TAR, no thanks: we are British

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A quanto pare, anche in Gran Bretagna si sta diffondendo la pratica di ricorrere ai giudici per bloccare provvedimenti governativi sgraditi. Ma a differenza che in Italia, in Inghilterra il governo prova a fare qualcosa.

Molti sostengono che in Italia il contenzioso amministrativo sia uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico. Si leggono continuamente notizie di ricorsi al TAR, e poi al Consiglio di Stato che bloccano provvedimenti di riforma o investimenti. Qualche giorno fa ho appreso, leggendo il Times, che il problema si presenta anche in Gran Bretagna. Non esiste il TAR, ed eventuali ricorsi contro decisioni del governo sono trattati dai giudici ordinari (cosidetta Judicial Review)

La domanda deve essere preventivamente approvata dalla High Court, che può decidere di interrompere la procedura se ritiene che i proponenti non abbiano interesse diretto nella causa, o che il ricorso sia presentato in ritardo. Questo filtro preventivo sembra essere la differenza maggiore fra i due paesi, dopo, ovviamente, la mancanza di un tribunale specializzato in cause amministrative. In teoria, dovrebbe ridurre il numero di cause, che comunque, informa il Times, è aumentato da  160 nel 1974 a 6.692 nel 2007 a 11.359 nel 2011 – circa tre quarti per decisioni sul diritto di asilo per immigranti. Il governo inglese li ritiene troppi, e ha deciso di rendere più difficile la Judicial Review. A tal fine, propone di  i) rendere più difficili i ricorsi di associazioni non direttamente interessate ed introdurre una tassa aggiuntiva per la comparizione di persona; ii) vietare ulteriori ricorsi sul provvedimento se la decisione della High Court è negativa; iii)  se ad un primo esame la domanda è giudicata priva di fondamento e di dimezzare i tempi per la presentazione dei ricorsi (a 6 settimane per le decisioni urbanistiche e 4 per le commesse pubbliche).  Il progetto ha suscitato polemiche, soprattutto, a quanto pare, da avvocati e gruppi di pressione.  Francamente non so se nel caso inglese una stretta di vite sia giustificata.  In Italia il numero di ricorsi al TAR è cinque volte maggiore (53.757 nel 2008, l’ultimo anno disponibile sul sito ISTAThttp://giustiziaincifre.istat.it) ma nessuno sembra preoccuparsene – o forse il governo ha troppa paura di inimicarsi la potente casta dei giudici amministrativi e/o la lobby degli avvocati. In compenso, un sacco di retorica su fantomatiche riforme epocali della giustizia e di polemiche pretestuose.

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Commenti

Ci sono 3 commenti

fondare il movimento no-TAR.

Purtroppo sto pagando sulla mia pelle questo modo di fare. Non biasimo il ricorso al TAR ma la troppa soggettività, e spesso impreparazione, della Pubblica Amministrazione.

In Italia è diventato un circolo vizioso: chiedo di fare qualcosa, mi viene impedito dall'amministratore di turno perchè non garantisce ritorni elettorali, si fa ricorso al TAR/CdS, si va a modificare la normativa tramite pressione di varie lobbies con l'approvazione di una legge il più delle volte astrusa e incomprensibile, il cittadino prova a fare qualcosa.... e così via in aeturnum...

preclude qualsiasi idea di limitare le materie nelle quali è possibile impugnare atti della pubblica amministrazione (non solo del governo).

Peraltro, a parte le facili battute, non pare che ci si dolga granché del numero dei ricorsi ai TAR: le ricorrenti denunce riguardano la lentezza della giustizia civile, non di quella amministrativa (che segue una procedura diversa, tendenzialmente più agile).

La riserva alla giurisdizione amministrativa delle vertenza con l'amministrazione pubblica, per quanto criticabile, non è un'anomalia italica ma risale all'impostazione ottocentesca dello stato amministrativo sul modello accentrato francese; in Inghilterra, sino al secolo scorso, non si parlava neppure di un diritto amministrativo. La judicial review dei provvedimenti del governo ebbe il grande pregio di non creare due sistemi giuridici distinti, sottoponendo il governo al diritto applicabile a tutti: non so se l'espansione dello stato amministrativo anche in Inghilterra abbia modificato tale situazione. Le notizie riferite nell'articolo fanno pensare che anche la politica inglese intenda crearsi un'area di privilegio.