Oggi siamo quasi tutti in viaggio, chi verso Istanbul chi come me verso le terre valdesi. Sono sul Freccia Rossa per Milano e leggo il fondo di Dario Di Vico sul Corriere, riguardo alle sofferenze delle piccole imprese. Tutto il rispetto per la sofferenza, sia chiaro, ma quello che mi colpisce è la chiusa. Dice: "senza voler resuscitare fantasmi del passato si sente forse, a questo punto, la necessità di individuare priorità e criteri della nostra presenza industriale." Mi si rizzano I capelli in testa. Con tono vellutato, Di Vico mi sta dicendo che occorre una politica industriale, decidere su quali settori puntare, programmare, avere delle priorità. Siamo alle solite: CHI dovrebbe decidere? E con quale sfera di cristallo? Lo Stato in concertazione con le parti sociali ovvio. Un bel tavolo con Confindustria e sindacati. Alleluia, son tornati i vecchi (bei o bui che siano) tempi!
Esattamente ciò che sosteneva, se ricordi, il deputato - ed incidentalmente ordinario di economia e gestione delle imprese - Borghesi di IDV nel suo intervento, martedì mattina.
Ch'è come affermare la necessità di altra discrezionalità per il primato della politica. Lavorare sulle condizioni al contorno, affrontare gli ostacoli allo sviluppo economico ed al fare impresa nel Paese di Pulcinella - sostanzialmente di origine proprio politica, nel senso ampio e culturale del termine - pare sia tema da dibattiti tra illusi, non concreto obiettivo di chi si propone per il governo della comunità e vanta supposte competenze all'uopo.
Vien da dire, ancora una volta: il mercato, questo sconosciuto ......