Osservazioni generali
La replica di Furio Colombo è utile ed interessante perché illustra con chiarezza il quadro teorico (il "modello") di riferimento che sottende alla sua analisi della crisi, italiana e globale, e che quindi motiva le indicazioni di politica economica che egli suggerisce.
In questo quadro teorico il mercato è un problema ed è la causa delle periodiche crisi che affliggono i sistemi economici, mentre la soluzione è costituita dall'intervento dei governi. Da questo schema discendono le affermazioni sulla spesa pubblica come via d'uscita dalla crisi, portatrice di maggiore giustizia sociale in contrapposizione con lo stolido rigore di bilancio pubblico propugnato ad esempio dai repubblicani negli Usa.
Colombo non dice in che senso il mercato è un problema, o peggio la causa della crisi. Non è difficile immaginare cosa pensi al riguardo: la speculazione, le rendite monopoliste, la disuguaglianza del reddito/ricchezza etc. E non vi è dubbio che il mercato porta spesso con sè questi e altri aspetti negativi. È importante notare, però, che questa visione del mercato è il frutto di una operazione intellettuale (logica/retorica?) precisa: assumere aspetti specifici - che si manifestano e si osservano empiricamente in particolari realizzazioni storiche di un concetto - a forma generale. E quindi si afferma che il mercato è speculazione, disuguaglianza del reddito/ricchezza, e rendite monopolistiche, piuttosto che speculazione, disuguaglianza del reddito/ricchezza, e rendite monopolistiche sono manifestazioni (degeneri) del mercato.
Nulla di male in questo. La posizione richiede una analisi storica/empirica a sostegno, per argomentare che i) speculazione, disuguaglianza, e rendite sono associate statisticamente al mercato (nel senso che maggiore/più libero è il mercato maggiori sono speculazione, diseguaglianza, e rendite), ii) altre manifestazioni del mercato, ad esempio innovazione, efficienza, etc., hanno effetti (positivi) sul benessere dei cittadini minori rispetto agli effetti (negativi) di speculazione, disuguaglianza, e rendite. A noi pare che l'evidenza empirica dimostri in modo lampante che né i) né ii) possano essere supportate. Ma non è questo il punto che vogliamo notare.
Il punto che vogliamo notare è che quando Furio Colombo invece che del mercato parla di spesa pubblica, l'operazione intellettuale (logica/retorica?) che sottende alla sua analisi sia invece diversa, anzi splendidamente speculare. Rifiuta (anche con sdegno, dove accusa Massimo di poca "attenzione") di assumere manifestazioni particolari della spesa pubblica a forma generale. Dice Colombo:
Le auto blu, i barbieri, e gli altri riferimenti di [il post di Massimo Famularo su; ndr] noiseFromAmerika fanno parte del sottofondo pubblico di un mondo dominato dal privilegio privato e si tratta di furti locali, che non si possono accostare a Krugman, Stiglitz, Sen, Obama. Sono giustamente materia di un triste dibattito italiano su cui ho scritto e detto qualcosa, ma in un altro contesto.
Mi sembra evidente che io ne [di spesa pubblica; ndr] ho parlato come si parla di acqua pubblica come bene comune. Inoltre era evidente, in tutta l'argomentazione che il contesto non era la disonestà pubblica o privata [...] che tormenta il paese Italia [...]
E quindi:
inefficienza e corruzione sono manifestazioni (degeneri) della spesa pubblica,
e non piuttosto, per esempio, "la spesa pubblica è inefficienza e corruzione".
Onestamente, a noi pare (con l'aiuto di Furio Colombo) di aver svelato il meccanismo intellettuale (logico/retorico?) che sta alla base di tante/troppe analisi e discussioni di politica economica in Italia. Lo stesso meccanismo è comune anche a molte analisi della destra, dove naturalmente si assume inefficienza e corruzione come forma generale della spesa pubblica e invece si considerano speculazione, diseguaglianza, e rendite come degenerazioni particolari del mercato.
Detto questo, come si procede? È ovvio, si guardano alle condizioni del paese per cui si fanno proposte di politica economica, l'Italia, in questo particolare momento storico. Lo facciamo da tempo in questo sito. A noi pare ovvio che la situazione istituzionale in Italia è tale per cui il mercato è ingessato, lo stato è estrememente invasivo nell'attività economica, la spesa pubblica enorme ed inefficiente. Da qui bisogna partire. Richiedere più spesa unicamente sulla base della operazione intellettuale (logica/retorica?) che abbiamo svelato è un grave errore. Questo era il punto del post di Massimo che ha acceso tutta questa discussione.
Rilievi circostanziati
Concludiamo con un paio di considerazioni particolari sulla risposta di Furio Colombo, cercando di evidenziare slittamenti retorici che poco aggiungono e molto tolgono ad una discussione potenzialmente intelligente come quella che Colombo ha voluto gentilmente intraprendere con noi.
1. Presentare la spesa pubblica come il Bene sostenuto da premi Nobel e affascinanti presidenti Usa e il rigore di bilancio come lo smantellamento dello stato sociale, il Male, propugnato da una schiera di fanatici costituisce una rappresentazione quantomeno fuorviante della realtà.
2. L'attuale debito pubblico italiano è il risultato di spesa pubblica passata, anche di governi di centro sinistra - e così l'inefficienza dei servizi e la corruzione. La distinzione tra spesa pubblica buona (di Prodi, e di Craxi e la DC?) e spesa pubblica cattiva (di Tremonti e accoliti) è assai debole.
3. Krugman, Stiglitz, Sen sono autorevoli economisti. Sono anche assolutamente minoritari nella professione. Le loro prese di posizione pubbliche (non la loro passata ricerca!) sono amate dai giornalisti ma generalmente ridicolizzate dagli economisti accademici. Questo non vuol dire abbiano torto, ma vuol dire che utilizzarli come "principio di autorità" è quantomeno discutibile.
4. Gli Stati Uniti hanno certamente meno assicurazione sociale che non la Svezia - ma l'idea nostrana che in Amerika i poveri muoiono (o morivano, prima dell'intervento salvifico di Obama) per strada - più che non, ad esempio, in Italia - è una panzana bella e buona.
5. Questa affermazione di Colombo:
Si, le tasse sono una grande risposta e non troverete un serio economista con un reputazione da difendere che proporrà una via d'uscita diversa.
è, ci si perdoni la franchezza, frutto di assai scarsa informazione.
6. L'analisi storica ed economica recente su Roosevelt e il New Deal raggiunge conclusioni spesso agli antipodi della lettura agiografica implicita nella risposta di Colombo.
Non sono manicheo e quindi l'articolo originario di Colombo che ha poi originato l'intervento di Massimo non l'ho condiviso come non mi piace affatto la risposta del giornalista ma non demonizzo. D'altronde con i tempi che corrono e quel che si legge e si dice, bisognerebbe stare sempre con il mitra spianato. Sono semmai infastidito dall'afflato moralistico-ideologico-pregiudiziale che permea il suo pensiero, dal bianco-nero che pure evoca e dalla pretesa che sia acquisito e dimostrato quel che parrebbe supportare le sue tesi. la citazione che riportate al punto 5 dei rilievi, lo dimostra a iosa. E' il metodo de 'il comunismo non si attaglia al popolo, allora cambiamo il popolo'.