Lo scrittore portoghese José Saramago è morto il 18 giugno e ovviamente a cadavere ancora caldo è partita la gara a rivedere la sua opera a fini politici o ideologici. Da quel capisco i suoi scritti si prestavano a tali letture, e dunque potrebbe non stupire che gli avvoltoi volteggino sinistri sulle sue spoglie per disputarsele...mi chiedo però perché si deve arrivare ad eccessi del tipo che riporto.
I più strumentali sono quelli di Micromega on line. Nel sito, nella selva di articoli in home page si legge roba che farà presagire il tenore degli articoli su e di Saramago. A lato di riflessioni sulla vicenda di Pomigliano e del contratto Fiat, dove le categorie analitiche usate da De Magistris, ormai un insopportabile tuttologo che straparla di cose che non conosce, si affiancano a quelle di Gallino, in un tripudio di termini come "schiavitù", "sfruttamento" e addirittura "strage dei diritti", ecco a fianco a tutto questo campionario di tremendismo lessicale da ciclostilato anni '70, è allestita un'urna di memoria per l'appena scomparso Samarago. Dal momento che su Micromega stanno sempre celebrando esequie, ora della Democrazia ora del Capitalismo, tutte cose che sopravvivono poi serenamente ai loro certificati di morte, uno potrebbe pure pensare che Saramago sia ancora vivo. E invece è morto per davvero. Ovviamente, siccome era un romanziere sarebbe stato interessante leggere la sua parabola estetica, conoscere la sua maturazione artistica e così via. Ma aspettarsi questo da un ciclostilato digitale è troppo. E infatti il ricordo dell'artista morto procede secondo i canoni tradizionali della tanato-estetica tipica della mentalità di partito. Ecco che di Saramago si ricorda l'inde-fessa lotta contra la disoccupazione (ditemi voi chi è a favore della disoccupazione), nonché la lotta contro Berlusconi, un uomo che Micromega combatte con scritti e iniziative la veemenza delle quali è direttamente proporzionale al fallimento totale nelle quale quelle iniziative si concludono. Ovviamente in questo guazzabuglio culturale si trova di tutto: articoli contro quel lenzuolo liso e gualcito che alcuni scambiano per il negativo di una foto; i commenti reazionari di Massimo Fini su donne, democrazia e capitalismo (che non si capisce come possano fare presa su elettori e lettori che si definiscono "progressisti"), oltre che critiche variamente assortite anti-mercato che più che categorie di analisi sociologiche o scientifiche paiono come il riemergere di fasi giovanili, socialiste o comuniste, simili alle fasi freudiane dei bambini, capaci di condizionare e distorcere il vissuto presente e la sua percezione. Insomma, tutti questi ex comunisti ed ex socialisti (o neo-reazionari) che criticano il mercato sono assai sospetti.
Ma ovviamente in un paese di parrocchie e fazioni non poteva mancare l'ulteriore sfregio, eguale e contrario, proveniente dalla Chiesa Cattolica. Oggi (non trovo l'articolo per esteso), l'Osservatore Romano, la Pravda della Chiesa Cattolica, pubblica un severo commento sull'opera di Saramago. L'autore sarebbe stato colpevole di non avere mai fatto "nessuna ammissione metafisica" e di essere stato "pervicacemente marxista". Anche qui nessuna riflessione sull'estetica e i temi della narrativa di Saramago, ma solo un giudizio di rifiuto motivato semplicemente dal fatto che...Saramago aveva fedi e convinzioni ideologiche che non piacciono all'estensore dell'articolo. A parte che se questo fosse il metro di giudizio che si usasse per un qualunque scritto, si finirebbe per dare fuoco ai libri o a proibirli, un esito che all'Osservatore Romano potrebbe pure piacere dati i trascorsi storici dell'istituzione della quale l'Osservatore Romano è la Gazzetta Ufficiale; ma rimane che è tutto il giudizio che si esprime che sembra ridicolo e fondamentalmente immotivato. E' come se si dicesse: "Saramago è un pessimo scrittore perché non la pensa come noi".
Se qualcuno avesse voglia di capire come la politicizzazione infesti anche il dibattito culturale italiano può leggere i necrologi di Saramago. E quest'ultimo non si preoccupi: se è stato un grande scrittore sopravviverà a tutti questi usi strumentali della sua opera e verrà ricordato come uno scrittore e basta. RIP.
Confesso l'ignoranza: sono stato edotto dell'esistenza di Saramago solo dall'enfatica notizia che tale non è più.
A prescindere da ciò, peraltro, pare anche a me che si tratti di un caso paradigmatico. Ma certamente non inusuale, nella valle di lacrime (di coccodrillo) dove conta molto più l'appartenenza che la qualità, sia essa elevatissima o disperatamente bassa.
Del resto, è l'approccio dominante all'analisi d'ogni cosa, anche delle minuzie che hanno il sapore del quotidiano, e non è di oggi. Ricordo perfettamente - si parva licet - i lontani tempi del mio liceo, in cui mi capitò, un anno, di sostenere continue e furiose battaglie verbali con il mio docente di lettere d'allora, il quale si ostinava a giudicare la rispondenza ai suoi schemi mentali degli scritti che doveva valutare.
Si definiva cristiano-marxista: evidentemente non c'era alcun feeling tra noi .....