Provo a spiegarlo attraverso due esempi.
Il triangolo no, (così) non l’avevo considerato
Nel 2010/2011, gli alunni delle classi III della Scuola Secondaria di I grado si trovarono di fronte a questo problema, apparentemente innocuo.
All’epoca il quesito scatenò molte polemiche: solo il 29% circa dei ragazzi fu, infatti, in grado di calcolare l’area e appena il 25% riuscì a spiegare come aveva fatto ad arrivare alla soluzione.
Ma perché gli studenti di terza media si sono trovati in così grave difficoltà di fronte a questa semplice domanda?
La risposta è tanto semplice quanto disarmante: la colpa è nostra!
Sono convinto che la stragrande maggioranza di triangoli che noi insegnanti disegniamo alla lavagna siano come quello disegnato a sinistra: tre angoli acuti, base orizzontale e una comoda altezza verticale che cade all’interno del triangolo stesso.
Sarà forse per questo motivo che gli studenti, posti di fronte a una situazione “anomala” in cui l’altezza “ovvia” cadeva al di fuori della base, si sono trovati in difficoltà?
Facciamo quindi tesoro di questa prova, sforziamoci di proporre anche triangoli come quello disegnato a destra e facciamo disegnare tutte e tre le altezze. In questo modo eviteremo cattive associazioni (l’altezza come segmento verticale che cade all’interno del triangolo) e spiegheremo correttamente il concetto di perpendicolarità.
Non è un caso isolato. Per semplificare disegni e conti, usiamo spesso condizioni particolari per illustrare concetti generali. Quanti docenti, per spiegare il legame tra integrale definito e area, utilizzano la seconda immagine e non la prima?
Percentuali, queste sconosciute
Passiamo ora ai test dello scorso anno e in particolare a quelli rivolti agli studenti di II della scuola secondaria di II grado. Qui l’esercizio che ha destato più problemi è stato il seguente:
I risultati sono molto preoccupanti:
Non trovate anche voi sconcertante che in Italia meno di un quindicenne su dieci sia in grado di calcolare una semplice percentuale?
Certo, potrebbe trattarsi di un mero errore di distrazione (si richiedeva l’aumento percentuale dal 2001 al 2005 mentre i dati partivano dal 2000), ma purtroppo questo risultato è troppo in linea con quanto osservato in classe ogni anno per liquidarlo in questo modo: le percentuali sono un argomento che gli studenti fanno molta fatica a digerire, non solo al biennio.
Questa non deve, ovviamente, essere una giustificazione ma uno sprone a rivedere i nostri programmi didattici, magari riducendo l’enorme peso che diamo al calcolo algebrico, spesso fine a se stesso.
Conclusione
Questi sono solo due esempi ma potremmo andare avanti per ore, esaminando i quesiti uno per uno e ragionando sulle implicazioni che derivano dai risultati ottenuti dagli studenti. Potremmo, ma non lo facciamo.
È molto più comodo liquidare i Test Invalsi come noiosi, inutili e mortificanti test nozionistici a crocette.
all'università non sono riusciti a risolvere un quesito elementare (trova il numero mancante nella seguente sequenza 16 06 68 88 xx 98) proprio per il motivo ben evidenziato nell'articolo. Ma come insegnare a pensare?
Diciamo che nella formulazione originale era più facile arrivare alla soluzione :-)