Non c’è una definizione precisa di recessione ma, per i pignoli, essa viene considerata equivalente a due trimestri consecutivi di calo del PIL. Siccome è una definizione basata sulle variazioni da un trimestre al successivo, bisogna distinguere tra crescita tendenziale e crescita congiunturale per capire cosa implichi dire "la recessione è finita".
Per la crescita annuale questo problema non si pone. Si guarda al Pil rispetto all’anno prima e si calcola la crescita: (Pil2009 – Pil2008)/Pil2008. Per la crescita trimestrale invece il problema si pone: ci si basa sulla crescita rispetto al trimestre precedente o allo stesso trimestre dell’anno precedente?
Si possono guardare tutte e due le misure. Allora, per il terzo trimestre 2009:
- La crescita congiunturale guarda l'aumento di Pil rispetto al secondo trimestre 2009: (Pil2009Q3 – Pil2009Q2)/Pil2009Q2.
- La crescita tendenziale guarda l'aumento di Pil rispetto al terzo trimestre 2008: (Pil2009Q3 – Pil2008Q3)/Pil2008Q3.
L'Istat riporta entrambe le misure e qui sotto ricopio il primo grafico che mette a confronto i due metodi:
Non so perché per un grafico si usi la linea e per l'altro le barre. Il punto è che per il terzo trimestre 2009 la “crescita” (per modo di dire) tendenziale è stata del –4.6%, mentre la crescita congiunturale è stata +0.6% (e cioè l’ultima barretta positiva nel grafico di destra). Questo +0.6% è stato definito l'inversione di rotta, la tanto attesa fine della recessione. Questo risultato in territorio positivo interrompe, infatti, la fila di 5 trimestri negativi. Ora, questa interpretazione (anche se formalmente corretta) mi lascia un po' perplesso perché ho sempre pensato sia molto più sensato guardare alla crescita tendenziale per definire compiutamente l'andamento ciclico di una economia.
Difatti, prima del crollo incominciato a primavera 2008, il grafico di sinistra dice che non ci sono state recessioni durante l'ultimo decennio. Se invece guardiamo il grafico di destra, nel quale si festeggia la fine della recessione, allora scopriamo che questo decennio è stato tappezzato da recessioni. Guardando la crescita congiunturale scopriamo due trimestri negativi praticamente ogni due anni: nel 2001, nel 2003, nel 2005, quasi nel 2007 e, naturalmente, il tracollo dal 2008.
Guardando alla crescita tendenziale scopriamo che nel terzo trimestre (Q3) del 2009 il livello dell'output è ancora a –4.6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. I dati dicono insomma che dopo un anno il PIL è ulteriormente sceso, quindi c'e' poco da rallegrarsi.
Ma torniamo alla crescita congiunturale. È possibile che nel trimestre estivo (il terzo) del 2009 l'economia italiana sia cresciuta rispetto al trimestre primaverile (il secondo)? Certo che no, i mesi di luglio ed agosto sono i mesi dove nel Bel Paese tutti vanno in vacanza e il PIL stagionalmente diminuisce rispetto alla primavera. Per questo le statistiche vengono giustamente destagionalizzate. Questo vuol dire che, per poterli paragonare tra di loro, i dati trimestrali vengono moltiplicati per un coefficiente stagionale. Per questo il PIL del terzo trimestre 2009 è stato moltiplicato per un coefficiente maggiore di 1 mentre il PIL del secondo trimestre 2009 era stato moltiplicato per un coefficiente minore di 1. Di quanto, di preciso? Il numero esatto non lo so perché utilizza un modello statistico sofisticato basato su serie storiche che tengono conto di trend, ciclo e stagionalità (e nel labirintico sito dell'Istat non trovo il dettaglio di quale sia la stima attuale del modello ARIMA stagionalizzato che usano). Quanto segue, quindi, è congetturale ma non impossibile né, io credo, improbabile.
Possiamo farci un'idea paragonando i dati trimestrali italiani, con e senza stagionalità, disponibili nel sito di Eurostat negli anni precedenti.
PIL Italiano (Indice anno2000=100) | |||
---|---|---|---|
trimestri | Destagionalizzato | Effettivo | rapporto |
2002Q1 | 101.8 | 99.2 | 1.026 |
2002Q2 | 102.2 | 103.6 | 0.987 |
2002Q3 | 102.3 | 101.9 | 1.004 |
2002Q4 | 102.5 | 104.5 | 0.981 |
2003Q1 | 102.3 | 99.7 | 1.026 |
2003Q2 | 101.9 | 103.2 | 0.987 |
2003Q3 | 102.2 | 101.7 | 1.006 |
2003Q4 | 102.6 | 104.5 | 0.982 |
2004Q1 | 103.2 | 100.8 | 1.025 |
2004Q2 | 103.6 | 105.3 | 0.983 |
2004Q3 | 104.0 | 103.5 | 1.004 |
2004Q4 | 103.8 | 105.7 | 0.982 |
2005Q1 | 103.7 | 101.1 | 1.026 |
2005Q2 | 104.3 | 106.2 | 0.982 |
2005Q3 | 104.8 | 104.4 | 1.004 |
2005Q4 | 105.0 | 106.4 | 0.987 |
2006Q1 | 105.7 | 103.5 | 1.021 |
2006Q2 | 106.3 | 108.0 | 0.985 |
2006Q3 | 106.8 | 106.2 | 1.006 |
2006Q4 | 107.8 | 108.9 | 0.990 |
2007Q1 | 108.2 | 105.9 | 1.021 |
2007Q2 | 108.3 | 109.9 | 0.985 |
2007Q3 | 108.5 | 108.0 | 1.004 |
2007Q4 | 108.0 | 109.4 | 0.987 |
2008Q1 | 108.5 | 106.2 | 1.022 |
2008Q2 | 107.9 | 109.5 | 0.986 |
2008Q3 | 107.1 | 107.0 | 1.001 |
2008Q4 | 104.9 | 106.1 | 0.989 |
Nota: Dati Eurostat. Based on chain-linked volumes |
Notiamo che la destagionalizzazione trimestrale varia di anno in anno a seconda di diversi fattori, mantenendo però pressapoco lo stesso rapporto (paragonate tra loro le celle, che sono colorate per trimestre). Benissimo, ma questi coefficienti sono attendibili anche in un anno di crisi anomala? Faccio un esempio estremo. Mediamente ogni primavera una ditta produce 100 e d’estate riduce l’attività producendo 50. Per destagionalizzare moltiplichiamo la produzione estiva per 2, così se una primavera si produce 104 e d’estate si produce 52, la crescita congiunturale destagionalizzata rimane 0% = (52*2-104)/104. Ora la nostra ditta subisce in primavera un crollo degli ordini e decide di comportarsi come se fosse estate (mandare tutti in vacanza). La produzione primaverile viene ridotta a diciamo 80, mentre d’estate si riduce come al solito a 50. Utilizzando i coefficienti stagionali storici risulterà che la nostra ditta ha avuto un’impennata di crescita congiunturale nel periodo estivo: +25% = (50*2-80)/80.
Come la tabella indica, per eliminare l'effetto stagionale la produzione primaverile viene ridotta moltiplicandola per un fattore che va da 0.983 a 0.986, mentre quella estiva viene aumentata moltiplicando per qualcosa tra 1.001 e 1.006. Insomma, giocando con la destagionalizzazione e' possibile un margine di variazione di quasi 1% nella variazione del PIL fra i que trimestri. Considerando che d’estate l’impatto della crisi è meno accentuato, dato che tante ditte riducono la produzione comunque, quel +0.6% congiunturale e' da prendersi con le pinze. Insomma se per l'estate 2009 si fosse usato un coefficiente di destagionalizzazione troppo alto, si sarebbe creata una falsa impressione di crescita.
Ovviamente tutto questo non è vero e, magari, il coefficiente usato sovrastimava la stagionalità, per cui c'è stata più crescita di quanto sia stato annunciato. Tutto è possibile, ma io sono un veneto molto cauto: la recessione, secondo i miei conti, non è ancora finita perché la crescita tendenziale del terzo trimestre 2009 è uno spaventoso –4.6%. La crescita congiunturale basata su dati destagionalizzati è meno attendibile in presenza di un’annata anomala, e quel +0.6% bisogna prenderlo con le pinze.
Scusate la pignoleria.
Scuse accettate. Esiste qualche dato sulla "ricostruzione" delle scorte ? Perchè la mia sensazione è che, almeno per il manifatturiero, il "rimbalzo" è dovuto in buona parte alla ricostruzione delle scorte, usate a piene mani durante i periodi bui, e non certo a motivi strettamente connessi all'uscita dalla crisi.