A mezzo d'un mirabolante un-due-tre, l'incipit riassume tutta la politica economica tremontiana: socialismo populista + monopoli nazionali simbiotici al potere politico + rovesciamento della realtà:
1. Son anni che GT annuncia il “rientro della politica” senza che agli annunci seguano altro che condoni, o fallimenti. La lista di quest’ultimi è nota: Tremonti bonds, Banca del Sud, cartolarizzazione del patrimonio edilizio pubblico, richieste di dazi europei, vendita dell’oro della Banca d’Italia, social cards della miseria, riforme fiscali mai avvenute ...
2. Il barattolo di pelati Cirio: Tremonti rieccheggia la linea difensiva di Cragnotti. In realtà le frodi maggiori avvennero mentre Tremonti era ministro dell'economia, le tecniche finanziarie usate furono elementari e la legislazione che permise a Cragnotti di frodare e scamparla venne mantenuta in vigore (e in parte promulgata) mentre il nostro sedeva a quella medesima scrivania. La “finanza disinvolta” c’entra come i cavoli a merenda. C’entra, invece, la “politica disinvolta” che GT pratica sin da quando lavorava per Craxi, maestro della medesima.
3. La tassa di Obama: ennesimo attacco al libero mercato e ai piccoli risparmiatori. Tassa populista a suggello del patto mefistofelico fra Washington e Wall Street: il supporto della dirigenza bancaria (i cu ingiustificati redditi vennero e vengono preservati) a cambio della tosatura degli azionisti. A questo modello Tremonti s'ispira, il suo unico cruccio essendo quello che le banche italiane non hanno ancora ceduto alle sue, per niente timide ma senz'altro pelose, offerte d'aiuto.
Il resto dell'intervista si sviluppa quindi in una realtà parallela, farcendosi d'insensatezze (def: sequenza di parole prive di senso compiuto e/o riscontro nella realtà). Documentarle tutte richiederebbe un altro libro ... in fondo all'articolo elenco le peggiori, lasciando ai lettori il piacere di discuterle.
Nei meandri di questo mondo capovolto, ho comunque rinvenuto tre importanti messaggi al popolo.
A. L'ennesima promessa, con scadenza a tre anni e mezzo, di riforma fiscale. Poiché sulla medesima non dice nulla di preciso, nulla possiamo commentare. Alla promessa di riforma non si accompagna la promessa d’una riduzione della spesa pubblica, il che implica (visto il debito e lo squilibrio di bilancio esistenti) che Tremonti sta promettendo di non ridurre il carico fiscale aggregato ma, al più, di redistribuirlo. L’affermazione secondo cui la spesa si ridurrà spontaneamente per effetto del federalismo fiscale è priva d’alcuna sostanza. In sintesi: carico fiscale e spesa pubblica invariati.
B. Nessun’altra riforma viene promessa: “riforma della pubblica amministrazione, della scuola, dell'università e delle infrastrutture sono in atto”, afferma Tremonti. Si parva licet, mi ricorda Bob Lucas che, nel suo articolo del 1978 su Asset Prices in an Exchange Economy, affermava che sia il problema della dinamica dei prezzi (tâtonnement) che quello delle dinamiche di accumulazione (convergenza o meno alla crescita bilanciata) erano stati risolti. Bob fantasticava allora, Giulio Tremonti lo imita oggi nel suo piccolo. Il messaggio politico è chiarissimo: immobilismo totale. Guai a toccare i delicati equilibri che, sino ad ora, hanno permesso al suo capo ufficio d’essere eletto. Che il paese decada è poca cosa a fronte della rielezione del batka nostrano.
C. Il grande rientro della politica consiste nell'offrire sicurezze verbali, ossia fantasie. Il declino italiano non esiste, perché l'ha detto Tremonti. Non importa che i dati gli diano torto, lui continua a dichiarare che la crescita degli altri paesi, durante gli ultimi dieci-quindici anni, era falsa e drogata. Quindi non siamo rimasti indietro: abbiamo fatto solo a meno di drogarci ... Che il reddito pro-capite di Irlanda, Spagna e svariati altri sia tutt'ora superiore al nostro non va menzionato: essi devono affrontare squilibri non ben specificati e stanno quindi peggio di noi. Il loro essere andati avanti era apparente, come apparente era ed è il declino del reddito delle famiglie italiane. Chi lo nega è disfattista e anti-italiano, come la Banca d'Italia che non la smette di dire cose scarsamente coerenti con le fantasie che il ministro dell'economia ritiene necessario gli italiani credano. Se Giulio Tremonti dice che gli altri stanno peggio di noi, non importa che i dati dicano l'opposto: i dati sono probabilmente drogati da qualche economista determinista. La realtà non esiste, le statistiche non esistono, il declino italiano non esiste. Esistono solo le favole che raccontano le TV di stato e di Berlusconi. Favole che Giulio Tremonti sogna di notte e spiattella di giorno a giornalisti ossequiosi, perché le copino e le diffondano fra il popolo.
Ecco, la nuova e grande politica economica di Giulio Tremonti che "rientra" è tutta qua, va da A. a C.
P.S. L'elenco delle insensatezze (gli "NdR" sono miei, non della redazione del Sole!):
[...] ripristinare la fiducia separando nei bilanci il grano dal loglio, segregando dalla parte buona la parte cattiva, sullo schema del «Chapter 11»
Un'alternativa [al salvataggio delle banche con soldi pubblici, NdR] era certamente quella del «Chapter 11»
Lo stesso Welfare americano si fonda su Wall Street
[...] il governo ha fatto la sua parte. Prima con la Robin Hood tax e con il taglio alle commissioni
L’[...] autore della scritta estatica secondo cui il fallimento di una banca è «un bel giorno per il capitalismo» ha ignorato che la banca non svolge una comune attività capitalistica, ma un'attività che si esercita su beni pubblici fondamentali e per questo tutelati dalla Costituzione, come il risparmio e il credito.
Abbiamo proposto la "moratoria" sui debiti, uno strumento che si sta rivelando di grande efficacia.
Il Pil italiano è fatto al 95% da imprese con meno di 15 addetti
Abbiamo [poteri statali, NdR] solo soft power [sul sistema bancario nazionale, NdR]
Va comunque registrata oggi come molto positiva la tendenza delle grandi banche a riformarsi adottando modelli "territoriali" nuovi,
[...] lo strumento [Tremonti bonds, NdR] ha funzionato a 360 gradi per il solo fatto di essere disponibile. Quindi è stato utile. Infine molte banche lo hanno utilizzato. Solo due hanno detto di no
E poi consideri il fatto che a fronte del debito pubblico in Italia c'è un enorme stock di risparmio privato: queste due grandezze vanno sommate insieme e la somma per l'Italia, a differenza che in altri paesi, è positiva. [...] i numeri, pur critici, non manifestano i forti squilibri che invece caratterizzano altri paesi.
È cambiato il modello produttivo con il passaggio dalla grande fabbrica alle medie e piccole imprese. [...] È cambiato il modello tecnologico con l'informatica, i robot. [...] È cambiato il modello istituzionale nel 2001 con il federalismo [...] E, ancora di più, il centralismo fiscale impedisce di vedere dove vanno effettivamente i tuoi soldi.
[...] un conto sono le "rendite", e se vuole la speculazione finanziaria, un conto è il risparmio della gente comune.
[Giornalista:] [..] mentre la spesa [pubblica, NdR] in conto capitale soffre, quella corrente sembra continuare la sua corsa. Se il Pil scende tutti i rapporti peggiorano per questa causa. In ogni caso il contenimento della spesa corrente avrà la sua soluzione per effetto del federalismo fiscale.
[...] fare diversamente [dal mantenere invariata la spesa pubblica, NdR] avrebbe aggravato la crisi, stile Hoover
[...] sui 90 miliardi di ricchezza persa, 70 miliardi sono la perdita sul nostro super-export. Mentre gli uffici studi ci spiegavano che eravamo in declino, le nostre imprese conquistavano quote del mercato globale.
Ricorda Achille e la tartaruga? [...] Oggi si vede con chiarezza che la tartaruga era magari più lenta ma certamente più forte di Achille.
Il rimpatrio "giuridico" non esiste, [...] Aprire un conto in Italia [...] è rimpatriare ad ogni effetto.
Chieda un po' in giro agli italiani se preferiscono la "giustizia" al deserto.
Troppe? Me ne duole, ma non è colpa mia se il ministro italiano dell’economia profferisce insensatezze che il quotidiano del più potente sindacato italiano pubblica senza correzioni.
La mia convinzione è che le follie profferite da tremonti e da altri continuano e si propalano anche per l'imbarazzante piaggeria degli informatori i quali non obiettano di fronte a nulla copincollando lettralmente tutto.