L'iniziativa la trovate qui, anche se loro sono meno puri e duri di noi e non la chiamano "vigilanza rivoluzionaria". L'idea è quella di disseppelire dal gergo burocratese le infinite iniziative di nuova spesa previste dal famigerato decreto 248/2007, detto "milleproroghe". Un nostro lettore, LuigiP, ha già segnalato
l'aumento delle idoneità concesse per ciascun concorso universitario,
un provvedimento che anche gli amici de La Voce prendono di mira. Siamo
convinti che a scavare si possono trovare tanti altri esempi.
Il testo completo del decreto lo trovate qui. Ci uniamo all'iniziativa e chiediamo ai nostri lettori, particolarmente quelli colpiti da insonnia o jet lag, di spulciare un po' tra gli articoli svelando alle italiche genti di quali lacrime grondi il decreto, e di che sangue (yes, ci hanno fatto leggere il Foscolo alle superiori).
Il fatto stesso che annualmente venga emanato un decreto milleproroghe la dice lunga sulla qualità del legislatore italiano.
Come una lettura anche solo distratta del testo del decreto lascia capire, si tratta di proroghe di termini e di deroghe a termini e limiti già esistenti.
Nel mondo normale se qualcosa deve essere fatta entro una certa scadenza è perchè quella data di scadenza è ritenuta importante e coerente con principi di sana amministrazione.
Sempre in un mondo normale (non dico ideale) i cittadini e l'amministrazione si adeguano a quella scadenza ed organizzano la propria attività in funzione del fatto che oltre quel certo termine non sarà più possibile fare o non fare certe cose.
In Italia non è così: chiunque può far conto sulla possibilità di proroga dei temini perentori facendo affidamento sulla propria lobby di riferimento.
Il decreto milleproroghe, inoltre, nel corso degli anni si va sempre più strutturando come la finestra dalla quale far rientrare emendamenti rifiutati dalla porta della legge finanziaria, il cui sbandierato rigore (ammesso che ci sia) viene poi aggirato e ridotto ad un colabrodo con una legge scritta in un italiano da brividi, visto che è un inquietante affastellarsi di rinvii ad altre norme, commi, articoli di difficile se non impossibile lettura.