Vi proponiamo un dilemma morale. Immaginate di essere un professore in una certa università italiana, e che la vostra facoltà abbia l'ormai rara opportunità di assumere un nuovo collega. Due candidati sono in ballo. Per un concorso di circostanze, la decisione sta interamente a voi. Per esempio, dopo ampie consultazioni con i colleghi avete capito che il numero dei sostenitori dell'uno e dell'altro candidato sono uguali, e vi trovate dunque ad essere l'ago della bilancia. Si' dà il caso che uno dei candidati sia un amico; l'altro no, anche se è sicuramente migliore del vostro amico sul piano accademico.
Immaginate ora anche, per un breve momento, di essere una persona guidata più dall'interesse personale, e meno da norme astratte di comportamento. Avete ragioni a favore dell'una e dell'altra scelta. L'amico è un amico, e favori fatti oggi avranno contropartite domani. L'altro, amico non è, e quindi non si può contare su di lui nel futuro. Ma la maggiore abilità accademica potrebbe portare dei vantaggi. Per esempio, il dipartimento acquisterebbe lustro grazie alla sua presenza. D'altra parte, un albero grande fa ombra, ed essendo umano, e quindi attento alla vostra collocazione nella gerarchia della facoltà, non siete sicuri che questo sia poi un gran guadagno. Stando così le cose, ed essendo voi come si diceva umano, molto umano, propendete per l'amico. È in fondo una storia comune.
Ora però il Ministero vi fa sapere che una quota del Fondo di Finanziamento Ordinario sarà in futuro assegnata ai dipartimenti sulla base della quantità e qualità della ricerca prodotta nel dipartimento. Questa quota aggiuntiva sarà distribuita (dicamo così, per semplicità) ugualmente fra i membri del dipartimento. In seguito a questa comunicazione, i vostri conti cambiano, e l'amico meno capace è improvvisamente un po' meno attraente. Questa è naturalmente una conseguenza positiva: gli incentivi offerti cambiano la scelta, e nella direzione giusta. Sulla massa delle decisioni, una serie di piccoli effetti marginali, sommandosi, dà un effetto totale di miglioramento. Il problema è, di quanto?
Facciamo qualche conto. Fra il 1994 e il 2008 il FFO è aumentato in media per anno di circa il 5 per cento. La percentuale è diversa fra le varie regioni, fra un minimo di poco più del 3 per cento all'8 per cento. Se si guarda alle singole università ci sono state differenze non piccole, con variazioni del tasso di crescita annuo fra il 3 e il 14 per cento. Negli anni, dunque, una qualche differenziazione c’è stata sulla base di un tentativo, modesto sia per gli indicatori che per le risorse utilizzate, di premiare le università più efficienti.
Nel 2009 è stata fissata una percentuale del 7% del FFO da distribuirsi tra gli atenei come quota premiale per i risultati conseguiti. Francesco Giavazzi sottolinea sul Corriere (Le Università sotto esame) che la quota premiale cumulabile nel tempo consentirà agli atenei virtuosi di ricevere nel 2011 fino al 14% in più, mentre in altre sedi il taglio potrebbe superare il 14%. Ma, può ritenersi sufficiente una disponibilità complessiva del 7% del FFO per le valutazioni dell’istituendo ANVUR? L’ordine di grandezza dei possibili premi non si discosta poi moltissimo dalle cifre già osservate. Siccome i risultati delle università italiane negli ultimi 16 anni non sono stati eccellenti, dubitiamo che l'effetto sia notevole.
Ma ci sono due altre considerazioni di cui tener conto. La prima è che, intanto, assumere l'amico paga subito, e con certezza, o con certezza si costituisce un credito a vostro favore. Assumere il candidato capace paga forse (se viene, e se mantiene le promesse, e se resta) e nel futuro (le giovani promesse non si realizzano subito) e il premio viene poi condiviso con gli altri membri della facoltà o del dipartimento.
Veniamo alla seconda considerazione. Al nostro ipotetico dilemma morale aggiungiamo ora una tentazione. Invece di decidere se chiamare o meno un candidato, ora siete membri di una commissione che deve decidere l'idoneita di un gruppo di candidati. Membro della stessa commissione è un professore di una diversa Università del Ponente, che ha un candidato a cui tiene moltissimo nella rosa di chi ha fatto domanda. Supponiamo che il candidato non sia neppure mediocre. Ma vi viene proposto uno scambio: il vostro candidato riceverà il voto del membro della Università del Ponente, se voi in scambio votate il loro. Che interesse avete a dire di no? Non necessariamente la proposta sarà esplicita. Ma lo stesso risultato sarà assicurato da una estenuante discussione che alla fine spingerà tutti a risolvere le divergenze di valutazione attribuendo ai candidati in discussione (e la lista fatalmente si allargherà!) l’idoneità. Ora, questo è esattamente il meccanismo concorsuale che la nuova riforma ha messo in piedi. Che ci possiamo aspettare dalla combinazione delle due parti, incentivi finanziari piccoli e liste aperte di idoneità?
Conclusione: La riforma universitaria corrente sta mettendo insieme un incentivo che va nella direzione giusta, ma debole, con uno che va nella direzione sbagliata, e forte. Gli effetti, pessimi, non potranno mancare. Morale, di metodo: gli incentivi sono molto facile da capire, se ci si pensa con calma e precisione. Usiamoli con più attenzione.
Articolo assolutamente da condividere. Il nuovo sistema, come tutti i meccanismi concorsuali inventati negli ultimi quarant'anni, non servirà a niente e potrebbe peggiorare la situazione, a meno che l'ANVUR non funzioni miracolosamente bene.
L'articolo è però impreciso laddove afferma
Prima del 2008, l'allocazione del FFO è dipesa da una formula complessa, senza riferimento alla qualità della ricerca. Ques'ultima (il renking secondo il CIVR) è stata introdotto fra i parametri di calcolo solo nel 2009.
Non a caso abbiamo parlato di “un tentativo, modesto sia per gli indicatori che per le risorse utilizzate, di premiare le università più efficienti”. La considerazione dei risultati CIVR, che pur vi è stata nella distribuzione del FFO negli anni 2006-2008, è stata infatti quantitativamente risibile. Dunque, nessuna imprecisione direi.
Non è proprio così: una modesta percentuale della quota di riequilibrio è stata attribuita sulla base di una valutazione della ricerca basata sui successi nei PRIN ai tempi del Ministro Zecchino. La valutazione della ricerca è stata introdotta di nuovo dal Ministro Moratti nel 2004. Ogni nuovo ministro si attribuisce il merito di aver introdotto la valutazione (non solo della ricerca), per la distribuzione del FFO. In realtà si tratta di una innovazione che risale al 1994. Naturalmente sono nuovi i criteri di valutazione della ricerca introdotti dal Ministro Gelmini (o dai suoi consiglieri) in particolare l'utilizzo delle valutazioni VTR che non erano disponibili ai precedenti ministri. In ogni caso anch'io condivido abbastanza il pessimismo di Paola Potestio sulla applicazione della legge. Per la abilitazione, specialmente per l'abilitazione a professore di seconda fascia, tutti gli incentivi sono diretti a favorire un certo lassismo, o, se vogliamo, una certa generosità. Per nostra fortuna i ricercatori universitari di oggi sono molto migliori di quelli di dieci o venti anni fa e tutto sommato meritano una promozione. Il problema è quindi quello finanziario: come si potrà procedere ad un sia pure modesto reclutamento di esterni al sistema se tutti i fondi disponibili dovranno essere impiegati per promuovere ad associato almeno 15.000 (ma forse addirittura 20.000) ricercatori a professore associato?