Tasse tasse tasse

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La Voce ha pubblicato di recente (si fa per dire) un articolo di De Vincenti e Paladini, in cui fanno un po' di pubblicità al Libro Bianco sulla tassazione dei redditi. Ho letto l'articolo, e sfogliato il libro. Poi è passato del tempo, ci ho ripensato e, collegandomi alla lettera aperta di Michele, espando e rendo un po' più radicali le sue proposte sulla tassazione

Anch'io, come

Michele (e seguendo il suo trittico "Horror Economics" I, II, e III),

sette punti sette (chi si ricorda Penelope Pittstop e i sette formicoli

sette?).

1. La tassazione

sul reddito: una proporzione, uguale per tutti, della differenza tra il reddito

lordo complessivo (ovunque prodotto) e un dato valore fissato dal governo. Il

valore fissato dal governo può dipendere solo da parametri non manipolabili, quali l'età e il sesso.

2. Aboliamo

tutte, ma TUTTE, le detrazioni, deduzioni, sgravi e menate varie per lavoratori

dipendenti. Per i lavoratori autonomi, si tassano i ricavi, dedotti solo i

costi necessari (sì, lo so, nella discussione poi definiamo la parola "necessari") per generare tali ricavi.

3. La tassazione

sul consumo è basata sul valore aggiunto, con aliquota unica per tutti, ma

TUTTI, i beni e servizi.

4. La tassazione

sulla ricchezza è basata sul valore del patrimonio individuale, con aliquota

unica per tutti i patrimoni.

5. La tassazione

sui redditi portati all'estero è fatta con aliquota unica per tutti

(indipendente cioè da chi li porta all'estero, sia un residente/cittadino

italiano o uno straniero).

6. L'incentivazione

microeconomica a cause considerate meritevoli/dannose dal governo di turno si

fa esclusivamente con incentivi o disincentivi diretti, proporzionali al costo

e beneficio sociale di queste attività, non al costo privato.

7. Eccezioni ai

principi di cui sopra possono essere giustificate solo da considerazioni di

efficienza.

Così estremi, forse, non verranno nemmeno considerati da nessuno - ma siamo in fantaeconomia,

no? - quindi posso almeno spiegare perché sarebbero buone idee.

La tassazione in

pratica e in teoria viene fatta per tre ordini di motivi: (i) per generare

reddito (necessario per pagare beni pubblici, difesa e parchi, o beni privati

forniti dal settore pubblico, istruzione e sanità); (ii) per redistribuire

utilità (dai ricchi ai poveri, o in altre direzioni); (iii) per

incoraggiare/scoraggiare il consumo di certi beni (correggendo così esternalità,

tassazione pigoviana, o influenzando il consumo di merit goods, istruzione,

pensioni). Sono tutti obiettivi validi, la cui importanza relativa riflette le

prefenze (ideologia) dei governi e degli elettori. Ognuno di questi obiettivi

va perseguito con lo strumento fiscale adatto, e mi pare che molti dei problemi

dei sistemi fiscali esistenti (non solo quello italiano) siano in gran parte

dovuti al tentativo di perseguire un obiettivo con uno strumento non adatto.

I principi che

dovrebbero ispirare i tre motivi sono efficienza, equità e costo sociale: per

(i) generare reddito e (ii) redistribuire è bene ridurre il più possibile gli

incentivi a modificare il comportamento economico; per (iii) il principio è

quello di uguagliare il costo marginale sociale con il prezzo (le famose tasse

pigoviane)

Vi sono inoltre

considerazioni di efficienza, per cui le distorsioni e i costi amministrativi

(compliance cost) vanno tenuti presente: se far pagare una tassa costa troppo,

la si elimini (anche se costa il posto di lavoro agli impiegati che la

riscuotono).

Commentando in

dettaglio, alla luce di questi principi, le sette proposte sette.

1. Come nei

modellini micro: T = b(Y-a), dove T è l'imposta da pagare, Y il reddito lordo,

a diciamo 5.000 euro per un adulto, b diciamo 0.27. Il parametro a può

dipendere dall'età (che so, 2000 euro tra 16 e 18 anni, e 3000 tra 18 e 22,

12000 sopra i 65), e dal sesso (supponendo che nessuno decida di cambiare sesso

per ridurre l'imposta, ad esempio, 7000 per donne in età in cui potenzialmente

possono avere figli, 24-40?) ma non da variabili quali lo stato matrimoniale,

il numero di figli, la proprietà o meno di motoscafi o cavalli da corsa, il

fatto di essere iscritti all'univeristà, il fatto di essere preti, etc.

L'idea è quella

di non distorcere decisioni individuali e allo stesso tempo di permettere al

governo di fare politica redistributiva (principi (i) e (ii)). Ricordo che l'idea

della flat tax (for it is it) risale a due premi nobel, che penso si trovassero

in disaccordo su tutto il resto, Milton Friedman e James Meade (un governo di

sinistra che voglia redistribuire può farlo alzando a, cosa di cui De

Vincenti e Paladini (p. 150 circa) sembrano non essere consci). Con questo

meccanismo, ad esempio, nessun lavoratore autonomo ha un incentivo fiscale ad

assumere la moglie e i figli: la tassazione totale della famiglia è la stessa

sia che paghi salari sia che distribuisca dividendi (anche se ad esempio, a

è più basso per i giovani al di sotto dei 22 anni: quello che conta è

l'incentivo marginale). Nessuno ha incentivo a spostare redditi da un anno

all'altro (cioè da un anno ad alto reddito ad uno a basso reddito). Altri

principi: il matrimonio dovrebbe dipendere solo dalla propria coscienza, non da

incentivi fiscali. Detrazioni fiscali per figli a carico hanno lo stesso

effetto sul nucleo famigliare, ma con la mia proposta, vengono pagate ai figli

non ai genitori, così non incentivando lo stare a casa dei figli a carico (not

a bad thing in Italy).

Non ho fatto i

conti, ma questa proposta si può, pur essendo infinitamente più semplice, far

coincidere sia con l'Irpef esistente, sia con la proposta De Vincenti-Paladini

(si vedano le figure a pagina 201 e 204 del Libro Bianco), scegliendo opportunamente

a e b.

Ca va sans dire:

il reddito lordo complessivo include tutto. I guadagni in conto capitale, e

ovviamente, anzi, OVVIAMENTE, gli straordinari, e i correspettivi in natura,

auto aziendale, vacanze per la famiglia, asilo gratuito nel posto di lavoro,

ecc.

Questo

integrerebbe la tassazione con il sostegno ai meno abbienti (cosa che, da

persona di sinistra, ritengo necessaria ed equa), senza distruggere gli

incentivi a lavorare, che dipendono dall'aliquota marginale (sembra ovvio, ma

dopo 18 anni di governo Thatcher e Major, i tories hanno lasciato a Blair

aliquote d'imposta effettiva superiore al 100%. No kidding). E farebbe un'altra

cosa fondamentale: renderebbe meno dolorosi i licenziamenti: chi perde il posto

di lavoro (e non appartiene alla categoria dei protetti dalla cassa

integrazione) non dovrebbe far la fame o la carità.

2. Questo secondo

me è self-evident: perché chi va in bicletta o in palestra deve pagare meno

tasse? Perché penalizzare chi sceglie di risiedere lontano da palestre e di

vivere in campagna? Perché io posso dedurre dal reddito 1 ennesimo del costo

del riscaldamento e dell'elettricità (ma non del telefono e dell'acqua) se ho in

casa una stanza su n dedicata esclusivamente a lavoro universitario? (e

quest'articolo, che sto scrivendo proprio in questa stanza, fa parte

dell'esclusivamente?).

A parte considerazioni di equità (la palestra costa di

meno a un ricco), che verrebbero attenuate dall'aliquota marginale costante

suggerita nel primo principio, tutta la baracca è inefficiente: quante ricevute

sono accumulate nei cassetti italiani, per documentare il diritto alle

deduzioni e detrazioni? Quante ore di lavoro di commercialisti e fiscalisti da

un lato, e di impiegati del fisco dall'altro, sono sprecate a sommare spesine,

e a consultare leggi-leggine-circolari ministeriali, a ponderare

sull'eligibilità, e a valutare ricorsi su ricorsi?

E le lobby? Chi fabbrica

scarpe da bicicletta cerca di convincere il

ministro/sottosegretario/deputato/direttore di turno perché vengano anche

queste considerate detraibili, come le biciclette. Il tutto moltiplicato

all'infinito: per quale beneficio, oltre a quello di poter dire,

demagogicamente, di favorire l'ambiente, il turismo, i bambini, la prima casa?

E poi perché queste cose andrebbero favorite? Il giovane all'inizio della

carriera che preferisce essere mobile, e affittare, è meno meritevole del

figlio di papà che riceve in regalo il superattico a 23 anni? Warum? Perché le

donne che hanno un lavoro impegnativo e assumono una bambinaia a tempo pieno

devono sussidiare quelle che timbrano il cartellino alle 5 e possono dedurre

dalle tasse le rette degli asili? Perché le signore piccole possono comprare

vestiti e scarpe per bambini (su cui non c'è IVA) invece che per adulti (sui

quali c'è)? Potrei continuare, ma penso il principio sia chiaro.

3. Quando ero

militare, e tenevo i conti allo spaccio della caserma (Udine, if anybody

cares), i filetti di platessa surgelati avevano IVA al 19% se impanati, al 2%

se no. Perché uno è cibo preparato, l'altro cibo "naturale"; gran

monada. Quando venne introdotta l'IVA sui pranzi al ristorante, qui in UK, per

un po' i fish and chips fecero un prezzo irrisorio sul fish and chips, e un

prezzo salatissimo sul (per l'appunto) sale. Perché? Ma perché c'era IVA sul

fish and chips, ma non sul sale. Perché all'università di York (ma non di

Leicester) io - staff – dovevo pagare di più per lo stesso pranzo di un PhD

student (gli studenti sono esenti da IVA ed io, che agli incentivi rispondo, se

non c'era alla fine della coda la cassiera cui stavo simpatico e si dimenticava

di chiedermi "staff or student?", mi comportavo da barone italiano, e

mandavo lo studente a prendere il vassoio per me). Che senso ha tutto ciò?

4. Ovvio, se

uno è favorevole ad un imposta patrimoniale (io lo sono). Questo vale sia per

la tassa imposta anno per anno sia per quella imposta in caso di morte. Perché

un figlio che eredita deve pagare meno tasse di un cugino? Quale principio

economico suggerisce che lo stato deve incentivare il mantenimento delle

dinastie e il nepotismo?

5. Non

necessariamente la stessa dell'aliquota dei redditi che restano in Italia: probabilmente

più bassa, sia per considerazioni di equità (chi abita all'estero non

usufruisce dei servizi pagati con le tasse), sia di efficienza: abbassare

l'imposta incentiva a venire a produrre reddito in Italia anche se si intende

portarlo poi all'estero. In altri termini, visto che la fonte di reddito più

mobile è il capitale, a investire capitali in Italia.

6. È legittimo

che il governo preferisca certi consumi e servizi: le macchine verdi, le

pensioni, l'esercizio fisico della popolazione, l'istruzione privata,

l'investimento in tecnologie avanzate. Ed è legittimo che ne spreferisca altri, il fumo, l'alcol, gli SUV, l'istruzione privata, la circolazione in auto private, etc. Va bene, un

governo lo può fare, ma si faccia con strumenti diretti ed esplicitamente volti

a cambiare il comportamento economico: accise (unit tax) sul consumo di

sigarette, alcol, benzina (proporzionale, ad esempio, al contenuto alcolico o

di nicotina o di piombo). Sono sovrapprezzi sul consumo, prelevati al momento

dell'acquisto, per comodità ed efficienza (con qualche eccezione, come la tassa

di circolazione per le auto, che, senza costi elevati, si può far pagare anno

per anno). Idem con patate per gli investimenti. Sono più complicati, ma il

principio è che si vuole ridurre il costo di certi investimenti. Nonostante la

complicazione esistente, c'è poca fantasia: gli investmenti rischiosi sono

finanziati a fondo perduto, non con risk-sharing (cioè una situazione dove il

fisco fa il venture capitalist, pourquoi pas?, il fisco ha sicuramente più

capacità di assorbire il rischio di uno start-up entrepreneur). Idem con

ulteriori patate per l'investimento in capitale umano. Se si vuole che la gente

vada all'università gli si dia un voucher per andare all'università (che nel

frattempo, se hanno seguito i miei consigli passati, qui

e qui,

è bella privata).

7. In certi casi,

il costo di applicare i principi di cui sopra eccede il beneficio di non

distorcere il comportamento, e il pragmatismo suggerisce che si possa derogare

ai principi di cui sopra. La tassa patrimoniale per patrimoni

"piccoli" è un esempio; un altro sono i lavoratori autonomi con

redditi bassi, il pensionato che fa mobili per gli amici e i conoscenti, e ai

quali far pagare l'IVA crea burocrazia e genera poco reddito. Vero, ci saranno

gli idraulici che chiedono ai clienti di comprare i radiatori e i tubi, per

restare al di sotto della soglia di ricavi annuali, il costo di queste

distorsione è basso. E vero ci saranno i professionisti che non rilasciano

fattura e i ristoranti che non rilasciano ricevuta, per stare al di sotto del

limite, ma questa è evasione, e non ho mica detto di eliminare gli ispettori

fiscali, anzi.

 

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Commenti

Ci sono 9 commenti

Nonostante l' idea di fondo mi convinca (aliquota unica senza tante eccezioni), ci sono alcuni punti che fatico a mandar giù. Non so se è solo questione "ideologica".

 

Il valore fissato dal governo può dipendere solo da parametri non manipolabili

 

I "valori non manipolabili" sono belli ma mi ricordano tanto l' efficienza parodiata da Mankiw quando proponeva di tassare sulla base della statura.

 

La tassazione sul consumo è basata sul valore aggiunto

 

Nel suo libro l' economista Pascal Salin spiegava come su un libero mercato non fosse possibile tassare i consumi mediante un' imposta sul genere dell' "IVA". L' IVA si risolverebbe in una tassa sui fattori produttivi.

 

La tassazione sulla ricchezza è basata sul valore del patrimonio individuale

 

Tassare sia il reddito che il patrimonio non mi piace tanto, ma questa forse è ideologia. Se però i consumi vengono ritenuti "tassati" dall' iva o imposte similari, ho l' impressione che il consumo sia molto incentivato a scapito di risparmi e investimenti.

 

 

 

 

 

 

1. Mankiw ha ragione, si puo' arrivare a estremismi; il principio e' che le differenze del valore di a hanno a che fare con la capacita' contributiva (come nelle prima poll tax che tassava i duchi differentemente dai baroni e dai conti (e' una footnote in Atkinson e Stiglitz), come come negli esempi che do).

2. Non conosco Pascal Salin, ma se intuisco dal tuo accenno andrebbe bene: per secondo teorema del benessere, tassare gli endowment e' la tassazione piu' efficiente.

3. D'accordo anche qui: se tassara il patrimonio o no e' una scelta ideologico/politica; dato che si e' dediso di tassarlo, da economista si puo' dire che aliquote diverse per trasferimenti in vita, aliquote diverse secondo il grado di parentela and so on, e' inefficiente e non necessariamente equo, quindi va evitato. 

 

 

Non ricordo bene dove, ma tempo fa leggevo su un quotidiano online del canton ticino che in Svizzera la tassazione dei carburanti dei mezzi di trasporto è utilizzata quasi esclusivamente per l'ammodernamento e la manutenzione della rete stradale e per disincentivare l'inquinamento , ed eventuali aumenti delle accise vengono spesso  approvati solo dopo referendum consultivi.

Mi sembra un esempio di chiarezza nei conti ubblici che sarebbe auspicabile anche qui. 

 

In genere, l'aliquota marginale nei modelli di tassazione ottima e'  non costante, e dipende sostanzialmente da tre oggetti: l'elasticita' dell'offerta di lavoro (compensata e non ), la distribuzione degli skills nella popolazione, e quanto redistributivi sono i gusti del social planner. E piu' o meno c'e' consenso che anything goes, nel senso che puoi ottenere virtualmente tutti i patterns di aliquote marginali che vuoi, variando  questi tre oggetti.  Per ottenere  aliquote marginali  costanti, o  stai approssimando la soluzione ottima, o la stai vincolando in the first place a essere lineare, immagino tenendo conto dei costi della complessita'. Hai piu' o meno idea di quanto debbano essere alti questi costi per rinunciare a non-linearity?  Ad esempio, quanto perdi in termini di benessere ad  avere una sola aliquota invece che 3 come Michele? Poi un'altra cosa, se il 27% e' un numero che hai messo di proposito, hai idea piu' o meno di quanto questo sia realistico in termini dei parametri di cui sopra (elasticita' etc.). Chiedo perche' , ad esempio, Saez 2001 Restud p.224 trova aliquote (per fully non linear) uniformemente piu' alte , se non forse per l'aliquota piu' bassa nel caso Utilitarian.

 

verissimo, come sospetti, but are too polite to say, il 27% era out of the blue; per fare i conti per bene bisognerebbe tener conto del vincolo del bilancio pubblico, che, almeno inizialmente, e' dato; bisogna tener conto anche dell'imposta patrimoniale e quella sui consumi, che genera reddito aggiuntivo, visto che non ci sono consumi esenti.  

saez e altri fanno i conti per l'UK (qui) e ottengono che l'imposta marginale e' molto piu' (vicina a quella) costante di adesso (vedi p 20, e Figure 1B e 4A).  

cio' che mi premeva era il fatto che l'aliquota fosse costante, non tanto il valore, sia per semplificare, sia per evitare costosi e inefficienti arbitraggi: tra componenti della famiglia (appartamenti e azioni intestati a figli e mogli, che creano casini e costi legali, nel caso di divorzi e/o litigi), e per la stessa persona intertemporalmente (aspetto l'anno prossimo a vendere la casa, per avere un'aliquota piu' bassa, o finisco di prendere consulenze verso la fine dell'anno finanziario).

incidentalemte, penso sia istruttivo confrontare l'elenco dei contribuenti al libro bianco sulla tassazione in Italia (qui, p III), e il corrispondente in UK.