Domani, domenica 6 maggio, in Sardegna si svolgono dei referendum che nell'intenzioni dei proponenti potrebbero portare a modifiche significative dell'assetto istituzionale della Regione Sardegna. Chi volesse farsi un'idea dei quesiti può guardare qui. Come c'era da attendersi, data l'irrilevanza della politica e della società civile sarda, dei referendum non si è parlato al di fuori della Sardegna, sebbene la natura dei quesiti e il momento politico nel quale vengono sottoposti al vaglio degli elettori facciano pensare che l'affluenza per votare sugli stessi dovrebbe essere alta e la vittoria dei si schiacciante. O almeno, questo è quello che mi auguro.
Le condizioni perché si raggiunga i quorum ci sono tutte, o dovrebbero esserci: un'insofferenza diffusa nei confronti della cosiddetta "casta", i precedenti dell'altissima affluenza alle urne dell'anno scorso per il referendum contro la possibilità che la Sardegna diventasse deposito di scorie, e sede di installazione di centrali nucleari (ok, l'isterismo che ha accompagnato quella consultazione, in combinazione con la solita coloritura locale di indipenditismo straccione, rivendicativo e culturalmente perdente, non fanno di quella scadenza un esempio fulgido di cosa si intenda per voto informato, ma transeat). Si aggiunga che per la consultazione di domani è scesa in campo anche la Presidenza della Regione Sardegna, organizzando un'apposita campagna di sensibilizzazione e informazione. Qui i più cinici potrebbero storcere il naso e pensare "Timeo Danaos et dona ferentes" ovvero: com'è che proprio ora anche nelle stanze dei bottoni hanno tutta questa fregola riformatrice e di razionalizzazione delle spese? Si, è vero, ci ho pensato anche io...ma per ora meglio non discutere gli stati psicologi di terzi o i reconditi secondi fini di altri.
Dunque, rimane il referendum, che spero davvero, come si suol dire, passi. Nel frattempo l'intellettualità isolana, o almeno alcuni dei suoi più pregiati pezzi da esportazione, si esprimono sul voto con ragioni che non condivido, alcune di merito, relative al risparmio effettivo di denaro che si produrrebbe con la loro abolizione, che sarebbe irrisorio (ma la politica ha costi che non si riducono a quelli del gettone di presenza degli eletti, ma non so, forse qualcuno potrà spiegarlo all'autrice di Accabbadora) e considerazioni relative alla "verticalizzazione" del potere indotto da una diminuzione del numero dei consiglieri regionali (vabbé qui è il solito refrain dell'intellettuale che guida il popolo e per il quale chiede più rappresentanza, più potere diffuso, democrazia ecc. ecc.). La nota scrittrice, sempre nel tentativo di spiegare, come da titolo, i referendum al suo gatto (che son convinto preferisce Whiskas) si scaglia poi contro la demagogia, che a suo dire informerebbe la consultazione elettorale imminente. E qui davvero mi son sorpreso, perché ero rimasto che la Murgia aveva nei giorni scorsi firmato un endorsement per alcuni candidati alle prossime amministrative che quanto a ideologia e populismo non sono secondi a nessuno, come dimostra il leader nazionale (cioè locale) della lista sardista sostenuta dalla scrittrice. Anche se devo dire che la signora scrittrice di posizioni balzane ne aveva espresso pure in precendenza, quindi la mia era una sorpresa tutto sommato modesta.
Insomma, cattivi maestri a parte, io penso ci siano buone possibilità che domani i sardi diano un segnale di cambiamento. Se questo non dovesse accadere, se cioè il quorum non venisse raggiunto, vuoi per le immancabili ragioni meteorologiche (ma domani dovrebbe piovere), vuoi perché 10 schede sono troppe e la "ggente" non capisce, vuoi perché qualcuno è stato convinto dalle ragioni contrarie, beh, in ogni caso se quello dovesse essere l'esito vuol dire che tutto questo discutere e affannarsi di politica e antipolitica; tutte queste grida scomposte e ultimative contro la casta che opprimerebbe un popolo che se fosse per lui farebbe della Sardegna un Svizzera del Mediterraneo, la continua pubblicazioni di dossier anti-casta (oramai un genere letterario consolidato), ecco tutte queste cose lasceranno il posto alla figura del sardo tradizionale che affolla di frequente talk show e programmi di "approfondimento" politico sociale...ma sì quel sardo rivendicativo, che, smesso il costume tipico e il folklore religioso da festa patronale veste i panni della nobile indignazione socio-politica e grida e protesta perché gli trovino un lavoro, perché si conceda elettricità a prezzi scontati perché lo sanno tutti che il nostro alluminio, come il pecorino, è DOC (o DOP? Non ricordo più), e tutti lo vogliono perché è il migliore del mondo; perché i prezzi del latte di pecora siano più remunerativi per gli allevatori sardi che tanto investono in ricerca, innovazione e formazione, ovviamente chiedendo alla Regione di imporre quegli aumenti; blocco alle frontiere dei malefici alimenti stranieri, chè i nostri sono genuini mentre quelli altrui son veleno ecc. ecc...
Vedremo...a lunedì.
i media ne hanno parlato praticamente nulla, invece trovo sia importante non solo per i sardi. direi che domenica tra elezioni francesi, greche e referendum e...derby, sarà una giornata veramente interessante
Segnalo che diversi cittadini sardi hanno telefonato in trasmissioni radiofoniche RAI per ricordarlo.