I trentenni in Italia sono una generazione perduta, non per via di qualche guerra o evento epocale, ma a causa dell'accumularsi di decisioni sbagliate, o per essi nocive, da parte dei loro padri. Si tratta di una generazione che ha ereditato il debito pubblico, senza vederne i benefici. Sono adulti che hanno invertito la tendenza, nel senso che vivono alle spalle dei loro genitori, consumando il patrimonio di famiglia, invece che espanderlo. Da giovani sono cresciuti in una scuola studiata per lo studente medio, si sono formati in università che li trattavano male e che non li preparava al lavoro e sono passati per la trafila dei contratti flessibili, dove sono pagati poco, senza contributi e nemmeno la certezza del posto di lavoro.
In un paese in cui tutti parlano di giustizia sociale, si è, di fatto, compiuta una grande ingiustizia generazionale. Risolvere il problema richiederebbe anzitutto di inquadrarne i termini in maniera accurata, per capirne le cause, su cui cercare di intervenire per aggiustare la situazione, possibilmente allineando gli incentivi dei giovani trentenni a migliorare la loro situazione a quelli del paese, per generare crescita.
Il libro di Concetto Vecchio ha il merito di portare il tema alla ribalta. Racconta le storie di giovani italiani in diversi ambiti del paese, dalla ricerca scientifica, al settore pubblico, al mondo dello spettacolo e della politica.
Purtroppo si tratta di un'occasione mancata per capire il fenomeno. Il libro inquadra il problema, ma non in maniera accurata e soddisfacente: non c'è traccia di un'analisi generale. L'autore, giornalista di Repubblica, ha girato il paese raccogliendo storie e poi le ha riportate nel libro, che è per la maggior parte una collezione di aneddoti. A parte questo, nel libro si può trovare un po' di politica, con giudizi su giovani esponenti di entrambi gli schieramenti, e diverse citazioni da alcune fonti di informazioni (Repubblica in primis). Insomma, il libro si concentra su casi particolari e manca di una visione di insieme del mondo dei trentenni, evitando di affrontare in maniera sistematica le cause per cui le cose oggi stanno così.
Probabilmente è un'opera concepita per far arrabbiare il lettore, più che per farlo pensare.