Iniziamo obbligatoriamente con il link al sito del governo, www.tfr.gov.it
scritto un po' in burocratese ma efficace. Si apprende da esso che
la scelta va fatta entro il 30/6/2007 e sorge subito il dubbio: ma
perche' un lavoratore non puo' scegliere la destinazione quando vuole,
nell'ammontare desiderato? Esiste poi una bizantina regola del
silenzio-assenso che dovrei rileggere tre volte per ricordare e spiegare, meglio dunque passare ad
altro. Altra stranezza e' la possibilita' di destinare le somme a fondi
"aperti", gestiti da banche o societa' di gestione mobiliare, o fondi
"negoziali" (c.d. "chiusi") gestiti sostanzialmente come stabilito da
accordi collettivi, e cioe' possibilmente da rappresentanti di
lavoratori ed imprenditori. Dico stranezza perche' noi amerikani siamo
abituati a destinare le somme dei nostri fondi pensione nelle casse di grosse
compagnie di gestione come Vanguard o TIAA-Cref, che presumibilmente
sanno fare questo lavoro piu' efficientemente e con costi minori di oscuri comitati aziendali.
Comunque, per non essere maligni, diciamo che piu' scelta c'e'
meglio e'.
Piu' gradevole nel linguaggio e nella grafica e' lo speciale di Repubblica,
che surclassa quello del corriere che non linko, e contiene i moduli per
l'adesione in formato pdf. Per chi volesse completezza e dovizia di
informazioni, vale la pena invece la consultazione del sito del Sole 24 ore, che include la sezione "Esperto Risponde TFR",
contenente le risposte a numerose domande specifiche. In questi siti si trova qualche informazione aggiuntiva rispetto al sito governativo. Si impara per esempio dalla sezione "ABC della riforma" del sito di Repubblica che la scelta di conferire
il TFR ai fondi non e' revocabile, mentre la scelta di non conferirli
lo e'. Se questo e' vero, gli incerti del 29 Giugno potrebbero
scegliere di tenere i fondi nel TFR aziendale e cambiare idea
successivamente (scelta che pero' avra' effetti solo per i fondi maturati
successivamente). Apprendo poi che le somme maturate vanno destinate tutte allo stesso fondo, il che
rende un po' problematica la scelta della composizione di portafoglio.
Ma c'e' di peggio: i fondi sono trasferibili fra fondi solo dopo due
anni dall'iscrizione, il che rende possibile ma difficile la riduzione del profilo di rischiosita' della scelta all'avvicinarsi
della data della pensione, o la gestione della rischiosita' al variare
del ciclo economico. I fondi sono liquidabili anticipatamente (fino al
75%) solo in caso di acquisto di prima casa per se' o per i figli (ma
solo dopo 8 anni), o in caso di malattia grave. Dimissioni e
licenziamento non consentono, al contrario del TFR, l'esborso
anticipato, quindi la destinazione in una forma alternativa perde la funzione del TFR di "assicurare" il lavoratore contro la perdita del posto di
lavoro.
Lo speciale de la Repubblica contiene simulazioni che consentono di confrontare i rendimenti delle diverse
opzioni sotto varie ipotesi. Vale anche la pena di citare anche il
bell'articolo di Agar Brugiavini
dell'Universita' di Venezia che riporta le sue simulazioni sulla
voce.info. I risultati concordano nel ritenere i fondi (chiusi o
aperti) in media piu' convenienti del TFR, con un certo grado di
varianza, ma invito a leggere le fonti per i dettagli. Beppe Scienza dell'Universita' di Torino in un'intervista rilasciata aFamiglia Cristiana
lo scorso gennaio invece consiglia al lettore di tenere
il TFR presso il datore di lavoro. Tale intervista si sta propagando in
rete via email come una catena di S. Antonio telematica e viene citata come fonte accademica da alcuni dei moltisiticontrari
alla scelta TFR; alcuni di questi siti sembrano una barzelletta. Per
esempio certi lamentano con toni apocalittici che il TFR verra' usato
dal governo per finanziare varie guerre espansionistiche (non
trovo piu' il link ma vi assicuro che esiste!). Ovviamente per questi tipi di
investire in azioni non se ne parla nemmeno. Suggeriscono dunque di
lasciare il TFR al datore di lavoro (e la lotta di classe dov'e' finita? mah!). Insomma, il tutto mi e' sembrato piuttosto sospetto.
Ho percio' voluto controllare il sito di Beppe Scienza.
Il professore ha una cospicua attivita' editoriale (libri, sito web,
interviste) mirante a dimostrare (con toni un po' meno radicali dei
siti citati sopra a dire il vero) che l'investimento in fondi comuni,
specialmente azionari, e' difficilmente giustificabile, a causa delle alte
commissioni praticate dai gestori; se proprio si vuole investire in
azioni, meglio il fai-da-te, ed il professore anche indica un paniere
di azioni da lui consigliato. La sua contrarieta' alla destinazione del
TFR ai fondi di previdenza complementare sembra quindi una scelta
naturale, dato che i fondi (aperti o chiusi) avrebbero dei costi
simili. [Idea Ex-Kathedra #1: quanto
costa investire in fondi comuni in Italia? Risposta breve, non
documentata e possibilmente errata: costa, in commissioni di gestione,
almeno il triplo di quanto costi un economico fondo - gestito -
statunitense; costa almeno otto volte il costo di un index-fund].
Beppe Scienza riporta poi nel suo sito, citando uno studio di Mediobanca, che l'investimento in titoli azionari e' meno conveniente di quanto si pensi. Per esempio, "dal 1960 al 1990, [ci sono state] perdite reali dell'investimento azionario del 60% pur tenendo conto dei dividendi".
Ora, la scelta delle date e' un po' birichina (da un picco ad un
fondale del mercato), quindi sono andato a guardarmi lo studio Mediobanca. Effettivamente i dati fanno un po' spavento, e danno l'idea
di una borsa che non rende granche' e che e' soggetta a rischi di
perdita anche in archi temporali piuttosto lunghi. [Idea Ex-Kathedra #2: investire in borsa in Italia rende o non rende un
accettabile premio al rischio? Questa in realta' e' un'idea per un
paper, altro che Ex-Kathedra. Panetta e Violi di bankitalia stimanoper esempio che nell'arco 1892-1993 esiste un equity-premium puzzle simile a quello della borsa americana].
Ovviamente, anche se la borsa italiana storicamente
non ha reso granche', esiste la speranza che l'introduzione massiccia
di fondi pensione nel mercato azionario renda la borsa un vero mercato
di capitali piuttosto che il luogo dove le solite ricche famiglie
possono spennare i piccoli azionisti. Comunque sia, la decisione di investire in fondi, chiusi o aperti, deve tener conto
della propria propensione al rischio, e delle spese di gestione del
fondo. Concludo con solo paio di dati, per fornire un termine di paragone: il Vanguard 500 Index Fund,
che investe in un paniere di azioni simili a quello dell'indice S&P
500, costa in spese di gestione lo 0.18% l'anno. L'Equity Income Fund, un fondo gestito (e cioe' composto da un paniere di azioni variabili a scelta dal gestore), costa lo 0.31% annuo. Una breve ricerca su
internet rivela che il piu' economico fondo azionario italiano che ho trovato (fra i fondi non pensionistici - gli unici per i quali sono riuscito a trovare i prospetti online, e con difficolta') carica
sui propri investitori non meno dell'1.45%. La mia ricerca e' stata
piuttosto limitata per motivi di tempo. Se qualcuno ne trova uno meno
caro, piacere di essere smentito. Altrimenti, e' con questi costi
(leggi: mancanza di concorrenza) che dobbiamo confrontarci. E qui sorge
il dubbio finale: perche' il legislatore non ha pensato, piuttosto che
all'istituzione di fondi negoziali e/o aziendali, a facilitare
l'investimento in fondi esteri? Quanto costano i fondi tedeschi, o
olandesi, o francesi, per i quali non esiste nemmeno il rischio di
cambio? Voglio sperare che uno dei nostri lettori residente nei suddetti stati possa fornire una risposta senza dover spenderci troppo tempo.
Non ho parlato dell'aspetto fiscale, e cioe' delle tasse che vanno pagate su tanta bonanza. Nessuno dei siti che ho citato ne parla chiaramente, ed e' un peccato perche' dal poco che ne ho capito finora potrebbe trattarsi di un fattore cruciale nella scelta fra TFR e previdenza complementare. La normativa e' parecchio complicata, e soggetta ovviamente a cambiamento. Ci viene per fortuna in aiuto Agar Brugiavini nell'articolo della voce.info citato sopra. Le sue simulazioni non includono il diverso trattamento fiscale, ma nel paragrafo "L'incidenza della tassazione", rivela che il trattamento delle somme contribuite (non dei rendimenti) e' molto diverso, a svantaggio (notevole) del TFR. Quasi quasi la faccio anch'io una simulazioncina.
Concludo, vista la natura dell'articolo, con una nota strana ma doverosa: idee, innuendi, freddure, consigli e suggerimenti contenuti in questo articolo sono frutto della mia mente possibilmente malata, e non sono necessariamente avallati e condivisi dal mio datore di lavoro, al quale della destinazione del TFR non puo' interessar di meno.
... se sei avverso al rischio forse il TFR non e' la peggior scelta che tu possa fare.
Mi spiego: con
un inflazione attorno al 3% (che implica un 2.25% di rendimento nominale del
TFR), un costo di gestione dei fondi pari come minimo ad un 1.5%, ed un
rendimento garantito del TFR pari ad un altro 1.5%, occorrerebbe che il fondo
azionario GARANTISSE piu' del 5.25% di rendimento annuo per battere la scelta di
lasciare i propri soldi in azienda. Il che non mi sembra per niente facile,
specialmente alla luce delle molte restrizioni (tutte insensate ed inutili, ma
esistenti) che la legislazione italiana impone sulle somme gestite attraverso
fondi privati. In particolare, dal TFR si puo' uscire, mentre come ci ha spiegato Andrea, dai fondi no. Chissa' perche'!
Con un grado decente di avversione al rischio, ed a
meno che non ci si aspetti un'inflazione di molto superiore al 3%,
meglio lasciare i propri soldi in azienda. Tenete conto che il TFR e' garantito
e quindi il rischio creato all'investire in una singola azienda sparisce, visto
che esiste un fondo di garanzia presso l'INPS, finanziato con contributi dei
datori di lavoro. Mi sembra che il TFR batta per il momento anche l'investimento in titoli di
stato. Non ho un'idea precisa di cosa rendano i titoli del debito pubblico italiano o tedesco ma non credo superino il 5.0% annuo. Ho appena dato un'occhiata alla curva a
termine ed alle quotazioni dei vari BOT, CCT, BTP ed altre sigle: la mia
impressione e' che un rendimento attorno al 3.5%-4.00% nominale e' quello che un
piccolo risparmiatore che non fa trading fortunato puo' aspettarsi. Non di piu',
almeno non con la certezza con cui il TFR paga 5%.
La tassazione, infine. Di questo abbiamo discusso con Andrea e mi sembra vi sia un dettaglio che non viene chiarito ne' nell'articolo di Agar ne' negli altri, e che e' rilevante per persone con orizzonti temporali lunghi, ossia i giovani. Come sottolinea Andrea, i rendimenti sono tassati in entrambi i casi all'11% mentre il montante e' tassato tra il 20% ed il 30% nel caso TFR e tra il 9% ed il 15% per i fondi (Agar fa una piccola confusione, dice che si puo' arrivare ad un minimo di 6%, ma in realta' dal sito del governo si capisce che, con una riduzione dello 0.3% ogni anno per i vent'anni successivi ai primi 15, il massimo di cui si puo' ridurre la tassazione e' il 6%, ossia si puo' arrivare al 9%). In ogni caso, al momento della liquidazione il TFR perde circa il 20% del montante (nominale) rispetto al fondo. Per recuperare questo occorre fare circa un 1% in piu' all'anno, per circa vent'anni. Pero', c'e' un pero' (a meno che non abbia letto male). I rendimenti del TFR vengono tassati al momento della liquidazione (ossia, tra 35 anni, per chi comincia ora) mentre quelli del fondo pensione vengono tassati anno per anno. Se questo e' vero, la differenza si compensa. Nel caso sia TFR che fondo rendano il 5% annuo sul dollaro investito al tempo zero, in un caso il rendimento cumulato al tempo T e' di (1.05)T mentre nell'altro e' del (1.0445)T . Non ho fatto i conti, ma a naso lo 0.5% cumulato per trent'anni fa circa un 20% ... ovviamente magari mi sbaglio, se entrambi sono tassati all'11% annualmente, il diverso trattamento fiscale svantaggia il TFR anche per persone avverse al rischio. In ogni caso le simulazioni esatte sarebbero benvenute.
D'altra parte, "esatte" e' un requisito un po' stringente quando consideri che nell'arco di decenni la tassazione e le altre regole del gioco possono essere cambiate N volte (un tipico svantaggio dei pacta non servanda...).
Comunque, alla lista delle informazioni e opinioni potenzialmente utili aggiungo un paio di link su TFR, gia' citati in un mio commento precedente:
Fondi negoziali: a quando un po' di trasparenza sulla gestione?
TFR e previdenza integrativa: dal 2007 scegliere e' "obbligatorio"...