Nel venti anni tra il 1988 e il 2008 gli immatricolati delle università italiane sono diminuiti: erano 299.841 nell'anno accademico 1988-89 e 294.933 nel 2008-09. Questi dati, come quelli che seguono, sono presi dall'ultimo rapporto annuale del CNVSU. Tuttavia nel 1988 i diciannovenni residenti in Italia eano 912.855, mentre nel 2008 erano scesi a 603.857. Cioè il rapporto tra immatricolati e diciannovenni è salito da 32,8% a 48,8%.
Anche la percentuale dei laureati sulla coorte di riferimento è aumentata. Nel 2009 hanno conseguito una prima laurea del nuovo ordinamento (laurea triennale o laurea magistrale a ciclo unico) 190.000 studenti, senza contare i 28.000 che hanno completato gli studi per la laurea del vecchio ordinamento. Stiamo cioè laureando oltre il 30% di una coorte di riferimento. Nella generazione dei genitori dei nostri giovani laureati, si laureava solo il 10% dei giovani: abbiamo avuto meno di 80.000 laureati nel 1988 su oltre 900.000 venticinquenni Articolo (qui sto utilizzando delle elaborazioni dei dati ISTAT a cura della "Commissione per il monitoraggio delle attività parlamentari nel settore della ricerca scientifica" del CNR, quaderno n. 21, Roma settembre 1996.). La maggioranza degli attuali laureati saranno quindi i primi in famiglia a conseguire un diploma universitario. In effetti dovrebbe essere un'ampia maggioranza: dei 110.000, laureati del 2010, nelle università appartenenti al Consorzio Alma Laurea, il 72% portava la prima laurea in famiglia. Si tratta però di dati parziali perché al consorzio non appartengono tutte le università italiane.
La massificazione dell'accesso all'istruzione superiore comporta una profonda diversificazione del corpo studentesco. Gli studenti differiscono tra loro per preparazione iniziale, interessi, aspettative e motivazioni. A questa domanda di istruzione così profondamente diversificata non ha senso rispondere senza diversificare l'offerta.
Eppure il sistema italiano, a differenza dei sistemi dei paesi con i quali ci confrontiamo, è basato su un'unica istituzione che funziona come se tutti gli studenti avessero la stessa preparazione iniziale. I docenti sono ancora intimamente convinti che il loro compito è di "formare la classe dirigente", come se i laureati fossero destinati ad essere il 3% anziché il 30% della popolazione.
Anche quando si parla di riformare l'università ci si riduce a parlare di ciò che interessa i professori, e cioè la loro carriera ed il sistema di promozioni. Non si affronta il problema più importante del sistema italiano che è quello di rispondere alla domanda di istruzione, con un'offerta didattica diversificata quanto la domanda. Se se ne parla è per lamentare che gli studenti "non sono più quelli di una volta". O per auspicare che gli studenti meno preparati siano confinati, assieme ai colleghi con i quali non si va d'accordo, in università di serie B "come succede in altri paesi". Un'ipotesi quest’ultima non più possibile in Italia, come ho spiegato in un altro post.
Quale è il costo di aver ignorato e di continuare a ignorare la massificazione del sistema universitario italiano? Prima di tutto il fenomeno degli abbandoni. Si tratta di un fenomeno in parte fisiologico: un sistema universitario che non opera nessuna selezione all'ingresso dovrà necessariamente risultare selettivo per altra via. Gli abbandoni precoci in particolare, da parte di chi si inserisce nel mercato del lavoro, non dovrebbero suscitare molta preoccupazione. Più grave e più costoso è il fenomeno dei ritardi. Nella maggior parte dei casi, il ritardo negli studi non migliora l'apprendimento, ma piuttosto è il risultato di un sistema di studio che mortifica il vero apprendimento. Lo studente si concentra sul singolo esame con uno sforzo mnemonico, per poi dimenticare tutto, quando ha strappato la sufficienza, per concentrarsi sul prossimo esame. Una raffinamento di questo sistema è stato inventato ed introdotto da una nota impresa di assistenza agli esami: non serve nemmeno imparare a memoria i libri di testo, basta imparare le risposte alle domande, necessariamente ripetitive, che fanno gli esaminatori. Per questo l'impresa invia suoi dipendenti ad ascoltare e annotare le domande degli esaminatori, per poi addestrare gli studenti alle risposte.
Così i ritardi costituiscono spesso una perdita doppia: gli anni impiegati negli "studi" universitari per il laureato, e, per la società, la immissione sul mercato del lavoro di laureati addestrati a dimenticare tutto quello che hanno appreso o potevano apprendere all’università.
E’ possibile rispondere in modo più efficace alla massificazione? Penso di sì. E’ necessario diversificare l'offerta didattica all'interno di ogni università. Il primo passo in questa direzione (che è stato già compiuto dalle facoltà di ingegneria) è quello di prevedere una prova iniziale che, senza sbarrare l'accesso, faccia il punto sulla preparazione dello studente, o quanto meno, gli indichi i suoi "debiti formativi". Bisognerà poi prevedere insegnamenti dedicati al superamento di questi debiti. Sappiamo, ad esempio, che per le materie umanistiche le maggiori difficoltà degli studenti provengono dalla incapacità di comprendere un testo non puramente descrittivo. Sappiamo anche che in molte università americane si offrono corsi in reading comprehension. Dovremmo offrire anche noi simili insegnamenti. Infine corsi speciali dovrebbero essere mirati agli studenti eccezionalmente dotati e preparati. La diversificazione interna alla medesima istituzione dovrebbe anche essere flessibile e facilitare il passaggio da un livello all'altro degli studenti con forte attitudine agli studi, inizialmente bloccati dalla cattiva preparazione iniziale. Semplici, importanti riforme.
Ho gia' provato alcune volte a cercare delle statistiche sui risultati dei test di ammissione ad ingegneria, in particolare mi interessava sapere quanti accumulano debiti formativi e, dopo aver seguito i corsi obbligatori, quanti ancora non sono in grado di passare i test. Non ci sono riuscito. Ho ricevuto delle risposte ufficiose sconsolanti e girano voci non controllate di lettere spedite ai presidi delle scuole superiori lamentando la scarsa preparazione dei "maturati" che si iscrivono al primo anno di Ingegneria, ma essendo voci non le ho mai prese sul serio.
Se qualcuno sa dove trovare i risultati dei test di ammissione ai vari corsi di laurea in ingegneria e mi pass ail link, mi fa un grosso favore.
Provi a chiedere informazioni al prof. Giuseppe Accascina accascina@dmmm.uniroma1.it.