Su El Pais ho trovato questa interessante notizia, della quale invece non vedo traccia (guarda caso!) sulla stampa italiana. La notizia, si trova anche sul Times e sul Guardian, e probabilmente altri quotidiani inglesi, sotto titoli del tipo "Thousands face pay cut under new equality law" ...
Riassumendo brevemente, la notizia è la seguente. A seguito di un accordo sindacale quadro raggiunto nel 2004 e la cui applicazione esecutiva deve completarsi entro Aprile di quest'anno, le amministrazioni locali del Regno Unito devono procedere all'equalizzazione dei salari fra uomini e donne. Ovviamente a parità di mansione, titolo, anzianità . La scelta fatta dal governo Blair, sembra inizialmente con il consenso sindacale che ora invece sta svanendo e dal cui lato vengono minacce di scioperi ed agitazioni, è che l'equalizzazione si compia a circa metà strada o, a dir meglio, a costo circa zero per le casse pubbliche (un miliardo di sterline, pari ad una crescita del 4% del monte salari in questione, che ovviamente include anche gli aggiustamenti per inflazione e gli aumenti contrattuali). Detto altrimenti, alcuni salari femminili saliranno ed alcuni salari maschili scenderanno, in maniera tale da garantire che ciò che si spende di più da un lato si risparmia dall'altro, almeno in prima approssimazione.
Questa scelta implica che parecchi fra i circa 800.000 funzionari maschi delle amministrazioni locali si vedranno il salario decurtato per eguagliarlo a quello delle 700.000 donne che svolgono simili mansioni. I tagli - per chi li deve soffrire: non tutti i dipendenti maschi sembrano essere oggetto della misura - variano tra il 15 ed il 40%, che sono dei bei numeri. Ovviamente uno sciame di avvocati si sta offrendo per cercare di bloccare l'applicazione dell'accordo attraverso i tribunali, e varie battaglie sindacali e scioperi più o meno regolamentati (in UK lo sciopero selvaggio del dipendente pubblico non è tanto facile) punteggeranno durante i prossimi mesi le amministrazioni locali del Regno Unito. Ma, vedrete, alla fine l'accordo verrà messo in pratica più o meno nella forma che il governo ha deciso di adottare, gli scioperanti si calmeranno e le cause legali si risolveranno con poco o nulla di fatto.
Il ragionamento che giustifica questa scelta di politica economica mi sembra filare a meraviglia, quindi non mi dilungo troppo su di esso. In soldoni: se tu sei pagato più di me,
ed in teoria dovremmo essere pagati uguali perchè sembriamo avere lo stesso costo opportunità, non è ovvio che sia io
quello sottopagato, magari sei tu quello sovrapagato. Poichè risulta difficile determinare a priori dove sta l'equilibrio di mercato (per farlo dovremmo far finta che non siamo dipendenti pubblici, cercarci offerte di lavoro alternative, eccetera eccetera) facciamo l'aggiustamento a metà strada. Tanto, se si finisce per scoprire che abbiamo sbagliato e che ora siamo entrambi sottopagati rispetto alle nostre opportunità esterne, la tentazione di andarsene dove ci pagano meglio svuoterà gli uffici pubblici, ed il governo dovrà correre ai ripari. Come punto di partenza per risolvere l'ingiustizia (e le inefficienze) che una situazione di forte disparità provoca, questo mi sembra un ottimo punto di partenza.
Quello che mi preme sottolineare è la differenza abissale fra questo approccio di politica economica e quello che caratterizza il governicchio TPS-Prodi (ed anche i precedenti, a dire il vero). Pensate al caso dei precari o dei lavoratori con contratti a termine, insomma ad alcuni dei protagonisti del mercato duale italiano. Questo governo ha appena "eguagliato" a quelle dei "fissi" le condizioni di lavoro ed il salario di mezzo milione di precari del settore pubblico. Lo ha fatto in due mosse: prima elevando il trattamento contrattuale e salariale dei precari invece di farlo incontrare a metà strada con quello dei protetti (ossia, riducendo i salari di quest'ultimi), e poi finanziando l'abbondante spesa addizionale attraverso la tassazione ulteriore dei lavoratori e degli imprenditori del settore privato.
In Italia, da quello che mi risulta, questa e la regola: l'uguaglianza nel settore pubblico si fa sempre al rialzo, che intanto paga Pantalone, ovvero il supervessato lavoratore del settore privato "emerso", che è sinonimo di altamente produttivo/competitivo. Ridurre gli stipendi risulta essere pura e semplice eresia, son certo che molti dei nostri lettori penseranno che sono pazzo ad elogiare una politica tanto "ingiusta" quanto quella di Blair perchè, diranno, i diritti acquisiti tali sono. Davvero? I diritti dei signori medievali mi sbaglio o erano anche quelli "acquisiti"? E quelli del monopolista, cos'altro sono? E del dirigente incapace che gestisce malamente l'azienda non sono forse anch'essi "acquisiti"? Che facciamo, ci tassiamo tutti allegramente per mantenere i lauti stipendi di dirigenti incapaci d'aziende decotte? No, vero? Allora perchè tassarci per mantenere i privilegi di tanti statali fissi quando è provato che lo stesso lavoro e servizio si può ottenere da gente che ha voglia di lavorare ad un costo pari a circa 2/3 o anche meno?
Mai visto in Italia una misura che avesse come obiettivo la parita di trattamento tra due gruppi e che implicasse che alcuni salgono ed altri scendono. No, in Italia evidentemente il lavoratore pubblico è sempre e comunque sottopagato rispetto al suo costo opportunità. Guarda caso nell'Inghilterra che cresce e si arricchisce questo non è vero ... che sia per caso?
Unrelated:
Ny-times select e' disponibile gratuitamente per studenti e professori:
http://www.nytimes.com/gst/ts_university_email_verify.html?incamp=ts:sell_pages_tsu_2
Laurence