The story of the CDO Market Meltdown è la tesi di laurea di una studentessa di Harvard di cui molti hanno parlato recentemente. Niente di particolarmente brillante, ma qualcosa da essa si impara visto che la ragazza si è presa la briga di raccogliere dati su quasi un migliaio di CDO, dati che qualcun altro ben più in alto e con altre responsabilità avrebbe dovuto raccogliere 4-5 anni fa. Una tesi da leggere in diagonale magari soffermandosi sulle tabelle. Le lezioni da trarne sono poche, non troppo stupefacenti, ma interessanti: intanto, non tutti i CDO erano uguali: erano peggiori quelli che si basavano su mutui a tasso variabile, o quelli di tipo Alt-A (praticamente, contratti senza chiedere al mutuatario il suo reddito o altre simili facezie), erano peggiori quelli che contenevano mutui contratti nel 2006-7, ed erano peggiori quelli emessi da alcune banche, come JP Morgan. Inoltre, particolare prezioso per il racconto del libro successivo, le agenzie di rating affibbiavano a tutti un rating independentemente dalla sottostante sostanziale differenza di rischio dei CDO. Non solo, riciclavano questi ratings per fare i ratings dei cosiddetti CDO-squared (CDO basati su altri CDOs) o dei syntethic CDO basati su di essi.
The Big Short è il racconto affascinante della storia di una mezza dozzina di investitori che nel periodo 2005-2007 hanno visto l'assurdità del sistema e hanno scommesso contro di esso arricchendo se stessi e i loro investitori di centinaia di milioni di dollari. Il valore del libro è nella descrizione dei personaggi, delle loro storie: la coppia di ragazzi partita con 100 mila dollari da un garage; il medico che gioca ad investire a tempo perso nelle (pochissime) ore di pausa e che divulgava consigli finanziari in un forum/blog che (scoprirà poi) essere seguito attentamente dagli investitori istituzionali; il finanziere arrogante che pensava di saperne una più degli altri... e che scoprirà di aver ragione. In comune, una certa deformità mentale che li portava a non ascoltare il senso comune, la droga collettiva che spingeva tutto il resto del mercato a pensare che i rendimenti di titoli basati su centinaia di mutui interest-only, negative amortization, non fossero correlati. E che quindi fosse ragionevole che le tranches superiori di quei titoli, quelle protette, possedessero lo stesso rating (AAA) di un titolo di stato. Non lo era, come si vide, bastava che l'8-10% di quei mutui non venisse ripagata perché tutto il castello crollasse. Il default per molti di questi titoli poi superò il 40%.
Si tratta di persone particolarmente intelligenti? Avrei dedotto, al posto loro, le stesse conclusioni? Difficile esserne sicuri, ma di primo acchito non sembra trattarsi di menti particolarmente superiori alla media. Nessuno di questi conosceva inizialmente cosa fosse un CDO, o un credit-default swap, lo strumento che poi usarono per assicurarsi dalla caduta dei prezzi dei CDO. Però avevano esperienza nello sfruttare particolari debolezze dei mercati finanziari. Per esempio, i due nel garage avevano capito che opzioni prezzate con il modello dominante (Black-Scholes), basato sulla normalità dei rendimenti, potevano essere sfruttate facilmente in aziende sotto inchiesta giudiziaria, il cui stock era prezzato a 30 ma valeva o zero o 60. Con i loro 100mila dollari comprarono per un dollaro opzioni per acquistare a termine a 40 e nel giro di pochi mesi si trovarono dopo una manciata di affari come questo con una decina di milioni. Niente male per un'idea tutto sommato banale.
Ecco, questi personaggi capirono subito che il mercato dei sub-prime era un castello di carta tenuto in piedi dagli assurdi ratings di Moody e S&P, e cercarono fra i CDO quale fosse la feccia del mercato. Non che facesse molta differenza. A capire la situazione non furono in molti, e pochi li imitarono, nonostante ciò che facevano fosse noto. Siccome questi titoli erano dati per sicuri, assicurarsi contro il loro fallimento costava pochissimo, e l'asimmetria della scommessa era enorme.
Preziosamente simpatica, nella sua arroganza, la figura del finanziere Steve Eisman, che per ben due anni ad ogni meeting rinfacciava alle controparti quanto stupidi fossero. Il libro riporta diverse frasi memorabili, pronunciate contro per esempio Greenspan: "He will come down as the worst Chairman in history. He knew what was happening in subprime, and he chose to ignore it because the customer getting screwed was not his problem" [Trad. ''Diventerà famoso come il peggior presidente [della Fed, NdT] della storia. Sapeva ciò che stava accadendo nel mercato dei subprime e ha scelto di ignorarlo perché non era un problema suo se si tiravano fregature ai clienti]. Oppure Greg Lippmann, altrettanto arrogante che, alla resa dei conti, al telefono con Morgan Stanley, spara "Dude, you owe us one point two billion!". Magari questa se l'è inventata Lewis, ma è troppo bella da non riportare.
Altro personaggio interessante, il dottore, che, da autodidatta, si mette a leggere i prospetti dei subprime CDOs, probabilmente l'unica persona a farlo. Nel mezzo di tutta la faccenda, scopre persino di avere Asperger's Syndrome (una forma di autismo), fatto non completamente casuale, visto che solo una persona di questo tipo poteva guardare ai fatti e dati ignorando tutto quello che il mondo attorno gli suggeriva. Alla fine si ritirò a vita privata, dopo avere alienato e arricchito allo stesso tempo i suoi investitori.
Come è potuto accadere? Da queste storie sembra di capire che, se si vuole trovare un responsabile di tutta la vicenda, lo si deve cercare nelle agenzie di rating. L'impressione che se ne ricava è che si trattasse di aziende con i peggiori analisti (i peggiori dei quali finivano nei loro bond departments), completamente captured dalle grandi di Wall Street.
Difficile capire se fosse più incompetenza che frode. Certo gli incentivi erano allineati dalla parte sbagliata. Gli operatori del mercato erano e sono ricchi sotto ogni standard da qualsiasi lato del mercato si trovassero. I pochi che erano dalla parte giusta non lo erano tanto per l'incentivo monetario, ma perché a loro interessava il gioco della scommessa, del vincere il gioco in cui erano entrati. L'esistenza delle scommesse contro il mercato, sotto forma di Credit-Default Swaps (CDS), era persino vista di buon occhio da chi era dalla parte opposta, perché ad un certo punto, data la scarsità di mutui con cui costruire nuovi CDOs, potevano usare i CDS per costruire altri CDO's. Gli intermediari (Goldman Sachs & Co.) prendevano una percentuale da ogni contratto, le agenzie di rating pure. Certo, c'erano i polli che alla fine si sono fatti fregare, ma sono caduti in piedi. Il responsabile di una perdita per JP Morgan di circa 9 miliardi (miliardi!) si è ritirato in New Jersey con le decine di milioni in bonus degli anni precedenti.
Un po' deludente invece, 13 bankers. Johnson e Kwak ripercorrono la storia della regolamentazione finanziaria statunitense, un po' in modo frammentario, perché il tema è raccontare la "cattura del regolatore", ovvero come pochi grossi banchieri siano riusciti ad imporre la policy del "too big to fail". Tutti temi che mi sembrano trattati in modo più incisivo e completo nel loro blog, baselinescenario. Insomma, se vi leggete il blog per due settimane avete capito tutto, meno la storia della regolamentazione finanziaria nell'epoca post-rivoluzionaria, che probabilmente è trattata meglio altrove.
Allora, io non sono comunista o un ipergiustizialista o almeno credo di no. Ma spero da liberale che a questi signori capiti qualcosa di molto spiacevole uno di questi giorni. Non per altro, ma perchè se ciò non avviene la prossima volta ci sarà qualcuno che farà anche peggio di loro.
Checchè se ne dica sul reale ruolo delle banche in questa crisi finanziaria, io rimango convinto che un sistema che si dice liberale ma che non è basato sull'etica della responsabilità è destinato a una brutta fine. Quindi meglio che la facciano loro.