione degli altri protagonisti della vicenda.
Prima che mi prendiate a fischi e mi diate del “cerchiobottista”, posso dire che qualche conclusione la possiamo trarre comunque.
Se il Procuratore di Catanzaro ed il suo vice abbiano commesso o meno dei reati ed abbiano complottato al fine di boicottare le indagini di De Magistris, non si può allo stato attuale dire in alcun modo. È oggetto delle indagini della Procura di Salerno e saranno gli uffici giudiziari di quel distretto a doverlo stabilire. Ciò che possiamo dire con un buon grado di certezza è che la Procura della Repubblica di Catanzaro era mal diretta da un Procuratore, che, al momento del suo allontanamento, aveva retto l’ufficio per 19 anni. L’altra considerazione che possiamo fare è quella per cui De Magistris si trovava ad operare in un ambiente estremamente incrostato e, per di più, sempre per le incapacità dirigenziali dei vertici dell’ufficio, in completa solitudine. Questo ha determinato l’escalation con tutto ciò che ne è seguito e con un gravissimo danno per la credibilità dell’intero sistema giudiziario.
Se la vicenda di Catanzaro si presta a questa duplice, opposta, lettura (complotto o totale incapacità della dirigenza in presenza di un magistrato pasticcione), il vero abisso è costituito dalla vicenda c.d. “Toghe lucane”. Leggere quella richiesta di archiviazione è stata, per me, un’esperienza traumatica. Le vicende in essa narrate, siano esse vere o no, sono terrificanti. I fatti raccontati nella prima puntata sono solo la punta dell’iceberg. Il quadro è quello di magistrati che operano nella piena consapevolezza della propria impunità e, prevalentemente, per i propri privati interessi, che si fanno una guerra spietata tra di loro, arrivando a spiarsi a vicenda, che cercano di ingraziarsi, in tutti i modi, anche coprendone i reati, il potere politico… Da ogni pagina di quella richiesta emergevano sempre più ripugnanti nefandezze. La sua lettura era è stata una specie di discesa agli inferi, dove ogni pagina costituiva l’ingresso in un nuovo girone dantesco. Nessuno può immaginare il senso di orrore e nausea profonda, quasi fisica, che ho provato. Se anche nessuno di quei fatti fosse vero, ma molti purtroppo sono terribilmente veri, voi potete capire quale deve essere la credibilità della magistratura in Basilicata, se possono nascervi anche solo dei sospetti così spaventosi.
Ed allora, prima di abbozzare delle ipotetiche soluzioni, da tutti questi fatti possiamo trarre qualche sconcertante ed, al tempo stesso, sconfortante conclusione:
1) in diverse regioni del Meridione italiano la magistratura, per ragioni familiari, di amicizia o di ambizione, è parte integrante dell’establishment e quindi del sistema di potere politico, amministrativo ed economico, con tutte le conseguenze che da ciò, inevitabilmente, derivano e che sono facilmente immaginabili;
2) il CSM e l’ANM non hanno nessuna intenzione o non sono capaci di mettere mano a questa situazione anche quando sono in possesso di numerosi elementi tali da imporre un intervento, anche perché i dirigenti degli uffici giudiziari vengono scelti secondo criteri correntocratici;
3) i dirigenti degli uffici giudiziari, a prescindere dalla loro eventuale collusione con il potere politico ed economico, scelti non per capacità, ma per i meriti descritti sub 2), sono completamente inadeguati a gestire i loro uffici;
4) quella parte della magistratura che cerca di infilare il bisturi nel bubbone opera, spesso, in maniera poco professionale e velleitaria, fornendo al potere politico gli argomenti necessari per ridurne i poteri di indagine.
In sostanza, la totale sconfitta dello Stato, anzi, in gran parte, la certificazione della sua inesistenza. I rappresentanti dello Stato sono, in parte del territorio nazionale, collusi con il malaffare e/o la delinquenza locale, oppure sono incapaci di combattere efficacemente il malaffare stesso.
Soluzioni?
Certamente le soluzioni ci sarebbero, ne suggerirò qualcuna, tanto per dimostrare che, volendo, qualcosa si potrebbe fare. Dico fin da subito che, tuttavia, si tratta di un mero esercizio intellettual/ipotetico, non credo, infatti, che nessuno (né i politici, ma nemmeno la magistratura) abbia intenzione di fare alcunché.
1) Una delle poche certezze che ho è che se a Catanzaro vi fosse stato un Procuratore capace ed autorevole questo casino non sarebbe scoppiato. Se De Magistris fosse stato un pasticcione, come si vuol far credere, sarebbe stato fermato molto prima che la situazione si avvitasse in quel modo sempre più drammatico. Viceversa, se tale non era, un Procuratore serio avrebbe adottato idonee iniziative ad impedire che finisse nel mirino, come poi è avvenuto. E, quindi, si ritorna a quanto da me detto nella prima puntata della telenovela sulla giustizia e cioè ai perversi sistemi di selezione della classe dirigente, basata, essenzialmente su spartizioni correntizie, raccomandazioni ed anzianità, tutti criteri profondamente sbagliati. Questo è il primo motivo di autocritica che andrebbe fatto e che l’ANM fa finta di abbozzare nella seconda parte del comunicato sulla presunta “guerra” tra le Procure in questi due passaggi
Dobbiamo riconoscere il fatto che per troppi anni si è accettato che alcuni uffici giudiziari fossero gestiti da persone inadeguate, che non hanno esercitato i propri compiti con trasparenza ed impegno responsabile e a volte sono apparse legate a poteri locali; il che ha contribuito a quella crisi della legalità che, purtroppo, è il connotato più preoccupante di quella regione.
Possiamo cambiare solo se siamo capaci di rinnovarci al nostro interno: è dovere e responsabilità dell’ANM e degli organi di autogoverno assicurare ai cittadini una magistratura capace, motivata e professionalmente adeguata.
In sostanza, la dirigenza andrebbe selezionata esclusivamente secondo le sue dimostrate capacità. Purtroppo, l’impressione che si ha è che alle deplorazioni formali non seguiranno i fatti.
2) Da questa vicenda si ricava un’ulteriore lezione, lezione che, in realtà, ci aveva già dato quel grande magistrato che era Giovanni Falcone più di venti anni fa. Indagini della delicatezza, vastità e complessità di quelle affidate a De Magistris, non possono essere lasciate in mano ad un solo sostituto. Deve operare un gruppo di magistrati. Se operano più magistrati, nessuno diventa insostituibile e, così, uccidere fisicamente o anche solo professionalmente (come è successo a De Magistris) il singolo magistrato diventa impossibile o inutile. Oltretutto, con ciò si potrebbero prevenire situazioni di stallo derivanti dal normale turn over degli uffici (pensiamo alla collega di De Magistris, allontanatasi per un periodo di maternità e, successivamente, trasferita, ovvero al fatto che i procedimenti di De Magistris, siano rimasti fermi per più di un anno dopo il suo allontanamento). Tuttavia, questo implica anche un radicale cambiamento di mentalità della magistratura. Qui faccio tesoro del mio stage in Germania. Uno dei sostituti anziani, addetti al dipartimento antidroga e criminalità organizzata della Procura dove ero, mi disse che, se un PM non ha spirito di squadra, non è idoneo a fare quel mestiere. Le Procure dovrebbero essere come la Juventus, squadre compatte, unite, decise. Invece, spesso, sono come l’Inter, composte da prime donne leziose rivaleggianti tra di loro. Spirito di squadra significa anche disciplina, dover seguire la tattica dettata dall’allenatore o dalla maggioranza dei giocatori, anche quando non la si ritiene condivisibile. Questo tipo di mentalità è lontana anni luce da quella dei magistrati italiani.
3) Creare una squadra non è sufficiente. Con undici giocatori da terza categoria non si può giocare in serie A. Anche su questo ci è utile un’altra lezione di Falcone. Verso la traumatica fine della sua vita, egli propose la creazione di una specie di superprocura antimafia con sede a Roma chiamata ad avere una visione di insieme del fenomeno, a gestire i rapporti internazionali ed a coordinare l’attività tra le Procure sparse sul territorio. Analogamente, fu creato anche un reparto di polizia speciale, la DIA. Qualcosa di simile andrebbe creato anche per questo tipo di indagini. Pensiamo, ad esempio, a vicende come quella della Parmalat, una bancarotta e truffa globale, indagine per la quale la Procura di Parma, a differenza di quella di Milano, non aveva i necessari strumenti culturali ed operativi, tant’è vero che è affondata e ci metterà anni a riprendersi. Le indagini sulla corruzione politica, quella ad altissimo livello, necessitano di magistrati e poliziotti superspecializzati in diritto amministrativo, indagini societarie, bancarie, internazionali e quant’altro. I Procuratori di questa Superprocura dovrebbero muoversi e dare la direzione giusta alle indagini, guidando quelli degli uffici sparsi sul territorio, i quali, a loro volta, dovrebbero essere disposti a farsi guidare. Inoltre, un procuratore che arriva da Roma è, o dovrebbe essere, al di fuori del sistema di potere, quanto meno locale, e quindi, non colluso. Il presupposto, tuttavia, è che i posti di questa superprocura, inevitabilmente molto ambiti, non vengano assegnati secondo criteri correntocratici, bensì ai migliori magistrati specializzati e, possibilmente provenienti da grandi città. Analogo discorso vale per la polizia. Tutta la magistratura inquirente, me compreso, è chiamata a fare un radicale salto di qualità e mentalità. La recente vicenda di Pescara ne è la più evidente dimostrazione, ma garantisco che è più frequente di quello che si immagini. Incapacità di distinguere il malaffare diffuso dai fatti reato, intercettazioni considerate il punto di arrivo di un’indagine al posto del punto di partenza, creazione di procedimenti ipetrofici ingestibili, in cui gli unici che si raccapezzano sono gli agguerriti difensori nominati dai politici, ecc., ecc. Una vera e propria Caporetto giudiziaria.
Al termine di questo allucinante viaggio negli abissi della magistratura italiana, cui mi hanno costretto i nostri economisti, monetaristi, interisti, torno alla vicenda umana e professionale di De Magistris. Non possiamo sapere se egli sia stato un PM avventato e pasticcione, come ha ritenuto il CSM, oppure la vittima di un complotto ordito se, non a Roma, quanto meno tra Catanzaro, Potenza e Matera, come ritenuto dalla Procura di Salerno. Vedremo quale sarà l’esito dei procedimenti penali in corso. Di certo se verranno trasferiti i sostituti di quella Procura che fino ad oggi hanno gestito l’indagine, rimarrà in tanti il sospetto che non si sia voluta cercare la verità, con ciò dando un ulteriore colpo all’indipendenza della magistratura. Per quel poco che ho capito di questa vicenda, ritengo comunque che De Magistris non sia stato affatto un “cattivo” magistrato, bensì un magistrato lasciato completamente solo ad operare in un contesto estremamente difficile, finito nel tritacarne di una vicenda enormemente più grande di lui ed in cui, con un coraggio veramente fuori dal comune, ha cercato solo di fare il suo dovere. Credo che se fosse stato inserito in una buona squadra sarebbe stato un ottimo centravanti come, tanto per non far nomi, Amauri. Può darsi che abbia commesso degli errori, ma, fin’ora, è stato l’unico a pagare. In ogni caso, ritrovata la meritata serenità, riesce ancora, in questa bella intervista, a manifestare fiducia nella magistratura ordinaria. Beato lui…
La definizione mi sembra quanto mai appropriata.
Complimenti per la lucida ricostruzione anche se continuo a capirci poco.
Posso solo aggiungere che un mio conoscente, amicissimo della famiglia De Magistris, mi ha assicurato trattarsi di persone integerrime, con un profondo senso del dovere e un grande attaccamento alle istituzioni.
Ovviamente questo non garantisce la bontà dell'operato, ma, almeno per quanto mi riguarda, contribuisce a fugare parecchi dubbi.
Saluti e felice anno nuovo.