Il V-Day after

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Nei vari commenti online e sulla carta stampata al V-Day di Beppe Grillo ho trovato le critiche e le accuse di populismo legittime ma piuttosto ingenerose. La tendenza è di criticare nel dettaglio le singole proposte, sorvolando sulla disastrosa situazione che le ha generate e sul segnale dato dall'opinione pubblica che, abitudinariamente pavida, è ormai disposta anche a scendere in piazza per segnalare la propria indignazione nei confronti della casta. Un'opinione pubblica sostanzialmente indifferente ai dettagli delle proposte.

1. L'elezione diretta dei parlamentari. È vero, la proposta di Grillo è vaga e poco documentata. Forse avrebbe dovuto spenderci un po' più di tempo e consultare qualche giurista che gli stilasse una legge dettagliata. Ma è questo davvero il ruolo di un'iniziativa popolare? Il segnale qui era: non ci interessano i dettagli (che possono essere definiti in sede parlamentare), però siamo stanchi di esprimere preferenze già decise dai partiti. E cioè ben vengano le primarie, ma fatte diversamente da come le farà il partito democratico.

2. L'ineleggibilità dei condannati. Sono d'accordo, occorre distinguere il mafioso dal partecipante al sit-in sulla ferrovia. Un serio stato di diritto poi crede nella presunzione di innocenza: impedire l'eleggibilità dei condannati solo in primo grado è una cosa delicata e, forse, incostituzionale. Benissimo. Ma qui il punto non è discutere sulla costituzionalità della proposta specifica. È mandare un segnale che l'opinione pubblica è stanca di ladri, terroristi e mafiosi in parlamento, e che forse non sarebbe male peccare in eccesso verso l'ineleggibilità dei condannati per alcune categorie di reati. Che poi ci si debba fermare alla rapina in banca piuttosto che all'omicidio preterintenzionale si può discutere. Ma sarebbe bene cominciare a farlo.

3. Il limite di due legislature. I critici hanno sottolineato che con questa regola si sarebbe perso il contributo dell'esperienza di autorevoli statisti come Togliatti, La Malfa, etc.... Beh, i controfattuali è difficile farli. Io, nel mio piccolo, ho sostenuto che l'occupazione delle poltrone da parte dei professionisti della politica genera barriere all'entrata in politica di politici capaci i cui costi sono di gran lunga maggiori dei benefici ottenibili dalla rimozione di tali barriere. È una questione empirica di difficile soluzione. Il punto però è un altro: nella situazione attuale si sente sempre più bisogno di un ricambio generazionale. Non sarebbe il caso di fare qualcosa per incentivarlo?

Siamo d'accordo, le posizioni di Beppe Grillo, come abbiamo sottolineato più volte, sono spesso populiste, e le proposte del V-Day erano certamente in parte approssimative e non circostanziate. Ma non era il caso, per una volta, di astrarre dai dettagli per sottolineare le carenze fondamentali della politica che hanno sollecitato l'evento e le proposte, ed il segnale positivo dato dall'opinione pubblica che ha partecipato?

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Commenti

Ci sono 20 commenti

A proposito di presunzione di innocenza due cose:

1) l' eleggibilita' non dovrebbe essere un diritto ma un previlegio. Mentre sembra giusto che il diritto alla liberta' personale venga perso solo dopo la condanna, il privilegio (prebende, pensioni, machine blu etc) dovrebbe avere un limite minimo un po piu alto di "non essere stato ancora condannato".

Per essere Onorevoli bisogna essere onorevoli; se c'e' una macchia sull' onore, allora o si rinuncia al posto, oppure si cambia il titolo in "Non ancora disonorevole".

2)  Correggetemi se sbaglio, ma i gradi di appello non sono stati creati per proteggere l' accusato da una persecuzione ingiusta? Prima di avviare un appello, non bisognerebbe provare o almeno  paventare qualche vizio nel procedimanto di primo grado?
Se il primo grado si e' concluso con una condanna e non ci sono vizi formali o sostanziali, perche' il sistema deve sovraccaricarsi di uno o due appelli? L' appello non dovrebbe essere un eccezione non la regola. 

 

 

 

 

 

Per essere Onorevoli bisogna essere onorevoli; se c'e' una macchia sull' onore, allora o si rinuncia al posto, oppure si cambia il titolo in "Non ancora disonorevole".

Piantarla con le buffonate aiuterebbe ad essere presi sul serio. Portare in piazza centinaia di migliaia di persone è una cosa importante, che dovrebbe implicare una maggiore assunzione di responsabilità.

Penso anch'io che, in un caso come quello del V-day, dare un chiaro segnale di rottura fosse la cosa fondamentale: giusto averla perseguita anche a discapito di una più attenta formulazione delle proposte. Mi pare però che le implicazioni di questo concetto sfuggano a diversi politici ed alla quasi totalità dei "Grillini" che ho sentito commentare l'accaduto. Il gioco di iperboli (che mi ostino a pensare sia presente) sembra essere sfuggito ai più. Non ha senso prendere alla lettera quanto dice Grillo, ripetere le sue parole ed imitare il modo con cui costruisce le frasi. Quanto un partecipante al V-day dovrebbe auspicare è che si raccolgano presto le 500'000 firme, e che successivamente la politica faccia partire una discussione aperta e pubblica sulle 3 proposte di legge.

Quali prospettive ha il V-day nel medio periodo? Se davvero lo spirito è quello di distruggere i partiti anzichè fondarne di nuovi, ne vedo poche... non sto auspicando una discesa in campo di Beppe Grillo, è solo che non riesco a condividere lo spirito dei tanti grillini che vedono nel V-day l'inizio di qualcosa di grande... mi spiegate come? Decide tutto Grillo per i prossimi 20 anni? E quanto può durare??

Per quale motivo anche liberisti DOC vedono di buon occhio pesanti limitazioni all'eleggibilità dei politici? Pressanti ragioni di carattere empirico? Sono sinceramente curioso... La teoria mi pare dica che,  se proprio non riesco ad accettare un sistema in cui "ladri, terroristi e mafiosi" prendono sistematicamente una caterva di voti, penso ad emigrare! 

Limite di due legislature: torniamo ai discorsi di incentivi... chiamato a commentare la quasi assenza di laureati ENA nel nuovo governo francese, un dirigente della Scuola ha detto una cosa tipo "I nostri laureati continuano a fare molto bene in tutti i campi. Non l'ENA, ma il governo dello Stato ha ormai perso prestigio". Tornando all'Italia: che molto debba essere cambiato fra i privilegi dei politici mi sembra ormai cosa assodata. Che si possa, legittimamente, cominciare dalla pars destruens, chiedendo l'eliminazione della gran parte di essi, mi sembra un'altra cosa ovvia. Non bisogna però perdere di vista l'obiettivo finale: disegnare un sistema di incentivi e di selezione della classe politico atto ad attirare elementi di buon valore. Un tetto massimo di due legislature mi sembra davvero poca cosa...

D'accordo sulla revisione del sistema dei gradi di giudizio. Va bene il garantismo, ma così proprio non va...

 

Visto che Nfa ha preso una posizione quasi positiva su V-day (di Grillo e della sezione artisti e comici, etc.)

vorrei notare l'immediato effetto positivo.

Dopo

l'amicizia tra tal Briatore e la signorina Melandri, il signor Mastella

e' andato pure lui da Briatore, famiglia ed amici, a spese del

contirbuente, non si sa bene perche' con un airbus.

Il signor Mastella ha cosi' spiegato il suo comportamento

"

 

ROMA - Nessun

privilegio ma solo un volo al quale era stato chiamato ufficialmente il

vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli. Nei confronti del

ministro della Giustizia Clemente Mastella "L'espresso" ha avviato "una

campagna affatto giornalistica con evidenti finalità politiche".

 

 


Così il portavoce del Guardasigilli replica alle rivelazioni del settimanale.

Il ministro, spiega il portavoce, "si è unito, peraltro esclusivamente

nel solo viaggio di andata, al vicepresidente del Consiglio, Francesco

Rutelli, perchè chiamato ufficialmente a premiare i vincitori della

gara. Una visita ufficiale, dunque, ad una manifestazione nazionale che

ha grande importanza internazionale e alla quale il ministro ha preso

parte per poi rimanere in Lombardia anche a causa di altri impegni

politico-istituzionali".

 

 


 

GUARDA LE FOTO DEL VIAGGIO, ESCLUSIVA ESPRESSO


 

 


"Ma soprattutto è necessario chiarire - spiega ancora il portavoce -

che per ragioni di sicurezza, che sono prioritarie, il ministro della

Giustizia non può viaggiare come un libero cittadino, come peraltro non

lo possono fare coloro che, correndo seri rischi, sono oggetto di

tutela da parte dello Stato. E' del tutto sbagliato poi citare la

mancanza di benzina per le macchine dei magistrati perchè il ministro

Mastella, sin dal suo insediamento in via Arenula, sta facendo di tutto

per riassestare i conti della Giustizia e fornire agli operatori tutti

gli strumenti loro necessari, anche se un solo anno non può bastare a

risanare le lacune ereditate".

 

©

 

M sta per maiale e la proposta è di Calderoli.

 

Uomo legato alla commedia, non-politico, un po’ stravagante, un po’ esibizionista, un po’ forcaiolo, tuona a furia di parolacce contro i politici di destra e di sinistra, e denuncia la loro separazione dal Paese reale.

Dove l'abbiamo gia' visto?

Verrebbe da dire "Yawn"

 

Dove G sta per Gheddafi.

Impagabile Cafonal, assolutamente impagabile.

Nota: se leggi questo commento dopo il 15 Settembre 2007, il link di Cafonal ti portera' alla pagina di quel giorno che, molto probabilmente, non documenta l'allegra festa all'ambasciata di Libia a Roma. Fa lo stesso: quasi sicuramente documentera' la casta in uno dei suoi tanti momenti di baccanali e gozzoviglie a carico dei contribuenti.

P.S. C'e' anche il B-Day, dove B sta per Bassolino questa volta. In questo caso lo strumento pubblico abusato per fini privati e' una motovedetta della guardia costiera (! la fantasia della casta non ha limiti) usata per farsi Napoli-Capri e ritorno comodamente, in fretta ed in compagnia della grande star Pino Daniele. In caso arriviate in tempo (sempre Cafonal, dopo un giorno scade) vi prego di apprezzare la foto del guaglione ingrigito con le guaglione autoctone in fiore ... Non hanno limiti.  

 

Me lo son letto due volte, questo, e non lo capisco.

Meglio, credo d'averlo capito ma mi sembra un misto di "realismo politico"  e "pragmatismo istituzionale" che non porta ad assolutamente nulla. 

Chiedo: se non su di una morale pubblica condivisa su che altro le fondiamo le istituzioni politiche?

 

Quello che dice Panebianco è esattamente l'opposto, è stato proprio il moralismo della sinistra italiana, a furia di cavalcare le proteste del popolo dei fax, dei girotondini e oggi dei vaffanculisti, a non portare assolutamente a nulla.

Giusto che si cerchi una morale pubblica sulla quale fondare le istituzioni, ma negli ultimi anni s'è cercato di sostituirla col moralismo, e i risultati sono davanti ai nostri occhi. 

Mi dispiace, ma mi sembra ci sia molta

confusione in giro, sia sui fatti, sia sul valore delle definizioni e persino sulle

connessioni logiche.

Anzitutto, i fatti.

 

Mani Pulite. I fatti (ricordati anche da altri) dicono

che ai tempi di Mani Pulite praticamente tutti i gruppi politici che sono oggi

di qualche rilevanza (FI, DS, AN, Lega ...) hanno approfittato delle

circostanze per far fuori le parti politiche coinvolte nella corruzione (DC,

PSI, PSDI, PLI, PRI) ed accapararsene le spoglie. Il ragionamento di

Panebianco, quindi, e' storicamente vuoto: inutile dire esclusivamente alla

sinistra, con il tono d'insegnare loro una lezione di real-politik, che

"chi di spada ferisce di spada perisce". L'uso della spada, al tempo,

non fu per nulla esclusivo della sinistra, fu di tutti! Se cio' che Panebianco vuol invece

dire (da altri scritti suoi sospetto che cosi' infatti sia) e' che Mani Pulite e

l'eliminazione dei partiti e del personale politico della Prima Repubblica (di Craxi in particolare) furono eventi dannosi per l'Italia, dovrebbe avere il

coraggio di dirlo e poi di argomentarlo. Il resto e' aria fritta basata su

falsi storici.

 

La lotta al comunismo. Dover ripetere la storia italiana, e di

Tangentopoli in particolare, per mostrare che la profonda corruzione e la

cattivissima amministrazione, sino alla connivenza diretta ed esplicita con la

mafia, che caratterizzarono i governi DC+PSI+Frattaglie dalla meta' degli anni

70 in poi NULLA aveva a che fare con il supremo fine della lotta al comunismo

mi sembra eccessivo, oltre che ridicolo. Capisco che Bettino Craxi abbia

provato per anni a sostenere che non era un delinquente ma l'uomo che salvo'

l'Italia dal comunismo: nella sua volgarita' delinquenziale l'uomo aveva

un'opinione di se stesso che era inversamente proporzionale solo a quanto fece

come statista. Peccato si trattasse di sonore e facilmente riscontrabili balle.

Non scordiamoci che questo e' l'uomo che, per guadagnare un paio di voti da un

lato e per continuare una politica estera di complicita' con il terrorismo

dall'altro, ci regalo' quel grande episodio di sovranita' nazionale che tutti

ricordano come Sigonella. Dal comunismo, se mai il rischio fu corso, l'Italia

fu salvata dalla NATO e, forse, da De Gasperi, Nenni, La Malfa, Pastore,

Gronchi ... Quando Craxi arrivo' sulla scena (1977) la sua mossa tattica

fondamentale fu di offrire tre o anche quattro anni di copertura politica ad Autonomia Operaia, Toni Negri, le BR e quant'altro si agitava al tempo all'estrema sinistra al fine di

spiazzare l'allora PCI. I dettagli di quel comportamento

politicamente criminale si trovano nelle emeroteche italiane, basta cercare.

Quando poi raggiunse effettivamente il potere governativo (nel decennio

1983-93) il rischio comunista si era dissolto da tempo: trattavasi di lotta per

il controllo dello stato e delle sue aziende, punto e basta. I finanziamenti

del PCUS al PCI erano praticamente esauriti (e si concentravano quasi

unicamente sul gruppo Cossutta) ai tempi in cui la grande corruzione DC-PSI si

sviluppo', il nesso causale e' quindi di fatto inesistente. Il nesso e' anche

irrilevante: sfido chiunque a dimostrare che le vittorie elettorali negli anni

'60, '70 ed '80 abbiano avuto una qualche correlazione con la quantita' di risorse

economiche a disposizione dei vari partiti, e con i loro furti! Infine, le

indagini dimostrarono che, oltre ad aver trasformato il PSI in una associazione a delinquere su scala nazionale, Craxi non rubava proprio per la causa. Sia le indagini che le sentenze dimostrarono come Craxi avesse dirottato buona parte dei proventi

delle tangenti non sull'attività amministrativa ordinaria del Psi, bensì su

conti personali utilizzando vari prestanomi, cognati, uomini di fiducia e trucchi vari. Tali

soldi servivano, oltre che per i lauti consumi suoi e della famiglia, per

attivita' quali il finanziamento del canale televisivo Gbr di proprietà della sua amante Anja Pieroni, l'acquisto di immobili, l'affitto di una casa

in costa Azzurra per il figlio ed altri simili investimenti anticomunisti.

Ovviamente, essendo di origine veneziana, potrei ora cominciare con i dettagli

di Gianni De Michelis, per poi risalire a Antonio Bisaglia ... ma mi fermo qui.

Sto raccontando ovvieta' che chiunque faccia lo sforzo di documentarsi

obiettivamente puo' scoprire da solo.

 

In futuro, evitiamo per favore di

raccontarci delle sonore balle e cerchiamo di discutere seriamente,

documentandoci prima di fare affermazioni cosi' storicamente caricate. Qui non

siamo alla RAI o su un qualsiasi quotidiano italiano dove si possono dire

impunemente cose a caso.

 

Le teorie.

 

La teoria, poi, lascia a

desiderare ancor di piu'. Non credo che riportare le definizioni del dizionario

per "morale" (tra l'altro, stiamo parlando di morale pubblica,

evitiamo di allargarci) e "moralismo" possa aiutarci molto a dare un

contenuto alle due parole e a demarcarne in modo operazionale la differenza nei fatti. Le

definizioni del vocabolario tendono ad essere circolari: per parlare del mondo

occorre puntare il dito e dire "quella cosa/atto/fatto li' e'

morale". Se Panetti rilegge quanto ha scritto si rendera' conto che la sua

definizione di "morale" (che si riduce al vecchio "il fine

giustifica i mezzi") e' completamente inutilizzabile per il fine che ci

prefiggiamo. Cosa vuol dire "rigido"? Cosa vuol dire

"ipocrita"? E se cio' che conta sono i risultati, come li misuriamo i

risultati? Quali risultati sono morali, quali immorali e quali moralistici? Non

abbiamo forse bisogno anche di una morale dei risultati per poter decidere se sono buoni o cattivi? Per la morale privata, facendo finta di essere pragmatici anche se sappiamo che non funziona, magari possiamo accontentarci delle insondabili e soggettive preferenze personali, ma per quella pubblica come risolviamo il problema dell'informazione privata sulle preferenze e della loro generale incommensurabilita'? Cosa e', dunque, socialmente buono/morale e cosa e' invece moralistico? La questione e' semplicemente rimossa di un livello! Inoltre, se cio'

che conta sono solo i risultati, ossia le conseguenze finali, anche se facciamo finta di essere d'accordo nella nostra valutazione morale delle conseguenze, non dovremmo

allora, per ogni data azione, ammettere che essa puo' essere sia morale che

moralista? In fin dei conti, in circostanze distinte, la medesima azione da' luogo a risultati differenti. Non solo, nella misura in cui fattori aleatori ed

imprevedibili/incontrollabili determinano il risultato finale di un'azione,

oltre all'azione stessa, non finiamo quindi per concludere che la differenza

fra morale e moralismo e' basata su fattori aleatori? Quindi vuota?

La butto li', come suggerimento: pensi che sia forse per caso che i contenuti sostanziali dello stato di diritto, nella sua nozione/versione liberale, vengano definiti "formalmente" e non, come suggerisci, in termini di fini? I reati, per esempio e non per caso, in questa maniera vengono definiti: l'atto chiamato "rubare" (le cui caratteristiche vengono esattamente descritte dal codice) rimane tale indipendentemente dal fine per cui il signor X l'abbia compiuto. Questo e' il contenuto della morale pubblica: le norme, le leggi, le procedure, i diritti, i poteri e la loro delimitazione. Che poi il soggetto Y abbia simpatia per il grande criminale, come gli spettatori del film The 3:10 to Yuma hanno simpatia per il super assassino che Russel Crowe interpreta, e' irrilevante oltre che disdicevole. In una societa' liberale ognuno ha il diritto di simpatizzare privatamente per chiunque, persino per Craxi, ma questo rimane un fatto privato che non puo' certo contare nella discussione e nella valutazione della moralita' pubblica degli atti del soggetto in questione. Piccole, ma importantissime differenze, su cui l'idea di stato liberale di diritto di fonda ... alla faccia del macchiavellismo spicciolo de "il fine giustifica i mezzi"!

 

Son tentato di continuare, ma visto che

mi devo imbarcare e che in un altro post e' cominciato un interessante dibattito sul consequenzialismo,

meglio farlo li'.

 

Rimango comunque curioso di conoscere una definizione OPERAZIONALE di moralismo e moralita' pubblica, anche solo a mezzo di esempi concreti tratti dalla recente storia italiana.

P.S.  Arrivato a casa ho ridato un'occhiata al commento. Mi rendo conto sia scritto in tono "professorale", e non me la sento di cambiarlo, anche se avrei preferito non averlo usato. Rimane il fatto, che a fronte di affermazioni gratuite e contrarie ai fatti, vi sono solo due soluzioni: o le si ignora o le si corregge.

 

 

Avevo scritto una risposta, ma siccome hai aggiunto delle robe mentre la scrivevo, e non ho il tempo di rileggerti ora, l'ho cancellata. Se ce la faccio rispondo più tardi.

 

 

Consiglio ai lettori di guardare il corriere al "link"

www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/09_Settembre/24/casta.shtml

E' assai interessante osservare come quella che Grillo & Ass. chiamano "casta" semplicemente abbia nessun interesse nella propria reputazione.

 

Segnalo un interessante, e condivisibile, editoriale del sempre ottimo G.A. Stella sul Corriere di oggi.

"Beppe Grillo = Luigi Einaudi?", a me sembra che abbia ricominciato a dire sciocchezze