Uno strano argomento, si dirà. In un momento delicato, tra l'altro. Eppure, proprio ora è il caso di parlarne, in relazione alla scadenza del 31 gennaio che, da lunga data, costituisce il limite temporale per l'invio all'organo competente, da parte delle aziende (quest'anno, per la prima volta, in modalità esclusivamente telematica), dei prospetti informativi relativi all'obbligo di assunzione che riguarda le persone disabili …..... oops, le “categorie protette” (come resistere alla consueta, e peraltro doverosa, polemica in merito al linguaggio “politically correct”, così prodigo di neologismi atti ad intorbidare le acque …....?)
Dunque, la normativa vigente – un grazioso omaggio alle da tutti, a parole, tanto amate piccole imprese del governo D'Alema nel marzo 1999, per mano dell'allora ministro del lavoro Antonio Bassolino, un nome una garanzia ….. - affronta un problema reale, relativo all'avviamento al lavoro di persone non più in condizioni di normalità, ma che conservino capacità lavorative residuali. Uno scopo nobile, peccato che sia perseguito nel solito modo dirigista e demagogico, scegliendo a chi imporre doveri e costi. Tale norma, la legge 68/99 che modifica la precedente legge 482/68, allarga infatti alle PI l'obbligo di assunzione, proporzionato al numero degli addetti - a prescindere dal fatto che siano disponibili o meno mansioni eseguibili – e lo rafforza con sanzioni pecuniarie piuttosto consistenti, che si applicano (travestite da contributo di solidarietà) anche quando si ottenga un esonero per evidente impossibilità di applicazione.
Sebbene le micro-aziende sotto i 15 dipendenti rimangano esenti, dovrebbe essere ovvio che la piccola dimensione costituisce un grosso ostacolo ad un simile percorso di solidarietà, dal momento che può rivelarsi davvero complicato reperire un ruolo ricopribile quando gli spazi sono ristretti ed il ridotto ambito impiegatizio di una PI manifatturiera (decisamente meglio sfruttabile di quello operaio) vede solitamente l'assenza di mono-mansioni semplici, contrariamente a quanto avviene nelle realtà dimensionalmente superiori e negli enti pubblici. Un esempio chiarirà meglio la situazione. Poniamo che una PI con 16 addetti voglia aumentare le sue potenzialità produttive e decida, perciò, di avvalersi dell'opera di un nuovo addetto: nel caso in cui già non abbia in organico un appartenente a categoria protetta, può operare una scelta nelle apposite liste ed assolvere, così, all'obbligo. Poniamo però – è il caso assolutamente normale – che in quell'ambito non sia possibile trovare un nominativo in grado di svolgere il compito per il quale si sta cercando un collaboratore e, quindi, sia necessario reperirlo al di fuori di esso: la legge stabilisce che, entro un anno (60 giorni in caso di seconda assunzione) dall'inserimento del nuovo addetto, si debba procedere …..... ad una assunzione aggiuntiva, pescando nelle predette liste, anche se non si abbia la minima idea di che nuovo compito inventarsi. Oh, naturalmente si offrono agevolazioni di varia entità, relative ai contributi assistenziali e previdenziali, ma certamente in tal modo non si compensa l'inutile onere economico – e spesso anche logistico - aggiuntivo: ancora una volta, dunque, è il caso di denunciare l'approccio anti-industriale del legislatore italiano. Demenziale? Peggio, frutto della mentalità cattocomunista secondo la quale le imprese sono un male e si devono accontentare di essere sopportate solo se accettano di vestire i panni della gallina da spennare.
Prima di arrivare al rivelatore punto finale, sarà opportuno prevenire un'immancabile obiezione, relativa al fatto che una legislazione protettiva delle categorie svantaggiate non è prerogativa specifica dello Stivale. Certo, è così. Con alcune fondamentali differenze: anche dove previste, le quote riservate sono più basse (nel nord Europa sono contrattate, non stabilite per legge), quasi ovunque l'obbligo non riguarda aziende così piccole e, soprattutto, le politiche agevolative sono mirate a favorire l'inserimento anziché ad imporre nuovi costi alle aziende, secondo l'ottica corretta che un incentivo è più efficace di un obbligo.
Eccoci ora, però, a quell'aspetto della normativa che taluni potrebbero considerare curioso, una sorta di scappatoia apparentemente offerta alle aziende, che rivela invece il vero obiettivo da raggiungere. Anche un minus habens (ogni riferimento a persone reali è puramente voluto …..) non poteva non prevedere i gravi problemi attuativi e, quindi, tutto il severo impianto doveva puntare alla consueta introduzione dell'ennesima tassa occulta, del tipo mai contemplato nei confronti statistici internazionali, che solo gli addetti ai lavori conoscono e che contribuisce a rendere così favorevole l'ambiente nel quale gli imprenditori italiani si trovano ad operare. Infatti, non manca un'alternativa. Si tratta di una modalità di azione, concretamente attuabile, che consente di ottemperare al dettato legislativo tramite la stipula di convenzioni – rigorosamente temporanee, al fine di mantenere in essere una comoda spada di Damocle sul capo degli imprenditori – con cooperative sociali ed organizzazioni di volontariato. In pratica il lavoratore disabile viene distaccato presso l'ente convenzionato, che paga stipendio e contributi, ma l'azienda soggetta all'obbligo affida ad esso commesse di lavoro per un importo sufficiente a coprire i costi, siano tali prestazioni efficaci e concorrenziali o meno: siamo in presenza, insomma, di una sorta di beneficienza obbligatoria, sempre nel solco della tradizione che vuole a carico del sistema produttivo un compito che spetterebbe alla collettività. In altri luoghi le somme destinate alla solidarietà vengono fiscalmente incentivate, qui imposte. Magari con un occhio di riguardo alle organizzazioni cattoliche …....
Tiriamo le somme. La legge Giugni (“Statuto dei lavoratori”), con tutti i suoi vincoli e costi, si applica solo a partire dai 15 dipendenti.
Anche la normativa qui in esame.
E c'è ancora qualche verginella che si chiede per quale strano motivo le PI evitano di crescere …....
Credo che la frase fosse "fare i froci con i culi degli altri" e che la fonte fosse Ricucci.