Subito dopo il fallimento della gara Alitalia si è parlato molto su questo sito, ed altrove, di cosa fare di tale azienda; se sia meglio spezzettarla, venderla intera, dissolverla nell'acido o altro ancora. Io non so bene quale sia l'opzione migliore, per cui provo invece a fare due riflessioni su un tema più facile: se la decisione è quella di vendere l'azienda nella sua interezza, qual è il modo migliore per farlo?
La domanda è relativamente facile perché vendere Alitalia intera significa essenzialmente vendere un singolo oggetto. Possiamo quindi sfruttare la conoscenza che gli economisti sono venuti accumulando nell'ultimo quarto di secolo riguardo a tale tipo di aste. L'analisi delle aste di oggetti multipli con possibili sinergie tra i diversi oggetti, come sarebbe il caso se Alitalia venisse smembrata e i suoi assets venissero venduti separatamente, è invece più recente; ne sappiamo quindi un po' meno, per cui fornire consigli sulla procedura ottima di vendita risulta più complicato. In ogni caso, ripeto, non è mia intenzione prendere posizione sulla questione se sia meglio liquidare o vendere l'azienda intera. Osservo solo che, ci piaccia o no, i politici di entrambi gli schieramenti e i sindacati non sono disposti a un dibattito sereno in materia e hanno pregiudizialmente scelto di non liquidare. Data questa scelta, cerchiamo di ragionare sulla procedura di vendita ottima.
Come era fatta la gara. La gara Alitalia era un oggetto un po' strano, a metà tra l'asta e il 'beauty contest'. La differenza tra le due procedure è presto detta. Con l'asta si aggiudica l'oggetto a chi è disposto a pagarlo di più. Con il 'beauty contest' il venditore assegna l'oggetto 'a chi è più bello', o se vogliamo a chi più se lo merita (secondo i criteri del venditore). In questo caso, il 'merito' era dato dalla presentazione di un piano industriale che risultasse gradito al governo. Dire che la gara fosse a metà tra asta e 'beauty contest' è in verità un po' troppo generoso. Il bando è 'beauty contest' puro, in nessun luogo si fa riferimento a criteri di prezzo. Ma in qualche commento si era fatto presente che il governo avrebbe preferito, tra gli astanti con piani industriali soddisfacenti, chi offrisse un prezzo più alto.
I desiderata inclusi dal governo nel bando includevano le solite cose deliranti: garanzie sui livelli occupazionali, mantenimento della 'identità nazionale', adeguata offerta dei servizi e copertura del territorio. A suo tempo Gianluca commentò in modo abbastanza tagliente tali requisiti. Siccome sono completamente d'accordo con l'analisi fatta da Gianluca, non sto a ripetere quanto da lui detto.
Faccio però la seguente osservazione. Gli obiettivi indicati nel bando erano non solo deliranti, ma anche assai ambigui. Per esempio, quando parliamo di mantenimento dei livelli occupazionali, cosa si intende esattamente? Non si può licenziare nessuno? Si può licenziare ma poco? Si può licenziare solo se il governo interviene con prepensionamenti? E se non si può licenziare, occorre anche mantenere gli stessi livelli salariali? Le stesse progressioni di anzianità? Credo di aver dato l'idea. Ovviamente considerazioni analoghe valgono per l'identità nazionale, un termine ancora più sfuggente dei livelli occupazionali, e la copertura del territorio nazionale.
Un'analisi superficiale può far pensare che non ci sono grossi problemi se queste ambiguità vengono risolte con il tempo, possibilmente dopo la vendita. La teoria delle aste ci dice che le cose non stanno così.
Valori comuni e valori privati. La teoria delle aste suggerisce che il comportamento degli offerenti è parecchio differente a seconda che l'oggetto in vendita sia a 'valori privati' o a 'valori comuni'.
L'asta è a 'valori privati quando il valore dell'oggetto per un potenziale acquirente è indipendente dal valore che a tale oggetto assegnano gli altri partecipanti. Per esempio, se sono disposto a spendere fino a 100 euro per comprare un mobile che mi piace e che intendo mettere in casa mia, risulta irrilevante il fatto che altri offerenti non siano disposti a spendere più di 50 euro. Il mobile deve piacere a me e basta, e quanto sono disposto a spendere dipende unicamente da quanto mi piace il mobile. Questo è il classico caso di 'valori privati'.
L'asta è invece a 'valori comuni' quando il valore che un offerente assegna all'oggetto è il frutto di una stima del reddito che l'oggetto può generare in futuro, e tale stima del reddito è simile per tutti gli offerenti. Questo è il tipico caso dei beni d'investimento, e in particolare delle aziende. In una simile situazione conoscere la valutazione degli altri è importante, perché ci dice quali stime sono state fatte da altri offerenti sulla potenzialità futura di reddito. Se, per esempio, ho stimato che un'azienda vale 10 milioni di euro, e scopro che tutti gli altri la valutano solo 2 milioni di euro allora è probabile che le mie stime siano troppo ottimiste. Nella teoria delle aste si parla di 'maledizione del vincitore' per indicare il fatto che se un acquirente è disposto a pagare fino al valore da lui stimato finisce per vincere quando le sue stime sono eccessivamente ottimistiche (e quindi più alte delle stime degli altri acquirenti), finendo quindi per pagare troppo. Per evitare tale fenomeno, la strategia ottima degli acquirenti determina un prezzo massimo che si è disposti a pagare inferiore alla stima fatta del valore dell'oggetto.
In quale categoria cade l'asta Alitalia? Probabilmente in mezzo ai due casi, con una prevalenza del modello a 'valori comuni'. Il valore comune in tal caso viene dall'aumento di redditività che può derivare da una gestione meno dissennata dell'azienda. Tali guadagni sono probabilmente simili tra i diversi potenziali acquirenti. Una componente di valore privato esiste, poiché alcuni offerenti hanno vantaggi specifici di cui non godono gli altri; l'ovvio esempio è la possibile monopolizzazione della tratta Milano-Roma per AirOne. Comunque, ai fini della determinazione della procedura ottima di vendita è la componente di valore comune che risulta più importante.
L'importanza dell'informazione prima della vendita. Una caratteristica importante delle aste a valori comuni è che il venditore può aumentare il prezzo atteso di vendita massimizzando la quantità di informazione relativa all'oggetto disponibile agli acquirenti. L'intuizione è come segue. Immaginiamo che il venditore, il proprietario dell'azienda, sappia che il flusso di reddito che l'azienda può generare vale esattamente 100 milioni di euro. Se tale informazione viene comunicata in modo credibile agli acquirenti allora la concorrenza tra loro genererà un prezzo di 100 milioni di euro. Infatti, in tal caso non esiste incertezza sul vero valore dell'oggetto e l'acquirente non deve preoccuparsi di aver sovrastimato il valore dell'oggetto. Cosa succede invece se il venditore non comunica tale informazione? In tal caso gli acquirenti cercheranno di raccogliere informazione per conto loro e arriveranno a una stima imprecisa del valore dell'azienda. Siccome temono la 'maledizione del vincitore', le offerte che faranno saranno inferiori alle loro stime. Se le stime sono fatte bene saranno intorno al vero valore, quindi in media il prezzo sarà inferiore al vero valore dell'oggetto.
In altre parole, ritardare l'emissione di informazione fa perdere soldi al venditore. Risulta quindi un po' curiosa la riluttanza del governo nel fornire informazioni su Alitalia. Si legge infatti nel bando
Il Ministero, con la collaborazione di Merrill Lynch International (il "Consulente Finanziario") e del consulente legale, assunte, se necessario, ulteriori informazioni, verificherà la rispondenza ai requisiti sopra specificati dei soggetti interessati e la conformità delle lettere di manifestazione di interesse a quanto richiesto ai sensi del presente invito ai fini dell'ammissione alla fase successiva della Procedura. Ad esito della verifica, il Consulente Finanziario, per conto del Ministero, comunicherà ai soggetti interessati l'ammissione alla fase successiva della Procedura ed invierà agli stessi lettera di impegno alla riservatezza che dovrà essere firmata e restituita all'indirizzo indicato.In seguito alla ricezione della lettera di impegno alla riservatezza firmata dai soggetti ammessi, il Consulente Finanziario, per conto del Ministero, invierà a tali soggetti materiale informativo su Alitalia, nonché ulteriori informazioni relative alla Procedura che saranno da questi utilizzati al fine di formulare un'offerta preliminare non vincolante per l'acquisto dei Titoli.
Per quale ragione il 'materiale informativo su Alitalia' deve essere inviato solo in uno stadio avanzato della procedura? Aumentare al massimo la trasparenza può generare una maggiore partecipazione all'asta, alzando quindi il prezzo atteso di vendita.
Comunque, il vero nocciolo della questione non sta qui ma nel fatto che gli obiettivi ambigui posti dal governo hanno causato un aumento dell'incertezza sul valore dell'azienda. Prendiamo per esempio la 'garanzia sui livelli occupazionali'. A un certo punto AirOne ha annunciato che, in caso di vittoria della gara, avrebbe ridotto di un paio di migliaia il numero dei dipendenti. Il ministro Bianchi se ne è uscito dicendo che il governo si sarebbe 'fatto carico' del problema, suppongo mediante elargizioni varie. Il punto qui non è che le elargizioni sono una pessima idea. Il punto è che il comportamento del governo, che ha evitato di spiegare chiaramente fin dall'inizio gli obiettivi ed è poi intervenuto a spizzichi e bocconi generando ulteriore confusione, ha accresciuto l'incertezza delle stime del valore di Alitalia per i potenziali compratori.
In un'asta a valori comuni l'aumento dell'incertezza ha il risultato di rendere più cauti gli acquirenti, che finiscono per offrire meno. In sostanza, l'incapacità di definire dall'inizio e con chiarezza gli obiettivi genera un inferiore prezzo atteso. Si noti che questa è una perdita per le casse pubbliche in aggiunta a quella che deriva dal fatto che i vincoli posti dal governo sulla gestione di Alitalia comunque ne riducono il valore. Per esempio, richiedere il 'mantenimento dell'identità nazionale' è una pessima idea che probabilmente ha allontanato potenziali clienti e quindi ridotto il prezzo atteso di vendita. Ma se proprio si deve fare una simile sciocchezza, si spieghi per bene da subito e senza ambiguità esattamente cosa significa. Invece, l'incertezza degli obiettivi governativi genera addizionali perdite dovute al fatto che i partecipanti all'asta, per proteggersi dalla 'maledizione del vincitore', riducono le proprie offerte.
Un'asta a prezzi crescenti è meglio delle offerte in busta chiusa. Un importante risultato della teoria delle aste afferma che, in presenza di valori comuni, l'asta ascendante all'inglese (quella in cui le offerte si fanno pubblicamente e ripetutamente e il banditore chiede sempre 'chi offre di più?') genera un prezzo di vendita atteso più alto di un'asta in cui i partecipanti fanno offerte in busta chiusa. La logica è la stessa discussa al punto precedente. In un'asta a valori comuni, se sono costretto a fare un'offerta senza sapere cosa offrono gli altri allora sono costretto a essere prudente per evitare la maledizione del vincitore. Se la mia stima dell'azienda è 100 non sono disposto a offrire più di 90 (tanto per fare un esempio). Quel 10 di riduzione serve a evitare situazioni in cui la stima degli altri è bassa e io finisco per vincere perché ho sovrastimato l'azienda.
Ma consideriamo ora l'asta all'inglese. Se il prezzo arriva a 90 e vedo che tanti altri partecipanti sono disposti a comprare a quel prezzo allora potrò stare tranquillo che la mia stima non è l'unica ad essere alta. Per conseguenza, sarò a mia volta disposto a offrire di più. L'argomento completo è più complesso, occorre calcolare le strategie di equilibrio e sono necessarie alcune ipotesi sulla distribuzione statistica delle stime, ma l'idea dovrebbe essere chiara.
Il bando del governo era ambiguo anche su questo punto, non era chiaro fino a che punto le offerte formulate erano rinegoziabili anche alla luce delle offerte dei concorrenti. Un problema grave è che l'uso di criteri ambigui di 'beauty contest' rende poco chiaro come si debba svolgere la concorrenza tra diversi offerenti. Se il governo preferisce l'offerta di A all'offerta di B, cosa deve fare B per cercare di vincere? Aumentare il prezzo? Migliorare le garanzia all'occupazione? Migliorare la copertura del territorio?
Conclusione. Dovendo vendere Alitalia in modo indiviso, sarebbe meglio semplicemente venderla senza vincoli al miglior offerente mediante un'asta all'inglese e fornendo da subito il massimo di informazione possibile. Questo punto resta valido anche se, sciaguratamente, il governo pone addizionali vincoli sulla gestione di Alitalia successiva alla vendita. Se tali vincoli bisogna porre, occorre specificare fin da subito e con estrema chiarezza quali sono. Ossia, occorre dire in modo assolutamente non ambiguo quali città devono continuare a essere coperte, quanti dipendenti si possono licenziare e cosa significa mantenere l'identità nazionale, in modo da eliminare al massimo l'incertertezza nelle stime del valore dell'azienda. Una volta chiarito questo, il formato di vendita migliore resta l'asta all'inglese tra gli acquirenti che accettano tali vincoli. Ovviamente resta la possibilità che i vincoli imposti dal governo siano tanti e tali da rendere il valore di Alitalia nullo, e quindi impossibile la vendita. In questo caso resta solo da sperare che la Commissione Europea continui a impedire i sussidi e che i futuri governi siano più responsabili dei precedenti.
A me e' parso da subito un goffo tentativo di nascondere le vere
dimensioni del dissesto. Ma cosi' facendo si e' andati esattamente
nella direzione che invochi: si e' rilasciata informazione utile alla
valutazione dell'oggetto. Cosi' qualche potenziale acquirente non ha
espresso interesse, perche' "andare a vedere" aveva comunque un costo.
Altri, che interesse l'avevano espresso, sono fuggiti proprio dopo
l'invio del 'materiale informativo', che non deve aver fatto altro che
confermare le aspettative piu' pessimistiche del primo gruppo.