Scalfari e il Sindacato

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Domenica scorsa la Repubblica ha pubblicato un fondo di Scalfari sulla questione pensioni e sindacati, in cui sostanzialmente accusava i sindacati di corporativismo. Apriti cielo. Oggi Scalfari e' dovuto intervenire ancora.

Non che io sia un grande tifoso di Eugenio Scalfari, ma la cosa mi sembra interessante. Il fondo di domenica di Scalfari mi aveva colpito perchè trovavo insolita, per un giornale come Repubblica, una presa di posizione così netta contro il sindacato e la sinistra di Rifondazione, del Pdci, ecc. Scalfari essenzialmente argomentava che il sindacato ormai ha perso la funzione di difesa dei lavoratori, e svolge invece sempre più il ruolo di una corporazione, tutta tesa a proteggere le proprie rendite. Sollevava inoltre la questione degli effetti redistributivi, in senso demografico, dell'eventuale abolizione dello scalone: a danno cioè delle generazioni più giovani che si vedrebbero accollati gli ulteriori oneri previdenziali delle generazioni precedenti, oneri già ben superiori alla media di qualsiasi paese civile.

L'articolo di domenica deve aver toccato un nervo scoperto. In un nuovo commento uscito oggi sul sito di Repubblica.it, Scalfari cita le reazioni del segretario della Cgil Epifani, del segretario di Rifondazione Franco Giordano e del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, nonchè del

giornale ufficiale del Prc, "Liberazione". Del resto, sul sito del PdCI compare oggi un commento di tale Tibaldi dal titolo "Pensioni. Su scontro padri-figli campagna pretestuosa", in cui si sostiene che il "superamento dello scalone – come riportato nel programma dell’Unione - non tocca assolutamente alcun diritto futuro dei giovani, né rende insostenibile la spesa previdenziale futura." E dunque, "si è montata in maniera pretestuosa e falsa una campagna che mette in contrapposizione i diritti dei padri con quelli dei figli."

Com'è come non è, oggi Scalfari risponde per le rime ad Epifani, Giordano e Bertinotti, reclamando le sue origini liberali, facendo appello al "nucleo di pensiero del liberalismo europeo e di quello italiano di

Croce e di Einaudi, di Salvemini e di Ernesto Rossi, dei fratelli

Rosselli e di Ugo La Malfa", nel quale si riconosce, e ribadendo l'invito alle dimissioni di Bertinotti: "Ho scritto che Bertinotti dovrebbe dimettersi qualora il governo

andasse in crisi a causa di un voto contrario di Rifondazione motivato

dai contrasti previdenziali sui quali il presidente della Camera ha

espresso un'opinione che male si concilia con il suo incarico

istituzionale."

Il battibecco fa sorridere, ma merita forse un paio di commenti. Primo, la presa di posizione di Scalfari mi sembra un ulteriore sintomo dello showdown che si va delineando fra i sostenitori del partito democratico e la sinistra "radicale" di Rifondazione, PdCI, eccetera. La Repubblica si è chiaramente schierata (o meglio, sdraiata) a favore di Veltroni &Co., tant'è vero che ieri (mi pare, non riesco a trovarlo) ha pubblicato un intervento di Veltroni in cui reitera le posizioni di Scalfari. Ma di questo ha già scritto Michele qualche giorno fa. Anch'io, comunque, sono molto pessimista su una possibile evoluzione "liberale" di questo PD, schiavo com'è della sinistra radicale, dei rimasugli democristiani, e dell'ideologia catto-comunista.

Secondo, mi pare interessante che si parli apertamente di involuzione corporativista del sindacato. E difatti Epifani reagisce, dichiarando da un lato di essere pronto ad un accordo sulle pensioni, e dall'altro prendendo le distanze da Rifondazione stessa. Credo che la cosa vada seguita con attenzione. E' possibile, forse, che dallo scontro fra PD e sinistra radicale ne esca malconcio proprio il sindacato, o almeno venga costretto a ridimensionare le proprie aspirazioni. Se non altro, lo scontro in atto fa sì che vengano puntati i riflettori su tale involuzione corporativista. Effetto collaterale comunque positivo direi, specie se riesce ad indebolire, anche di poco, la stretta soffocante che i sindacati impongono al Paese.

 

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Primo, la presa di posizione di Scalfari mi sembra un ulteriore sintomo

dello showdown che si va delineando fra i sostenitori del partito

democratico e la sinistra "radicale" di Rifondazione, PdCI, eccetera.

 

E' appunto quello che speravo quando scrivevo questo commento alcuni giorni fa. L'ipotesi di un possibile rimescolamento degli schieramenti sta ora apparendo possibile anche ad altri commentatori: vedi quest'articolo sul Corriere di oggi.

 

 

Perdonatemi il pessimismo saccente, ma mi sembrate illudervi troppo facilmente. Alla fin fine si tratta solo d'un editoriale del tutto tattico ed abbastanza ambiguo scritto da un giornalista di regime. Un editoriale comunque irrilevante rispetto al suo obiettivo specifico: avete dato un'occhiata alla prima parte dell'accordo

siglato fra governo e sindacati sugli aumenti pensionistici? Ho qui davanti i comunicati sindacali: un'autentica vergogna.

L'editoriale e' invece rilevante se lo inserite nel famoso "quadro politico" piu' generale, e soprattutto nella prospettiva di costruzione del PD. L'obiettivo non e' staccarsi dal sindacato e stabilire con esso una relazione anche minimamente conflittuale, siamo matti? Il problema e' cercare di bilanciarne le richieste ed il potere ricordando che esistono, per il nuovo partito, altri gruppi sociali di riferimento che questo sindacato non rappresenta e che occorre tenere in considerazione. Insomma, si tratta di far capire al sindacato che, come nell'antica DC, esso costituisce una delle "anime" (leggi "correnti") del nascituro partito e non puo' cercare di dominarne i governi. Se vuole continuare ad aver accesso alla mangiatoia dei posti romani (quella che ora si chiama "il costo della politica") deve moderare le sue richieste e fare il gioco di squadra: l'avevano capito Pastore, Storti, Marini e persino Benvenuto e Lama; perche' non dovrebbero capirlo Bonanni ed Epifani? I bonzi sindacali di Corso Italia e Via Po ultimamente si sono montati la testa un po' troppo grazie al potere di ricatto dei comunisti, che gli hanno tirato la volata in ogni occasione dal maggio 2006 ad oggi.

Sia chiaro, i comunisti sarebbero felicissimi di poter diventare il partito di riferimento della triplice: questa e' l'unica strada che hanno a disposizione per crescere sostanzialmente e diventare la componente maggioritaria della sinistra italiana. Altrettanto ovviamente, il PD non puo' correre questo rischio e nemmeno possono correrlo quelle componenti della triplice che hanno un'origine ideologica non comunista o radicale che dir si voglia. Di piu': la situazione che ha caratterizzato gli ultimi 15 mesi non puo' perdurare troppo a lungo, perche' sta togliendo ogni visibilita' alle componenti "di destra" del PD e sta massacrando questo stesso governo oltre che il paese (di quest'ultimo ai sindacati non e' mai importato nulla, ed ai governanti non sembra importi molto visto come governano). La costruzione del PD, nella speranza che diventi il partito maggioritario della coalizione di centro sinistra, richiede che esso non sia succube al sindacato ma che, al tempo stesso, lo disciplini ed incorpori come una delle proprie correnti. Questo richiede spingere la parte minoritaria ed estremista del sindacato (leggi FIOM e comitati di base vari) nelle braccia accoglienti di comunisti e rifondaroli mentre il "grosso" della triplice, propriamente calmata, diventa collaterale al nuovo partito e svolge il ruolo che le compete. Poi ognuno avra' la sua ricompensa in tempo debito, la mangiatoria e' ampia e non accenna a ridursi.

Il signor Scalfari Eugenio teorizza tutto questo da tempo, l'uomo era un supporter del compromesso storico e della politica economica concertata con le parti sociali (o come diavolo la chiamano) ancora trent'anni fa! Cerchiamo, per favore, di non scordarci la sua visione del mondo ed il suo ruolo nell'informazione italiana di regime: non credo che a 70+ anni costui corra il rischio d'una caduta da cavallo sulla via di Damasco. Inoltre, ma questo e' addirittura secondario, Scalfari si considera, assieme ai suoi padroni di sempre (De

Benedetti e Caracciolo), uno dei grandi padri nobili del PD. Il suo pezzo e' puro lobbying politico: spiegare a Veltroni cosa deve fare e dire nei prossimi mesi, se vuole che La Repubblica ed il gruppo d'interessi economici e mediatici che vi sta dietro continui ad appoggiarlo come ha fatto sino ad ora. Niente di sorprendente, sia chiaro: sia il Corriere della Sera che La Stampa stanno facendo esattamente lo stesso. Tutti e tre i "grandi" quotidiani (leggo troppo poco il Sole 24 Ore per poterne avere un'opinione) hanno deciso che il PD e' il loro partito di riferimento: ne tessono gli elogi, ne individuano i gruppi sociali di riferimento, ne eleggono i leaders (VW e' il prodotto della convergenza di Corriere e Repubblica) e ne definiscono la linea politica a botte di editoriali scritti da grandi vecchi. Ma avete letto editoriali ed opinioni di Corriere e Stampa, oltre che Repubblica, da un paio di mesi a questa parte, ossia da quando l'operazione PD-VW e' stata resa pubblica e messa in atto? L'editoriale di Scalfari e' solo un tassello fra i molti: i cosidetti "poteri forti" italiani rivogliono la DC, ed il PD-VW e' la migliore approssimazione disponibile in questo momento.

Visti gli interessi economici ed i gruppi, diciamo cosi', intellettuali che per essi lavorano non e' sorprendente che questo allineamento si realizzi tanto rapidamente e che si realizzi sulla persona di VW: e' dal 1993-94 che attendono ansiosi che ritorni la DC! Il supporto del duo PD-VW e' tale che persino il buon Bersani (non scherzo, l'ho udito con le mie orecchie in TV, ed era chiaramente irritato) l'altro giorno ha definito il tutto un regime mediatico degno dell'URSS! Stampa e Corriere sono stati per decenni organi di supporto del regime DC e Repubblica ha sognato il compromesso storico sin dalla sua fondazione a meta' anni 70. Non fanno altro che svolgere il loro ruolo naturale ora che finalmente il compromesso storico si realizza e la DC si ricompone. Sino ad ora non hanno potuto scegliere sia per la paura di scontentare il potenziale vincitore (Prodi o D'Alema? Veltroni o Rutelli?) sia perche' hanno continuato a chiedersi cosa fare con Berlusconi e la sua coalizione. A questo punto il primo nodo s'e' sciolto e, per quanto riguarda Berlusconi, sperano che la natura e le sue (di Berlusconi) esagerazioni risolvano il secondo problema in tempo utile. L'obiettivo dei nostri eroi, comunque, e' che un pezzo di CdL si stacchi e confluisca nel PD o vi si allei organicamente: qualche Casini e qualche

Mastella che entrino nel PD per renderlo ancor piu' democrazia

cristiana di quanto gia' non sia o che, almeno, facciano la parte di PLI-PRI-PSDI degli anni d'oro. Se questo non dovesse accadere e Berlusconi dovesse vincere di nuovo delle non impossibili elezioni anticipate, si andra' "sotto coperta" per altri cinque anni, come fecero fra 2001 e 2006. Ma il partito di riferimento per i salotti buoni di Roma, Milano e Torino non puo' non essere la nuova DC. Scalfari&Co. non stanno rimescolando nulla, stanno solo facendo la loro parte: loro e coloro che rappresentano sono ottimi amici di Bertinotti ed Epifani e sono disponibili ad andarci a letto allegramente per i prossimi vent'anni. Vogliono solo poterlo fare in posizioni diverse da quelle attuali, tutto qui. 

Le carte son quelle che sono, rimescolarle non serve: occorre cambiare mazzo.

 

 

 

 

Insomma, si tratta di far capire al sindacato che, come nell'antica DC,

esso costituisce una delle "anime" (leggi "correnti") del nascituro

partito e non puo' cercare di dominarne i governi. Se vuole continuare

ad aver accesso alla mangiatoia dei posti romani (quella che ora si

chiama "il costo della politica") deve moderare le sue richieste e fare

il gioco di squadra: l'avevano capito Pastore, Storti, Marini e persino

Benvenuto e Lama; perche' non dovrebbero capirlo Bonanni ed Epifani? I

bonzi sindacali di Corso Italia e Via Po ultimamente si sono montati la

testa un po' troppo grazie al potere di ricatto dei comunisti, che gli

hanno tirato la volata in ogni occasione dal maggio 2006 ad oggi.

 

 

Sono pienamente d'accordo. Forse i miei toni erano troppo "morbidi" e ottimistici, ma la sostanza e' quella. Lungi da me il pensare che Scalfari scriva queste cose per un'improvvisa illuminazione. E come ho scritto, anch'io non mi faccio alcuna illusione sul PD: minestra riscaldata e', e della peggiore specie. Riporto qui invece una considerazione che e' venuta fuori a Firenze in occasione delle nostre giornate di studio: l'idea cioe' che questo rimescolio a sinistra puo' aiutare l'avvento di facce nuove anche a destra. E in particolare, l'idea che ci sarebbe spazio, in Italia, per un leader della destra donna, con alcune idee chiare e piglio deciso. No, non mi riferisco alla Brambilla, e non ho idea di chi possa essere questa persona, ma che vi sia una domanda insoddisfatta per questo tipo di figura mi sembra una conclusione sensata.

 

 

 

L'obiettivo non e' staccarsi dal sindacato e stabilire con esso una

relazione anche minimamente conflittuale, siamo matti? Il problema e'

cercare di bilanciarne le richieste ed il potere ricordando che

esistono, per il nuovo partito, altri gruppi sociali di riferimento che

questo sindacato non rappresenta e che occorre tenere in

considerazione.

 

E va bene, ma resta il fatto che l'attuale situazione e' la peggiore possibile: sia il blocco di centro-sinistra che quello di centro-destra hanno dimostrato di essere succubi al sindacato, nonostante esso sia una forza minoritaria; e questo dipende dai loro margini esigui, cosa che non sara' risolta dato che nessuna forza politica sembra avere serio appetito per una riforma elettorale maggioritaria (o a una riforma politica o economica di alcun tipo, for that matter).

 

Le carte son quelle che sono, rimescolarle non serve: occorre cambiare mazzo.

 

Ne hai uno migliore che possa piacere agli elettori? No, e il motivo e' semplice: in Italia c'e' un'enorme quantita' di persone improduttive e/o insicure delle proprie capacita' che temono la competizione come la peste, e tutto quello che vogliono e' essere assistiti dallo stato. Sono quelli che votano "ancora / la sicurezza, la disciplina / convinti di allontanare / la paura di cambiare", ormai a sinistra anche piu' che a destra. Non e' una questione di quadro politico, ma di quadro sociale. Rebus sic stantibus, tutto quello che almeno mette una museruola al sindacato non puo' che rappresentare uno sviluppo positivo.