Prendete un cittadino di cultura media, che si documenta leggendo i giornali e guardando la televisione: che idea si sarà fatto dell'indecoroso balletto di manovre e contro manovre finanziarie?
Con ogni probabilità, quello che gli sembra chiaro, è che sta arrivando una mazzata pazzesca di nuove tasse e che l'oggetto principale del contendere e' chi si beccherà il citrulo, pardon la bastonata più forte. In questo breve post vorrei:
- sfatare un po' di retorica pseudo patriottica del tipo “è un momento difficile”,“ognuno deve fare la sua parte”, “stringiamci a coorte” e simili
- suggerire che, sotto certe condizioni, si potrebbe anche introdurre una riduzione delle imposte
Il primo mito da sfatare, a mio avviso, è questo senso di ineluttabilità dell'aumento delle imposte che emerge leggendo i giornali: sembra che gli italiani debbano mandar giù l'aumento delle tasse senza rompere troppo perché l'alternativa è la fine del mondo. Chiariamoci, non che la situazione non sia grave, ma sarebbe probabilmente auspicabile ribadire ai più quanto più volte esposto su questo sito e altrove a cura dei nostri beneamati prof amerikani:
- il problema principale è la scarsa credibilità della classe politica italiana derivante dalla gestione fallimentare degli anni passati
- la gestione fallimentare ha prodotto oltre un decennio di crescita infima e un debito pubblico molto elevato
- i mercati e la BCE, che ci compra i titoli per prendere tempo, fanno solo quello che farebbe qualunque creditore: vogliono rendimenti commisurati al rischio e garanzie che il reddito futuro consentirà di ripagare capitale e interessi
Pertanto è opportuno chiarire che è colpa della gestione fallimentare di chi ha governato (e in misura minore di chi all'opposizione non ha offerto alternative) se oggi dobbiamo riconquistare credibilità verso i mercati. L'idea, avallata dai media servili, che i problemi vengano da fuori è una versione di comodo utile ai politici che oggi vengono a chiederci sacrifici, talvolta riesumando toni patriottici, mentre invece dovremmo essere noi a chieder loro i danni.
Chiarito che il guaio l'han fatto quelli che oggi ci chiedono di pagare il conto, si può provare a valutare qualche alternativa più coraggiosa: ridurre le imposte sui redditi da lavoro dipendente. Come ben spiegato da Michele in questo post, non è indispensabile raggiungere immediatamente il pareggio di bilancio, anzi una correzione di questo tipo potrebbe avere pericolosi effetti recessivi. Un detrazione d'imposta per i lavoratori dipendenti, tale da consentire un aumento del reddito netto di circa 100€ mensili (costo complessivo circa 15€Bn), potrebbe ad esempio essere finanziata riducendo la spesa per quei salari del settore pubblico cresciuti in eccesso rispetto alla media nazionale (risparmi ottenibili fino a 22€Bn).
Una misura di questo genere avrebbe il pregio di:
- segnalare la volontà di sostenere la crescita economica in modo sano, diminuendo - sia pure in misura simbolica - le distorsioni oggi gravanti nell'offerta di lavoro (senza la “droga” di una spesa aggiuntiva di dubbia utilità)
- invertire una tendenza che fino ad oggi ha ingiustamente premiato chi evade rispetto ai contribuenti onesti
- non intaccare la spesa pubblica per finalità sociali e le retribuzioni pubbliche cresciute in misura minore uguale alla media nazionale.
Mi rendo conto la domanda più immediata è: come la mettiamo se BCE e mercati insistono con il raggiungimento del pareggio in tempi brevi?
La mettiamo che:
- almeno 140Bn si possono ottenere dalla privatizzazioni secondo Perotti e Zingales (più altre cose)
- 56Bn si potrebbero ricavare con la proposta di Francesco Forti già pubblicata in questo sito
- altre idee si trovano nel già menzionato post di Michele (dal quale ho preso l'idea del riallineamento degli stipendi cresciuti troppo con la quale proporrei di finanziare il taglio all'irpef dei lavoratori dipendenti)
Insomma, le alternative per non tartassare i soliti noti esistono e sono state anche ampiamemente esposte, io ci aggiungerei anche un piccolo taglio alle imposte (limitato ai lavoratori dipendenti). Quello che manca è una classe politica all'altezza della situazione che le metta in pratica.
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Il numero totale dei lavoratori dipendenti usato per stimare il costo della riduzione irpef l'ho preso dal "Rapporto sulla coesione sociale Istat", Tabella I.3.2.1 Numero medio annuo di lavoratori dipendenti ed è pari a 12.299.036. Moltiplicando per 1200€ annui si ottengono i circa 15Bn ipotizzati. Per semplicità ho immaginato di aggiungere 1200€ alla detrazione d'imposta per redditi da lavoro dipendente aumentando quindi direttamente di questo importo il reddito disponibile.
Il risparmio ottenibile riallieando gli stipendi pubblici cresciuti più della media l'ho ottenuto usando dati della Relazione Annuale della Banca d'Italia.
In particolare Variazione 2002-2010 stipendi pubblici da 23.813 a 29.165 vs variazione media da 21.029 a 22.467. Quindi crescità in eccesso per unità pari a 3.723,63.
Il numero dei dipendenti pubblici su cui calcolare il peso di questa crescita in eccesso è stato stimato sulla base del fatto che gli stipendi pubblici nel 2010 ammontano all'11,1% del Pil ed il Pil stimato per l'anno è pari a 1.548,816€Bn. Pertanto
N.dipendenti = 1,5€Tn*11,1%/29k = circa 5,89 MM
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Ringrazio Corrado Tizzoni e di Saul per la segnalazione che il numero corretto dei dipendenti pubblici è di 3,5MM. Aggiungo che, come correttamente segnalato da Alberto Luisani, occorre tenere in considerazione che una cospicua parte degli stipendi lordi pagati dalla PA ritornano allo stato sotto forma di imposte.
Pertanto moltiplicando 3,7k per 3,5MM avremmo un risparmio lordo di 13Bn corrispondenti circa a 6,5Bn utilmente redistribuibili.
Anche questa è un'ottima proposta, fattibile, attuabile e che naufragherà per la mancanza di una classe politica all'altezza della situazione che le metta in pratica.
Rimango tuttavia convinto che il problema principale del lavoro dipendente (e a monte degli imprenditori che assumono i lavoratori dipendenti) più che le tasse siano i contributi. E quindi la spesa previdenziale.
Per esempio le pensioni di anzianità costano 55 miliardi (55G€) e seguendo i tuoi calcoli se abolite porterebbero ai 12.299.036 dipendenti (nel giro di qualche anno) 366 euro in busta paga in piu' ogni mese. A questo punto si' che bisognerebbe poi ridurre anche le tasse, altrimenti il fisco si porta via questi soldi in piu'. Se combiniamo le due misure possiamo arrivare quasi a 500 euro.